segue dalla prima
FAUSTO CARIOTI
(...) andare al governo. Ieri se-
ra, aPorta a Porta, è stato
fatto il primo passettino.
Lo scontro serve anche a
fare uscire momenti di veri-
tà, asprezze, imbarazzi e con-
fessioni che altrimenti reste-
rebbero nascosti. Ieri se ne
sono visti tanti, in mezzo alle
smorfiette e ai sospironi d’in-
sofferenza, immancabili
quando a parlare era l’altro.
Renzi ha ammesso il peccato
originale del governo in cari-
ca, inventato da lui con quel-
la clamorosa giravolta agosta-
na: «È stata un’operazione di
palazzo e machiavellica, sì.
La rivendico». Fatta, a suo di-
re, per tenere basso lo
spread, scongiurare l’aumen-
to dell’Iva e perché «non si fa
la guerra alla Francia e alla
Germania». E così ha fornito
a Salvini l’assist perfetto per
il ritornello che ripeterà du-
rante tutto il confronto: «Ren-
zi si è inventato un governo
sotto un fungo, vediamo
quanto dura. Un italiano su
tre oggi sta con me. Il gover-
no è nato per non far votare
gli italiani, sennò vince la Le-
ga».
SPIAGGE E PRO LOCO
Il fiorentino si dimostra in
palla sui temi economici, ma
non abbandona il cliché del
perbenista di sinistra, morbi-
do nei confronti dei clande-
stini, amico dell’Europa, che
rinfaccia all’altro la frequen-
tazione di lidi non istituzio-
nali: «Il colpo di sole del Pa-
peete che ha preso Salvini lo
fa rosicare ancora adesso.
Quando si vota lo decide la
Costituzione, non un menù
di un beach club a Milano
marittima. Se sei ministro
stai nelle istituzioni, non nel-
la pro loco». Il leghista rispon-
de con l’arma che conosce
meglio: la retorica del popo-
lo contro il “palazzo” e le oli-
garchie europee, che hanno
applaudito all’insediamento
del governo giallorosso. Ha
gioco facile a dire: «Io adoro
l’Italia delle pro loco, dei co-
muni, delle sagre. Se non ho
fatto nulla in questi anni, co-
me dice Renzi, votiamo e ve-
diamo che ne pensano gli ita-
liani».
Ognuno snocciola i nume-
ri che conosce meglio. Renzi
quelli di Quota 100, che co-
sta «20 miliardi di euro in tre
anni. Vorrei che quei soldi
fossero dati in busta paga ai
lavoratori e alle famiglie». Sal-
vini, manco a dirlo, i risultati
ottenuti al Viminale: «Ho di-
mostrato che volere è potere.
Con me i morti nel Mediter-
raneo sono più che dimezza-
ti rispetto ai vostri anni. Ave-
re ridotto dell’ottanta per
cento il numero degli sbar-
chi è stata una cosa di buon
senso. Da quei barconi sono
scesi stupratori, spacciatori,
terroristi. Mi spiace che il col-
lega Renzi sottovaluti l’impat-
to negativo dell’immigrazio-
ne clandestina». Salvini sfo-
dera i cartelloni con i grafici
che gli danno ragione sugli
sbarchi, Renzi risponde con
una foto del leghista che in-
dossa la maglietta «No eu-
ro», di qualche anno fa. L’ac-
cusa di essere voltafaccia e
banderuola è reciproca.
COLPI BASSI
L’arbitro Vespa lascia cor-
rere e i calci negli stinchi vola-
no. «Renzi è il genio incom-
preso che gli italiani non ca-
piscono. Ha sconfitto la fa-
me nel mondo e scoperto il
segreto della ricrescita dei ca-
pelli», fa il segretario del Car-
roccio quando l’altro si atteg-
gia a statista. Inevitabile l’at-
BOTTE DA ORBI TRA I MATTEO
Salvini: «Vali solo il 4 per cento»
Renzi: «Sono come Machiavelli»
Scontro in tv tra i due leader. Il leghista: «Sei un genio incompreso: nessuno vede ciò che fai»
L’ex premier: «Hai preso un colpo di sole». Ma per entrambi i veri nemici sono Conte e il M5S
■Passa anche attraverso perso-
naggi come Paolo Aquilanti, po-
tentissimogrand commise uomo
di fiducia di Maria Elena Boschi,
la guerra interna al governo tra
Partito democratico e Cinque Stel-
le. Stavolta nel mirino degli uomi-
ni del Nazareno c’è il grillino della
prima ora Federico D’Incà, mini-
stro per i rapporti col Parlamento.
Incarico senza portafoglio, eppu-
re decisivo per la sopravvivenza e
gli equilibri dell’esecutivo, i cui nu-
meri in aula già traballano.
D’Incà non è apprezzato da
quelli del Pd e proprio per com-
missariarlo Dario Franceschini ha
preso Aquilanti nel proprio staff.
Ufficialmente l’alto funzionario
curerà i rapporti col parlamento
del ministro per i Beni culturali, in
realtà sarà l’ambasciatore dell’in-
tero partito a Montecitorio e Palaz-
zo Madama, l’uomo che dovrà
sminare il terreno per i democrati-
ci.
Classe 1960, giovane pensiona-
to grazie agli anni trascorsi in Se-
nato, Aquilanti è uno dei migliori
burocrati organici alla sinistra. Si
fa conoscere come consigliere par-
lamentare e diventa uomo di fidu-
cia di Maria Elena Boschi, che nel
2014 lo chiama accanto a sé, in
qualità di capo dipartimento,
quando assume l’incarico di mini-
stro per i Rapporti col parlamento
del governo Renzi.
Un anno dopo lo stesso ex sinda-
co di Firenze, su segnalazione del-
la sua protetta, lo promuove segre-
tario generale della presidenza
del Consiglio, posto di assoluto
prestigio in cui sarà confermato
da Paolo Gentiloni. Nel frattempo
Aquilanti era diventato consiglie-
re di Stato di nomina governativa,
creando più di un malumore tra i
suoi colleghi del consiglio superio-
re della giustizia amministrativa,
che non gradivano il suo «fuori
ruolo» a palazzo Chigi.
Assai più navigato di D’Incà nei
meccanismi e nei trabocchetti del
processo legislativo, non dovreb-
be avere problemi a mangiarsi a
colazione il povero D’Incà. Alme-
no, così sperano i piddini.
Un percorso, il suo, che in parte
si sovrappone con quello del clas-
se 1947 Antonio Malaschini, altro
consigliere parlamentare che ha
salito tutti i gradini, diventando se-
gretario generale del Senato nel
- Incarico coperto per i nove
anni successivi, sino alla nomina
a consigliere di Stato. È stato sotto-
segretario ai rapporti col Parla-
mento nel governo Monti, e in
quel periodo si parlò di lui quan-
do dovette pubblicare il quadro
della propria situazione economi-
ca, da cui si apprese che i servigi
resi al Parlamento gli garantivano
una pensione da 519mila euro lor-
di l’anno. È stato consigliere («a
titolo gratuito», specifica nel curri-
culum) dell’alfaniana Simona Vi-
cari, sottosegretaria allo Sviluppo
economico nei governi Letta e
Renzi, e quindi vice capo di gabi-
netto di Giovanni Tria, ministro
dell’Economia del primo governo
Conte. Ruolo di potere nel quale
Roberto Gualtieri, però, non pare
avere intenzione di confermarlo.
Tanto da avergli proposto un più
modesto posto da consigliere, che
Malaschini non intende accetta-
re. Così si è messo in cerca di un
altro incarico, e nel tourbillion at-
tuale niente di più probabile che
lo si veda presto su una nuova pol-
trona.
F. CA.
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■ Non è la prima volta che il leghista e l’ex segretario dem
si scontrano in tv: nel 2009 i due, già giovani figure di spicco
dei rispettivi partiti, aveva duellato suLa7perOmnibus.
Curiosità: Renzi, allora presidente della Provincia fiorentina
e vincitore delle primarie Pd per la corsa a sindaco di Firen-
ze, venne ripetutamente chiamato «Matteo Nardi». E lo
scontro fu su un cavallo di battaglia del leghista: la sicurezza.
RENZI
«Conosci tutte le sagre
del paese, stai sempre a
mangiare, hai uno
stomaco d’amianto.
Allora fai il presidente
della Pro loco»
SALVINI
«Visto che mangio come
un bufalo e non vado
alle riunioni europee,
o gli italiani sono tutti
cretini oppure qualcosa
di buono si è fatto, se tu
hai il 4% e io il 33%»
RENZI
«Sono 27 anni che
Salvini è in politica e
sono 27 anni che
manipola la realtà»
SALVINI
«Renzi è un genio
incompreso, ha fatto
tutto e gli italiani non se
ne sono accorti, ha
portato pure la pace
nel mondo»
RENZI
«Al Papeete hai preso un
colpo di sole»
SALVINI
«Allora andrò a
Courmayeur con il volo
di Stato anch’io»
Due momenti del braccio di ferro tra Matteo Salvini e Matteo Renzi andato in
scena ieri sera a «Porta a Porta». Uno scontro senza esclusione di colpi per il
quale Bruno Vespa ha ringraziato i due leader: «Erano 13 anni che due leader
non si confrontavano qui, allora furono Prodi e Berlusconi»(LaPresse)
La strategia dei grand commis
Mossa per commissariare il ministro D’Incà
DA GIOVANI EMERGENTI A CAPI DI PARTITO
Il duello era già avvenuto dieci anni fa
(^2) mercoledì
16 ottobre
2019
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