Libero - 16.10.2019

(Tuis.) #1

COSTANZA CAVALLI


■Per chi segue i sentieri e insegue i
pensieri della letteratura occidentale
è come se Dante avesse perso Virgilio,
come se fossero rimorti Tom Wolfe o
George Bernard Shaw, insomma qual-
cuno di cui ci mancherà sapere che
cosa pensa. A 89 anni, lunedì 14 otto-
bre, è mortoHarold Bloom, l’ultimo
schiaffeggiatore della critica letteraria
mondiale e per questo, in tempo di
recensioni che sono poco più di risvol-
ti di copertina, uno degli uo-
mini più fuori moda del
mondo. Adoratore di So-
phia Loren («ne sono stato
innamorato per un terzo di
secolo», confessò), ha vissu-
to «bevendo, fumando siga-
ri e trascurando l’esercizio
fisico», non ha acceso un te-
levisore fino a quarant’an-
ni, ha odiato i litigi per tutti i
giorni della sua vita perché,
diceva, gli rubavano tempo
alla lettura. Eppure Harold
Bloom è anche colui che,
come il poeta Orazio disse di sé molto
prima di questo americano, ultimo di
cinque figli, nato nel 1930 da una fami-
glia di ebrei ortodossi immigrati dalla
Russia nell’Est Bronx di New York, ha
realizzato un monumento più peren-
ne del bronzo,Canone Occidentale:
pubblicato nel 1994, il critico scalpel-
lò per sempre i ventisei autori irrinun-
ciabili (tra cui Dante, Chaucer, Cer-
vantes, Montaigne, Molière, Goethe,
Jane Austen, Whitman, Dickens, Tol-
stoj, Joyce, Proust, Ibsen, Freud, Virgi-
nia Woolf, Kafka, Borges) «accomuna-
ti solo dalla misteriosità, dalla capaci-
tà di far sentire il lettore un estraneo
in casa sua», coloro che sono stati ca-
paci di «aggiungere bizzarria alla bel-
lezza», dallaDivina CommediaaFi-
nale di partita” di Samuel Beckett.


OLTRE IL TEMPO

I canoni, definiti da un altro grande
della critica letteraria, l’inglese Frank
Kermode nel suoForme d’attenzione
(1985), come «strumenti di sopravvi-
venza dagli assalti del tempo», in que-
sto tempo di contemporaneità istanta-
nea e “instagrammabile”, sono forse
destinati a morire con lui? Chi altro
avrà l’autorevolezza, la competenza,
il tempo per nutrirli e conservarli?
Harold Bloom se n’è andato in un
ospedale di New Heaven, in Connecti-
cut, il 10 ottobre aveva tenuto una le-
zione all’università di Yale. Nato bam-
bino prodigio – imparò l’inglese da so-
lo all’età di sei anni e si racconta che
in un’ora riuscisse a ricordare un li-
bro di quattrocento pagine – è vissuto
(si laureò nel 1951 alla Cornell Univer-


sity, e i professori lo congedarono di-
cendogli che «non potevano insegnar-
gli più nulla») ed è morto da prodigio.
Aedo del Novecento, leggeva in gre-
co, in ebraico, in latino, in inglese, in
francese, in spagnolo, in tedesco, in
portoghese, in italiano, ha pubblicato
oltre venti volumi di saggi di critica
letteraria tradotti in più di quaranta
lingue, poteva ripetere tutto Shake-
speare a memoria, ilParadiso Perdu-
todi Milton, tutto William Blake, la
Bibbia ebraica.

LA FORMA ALL’OCCIDENTE

Per quel canone di scrittori, lo accu-
sarono si aver imposto «una egemo-
nia culturale e politica». Lui rispose:
«Il ‘68 ha distrutto l’estetica, introdu-
cendo una finta controcultura politi-
cally correct in base alla quale basta
essere una esquimese lesbica per vale-
re di più come scrittrice. Mentre il re-
sto dei critici li buttava alle ortiche in
quanto “elitari e non rappresentativi
delle altre culture”, io ho osato riesu-
mare i cosiddetti “maschi europei
bianchi defunti”. Beccandomi l’accu-
sa di razzismo, elitismo e sessismo.
Ho osato sostenere che la grande lette-
ratura non ci rende più altruisti o ge-
nerosi». Recuperate l’intera intemera-
ta, è un’intervista ad Alessandra Far-
kas, nell’ebookCosa resta della lette-
ratura. E così, come leggere non ci
rende esseriumani migliori, gli scritto-
ri non sono morali, tantomeno devo-
no avere una vocazione politica: pre-
tendere responsabilità politica dallo
scrittore è come esigerla da un gioca-
tore di baseball, diceva.
Maltrattò la saga di Harry Potter,
considerò un oltraggio l’assegnazione
del National Book Award alla carriera
a Stephen King. Le Clézio, Nobel nel
2008: «Illeggibile»; di Doris Lessing
disse che aveva scritto «un solo libro
decente quarant’anni fa»; il Nobel a
Dario Fo: «Ridicolo»; David Foster
Wallace: «Dotato ma la sua opera non
arriva da nessuna parte»; Salinger, un
giorno verrà dimenticato. I salvati?
Tra i contemporanei Roth, Pynchon,
DeLillo, McCarthy; tra gli italiani, ol-
tre a Dante, Manzoni e Leopardi,
Campana, Saba, Ungaretti, Svevo, Pri-
mo Levi; delle donne adorava Emily
Dickinson: «Eccezion fatta per Shake-
speare, la Dickinson dà prova di mag-
giore originalità cognitiva di ogni altro
poeta occidentale dopo Dante». Suo
«dio» (sic), appunto, era Shakespeare:
«Chiunque tu sia e ovunque ti trovi,
egli è sempre davanti a te, concettual-
mente e quanto a immaginario», per-
ché «i suoi personaggi hanno dato for-
ma alla percezione occidentale di ciò
che è umano».
©RIPRODUZIONE RISERVATA

■Sarà presentata al Gabinetto Vieusseux di Firenze venerdì 25 ottobre (ore 17.30, sala
Ferri di Palazzo Strozzi) l’edizione integrale, critica e commentata, dei 2.279 Sonetti di
Giuseppe Gioachino Belli, opera meritoria e impegnativa a cura di Pietro Gibellini con
Edoardo Ripari e Lucio Felici per la collana I Meridiani di Einaudi.

L’edizionecriticadei2.279sonettidiBelli


Harold Bloom è morto a 89 anni: era professore emerito
di letteratura inglese alla Yale University
e alla New York University (Ftg).
Sotto, la copertina del suo famoso libro

L’esordio di Claudia Maria Bertola


UngiallomilaneseallaScerbanenco


LiberoPensiero


HAROLD BLOOM


■Sabato e domenica la splendida cornice di HORTI, il segreto di Porta Romana a Milano,
ospiterà la mostra fotografica «Ed io semino e sogno», a cura di Alidem. La mostra sarà allestita
nel Casello, edificio storico recuperato durante i lavori di realizzazione del progetto residenziale
di BNP Paribas Real Estate firmato dall’architetto Michele De Lucchi.


LanaturanelCasellodiPortaRomana


L’ultimo,cattivissimo,criticoletterario


Muore a 89 anni lo scrittore nemico del politicamente corretto che non esitò a sbeffeggiare molti Nobel


Definì «ridicolo» il riconoscimento a Dario Fo, stroncò Lessing e Le Clézio. Il suo idolo era Shakespeare


LUCA ROSSI


■Un giallo ambientato a Milano, bello come un
libro di Scerbanenco. E come un libro del maestro
del noir è una fotografia della nostra società sul
crinale del secondo decennio del secolo.Vernice
neraesordio diClaudia Maria Bertola(Morellini
Editore, 381 pagine, 16,90€) ha per protagonista la
dodicenne Adele Drago, prodotto della Milano be-
ne, figlia di ricchi professionisti separati e trattata
come una pietra preziosa. Come tanti coetanei vive
rapacemente online con l’iPhone tra le falangi e un
giorno scompare sul portone di casa. L’ultima foto
di Adele è un selfie che la ritrae in posa comeLa
pubertàdi Edvard Munch, l’unica foto che la ragaz-
za ha postato su tutti i social prima di sparire.
La scomparsa di Adele ha a che fare con il mon-
do sommerso della rete, il Dark web ne è convita
Marina Novembre, quasi ex-copywriter fuggita alla
città per gestire un rifugio altoatesino nel quale vive
con una capra di compagnia neanche fosse la non-
na di Heidi. Marina Novembre è amica di Ornella
Buratti, segretaria del signor Drago e ultima ad aver
visto Adele. Marina crede che la giovane sia vittima
di Vernice nera, setta tedesca di neonazisti che ade-
scare giovanissimi dai colori chiari e costringerli a
compiere prove di coraggio in stile Blue Whale
Challenge rischiando la vita per entrare nell’orga-

nizzazione. Le cose si riveleranno essere molto più
complicate del previsto e vedranno coinvolti i geni-
tori di Adele e il loro passato nel più classico dei
whodunit, il giallo a enigma.
È questa la forza del libro della Bertola: la sua
classicità. Manca solo il momento chiarificatore fi-
nale con un Poirot, una Miss Marple o una Jessica
Fletcher mette insieme i punti per spiegare chi è il
colpevole. L’autrice fa credere che il libro racconti
gli angoli oscuri della rete, con la dipendenza da
smartphone e invece no: è la ristretta cerchia di
personaggi il fulcro del racconto, come nei grandi
classici.
Una manciata personaggi realistici, con i loro li-
miti, le loro fissazioni, i loro impedimenti e la loro
finitezza, anche quanto sono ricoperti dalla patina
dorata delle loro esistenze fortunate. Insieme a loro
una Milano raccontata da chi la abita, dai suoi quar-
tieri (gran parte del libro è ambientato a Porta Vene-
zia) dalle sue piccole enclavi chiuse nelle quali è
difficile entrare. Ecco perché quello che rimane
una volta esaurito il thrilling è il legame che la
scomparsa di Adele ha creato tra perfetti sconosciu-
ti. Ecco che protagonista di Vernice nera è la solitu-
dine, quella che si affaccia allo schermo di uno
smartphone come alla finestra di un appartamento
lussuoso.
©RIPRODUZIONE RISERVATA

26
mercoledì
16 ottobre
2019
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