6 Giovedì 24 Ottobre 2019 Il Sole 24 Ore
Primo Piano Finanza
Aim Italia finisce sotto pressione
Bio-on valeva un quinto del listino
Lo schianto. In tre mesi, dopo l’esposto di Quintessential, l’azienda di bioplastiche ha perso l’%
della capitalizzazione. Il ruolo di Envent, advisor garante della società, e il potere ispettivo di Borsa
Vitaliano D’Angerio
Marzia Redaelli
Il caso Bio-on mette sotto pressione
l’Aim, il listino delle aziende ad alto
potenziale di crescita, e ne mostra le
fragilità. La società emiliana, prima
che a fine luglio scoppiasse lo scanda-
lo, capitalizzava un miliardo di euro,
un quinto dell’intero Aim. Però in tre
mesi ha perso l’% del valore di borsa
(è a milioni) e ha ridotto la capita-
lizzazione totale del listino delle star-
tup a , miliardi. Eppure in questo
periodo il numero delle società quota-
te è aumentato di una decina (a ).
Effetto reputazionale
Le conseguenze finanziarie e reputa-
zionali sono già evidenti. Bio-on è un
caso singolare di successo, perché fi-
nora nessun altra società è stata pro-
tagonista di una parabola prima
ascendente e poi discendente di tale
forza: l’% delle società capitalizza
meno di cento milioni di euro e sol-
tanto tre aziende superano i mi-
lioni (Antares Vision a , Ideami a
e Comer Industries a ). Aim è
un mercato non regolamentato che
consente di accorciare le lungaggini
burocratiche, ma allo stesso tempo
non prevede l’autorizzazione di Con-
sob e Borsa Italiana al documento di
ammissione, cosa diversa dal ben più
articolato prospetto informativo.
L’assenza di tale autorizzazione, e
l’alto rischio delle aziende negoziate
sull’Aim, è pubblicato a chiare lettere
sulla prima pagina del documento. La
differenza tra mercato regolamenta-
to e sistema multilaterale di negozia-
zione è sostanziale per il risparmiato-
re: alla possibilità di investire in
aziende dinamiche e con elevate po-
tenzialità di crescita, magari molto
innovative come Bio-on, fa da con-
traltare una rete di protezione a ma-
glie un po’ più larghe.
Le società quotate all’Aim, infatti,
non sono sottoposte alla vigilanza di
Consob, ma affidate alla cura di un
Nomad (Nominated adviser). L’au-
thority dei mercati finanziari inter-
viene solamente in caso di irregolarità
nelle negoziazioni che possano con-
durre a reati di aggiottaggio, insider
trading e manipolazione.
Nomad e Borsa Italiana
È invece il Nomad, il vero garante del-
la bontà dell’azienda quotata, perché
la affianca sul mercato, a partire dalla
fase di approdo sul listino. Il Nomad
valuta le informazioni e attesta che la
società abbia capitale sufficiente a ga-
rantire l’operatività ordinaria, una re-
sponsabilità che condivide con la so-
cietà di revisione incaricata di certifi-
care i bilanci. Se poi il Nomad è una
Sim o una banca, è sottoposto alla vi-
gilanza di Banca d’Italia e di Consob,
che hanno un ampio potere ispettivo
e sanzionatorio. A fine settembre En-
Vent, il Nomad che ha portato in borsa
Bio-on, ha rinunciato al suo ruolo e il
ottobre sarà sostituita da Baldi Fi-
nance. Borsa Italiana ha il potere e
l’onere di chiedere conto al Nomad del
rispetto del regolamento dell’Aim da
parte di un’azienda quotata, ma ieri
non ha fornito risposta alla domanda
su eventuali interrogazioni o provve-
dimenti nei confronti di Envent.
Gli indicatori-spia
Ci sono alcuni indicatori-spia che
possono aiutare l’investitore ad inve-
stire sulle società dell’Aim. Per stare
tranquilli il rapporto tra margine ope-
rativo e vendite dovrebbe essere al-
meno del %; poi si può vedere di
quanto cresce il fatturato e la capacità
di ripagare il debito almeno in tre an-
ni. Infine, la cessione di quote del pro-
prietario che sbarca in borsa, soprat-
tutto se sproporzionata rispetto al-
l’aumento di capitale, deve far sorgere
qualche sospetto all’investitore.
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In tre mesi
il valore
dell’Aim è
sceso da 7,
a 6,5 miliardi
di euro, seb-
bene le quo-
tate siano
aumentate
da 117 a 127
PLUS24, 3
AGOSTO 2019,
COPERTINA
L’inchiesta del
settimanale di
risparmio e
investimenti
del Sole24Ore
sul listino Aim
Italia e sul caso
Bio-on
GLI INVESTITORI A LONDRA
«Più controlli,
è un danno alla
reputazione
dell’Italia»
Simone Filippetti
LONDRA
Nel sontuoso palazzo di BishopGate, con
gli interni Belle Epoque in travertino, gli
ultimi tra i investitori arrivati da tutta
Europa per incontrare il Made in Italy se
ne vanno alla spicciolata. È finita la Aim
& Star Conference, ma sul road show
delle Pmi quotate si è allungata, minac-
ciosa, l'ombra di Bio-on. L’ “Unicorno”
dell'Italia è svanito in pochi mesi, culmi-
nati con l'arresto del fondatore. A anni
di distanza, Bio-on è una sorta di Parma-
lat in piccolo. La favola, senza lieto fine,
della plastica biodegradabile aveva at-
tratto tanti investitori stranieri: nella ri-
voluzionaria tecnologia “verde” aveva-
no messo un chip colossi mondiali come
Blackrock e Norges Bank, il fondo sovra-
no della Norvegia. In più storici istituzio-
nali italiani come Azimut e Kairos.
La truffa ipotizzata dai magistrati ri-
schia ora di penalizzare Aim. E di allon-
tanare gli investitori stranieri. Investitori
che in Inghilterra hanno da sempre una
liaison con le quotate italiane: il % degli
istituzionali presenti sul listino Star han-
no un passaporto britannico. Molti fondi
scontavano un “caso Bio-on” da luglio,
quando l'affondo di Quintessential ave-
va sollevato forti dubbi sulla veridicità
del business della azienda bolognese di
bio-plastiche. Ma ora i dubbi sono diven-
tati certezze e soprattutto un'accusa di
truffa e falso in bilancio. Molti degli inve-
stitori presenti ieri, parlavano di un con-
traccolpo e danno di immagine per una
Piazza Affari che già era venuta a Londra
a presentare le sue aziende migliori, pro-
prio per riscattarsi dalla delusione dei
due flop Ferretti e Rcf, le aspiranti matri-
cole ritiratesi a un passo dalla quotazio-
ne. «La vicenda Bio-on non fa bene al
mercato Italia, che da sempre soffre una
reputazione altalenante» ha commen-
tato a caldo Roberto Bogoni, fondatore
del fondo inglese Belgrave Capital. Ma
nota anche che «cose di questo tipo suc-
cedono sempre e non solo in Italia: anche
Aim di Londra ha lo stesso problema di
aziende travolte da scandali».
Con società (ma da ieri ) quo-
tate, Aim ha la stazza per reggere al ter-
remoto Bio-on e dall'Aim molte aziende
sono passate sul listino principale: è una
“cantera” di Borsa che funziona. Fosse
capitato due anni fa, era il ragionamen-
to più diffuso ieri tra i gestori di Londra,
una tegola come Bio-on avrebbe decre-
tato la morte del nascente listino delle
micro-cap, che peraltro quest'anno
chiuderà il terzo anno record di fila.
Niente panico, siamo inglesi. In ogni ca-
so, Bio-on risolleva l'annosa questione
dei controlli e della trasparenza: «Aim è
poco e mal regolato. Spero che il caso
Bio-On spinga Borsa Italiana ad au-
mentare i controlli» ha chiosato l’anali-
sta di un fondo straniero.
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Il buco da 450 miliardi
Nel 1993 il clamoroso buco
di bilancio da 450 miliardi
di lire, attribuito a una serie
di cosiddetti prestiti “back-
to-back” sull’estero
I PRECEDENTI
MONTEDISON
LE BIO-ON DI ALTRI TEMPI
Trucchi all’italiana
sugli attivi di bilancio
e colpe dei revisori
Dal crack Montedison
alla botola di Gemina
allo «scanner» di Parmalat
Attivi di bilancio che in parte, im-
provvisamente, scompaiono nel
nulla. E società di revisione pagate
per controllare ma “distratte”: pur
avendo accesso alla contabilità in-
terna delle società, non vedono le
anomalie nei conti che un fondo
d’investimento basato negli Usa
invece riesce a cogliere. Il caso Bio
On, in attesa dell’esito dell’inchie-
sta che paventa bilanci “taroccati”
attraverso una serie di operazioni
infragruppo, è solo l’ultimo di una
lunga serie di casi eclatanti che
hanno coinvolto società quotate in
Piazza Affari. Va detto che le maxi-
truffe pagate dagli azionisti non
sono una prerogativa italiana ma
sono diffuse nel mondo, a comin-
ciare dagli Usa dove il crack Enron
portò alla prima grande crisi della
società di revisione con la scom-
parsa nel della Arthur An-
dersen. In Italia, però, l’occulta-
mento delle poste di bilancio - con
conseguenti perdite impreviste
per gli azionisti - hanno spesso
raggiunto punte di fraudolenta
“creatività finanziaria” difficili da
immaginare altrove nel mondo:
dalla “botola” per occultare i do-
cumenti segreti di Gemina fino al-
lo “scanner” per certificare liqui-
dità inesistente di Parmalat.
Il primo crack della storia recen-
te (era il ) ad avere grande ri-
lievo nelle cronache finanziarie ri-
guardò la Montedison dell’era Gar-
dini-Ferruzzi Finanziaria (Ferfin).
Il “buco” di bilancio fu clamoroso
per l’epoca (circa miliardi delle
vecchie lire) e fu attribuito a una
serie di cosiddetti prestiti “back-
to-back” sull’estero, destinati a
mascherare perdite su derivati nel-
la soia alla Borsa di Chicago, che
portarono successivamente alla
maxi-richiesta di risarcimento dei
danni da . miliardi delle vec-
chie lire che gli amministratori
straordinari Guido Rossi ed Enrico
Bondi chiesero alla società di revi-
sione Price WaterHouse. Passano
pochi anni e un altro tempio del ca-
pitalismo finanziario italiano fu
coinvolto in un altro scandalo di
attivo di bilancio scomparso. Sia-
mo nel e il caso riguarda la Ge-
mina, epicentro del cosiddetto sa-
lotto buono della finanza italiana.
La fantasia di alcuni amministra-
tori e manager aveva portato nien-
temeno che a inventare una “boto-
la”, in sostanza un’intercapedine
nascosta nel pavimento, dove fu-
rono tenuti nascosti documenti se-
greti. La contabilità parallela ri-
guardava le vendite rateali dei libri
e in particolare la cessione di credi-
ti che ufficialmente venivano con-
tabilizzati come pro-soluto e inve-
ce, dai documenti segreti, erano
pro solvendo. Ne derivò un buco
di bilancio imprevisto, stimato in
circa miliardi delle vecchie li-
re, con danni agli azionisti e alla
credibilità del sistema Paese negli
anni della nascita dei fondi comu-
ni di investimento e delle privatiz-
zazioni che dovevano attrarre in-
vestitori esteri.
Il caso più clamoroso di bilanci
“truccati” a danno di . azio-
nisti e obbligazionisti è però quello
più recente () del crack da
miliardi della Parmalat. Da anni
esistevano dubbi sull’eccessivo in-
debitamento del gruppo, apparen-
temente garantiti dalla liquidità
che da Collecchio dichiaravano di
detenere presso la controllata
Bonlat. Dopo una serie di richieste
della Consob, a inizio dicembre
emerse che ben milioni del
fondo Epicurum non esistevano.
Nessuno poteva immaginare però
quello che accadde il dicembre
: in quella data la Bank of
America dichiarò che i , miliar-
di di euro intestati alla controllata
Bonlat, che rappresentavano una
quota importante dell'attivo della
Parmalat, non esistevano. E qual-
che giorno dopo fu appurato che il
documento che ne attestava l'esi-
stenza era stato contraffatto. Dai
primi interrogatori della Procura
di Milano emerse che un ristretto
gruppo di dirigenti, e revisori, era-
no a conoscenza della totale inesi-
stenza dei cespiti attivi e più in ge-
nerale della falsificazione della
contabilità: «Le carte false erano
state materialmente redatte con
scanner, forbici, - ammise uno di
loro - nel computer avevamo an-
che il logo della Bank of America».
Un vero e proprio dramma per tan-
te famiglie di risparmiatori, e an-
che di dipendenti, e per l’intero si-
stema finanziario italiano.
Niente di paragonabile, per di-
mensione, all’attuale caso Bio-On
. Cui appare più simile la parabola
di Finmatica, stella del Nuovo Mer-
cato di Borsa Italiana. Quella che si
autodefiniva come la prima sof-
tware house italiana, approdo’ alla
quotazione nel pieno dell’euforia
della prima “bolla” Internet. Era il
novembre del e Finmatica
debuttò facendo segnare il rialzo
record del % nel primo giorno
di quotazioni. Le azioni arrivarono
in seguito a toccare un massimo di
, euro. Per poi precipitare a ze-
ro quando l’azienda andò in de-
fault e, a seguito di un’inchiesta
della Procura di Brescia che dispo-
se l’arresto dei vertici aziendali,
emerse che amministratori e ma-
nager avevano falsificato i bilanci
della società, effettuato sposta-
menti scorretti di fondi per accu-
mulare profitti oltre confine. E na-
scosto i buchi nei conti per poter
emettere nuove obbligazioni. I re-
ati contestati erano falso in bilan-
cio, false comunicazioni sociali, di-
vulgazione di notizie sociali riser-
vate, aggiotaggio, distrazione e
ostacolo alle funzioni della Con-
sob. I revisori non avevano notato
niente di strano.
—Al.G.
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La botola
Nel 1996 trovato un
nascondiglio dove erano
tenuti nascosti documenti
relativi a crediti della
controllata Rcs Libri
GEMINA
La bolla web
Dal +700% del debutto in
Borsa del 1999 agli arresti
dei vertici per falsificazione
dei bilanci della società con il
default dell’azienda
FINMATICA
Il crack
Il caso più clamoroso di
bilanci truccati a danno di
80.000 azionisti e
obbligazionisti: il crollo da 14
miliardi di Parmalat del 2003
PARMALAT