L\'Espresso - 20.10.2019

(Steven Felgate) #1

n gruppo di avvocati turchi fuggiti
in Germania per sottrarsi alle
purghe lanciate dal presidente
della repubblica Recep Tayyip Er-
dogan dopo il fallito golpe del 2015,
si è riunito a Berlino lo scorso 5 set-
tembre, giorno dell’apertura del nuovo anno giudi-
ziario in quello che era il loro “Heimat”, per dirla
alla tedesca. Nel perduto “Focolare domestico”
(opposto al termine Patria caro ai nazionalisti di
tutte le latitudini), numerosi loro colleghi quel
giorno stavano boicottando la cerimonia di aper-
tura del nuovo anno giudiziario nel faraonico pa-
lazzo presidenziale del Capo dello Stato ad Anka-
ra per chiedere il ritorno all’indipendenza della
magistratura dal potere esecutivo. Chi meglio dei
legali autoesiliatisi avrebbe potuto comprendere la loro ri-
chiesta?
La magistratura in Turchia è diventata sempre meno indi-
pendentente con l’aumentare dei poteri nelle mani del Capo
dello Stato. Dopo il referendum del 2016 che approvò di misu-
ra un pacchetto di riforme della Costituzione, tra cui sul pas-
saggio della Turchia dallo status di repubblica parlamentare
a quello di repubblica presidenziale, le nomine dei magistrati
sono diventate in buona parte di facoltá del presidente. Non è
un caso che proprio durante la cerimonia di apertura dell’an-
no giudiziario 2016, i magistrati presenti si alzarono all’uniso-
no per applaudire ino a spellarsi le mani l’ingresso di Erdo-
gan, e quindi il suo lungo discorso.
Sempre a Berlino, alla ine del mese di settembre, si sono
incontrati con gli esuli turchi che popolano le cittá tedesche i
rappresentanti della Alleanza Democratica, frutto dell’accor-
do elettorale tra il maggior partito di opposizione, il repubbli-
cano Chp, il neo partito nazionalista Buono, Iyi party e il ilo


curdo Democratico dei Popoli, Hdp. Questa alleanza,
nata in vista delle elezioni municipali del marzo
scorso, ha permesso al partito capoila di sottrarre al
partito della Giustizia e Sviluppo di Erdogan, alla
guida del governo da 17 anni, tutte le principali cittá
turche, a partire da Istanbul. Per non perderla Erdo-
gan, attraverso la complicitá della magistratura e
della Commissione Elettorale, fece invalidare il
risultato emerso dal Bosforo e ripetere le comu-
nali a giugno. L’Allenza tenne, anzi, si aggiudicò
molti più voti confermando sindaco Emre Ima-
moglu, giovane esponente del partito Repubblica-
no. Ma oggi l’Alleanza è di fatto depotenziata, per usa-
re un eufemismo. «Questa operazione militare dentro il
territorio siriano a maggioranza curda è stata in parte piani-
icata allo scopo di trovare un modo per distruggere la cre-
scente opposizione a Erdogan all’interno della Turchia», dice
il giornalista-scrittore Can Dundar, ex direttore del quotidia-
no Chumuriyet, condannato al carcere per rivelazione di se-
greti di Stato, da tre anni esule a Berlino dopo mesi di deten-
zione preventiva. «L’unico modo che Erdogan ha per spezzare
questa alleanza e allo stesso tempo distrarre l’opinione pub-
blica dalla profonda crisi economica in cui è piombata la Tur-
chia per colpa sua è innescare una guerra. Non è un caso che
il suo primo commento, dopo aver dichiarato questa guerra
sia stato: “La rottura della Alleanza (Democratica, ndr) è mol-
to importante”. Così l’ennesima caccia alle streghe, questa
volta contro chi critica l’ operazione militare usando il termi-
ne “guerra”, è iniziata», sottolinea Dundar. Più volte in questi
giorni, il ministro dell’Interno turco ha tuonato dalle tv : «Co-
loro che deiniscono l’operazione Fonte di pace una guerra
sono traditori».
La retorica messa a punto dal Sultano e difusa anche
dall’ambiente calcistico - con i giocatori della Nazionale

L’invasione turca / Il fronte interno

Foto: Murat Kula / Anadolu Agency / Getty Images


IL PUGNO DURO


ARRESTI, CENSURE, REPRESSIONE.


ERDOGAN USA IL CONFLITTO IN SIRIA


PER CANCELLARE OGNI DISSENSO


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DI ROBERTA ZUNINI DA ANKARA
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