L\'Espresso - 20.10.2019

(Steven Felgate) #1

le coste del paese africano. Un business
in cui erano già coinvolti l’Eni, la società
statale Sonangol (con il 40 per cento a te-
sta) e la Falcon Oil. Una società del inan-
ziere africano Antonio Mosquito. È con lui,
mr. Mosquito, che il Vaticano vuole fare
l’afare. È a lui che vogliono girare - come
evidenziano alcuni documenti riservati
della Segretaria di Stato - ben 250 milioni
di dollari per comprarsi il 5 per cento delle
quote del consorzio.
Gli uomini di Mincione (che spiegano di
non aver mai girato soldi, o meglio“fees”, a
Crasso, ma solo a Simetovic per la media-
zione iniziale; per la consulenza il Vaticano
pagherà Mincione circa 500 mila euro) ci
lavorano per oltre un anno. Alla ine, però,
il inanziere segnala ai clienti di Credit
Suisse che l’investimento sarebbe del tutto
«antieconomico», che Mosquito non è af-
fatto solido inanziariamente (era stata as-
soldata una società d’investigazione inan-
ziaria) e che i denari d’Oltretevere sarebbe-
ro stati bruciati in un amen.
Il Vaticano, dopo più di un tentenna-
mento, decide così - siamo ormai nel 2014



  • di rinunciare alla piattaforma petrolifera
    in mezzo all’Atlantico. È allora che Mincio-
    ne, dismessi i panni dell’advisor, propone
    al governo della Santa Sede di investire gli
    stessi denari (che in euro valevano a tassi
    di cambio 130-140 milioni in una Sicav in
    Lussemburgo gestita dalla sua holding
    WRM. Discute dell’operazione con monsi-
    gnor Alberto Perlasca, citato nelle carte
    dell’accusa come frequentatore di Mincio-
    ne ma ad ora non indagato, e il funzionario
    della Segreteria di Stato Fabrizio Tirabas-
    si, considerato dai pm «personaggio cen-
    trale nell’operazione londinese descritta»
    e «titolare di un conto Ior mai movimenta-
    to». L’obiettivo inale è quello di vendere al
    Vaticano il 45 per cento di un palazzo al
    centro di Londra, al 60 di Sloane Avenue,
    che lui aveva comprato due anni prima per
    dare il via a una grande speculazione im-
    mobiliare.
    Il Real Estate è sicuramente più stabile
    del prezzo volatile del greggio. E l’afare va
    in porto. La speranza degli strani soci in
    afari, i cardinali da una parte e il raider
    che ha battezzato il suo yacht “Bottadicu-
    lo” dall’altra, è quella di aumentare tanto e
    presto l’investimento grazie alla trasfor-
    mazione del palazzo del 1911 (un ex depo-


Esclusivo / Gli afari del Vaticano

sito di Harrods di 17 mila metri quadri) da
commerciale a residenziale. Ristrutturar-
lo, costruire una cinquantina di apparta-
menti di lusso, venderli e raddoppiare il
capitale investito.
Con il passare dei mesi, però, i rapporti
tra le parti peggiorano. Quando il Vaticano
si accorge che i costi di gestione dei fondi
lussemburghesi sarebbero troppo alti,
Mincione fa notare - in un report - che non
sarebbe lui a lucrare, ma che sarebbe la
banca svizzera a prendere, tra commissio-
ni e fees per la gestione di tutti i fondi del
Vaticano, un tasso altissimo superiore all’8
per cento. Gli extracosti, di fatto, sarebbe-
ro a monte.
La tensione tocca il suo apice nell’estate
del 2018: dopo quattro anni il palazzo non
rende afatto quanto sperato e la gestione
di Mincione è considerata troppo dispen-
diosa. Quando Peña Parra sostituisce Bec-
ciu come Sostituto agli Afari generali del-
la Segretaria, scatta il panico. Il prelato
decide di uscire dal fondo lussemburghese
di Mincione, l’Athena Capital Global, il più
rapidamente possibile. Ma per farlo e non
realizzare la perdita decide, a sorpresa, di
comprare tutto il fabbricato.
Mincione vende la sua parte, il 55 per
cento, con una transazione irmata da

SOSTITUTO
Edgar Peña Parra,
Sostituto Segretario di
Stato dal 2018. Anche
la sua gestione del
patrimonio vaticano
è sotto indagine
Free download pdf