La Stampa - 26.10.2019

(ff) #1
La battaglia per le presidenziali americane si allarga a mezza Europa

La sfida fra Trump e i dem


adesso investe anche Conte


ANALISI


FRANCESCO SEMPRINI
NEW YORK
L’indagine ordinata dal mini-
stro della giustizia americano
William Barr sulle origini del
Russiagate é diventata ora
un’inchiesta penale, col ri-
schio che gli americani potreb-
bero presto assistere a un Rus-
siagate II, ovvero a una contro-
inchiesta volta ad accertare gli
eventuali responsabili che
avrebbero creato ad arte le
condizioni per avviare il primo
filone sulla collusione di Do-
nald Trump nelle interferenze
russe nelle elezioni 2016. Que-
sto significa che i dirigenti e gli
ex dirigenti di Fbi e diparti-
mento di Giustizia e Intelligen-
ce eventualmente coinvolti ri-
schiano un’incriminazione. Al
contempo aumenteranno i po-
teri di acquisizione delle prove
da parte del procuratore John

Durham - titolare dell’inchie-
sta - anche con mandati ed in-
giunzioni emesse da un grand
giurì. Documenti e testimo-
nianze che potrebbero passa-
re anche per l’Italia dopo i noti
blitz di Barr in Italia.
Al riguardo, il ministro Usa
aveva inviato a palazzo Chigi
una missiva datata 17 giugno,
inoltrata al presidente del Con-
siglio Giuseppe Conte dall’am-
basciatore a Washington Ar-
mando Varricchio, dopo la
quale il premier ha autorizza-
to ai colloqui il capo del Dis
Gennaro Vecchione. Questo,
secondo quanto riferito dallo

stesso Conte al Copasir - l’orga-
no di vigilanza dei servizi di in-
formazione italiani - senza for-
nire alcuna informazione riser-
vata. Non è proprio così per
Fox News, secondo cui duran-
te una delle due visite effettua-
te a Roma, il 15 agosto e il 27
settembre, Barr e Durham han-
no raccolto nuove prove per la
loro contro-inchiesta sul Rus-
siagate. Sulla base di queste
prove, hanno deciso di andare
più a fondo, con l’obiettivo di
capire se le indagini sulle inter-
ferenze russe nelle elezioni

americane del 2016 possano
far pensare a un piano ordito
ai danni di Trump.
Una fonte del ministero della
giustizia italiano avrebbe riferi-
to a «The Daily Beast» che Barr e
Durham avrebbero raccolto e
registrato deposizioni giurate
di Jospeh Mifsud, il professore
coinvolto con il link Campus di
Roma, il quale avrebbe rivelato
al consigliere di Trump, George
Papadopoulus, che i russi aveva-
no tra le mani materiale com-
promettente su Hillary Clinton
(in realtà si trattava di informa-

zioni contenute nelle mail ruba-
te a John Podesta, il guru eletto-
rale dell’allora candidata alla
Casa Bianca). Materiale che era
stato fornito da una donna rus-
sa, che lui aveva spacciato per la
nipote di Putin. Secondo la teo-
ria cospirazionista di Papado-
poulus, egli sarebbe stato mes-
so in contatto con Misfud
nell’ambito di un piano orche-
strato dai servizi segreti ameri-
cani (dell’era Obama) per inca-
strare, in ultima istanza,
Trump. Secondo Fox, Durham
sarebbe «assai interessato» a

sentire l’ex direttore dell’Intelli-
genza nazionale, James Clap-
per e l’ex capo della Cia, John
Brennan, alte cariche della ge-
stione di Barack Obama ed en-
trambi aspri critici dell’attuale
presidente Usa. Il rischio ora è
che, dall’inchiesta penale, na-
sca un secondo Russiagate di
senso opposto ma, probabil-
mente di pari intensità, dopo il
nulla di fatto del primo, e per di
più a un anno dal voto di Usa


  1. Rischio per di più già se-
    gnato da anomalie, come fa no-
    tare William Kristol, giornalista


ed analista politico statuniten-
se: «È singolare che i contri-
buenti paghino soggiorni in Ita-
lia al ministro della Giustizia e
alla sua squadra, per indagini
che potevano e dovevano esse-
re fatte da funzionari di intelli-
gence e procuratori distaccati
presso la nostra ambasciata».
Mentre i deputati democratici
statunitensi sollevano preoccu-
pazioni sul fatto che «il diparti-
mento di Giustizia di Barr sia di-
ventato uno strumento per la
vendetta politica di Trump». —
c BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI

GIANNI RIOTTA


NEW YORK


I


l ministro della Giustizia
americano William Barr
ha deciso che l’inchiesta
sul comportamento
dell’Fbi durante le indagini
a proposito di ingerenze rus-
se sulla campagna presiden-
ziale Usa 2016 non è più so-
lo «amministrativa», ma «pe-
nale». Ora il pubblico mini-
stero federale incaricato, il
rispettato John Durham, ha
il potere di spiccare mandati
di comparizione, raccoglie-
re un «Grand Jury» per il rin-
vio a giudizio degli inquisiti
e accusarli in tribunale. Pote-
ri che mancavano all’ispetto-

re generale del ministero Mi-
chael Horowitz nell’inchie-
sta amministrativa.
La fatica di orientarsi tra
quelli che, a prima vista, sem-
brano cavilli del monumenta-
le sistema giuridico america-
no, è indispensabile per com-
prendere l’epica guerra civile
che oppone l’amministrazio-
ne del presidente Trump, e
gran parte dei repubblicani,
ai democratici, conflitto che
deciderà della Casa Bianca
2020 e, chiunque vinca, del
destino del Paese, con impor-
tanti riflessi in Europa e in Ita-
lia. I democratici hanno avvia-
to gli accertamenti necessari
ad appurare se, nell’interveni-
re sul presidente ucraino Ze-
lenskyj negandogli aiuti eco-
nomici ove non gli avesse for-

nito prove di corruzione con-
tro Joe Biden, ex vicepresiden-
te di Obama, Trump abbia vio-
lato l’etica presidenziale e la
legge e vada dunque incrimi-
nato con l’impeachment.
Il presidente Trump però,
fin dagli esordi di business-
man a Manhattan, ha scelto
come mentore ed amico Roy
Cohn, leggendario braccio de-
stro del senatore McCarthy al
tempo della caccia alle stre-
ghe anticomunista Anni 50. Il
lobbista Roger Stone, consi-
gliere di Nixon, Reagan e del-
lo stesso Trump, illustra nel re-
cente documentario del regi-
sta Matt Tyrnauer «Where’s
my Roy Cohn?», lo stile politi-
co-legale di Cohn che fa vince-
re al giovane Donald il primo
processo in una causa di di-

scriminazione razziale sugli
affitti, nel 1973: «Roy gli inse-
gnò la strategia dell’offensi-
va, le regole di guerra, mai
combattere sul terreno scelto
dal nemico, sempre sceglierlo
da soli. E Trump ha imparato
benissimo».
Se media liberal, democrati-
ci e qualche raro dissidente re-
pubblicano additano all’opi-
nione pubblica un presidente
che ricatta un capo di Stato
estero amico per strappargli
calunnie contro un avversa-

rio politico, Trump usa la le-
zione di Cohn e ribalta il tavo-
lo. Il vero scandalo, la vera col-
pa da incriminare, stanno nel-
la criminale campagna intes-
suta, a suo giudizio, dall’ex ca-
po Fbi Comey con spie fello-
ne, trafficanti di mezzo cali-
bro, affiliati nella campagna
di Hillary Clinton.
Di conseguenza, nelle co-
scienze degli americani due
opposte versioni si contrasta-
no da ora in avanti, Trump
che svende la dignità naziona-
le contro Fbi e democratici
complici di faide illegali. Gran
Bretagna, Australia e Italia si
trovano, loro malgrado, coin-
volte nell’inchiesta sulle piste
di quello che fin qui, va detto,
appare un poco credibile com-
plotto internazionale. Barr
studia le millanterie del pro-
fessore della Link University
romana Joseph Mifsud, affari-
sta maltese fanfarone, attivo
al crocevia di intelligence, fan-
donie, sottobosco accademi-
co, in contatto con il consiglie-
re di Trump George Papado-
poulos, poi condannato per
falsa testimonianza giusto
all’Fbi. Nella sua missione in
Italia Barr ha chiesto confer-

me della pista, cui però il rap-
porto del commissario specia-
le sul Russiagate Robert Muel-
ler non dà peso cruciale: gli
agenti italiani contribuirono
alle soffiate anti Trump? Du-
rham vorrà sapere se dietro
l’Fbi 2016 ci fosse perfino la
Cia a tessere trappole filo Clin-
ton, magari interrogando gli
ex due capi dell’intelligence,
Clapper e Brennan.
Il premier Giuseppe Conte,
cui Trump ha dedicato un
tweet di sostegno al varo del
secondo governo, e l’intelli-
gence italiana negano, davan-
ti e dietro le quinte diplomati-
che ogni addebito al nostro
paese, ma nessuno deve
aspettarsi a breve confessio-
ni, prove schiaccianti, libera-
tori colpi di scena. Barr terrà
duro su Mifsud, finché la
Speaker della Camera Pelosi
terrà duro con l’impeach-
ment: il grande processo poli-
tico americano, in due atti, du-
rerà senza tregue fino al voto
del novembre 2020 e potreb-
be non concludersi neppure
dopo il giuramento del presi-
dente nel ‘21, chiunque sia il
presidente, beninteso. —
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Il presidente Usa Donald Trump e il ministro della Giustizia William Barr

il prefetto vecchione


Martedì audizione
al Copasir
del direttore del Dis

Russiagate, l’inchiesta diventa penale

L’indagine voluta dal ministro Barr dovrà accertare le responsabilità dell’Fbi. Coinvolta anche l’Italia

Il procuratore potrà chiedere mandati e ordini di comparizione. I dem: è una vendetta politica di Trump

REUTERS


ANSA


L’INTRIGO INTERNAZIONALE


Il presidente spera di
screditare il dossier che
ha scosso tutta la prima
parte del suo mandato

Martedì il Copasir, presiedu-
to dal leghista Raffaele Volpi,
audirà Gennaro Vecchione,
direttore del Dipartimento
delle Informazioni per la Sicu-
rezza (Dis). Vecchione parte-
cipò ad entrambi gli incontri
con il procuratore generale
Usa Barr a Roma il 15 agosto
e 27 settembre 2019. Barr, se-
condo quanto riferito da Con-
te, chiese dettagli sul profes-
sore maltese Mifsud e sull’o-
perato dell'intelligence Usa
in Italia per fatti risalenti alla
primavera-estate 2016. «Ri-
mango sorpreso - ha detto
Conte - quando Salvini ponti-
fica sulla questione Barr. So-
no andato ad agosto al Sena-
to a riferire al suo posto. For-
se Salvini dovrebbe chiarire
cosa ci faceva con Savoini in
incontri riservati da ministro
dell’Interno in Russia con le
massime autorità russe».

Il premier Giuseppe Conte

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