La Stampa - 23.10.2019

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2 dicembre 2014: un fermo immagine dell’arresto di Carminati

PHOTOMASI


ALESSANDRO DI MATTEO
ROMA

A


lfonso Sabella di ma-
fia se ne intende. È
magistrato, ha fatto
parte del pool anti-
mafia di Gian Carlo Caselli,
Ignazio Marino lo chiamò a fa-
re l’assessore per la legalità, af-
fidandogli la delega su Ostia.
Alza la voce quando gli si chie-
de di commentare la sentenza
della Cassazione che ha esclu-
so il carattere mafioso per l’or-
ganizzazione di Buzzi e Car-

minati, per lui questo è solo
un dettaglio di tipo giuridico
che non cambia di una virgola
la gravità della situazione.
Ha visto la sentenza della
Cassazione che...
«Sì, ho letto. Ok, è stato tolto
l’impianto mafioso. Ma non
mi pare importante. Viene
confermato l’impianto accusa-
torio».
Beh, escludere il carattere
mafioso non è poco.
«Per chi? Non per me! Che esi-
ste la mafia a Roma la Cassa-
zione lo ha certificato con al-
tre sentenze. Oggi, da cittadi-
no romano non posso che

prendere atto che la mia città
è stata ostaggio di un branco
di criminali per un determina-
to periodo di tempo. Hanno
condizionato alcuni settori
della vita amministrativa ai lo-
ro interessi, alcuni burocrati
si sono lasciati corrompere, i
cittadini sono stati privati di
servizi, del denaro pubblico è
finito nelle casse private. Non
mi pare una bella giornata per
Roma. Se Buzzi e Carminati
devono pagare perché erano
criminali mafiosi o perché era-
no criminali semplici è un pro-
blema loro e dei loro avvocati,
ma ai cittadini romani non

cambia nulla».
Per carità, è gravissimo quel-
lo che è accaduto, mafia o
non mafia. Però forse...
«Ma perché questa sottovalu-
tazione del malaffare! Qui c’è
un’associazione criminale
che ha piegato la politica ai
suoi interessi. La prima sen-
tenza che ha riconosciuto il ca-
rattere mafioso di “Cosa no-
stra” è intervenuta un secolo e
mezzo dopo, ma questo non si-
gnifica che in Sicilia non sa-
pessimo che quella è mafia...
Capisco che sul piano mediati-
co faccia fico la parola “ma-
fia”, ma cosa cambia? Peral-

tro, io fin dall’inizio ho detto
che in comune la mafia non
l’ho respirata, e - si fidi - ho un
certo fiuto. Ho respirato profu-
mo di mazzette, pavidità, ma
non mafia...»
Ma proprio per questo non è
stato un errore evocare una
“mafia capitale”? Adesso
che l’aggravante mafiosa è
venuta meno, qualche citta-
dino potrà considerare me-
no gravi i reati...
«Mafia capitale l’avete messo
voi giornalisti, l’inchiesta si
chiamava “Mondo di mez-
zo”...».
Veramente il carattere mafio-

so dell’organizzazione di
Buzzi e Carminati è stato ipo-
tizzato dai magistrati. Non è
che si è usata questa fattispe-
cie proprio perché, come di-
ce lei, è più “fico” evocare la
mafia?
«Non si può sminuire lo straor-
dinario lavoro fatto dalla pro-
cura. Hanno valutato che il
gruppo di Buzzi unito a quello
di Carminati, che aveva una
certa forza militare e commet-
teva reati con intimidazioni
pesanti e violenze, avesse il
carattere di un’organizzazio-
ne mafiosa. Ora la Cassazio-
ne ha ritenuto che quel tipo
di associazione sia da consi-
derare criminalità semplice e
non di tipo mafioso. Alcuni
Stati hanno messo in Costitu-
zione che il reato di corruzio-
ne è imprescrittibile. Non ca-
pisco perché in Italia deve es-
sere derubricato a un illecito
bagattellare».
Da ex assessore: come si è po-

tuti arrivare a questo livello
di corruzione?
«Io non sono molto amato dai
burocrati romani. Ho trovato
una classe burocratica e am-
ministrativa non in grado di
gestire gli interessi di mafia ca-
pitale. Le logiche che ispirava-
no l’azione della burocrazia
romana erano il fancazzismo
e la preoccupazione di proteg-
gere sé stessi. A Roma si usa
l’emergenza: non si fanno le
gare per tempo per poi usare
la procedura semplificata».
I funzionari più colpevoli dei
politici?
«La politica ha mostrato inca-
pacità di capire, di compren-
dere cosa accade. Una volta
c’erano le scuole di partito.
Ora tutto questo non c’è più. A
Marino ho fatto una sola criti-
ca: lui aveva percepito che c’e-
ra del marcio, ma non aveva
accanto una squadra di perso-
ne all’altezza». —
c BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI

FRANCESCO LA LICATA


L


a sentenza della VI
sezione penale del-
la Cassazione, che
smentisce la Corte
d’Appello di Roma negando
alla cosca di Salvatore Buzzi
e Massimo Carminati la con-
notazione di associazione
mafiosa, non è di quegli
eventi che passano inosser-
vati. Certamente, bisognerà
attendere le motivazioni
che hanno indotto i giudici
di piazza Cavour ad una de-
cisione così clamorosa, ma
non si può far finta di nien-
te, ignorare che l’impianto
accusatorio della Procura
della Repubblica (mesi e
mesi di polemiche sul
“mondo di mezzo” e sulla
possibilità che un sistema
mafioso sia stato esportato
fuori della Sicilia) sia stato
smentito da una Corte mol-
to qualificata.
Ma, tuttavia, bisogna evi-
tare di abbandonarsi a facili
teoremi o banalizzazioni
giuridiche che porterebbe-
ro l’opinione pubblica, o
peggio ambienti della politi-
ca e dell’informazione, ver-

so conclusioni sbagliate. Un
processo è un processo che
affronta singole realtà, non
storie universali, e - quindi -
l’esito del processo non può
essere considerato una “sen-
tenza generalizzata”.
Che vuol dire ciò? Sempli-
cemente che la Cassazione -
ma se ne avrà certezza dopo
la pubblicazione delle moti-
vazioni - probabilmente
non ha inteso negare l’esi-
stenza della mafia a Roma.
Se così fosse, ci sarebbe da
temere un forte “effetto do-
mino” su molti altri processi
in piedi e non soltanto a Ro-
ma. Logica vuole, invece,
che l’analisi del giudici della
Corte suprema debba ri-
guardare esclusivamente il
processo di cui si occupa,
guardandosi bene dal trasfe-
rire a quel dibattimento il se-
gno di “regola generale”. Ap-
paiono, dunque, affrettate e
intempestive certe reazioni
mediatiche e di alcuni legali
che tendono ad esportare la
sentenza di ieri sul terreno
di altre vicende e altri dibat-
timenti.
Per uscire di metafora e fa-
re un esempio pratico, in-
somma, il teorema della VI
sezione, quale che sia, non
può essere automaticamen-

te rimodellato sui processi
che vedono alla sbarra peri-
colosissime associazioni cri-
minali, come quelle di Ostia
(clan Spada) e dei Casamo-
nica. È verosimile, invece,
che la Cassazione, valutan-
do il lavoro investigativo sul
sistema corruttivo di Buzzi
e Carminati, non abbia giu-
dicato “sufficientemente
provato” il ricorso ai metodi
violenti messo in atto dal
clan per esercitare i loro lo-
schi traffici affaristici.
Quindi avrebbe riconosciu-
to l’esistenza di un potere
“marcio e corrotto” ma
non un sistema mafioso. In-
somma, l’assenza di morti
uccisi a lupara, di bombe,
sangue e stragi, sarebbe la
prova che Buzzi e Carmina-
ti sono criminali e corrutto-
ri ma non mafiosi nel senso
classico del termine.
Sono argomentazioni
che, in qualche modo, ripor-
tano alla mente di chi ha gli
anni giusti per averle vissu-
te, vicende antiche e una se-
rie di alti e bassi sulla strada
della lotta alla mafia. Come
non ricordare il senso di fru-
strazione dei giudici sicilia-
ni che, dopo anni di indagi-
ni difficilissime, di battaglie
per accaparrarsi anche una
semplice testimonianza, ve-
nivano respinti da una Cas-
sazione che, per forza di co-
se, giudicava sulla fredda
lettura delle carte giudizia-
rie, senza adeguata cono-
scenza del contesto sociale
in cui si svolgevano le vicen-
de descritte.
È vero, per rimanere sul
“mondo di mezzo”, che for-
se la violenza esplicita e pa-
lese non è l’elemento di spic-
co dell’inchiesta. È vero che
mancano gli spari e i botti.
Ma la violenza forse c’è, se si
guarda alla capacità intimi-
datoria dell’ex terrorista ne-
ro Carminati, un uomo capa-
ce di ottenere ciò che vuole
soltanto “telefonando” alle
sue vittime: tanto violento

da poter evitare di andare ol-
tre, nell’esercizio della inti-
midazione. Faceva tanta
paura da non aver bisogno
di ricorrere alla violenza
classica. Da oggi, dunque, ci
sarà da aspettarsi il solito ri-
corso alla banalizzazione
che ha già indotto più di un
legale a dichiararsi soddi-
sfatto perché è stato prova-
to che a Roma non c’è la ma-
fia, come se ci fosse una sor-
ta di antidoto al contagio.
Ma non è così. È opportuno
ribadire che la sentenza di
ieri è l’arrivo di un singolo
processo che, peraltro ha
sofferto di alti e bassi (sen-
tenze contrastanti in primo
grado e in appello) e di mol-
te polemiche politiche. Sul
disconoscimento della ag-
gravante mafiosa si è gioca-
ta la strategia difensiva dei
17 imputati accusati di ma-
fia, tanto da farli esultare co-
me fossero stati assolti quan-
do il Tribunale di Roma con-
dannò tutti a pene severe
ma non per il 416 bis. Evi-
dentemente l’incubo della
cosca è la condanna per ma-
fia, perché lì si rischia il car-
cere duro, l’isolamento e, so-
prattutto, perché si innesca
il meccanismo che tutti te-
mono: sequestro e confisca
dei beni per effetto della Ro-
gnoni-La Torre. —
c BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI

GRAZIA LONGO
ROMA
La sesta sezione penale della
Corte di Cassazione, ieri se-
ra, ha bocciato l’accusa di as-
sociazione mafiosa per i due
gruppi criminali che a Roma
hanno siglato affari illeciti
con politici e colletti bianchi
negli appalti dell’emergenza
immigrati, del verde pubbli-
co, della raccolta rifiuti. E ri-
suonano amaramente beffar-
de le parole dell’ex Nar Massi-
mo Carminati quando, duran-
te il processo, definì Mafia Ca-
pitale «quattro chiacchiere
tra amici al bar».
Er cecato, il quarto re di Ro-
ma Carminati e il ras delle

cooperative rosse Salvatore
Buzzi, ai vertici dei due soda-
lizi criminali che hanno ali-
mentato la corruzione nella
capitale, sono due delinquen-
ti ma non due mafiosi.
La verità giudiziaria è il
frutto di un iter difficile, com-
plesso e contraddittorio. Gli
Ermellini respingono infatti
la sentenza dei giudici della
terza Corte d’Appello di Ro-
ma che l’11 settembre 2018
aveva riconosciuto appieno
Mafia Capitale e si allineano
con il verdetto di primo gra-
do che nel luglio 2017 non
aveva riconosciuto il reato di
associazione a delinquere di
stampo mafioso.

Inevitabile la soddisfazio-
ne dei difensori. Alessandro
Diddi, legale di Buzzi, osser-
va che «a Roma c’era un siste-
ma marcio e corrotto e la sen-
tenza di primo grado l’ha rico-
nosciuto. La Cassazione ha
detto quello che avevamo so-
stenuto fin dall’inizio: niente
mafia. Ora c’è un annulla-
mento con rinvio e dobbiamo
fare dei conteggi. Le pene so-
no destinate a diminuire».
L’avvocato di Carminati, Gio-
suè Naso dichiara: «È stato
sconfitto il modo di fare pro-
cessi dell’ex procuratore Giu-
seppe Pignatone e dei Ros».
Certo, Carminati è uno che
fa paura, anche quelli al Cam-

pidoglio «c’hanno paura di
lui», dirà Buzzi intercettato,
vantandosi di come una tele-
fonata di Massimo sia riusci-
ta a sbloccare un pagamento.
Ed è proprio Carminati a defi-

nire quel limbo, il «Mondo di
mezzo» (da cui prenderà no-
me l’indagine dei Ros) in cui
si incontra il mondo dei politi-
ci con quello dei criminali.

Salvatore Buzzi e Massimo
Carminati erano stati condan-
nati in appello rispettivamen-
te a 18 anni e quattro mesi, e
14 anni e mezzo. Per loro, in
attesa del ricalcolo della pe-
na, cade intanto il regime di
carcere duro previsto dal 41
bis per i detenuti mafiosi.
Tra gli altri imputati illustri
va ricordato l’ex consigliere
comunale e regionale Pdl Lu-
ca Gramazio (8 anni e 8 mesi
in appello, l’unico politico
condannato per l’associazio-
ne mafiosa). Mentre è uscito
di scena Luca Odevaine - ex
presidente del tavolo per l’im-
migrazione e già vice capo di
gabinetto di Walter Veltroni

sindaco - che ha patteggiato
5 anni e due mesi e ha deciso
di non arrivare in Cassazio-
ne. Lo spazzacorrotti aprirà
invece il carcere a coloro che
erano stati condannati per
corruzione come Guido Ma-
grini e Andrea Tassone.
Il presidente della Commis-
sione parlamentare Antima-
fia Nicola Morra, è molto titu-
bante: «Le sentenze si rispet-
tano. Ma le perplessità, i dub-
bi, le ambiguità permangono
tutte. Secondo la Cassazione
Buzzi e Carminati nella capi-
tale non avevano costituito
un consorzio di stampo ma-
fioso che, mediante l'intimi-
dazione solo paventata e la le-

va della corruzione, aveva in
pugno tanti uffici dell'ammi-
nistrazione comunale capito-
lina, ottenendo appalti ed af-
fidamenti in maniera del tut-
to illecita, eppure i dubbi re-
stano intatti».
La sindaca Virginia Raggi,
dichiara: «Questa sentenza
conferma comunque il sodali-
zio criminale. È stata scritta
una pagina molto buia della
storia della nostra città. Ai no-
stri concittadini dico: “andia-
mo avanti a testa alta”».
Mentre il capo del Movi-
mento Cinque Stelle e mini-
stro degli Esteri Luigi Di Maio
non nasconde i suoi dubbi:
«Le sentenze si rispettano,

ma restano i dubbi, le perples-
sità. E non solo: resta una feri-
ta profonda per Roma e per i
romani. Per me la mafia, pri-
ma ancora dei profili giudizia-
ri, è un atteggiamento».
Ancora più perplesso dalla
sentenza della Cassazione è
invece il leader della Lega
Matteo Salvini: «Cassazione
dice che Mondo di mezzo
non è mafia? Quindi cos’e-
ra? Un’associazione di volon-
tariato?». Lapidario il procu-
ratore generale della Cassa-
zione Giovanni Salvi: «Ingiu-
stificate esultanze. È stata ri-
conosciuta l’associazione cri-
minale». —
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La sindaca di Roma Virginia Raggi ieri era in Cassazione per attendere la sentenza su “Mafia Capitale”

Le sentenze
si rispettano,
ma le perplessità,
i dubbi,
le ambiguità
permangono tutte

L’INCHIESTA SU ROMA


Era il 2 dicembre
2014 e quel giorno
esplodeva uno scan-
dalo che avrebbe decapita-
to il Campidoglio: l’inchie-
sta Mafia Capitale portava
alla ribalta un personag-
gio fin troppo noto alle cro-
nache, Massimo Carmina-
ti, detto «er Cecato», ex ter-
rorista dei Nar, passato
per l’eversione di destra e
la Banda della Magliana.
Un personaggio quasi mi-
tologico nella Roma noir:
a lui si ispira il «Nero» di
«Romanzo criminale» di
Giancarlo De Cataldo; sul
grande schermo, era inter-
pretato da Riccardo Sca-
marcio.
Ebbene, quel giorno si
scopriva che Carminati
non era andato in disar-
mo, tutt’altro, e teneva le
fila di traffici malavitosi,
ma allo stesso tempo ave-
va rinsaldato i contatti
con gli ex camerati del
tempo che fu, nel frattem-
po ripuliti e passati alla gri-
saglia con la Giunta di
Gianni Alemanno.
L’altro protagonista si
chiamava Salvatore Buz-
zi, un ex compagno, finito
in carcere per avere accol-
tellato un complice in rapi-
ne, che dietro le sbarre si
era laureato e aveva co-
minciato a farsi notare co-
me caso più unico che ra-
ro di chi in carcere si era
trasformato. La sinistra
credeva in lui; lui credeva
nella sinistra. E così era na-
ta la cooperativa «29 giu-
gno», per celebrare la data
di un convegno clamoro-
so che aveva organizzato
a Rebibbia, da detenuto.
Erano accusati, i due, di
essere i capi di un’organiz-
zazione di stampo mafio-
sa dedita alla corruzione.
Per la procura non c’era
contraddizione: la corru-
zione spianava la strada al
business della cooperati-
va, lo stampo mafioso
(ora negato dalla Cassa-
zione) serviva dove le maz-
zette non bastavano.
Dalla gestione del verde
pubblico e dai subappalti
nella raccolta dei rifiuti ur-
bani, la coppia Carmina-
ti-Buzzi si era gettata nel
business più ricco del mo-
mento: la gestione dei ri-
chiedenti asilo. Resta me-
morabile una intercetta-
zione in cui Buzzi parla
con una collaboratrice:
«Tu c’hai idea quanto ce
guadagno sugli immigra-
ti? Il traffico di droga ren-
de di meno».
Su suggerimento del
suo avvocato, Buzzi non
ha nemmeno contestato
tutta una serie di illeciti.
Al riguardo c’era una se-
conda intercettazione che
racconta tutto: «Se vuoi
mungere la mucca (ovve-
ro la politica, ndr), la muc-
ca deve mangiare». —
c BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI

6 marzo 2018. Inizia l’Ap-
pello e a settembre viene ac-
colta la tesi dei pm: c’è il “me-
todo mafioso”. Vengono con-
dannati sia Buzzi sia Carmi-
nati

Un premier adatto
per tutte le mezze stagioni.

In attesa delle motivazioni dei giudici sarebbe sbagliato banalizzare

Un singolo pronunciamento non può valere come regola generale

Casamonica e Spada,


la città non è immune


al sistema delle cosche


L’ANALISI


NICOLA MORRA


PRESIDENTE


COMMISSIONE ANTIMAFIA


MATTEO SALVINI


SEGRETARIO


DELLA LEGA


ALFONSO SABELLA


EX ASSESSORE


DELLA GIUNTA MARINO


Le tappe

L’INCHIESTA SU ROMA


2 dicembre 2014, la Procu-
ra dispone 37 arresti. “A Ro-
ma agisce un’associazione di
stampo mafioso per pilotare
gli appalti pubblici”

FRANCESCO GRIGNETTI


IL PUNTO


Il “Romanzo


criminale”


che lucrava


sugli immigrati


CONTE


JENA


[email protected]

Le condanne pesanti
certificano
intimidazioni
e corruzione

“Mafia Capitale” non era mafia


Smontata l’accusa della Procura


La sentenza della Cassazione, cade il regime di carcere duro per Carminati e Buzzi

Ora l’Appello bis per il ricalcolo delle pene. Raggi: “Pagina buia, ma andiamo avanti”

Il pg della Capitale
Giovanni Salvi:
“Non capisco
chi sta esultando”

PHOTOPRESS


LAPRESSE


Salvatore Buzzi
63 anni, fondatore della cooperati-
va “29 giugno” per la rieducazione
dei detenuti, dopo aver trascorso
sei anni in carcere per omicidio

GIUSEPPE GIGLIA / ANSA


Massimo Carminati
61 anni, è stato esponente del grup-
po neofascista Nar e legato alla
banda della Magliana. Pluripregiu-
dicato, è stato sottoposto al 41bis

DANIELE SCUDIERI


Luca Gramazio
38 anni, figlio dell’ex deputato di An
Domenico, è capogruppo del Pdl in
Comune a Roma e poi in Regione
quando viene messo ai domiciliari

Se quella di Roma
non era mafia
allora che cosa era?
Una associazione
di volontariato?

@CARINO


Franco Panzironi
70 anni, dal 2008 è ad di Ama, la mu-
nicipalizzata dei rifiuti a Roma. Dopo,
a Multiservizi Spa, deve lasciare per
un’inchiesta su assunzioni sospette

ALFONSO SABELLA L’assessore alla Legalità ai tempi della giunta Marino: “Non va sminuito il lavoro dei magistrati”


“Non mi interessano le etichette, la verità è questa:

Roma è stata ostaggio di un branco di delinquenti”

INTERVISTA


Il malaffare c’era
ed era grave:
dei criminali hanno
piegato i politici
ai loro interessi

Giugno 2015: arriva un’altra
ondata di arresti, con 19 per-
sone in carcere, 25 ai domici-
liari e altre 21 persone indaga-
te a piede libero

Aprile 2017: la procura chie-
de la condanna dei 46 impu-
tati. Intanto vengono archi-
viate 113 su 116 posizioni
nel procedimento stralcio

20 luglio 2017: la sentenza
di primo grado vede cadere
l'accusa di associazione ma-
fiosa per 19 dei 46 imputati,
tra cui Carminati e Buzzi

MERCOLEDÌ 23 OTTOBRE 2019 LASTAMPA 3


PRIMO PIANO

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