Corriere della Sera La Lettura - 06.10.2019

(Barry) #1

8 LALETTURA CORRIEREDELLASERA DOMENICA6OTTOBRE


Perché?
«Dovevamo prepararci, allertarele
guardie diconfine a tutti ivarchi, non so-
lo quelli di Berlino, perché la legge dice-
vache i cittadini potevano rivolgersi di-
rettamente a loro. Insomma,volevamo il
tempo necessario per farlocon uncerto
ordine».
Invece checosa ac cadde?
«Che Krenz diede ilfoglioaGünter
Schabowski, il portavoce del governo, di-
cendogli che potevarendere nota la deci-
sione nellaconferenza stampa delle 18,
senza peròdirgli nulla dell’embargo.
Schabowski lofece».
Ma Schabowski sirese contoono
dell’embargo? Cioè: il suo annuncio fu
del tutto innocente o avevacapito efece
finta di nulla?
«Non lo so.Forse hacercato la sensa-
zione. Schabowski era arrogante, un po’
narciso, gli piaceva fare l’oracolo. Il pun-
to è che l’annuncio non lofece subito, ma
alla fine del briefing , quasifosse unacosa
alatere .Eildetonatorefulasuccessiva
domanda di un giornalista, non è chiaro
ancora oggi se ilcorrispondente dell’An-
sa, Riccardo Ehrman, oPeter Brinkmann,
l’inviatodella “Bild”, che dicediessere
stato lui. Fu quella domanda che glifece
pronunciarelaparola fatale: unverzue-
glich ,subito. Comunque sia andata, è
stato irresponsabilerendere note imme-
diatamente le nuove regole per i viaggi».
Che cosa successe dopo laconferen-
za stampa?
«La riunione del Comitatocentrale è
continuata fino alle 21.30. Noi non sape-
vamo nulla di checosa stesse succeden-
do fuori. NeppureErich Mielke, ilcapo
dellaStasi, era informato: anche lui era
alla riunione. E poi siamo andati acasa.
Oggi sappiamo cheivertici militarico-
minciaronoarendersicontodiquanto
stavasuccedendo soloverso le 23.30,
grazie allatelefonata di un ufficiale da
uno deivarchi».
E Mielke, che sapeva sempre tutto di
tutti?
«Non si è maicapito. Ma lacatena di
comando riprese a funzionare solo poco
prima della mezzanotte».
Ma era tardi.Avrebbe potutocorrere
molto sangue.
«E sarebbe stata tuttacolpa nostra. Se

Speravodisalvare


lamia BerlinoEst


Moscacihavenduti


dalnostrocorrispondenteaBerlino PAOLOVALENTINO

non è successo, se nonc’è stata una stra-
ge dobbiamo ringraziareunmaggiore
delle guardie diconfine, checon corag-
gio decise di aprire senza ordini ilvarco
sulla BornholmerStrasse, davanti al qua-
le pressavano migliaia di persone. A lui e
alle sue giovani guardie non è mai stato
dato alcun riconoscimento».
Quattro giorni dopo leivenne votato
dallaVolkskammer nuovo presidente
del Consiglio dei ministri. Sperava an-
cora di poter salvare la Ddr?
«Inrealtà entrai incarica solo il 17 no-
vembre.Peròsì, pensavo che la Ddr po-
tesse esseresalvata. Non ultimo perché
l’Urssaquel puntonon lasciavaancora
adito ad alcun dubbio che la Ddr dovesse
continuareaesistere. In luglio,aBuca-
rest, Mikhail Gorbaciovavevadettoche
ogniPaese avrebbe deciso da solo. Il 2 e 3
dicembre ci fu ilvertice di Malta tra Gor-
baciov e George Bush, che nonfeceroac-
cenno alla riunificazionetedesca. Il 12 in-
contraiJames Baker aPotsdam, la prima
volta che un segretario diStatoUsa veni-
vanella Ddr, e anche lì la riunificazione
non fu untema.Stessacosa per François
MitterrandeDouglas Hurd, il ministro
degli Esteri britannico, chevennero in vi-
sita nei giorni seguenti».

Però non c’èdubbio che l’apertura
dei confini innescò una dinamica poli-
tica.Euno dei momenti decisivi fu
l’annuncio il 28 novembre della «road
map» di HelmutKohl, ifamosi dieci
punti che avrebbero dovuto portare al-
la riunificazione. In gennaio lei invece
lanciò la proposta di unaconfederazio-
ne tra i dueStati, che doveva rimanere
neutrale. In quale momentoilcorso
della storia prese la via della riunifica-
zione?
«Io proposi di fareprima un accordo
di associazione, un passo previsto anche
nei dieci punti di HelmutKohl. Ma in
gennaio, pocoprima che io arrivassi a
Mosca, Gorbacioveisuoiconsiglieri in
pratica maturarono la scelta di abbando-
nare la Ddr al suo destino e non insistere
più sulla neutralità della futura Germa-
nia. L’8febbraio lacosa fucomunicata a
Baker e il 10 aKohl. A quel punto la strada

SSS


di FEDERIGOARGENTIERI

P


er molti aspetti ÁgnesHeller era
l’enfant terrible della scuola di
György Lukács, con il suo carat-
tere impetuoso, il suo entusiasmo mai
spento, l’acume intellettuale e l’istinto
ribelle.Nata a Budapest nel 1929 e
deceduta tre mesifa durante una nuo-
tata nel lago Balaton, apparteneva a
una generazione di talenti, tra cui
George Soros, che in adolescenza so-
pravvissefortunosamente alla «solu-
zione finale» impostata daAdolf Eich-
mann in persona contro gli ebrei della
capitale ungherese che «osavano»
essere ancora vivi dopo l’occupazione
nazista delPaese nel 1944.
Dopo un settantennio trascorso per
metà in patria e per metà in Occiden-
te,Heller ha cercato, in quello che è
uno dei suoi ultimi interventi, difare i
conti con l’attuale primo ministro
ungherese e il suo potere, nel piccolo
volume Orbanismo (traduzione di
Massimo DePascale eFederico Lopi-
paro,Castelvecchi, pagine 59,e9) che
raccoglie uno scritto e un’intervista,
entrambi risalenti a circa un annofa.
L’analisi contenuta in questi testi sul-
la politica diViktor Orbán è in sostan-
za condivisibile, ma a tratti incomple-
ta e difettosa; somiglia più ad un’in-
vettiva, sia pureragionata e profonda,
che a un’analisi vera e propria, il che
forse riflette l’iter politico un po’ oscil-
lante della grande filosofa, estranea se
non un po’ ostile alla rivoluzione del
1956 e per il ventennio successivo non
nemica delregime neocomunista di
JánosKádár, fino allarottura del 1977
e all’autoesilio, dapprima in Austra-
lia, poi negli Stati Uniti, fino al ritorno
in patria in anni piùrecenti.
Heller coglie nel segno quando de-
scrive il sistema orbaniano, basato
sulla «democrazia illiberale» e sul
«regime di collaborazione nazionale»,
come diverso dalfascismo e da altri
sistemi del secolo scorso, con cui al
massimo condivide qualche tratto
apparente; e quando nota che esso è
legittimato da elezioni tenuteregolar-
mente (almeno finora) e in linea di
principio libere. Sbaglia invece quan-
do sostiene che l’Ungheria non ha mai
conosciuto nella sua storia alcuna
forma di sistema democratico, e so-
prattutto quando nega il carattere
populista dell’attuale governo: l’ulti-
mo mezzo secolo asburgico concedeva
diverse libertà, ma soprattutto Orbán
veste a pennello i panni del leader
carismatico senza successori, espo-
nente di una politica che dichiara di
respingere la divisione tra destra e
sinistra, pienamente corrispondente
appunto alla definizione classica di
populismo.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Tesi


ÁGNESHELLER


CONTROORBÁN:


ANALISIACUTA


MAINCOMPLETA


GianfrancoBettin,(PortoMarghera,Venezia,
1955),giornalistapubblicista,hainsegnatoe
lavoratonelcampodellaricercasocialee
deglistudipolitici.Attivistaambientalistae
pubblicoamministratoreaVenezia,è
attualmentepresidentedellaMunicipalitàdi
Marghera.Narratoreesaggista,ilsuo
romanzopiùrecenteè Cracking (Mondadori,
2019).Daoggiconsigliaunlibroalgiornoai
followerdell’account@La_Lettura.

GianfrancoBettinèil#twitterguest

ACCA


DEMIE
diMARCO BRUNA

N


elgergo informatico si chiama
hackathon : unacompetizione-
maratona alla quale partecipano
esperti del settore, che ha sia finalità
lavorative che didattiche e sociali. Può
durare un giorno o una settimana intera. Il
dipartimento di Informatica dell’Università
di Bologna ha organizzato, insieme a Crif,
società specializzata nelfornire soluzioni di
business per leaziende, un hackathon il 22
e 23 novembre prossimi aVarignana, in

provincia di Bologna, rivolto a laureandi e
laureati di Informatica dell’Alma Mater. Si
tratta di un evento non-stop (attivo 24 ore
su 24 nei laboratori di Crif), durante il quale i
partecipanti dovranno risolvere un
problema in materia di open banking ,
ovvero di accesso e scambio di dati tra
istituti bancari. Quaranta i posti a
disposizione: le iscrizioni sono aperte fino al
15 novembre o fino a esaurimento posti
(informazioni: [email protected]). I

concorrenti verranno divisi in squadre; alla
vincitrice andranno 5 mila euro. «Ciò che
chiediamo ai partecipanti — spiega Antonio
Corradi, direttore del Dipartimento di
informatica dell’Università di Bologna — è
concepire soluzioni innovative destinate ai
clienti delle banche. Ogni gruppo deve
proporre un progetto, che verrà valutato da
un panel di giudici. Si possono presentare
strategie di marketing o modelli di business
aziendale. Open banking significa che se
sono un cliente virtuoso di una banca, il mio
profilo può esserecondiviso anche da
banche che non sono la mia, sempre nel
rispetto della privacy. Il progetto migliore
sarà quello chefornirà a questi istituti
strumenti di lavoro efficaci e originali».
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Gara di laureandi divisi in squadre


per progettare l’«open banking»


«U


no dei fatti più im-
portanti della storia è
successo in parte per
casoeincircostanze
che trent’anni dopo
non sono state del tutto chiarite».Per po-
chi mesi, dal novembre1989 all’aprile
1990, Hans Modrowè stato ilcapo del go-
verno della Ddr, l’ultimo espresso dalla
Sed (la Sozialistische Einheitspartei Deu-
tschlands, il partitocomunistatedesco-
orientale). Consideratouno dei leader
dell’ala moderataeriformista delregi-
me, al punto da essere spiato dallaStasi a
partire dal 1988, incarnò l’estremotenta-
tivo di salvare la Germania Est dopo laca-
duta del Muro. Il 16 novembre a Milano,
in occasione di BookCity, Modrowpre-
senterà il suo libro La perestrojka e la fi-
ne della Ddr , in uscita per Mimesis. No-
vantuno anni, una memoria senza pec-
che, Modrowha ricevuto «la Lettura» nel
suo ufficio allaKarl-Liebknecht-Haus,
sede della Linke, il partito di sinistra ere-
de indirettodei comunisti della Ddr, di
cui presiede ancora il Consiglio dei Sag-
gi.

Come ricordaigiorni del crollo del
Muro?
«L’8 novembreera statoconvocatoil
Comitatocentrale, che dovevadurare fi-
no al 10. La gentevoleva saperecome sa-
remmo andati avanti ma non riceveva ri-
sposte. La Sed non ne aveva. Erich Hone-
cker era stato sostituito alvertice del par-
tito da Egon Krenz il mese precedente. Il
giorno prima si era dimesso improvvisa-
menteilcapo del governo, WilliStoph.
Così la prima decisione fu chefossi io a
esserepropostoalvotodellaVo lkskam-
mer (ilParlamento, ndr ) per lacarica di
premier».
Quando fu presa la decisione sulle
nuove regole perfacilitareiviaggi al-
l’estero dei cittadini della Ddr?
«Il giorno dopo. Krenz presentòla
proposta preparata dal governo spiegan-
do che era urgente. Ma neppure luifece
alcuna attenzione alla nota a piè di pagi-
na,dovesidicevache lacosa dovevari-
maneresegreta fino alle5del mattino
del 10 novembre».

Orizzonti.


Filosofia,religioni,costumi, società


ILLUSTRAZIONE


DISR GARCÍA


HANS MODROW


La perestrojka
e la fine della Ddr.
Come sono andate
veramente lecose
A cura di Vladimiro Giacché,
traduzione di Manuel Guidi
MIMESIS
Pagine 224, e 18
In libreria dal 17 ottobre

L’autore
Nato nel 1928 a Jasenitz
(all’epoca Germania, oggi
Polonia), Modrowaderì nel
1949 alla Sed, partito
filosovietico nel quale erano
stati unificati socialisti e
comunisti nella Germania
Est (Ddr). Malvisto dai
vertici delregime per il suo
indirizzo critico, fu chiamato
a guidare ilgoverno alla
caduta del Muro e fu poi
sostituito dal cristiano-
democratico Lothar de
Maizière dopo le prime
elezioni libere del 18 marzo


  1. È stato poi deputato
    dellaPds, erede della Sed, a
    Berlino e a Strasburgo
    A BookCity
    Hans Modrowpresenterà il
    suo libro a Milano il 16
    novembre (ore 12), presso
    la FondazioneFeltrinelli di
    vialePasubio nell’ambito
    della rassegna BookCity


i

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