Corriere della Sera La Lettura - 15.09.2019

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DOMENICA15SETTEMBRE2019 CORRIEREDELLASERALALETTURA 19


Carosignore,


oravorreiparlarle


dimia mamma


I


l viso è etereo, la pelle bianchissima,come uno di
quei ritratti alla Neue Galerie di NewYork dove
adesso—nel bistrot—questa trentunenne in-
quieta statormentando una Sachertorte. Lo sguar-
doèaccigliato, infastidito: «Fatecicaso, quando
unromanzo è definito ambizioso è perché lo ha scritto
una donna. Non userebbero questo aggettivo per descri-
vere il lavoro di un uomo...». Elegante, disillusa, profon-
da, malinconica, estrema, fiera.Kathleen Alcott, 31 anni,
è esattamentecome il suoromanzo,Èdifficiletrovare
l’America, appena uscito da Solferino, viaggio lungo tre
decadi che si potrebbe spiegarecosì: immaginate di tro-
vare un paccodi vecchiecopie di «Life» e di soffermarvi
sullecopertine, l’allunaggio, il Vietnam, ilWatergate,
l’epidemia di Aids. E in questo epos americano provate a
stringere l’obbiettivo e a scorgere le vite di tre personag-
gi.Fay, l’estremista. Suo figlio Wright, sensibile e malin-
conico. Vincent, l’astronauta. Le loro scelte, gli errori, le
conseguenzedei lorogesti.UnPaese. «E le bellissime
bugie sulle possibilità a portata di tutti».
Luglio 1969, il mondofesteggia il primo uomo sulla


ce ha lo straordinario talento direndere i loro gesticosì
normali, intimi. Lirici.
«Ho lasciatolacornicestoricaintatta, lacorsa allo
spazio, i presidenti,Kennedy, Nixon,Reagan. Ho parlato
con Alan Bean, il quarto uomo sulla Luna scomparso nel


  1. Ho intervistatounvecchio ingegneredella Nasa
    che mi haconfessatolarivalità tra Neil Armstronge
    Buzz Aldrin. Le loro parole mi hanno aiutato a racconta-
    re la missione Apollo. Ho preso lezioni divolo. Ho letto
    le poesie di movimenti radicalicome iWeatherUnder-
    ground», racconta l’autrice nata nel 1988, ma che descri-
    ve la passeggiata di cinquant’anni facome sefosse stata
    lì, come se avesse vistocon i suoi occhi la superficie del
    satellite: «La Luna era scintillantecome le scarpe della
    domenica di una bambina —come una pelle».


Il programma spazialeeisuoi lati oscuri. Gli astro-
nauti che rinunciano alla loro individualità — «nelPae-
se in cui l’individualismo è unareligione» — in nome
della missione che sono chiamati a portare atermine. I
terroristi «che fanno più o meno la stessacosa» fino al
gesto estremo diFay, «rossa e rabbiosa e decisa a scom-
parire»: si dà fuoco a CapeKennedy in Florida, durante
l’ultimo lancio dell’Apollo.Per contestare un’ultimavol-
ta l’ingiustizia del mondo.Per liberare il figlio Wright.
Wright che splendecon la sua umanità disperata. Con la
sua vitavagabonda. La sensazione di esserebraccato.
Che a Buffalo, undicenne, entra in una scuola e trascorre
due ore «immerso nellafelicità, la nuca che gli prudeva
per quello che la signora Henderson gli insegnava, per
la grazia e la libertà di pensieri che non gli apparteneva-
no». CheaSan Francisco, dopo la mortedella madre,
trova un po’ di pace, scopre la sua identità, assapora la
felicità di vivere e l’incubo della morte, in una città sim-
bolo di una malattia devastante prima negata, poi sotto-
valutata.
Lo sfondocambia a ognicapitolo, dalPacifico all’At-
lantico, dagliinterni borghesi allecapanne ecuadoria-
ne, dal deserto del Mojavea quello lunare. E in questo
romanzo che diventaroadstoryquando la furia diFay la
porta a scegliere la lotta armata e la clandestinità (impo-
nendola al figlio), in questa narrazione che avanza senza
freni fino alla fine degli anni Ottanta mettendo insieme
momenti della storia americana «con cui la nazione non
ha ancora fatto iconti», latensione morale (ma anche
l’argomento) sembra aspirare aitoni rothiani diPasto-
raleamericana.
Non ci sono buoni ecattivi.Fay a tratti èrespingente
con il suo assolutismo fanatico, Vincentverrebbevoglia
di scuoterlo, Wright di salvarlo dal suo destino. «Sono
semplicementeumani». Con lo stesso rigorecon cui
controlla pensieri, azioni, movimenti dei personaggi,
l’autrice domina la sua prosa. Tesa, affilata («rileggo tut-
to piùvolte avoce alta»). Alcott — che insegna Scrittura
eLetteratura nelVe rmont (al Bennington College)ea
NewYork (alla Columbia) — riescecon facilità a passare
dalla dimensione personale a quellacorale, dalla descri-
zione dello shuttle a quella di un bar alcentro del nulla.
Adominarelasua rabbia. La mantiene sottotraccia.
Anestetizzata, mareale. «Èvero — ammette lei — e per
due motivi». Il primo è «di classe»: «Non provengo da
una famiglia privilegiata, ho vissuto per la maggior par-
te della vita senza assistenza sanitaria, sono un’outsi-
der». Il secondo: «Sono una donna. In unPaese in cui
viene ripetuto incontinuazione che esistono identiche
possibilità per tutti. Dovegli uomini che ho amatosi
sentivano insultati dal mio successo e dalla mia mente
autonoma. E questo sì, mi ha fatto molto arrabbiare».
La storia di Wright, «deluso da unPaese in cui non
può pianificare il suo futuro, da cui non si sente protet-
to». Di Vincent, allenato per essere utile alla nazione —
«per non avere una propria identità al di fuori del pro-
gramma spaziale»—che poi sceglie la solitudine. Di
Fay, «che non ha paura degli uomini». L’autrice ha mes-
so un po’ di sé in tutti i suoi protagonisti, «ma non è un
libro su di me, o sulle mie sofferenze».

Èdifficiletrovarel’Americasi aprecon iversi diAme-
ricaIsHardtoFinddi padre Daniel Berrigan, prete ge-
suita, attivista, pacifista morto nel 2016, protagonista di
tante battagliecontro la guerra in Vietnam: «Ricordati
di me io sono/ liberoirreperibile nemmeno lontana-
mente/ difficile da trovare quanto l’America». Ilroman-
zo (titolo originaleAmericaWasHardtoFind) diventerà
una serietelevisiva. L’amore, lo spazio, la base, il quar-
tiere di Castro a San Francisco.Facile immaginarsela. Le
copertine di «Life» scorrono davanti agli occhi. Lacam-
minata sulla Luna, JFK, un marinecon il fucile in mano, i
vietnamiti sotto assedio e poi quella prima pagina (in-
ventata dall’autrice) a proposito della quale Wright scri-
ve una lettera al padre mai visto (ne seguiranno altre, fi-
no all’incontro tra i due): «Credo che moltotempo fa lei
abbiaconosciuto o amato mia madreFay, che è la donna
finita sullacopertina di “Life”conilunghicapelli in
fiamme all’ultimo lancio dell’Apollo. Io sono suo figlio,
quello che nell’angolo dellafotostriscia all’indietro per
uscire dall’inquadratura».
©RIPRODUZIONERISERVATA

StagioniIlromanzodiKathleenAlcottèunviaggionell’incuboamericano:unamadremilitanteradicalecontro


laguerrainVietnam,unpadrelontano(moltopiùdellaLunadovesbarcherà)eilfigliocheallafinegliscriverà...


dalla nostra inviataaNew YorkANNACHIARASACCHI


Luna. Tutti guardano in tv quello storico momento. Solo
due persone sembrano disinteressarsene,forse sono gli
unici americani a non essere incollati allo schermo. Vi-
vono in Ecuador, da un po’. Eccoli. Fay Fern, postura da
ballerina, nata in una facoltosa famigliacaliforniana di
cui non si è mai sentita parte, barista nel deserto, poi in-
segnante diyoga, pacifista e attivista checon iltempo si
radicalizzerà fino a entrare in un’organizzazioneterrori-
stica (e a partecipare a un tragico attentato). Suo figlio
Wrigth, di nove anni.
Quel bambino non sa che Vincent Khan, l’eroe che
con la sua impresa «sta distogliendo l’attenzione degli
statunitensi dal Vietnam e dalla Guerra fredda», è suo
padre (nemmeno Vincent lo sa). «Mamma e bambino in
mezzo allafolla in un misero ristorante senza nome. È
stata la prima immagine nella miatesta». Edèesatta-
mentecosì che si apre il libro diKathleen Alcott. Salvo
poitornare indietro al 1957, alla base aerea nel deserto
del Mojave, dove Fay e Vincent siconoscono, personali-
tà opposte — entrambe fuori dalcomune — che si fan-
no interpreti della storia americana, anche se la scrittri-

i


KATHLEENALCOTT


Èdifficiletrovarel’America
Traduzione
di Alberto Cristofori
SOLFERINO
Pagine 446,e 19

L’autrice
Kathleen Alcott (1988:
sopra),californiana, ha
scritto iromanziTheDangers
ofProximalAlphabets(2012)
eInfiniteHome(2015) e
pubblicato racconti e saggi
su testate internazionali:con
ReputationManagementè
stata finalista al Sunday
Times Short StoryAward
Gliappuntamenti
L’autrice sarà in Italia a
ottobre: il 6 aPadova, alla
Fiera delle parole, e il 12 a
Roma, alfestival inQuiete

L’arteurbanarivesteunaposizioneinbilico
traliberaespressione,interessiprivatie
necessitàdiregolamentazione.Pertrattare
l’argomento,lostreetartistspagnoloDaniel
MuñozhatrasformatounedificiodiÓrdes

(Galizia)inunapaginadigiornale.L’opera,dal
titoloJerga,componeunmanifestoafavore
dellalibertàdelprocessocreativonello
spaziopubblico:gliarticolifittizisonoidee
annotatedall’artistanelcorsodellacarriera.

{


Giornalemoltomurale

Sullastrada
diDavideFrancioli

seggiatecon ilcane, guardo latelevi-
sione, leggoealle 20vadoaletto.
Così tutti giorni».
Nel romanzoc’è molto sesso ma
trovano spazio anche tanto amore
e considerazioni sulla vita profon-
de e commoventi. Soprattutto nel-
l’ultima parte, quando Vivian è in-
vecchiata e sembra più lucida e se-
rena.
«Hocercatodiconfutarel’idea,
secondo me troppo banale, che la
giovinezza sia iltempo della libertà
edella spensieratezza. Spessoèin-
vece con l’età matura che si diventa
finalmente piùconsapevoli e anche
piùfelici.Perché si ha ilcoraggio di
infischiarsene delle aspettativeche
gli altri hanno su di noi».
Nel librotutti ipersonaggi più
affascinanti sono di origine italoa-
mericana. Dobbiamo prenderlo
come uncomplimento?
«Certo!Permesieteimigliori,
adoro ilvostroPaese e appena posso
scappo aRoma, la mia città del cuo-
re. Dopo NewYork, naturalmente!».
©RIPRODUZIONERISERVATA

plico senza fare troppe storie. Atteg-
giamento che mi ha aiutata aconti-
nuare a scrivere dopoMangiaprega
ama, la paura di non riuscire a pro-
durre un altro buon libro non mi ha
bloccata. Scrivere è il mio lavoro,vo-
glio essereprofessionaleecercodi
farlo senza troppiretropensierie
angosce».


«La città delle ragazze» è un tri-
buto affettuoso a NewYork, unve-
ro salto neltempocon i locali not-
turni di Harlem, le soubrettein
cerca di fortuna e la vita sganghe-
rata deiteatranti, nel periodo pre-
bellico. Come è riuscita a ricostru-
ire tuttocosì minuziosamente?
«Quando ho un progetto ne parlo
apertamente. Non ho paura che
qualcuno mi soffi l’idea. Così rac-
contando della mia curiosità sul
mondo dello spettacolo degli anni
Quaranta, un’amica mi ha presenta-
touna donna straordinaria. Norma
Amigo, ultranovantenne ma ancora


lucida, era stata una soubrettenei
teatri newyorkesi proprio in quel
periodo. Sono andata a trovarla e mi
haconfidatotuttodel suo passato.
Lavoravacome ballerina neiteatri di
Broadway,era avventurosaebellis-
sima. Ha avutounsaccodi amanti
ed è stata anche la fidanzata diJohn
Wayne. Solo dopo avere parlatocon
lei hocapito che la mia idea delro-
manzo potevadiventarerealtà».
«La città delle ragazze» si snoda
per quasi 500 pagine. Quantotem-
po ha impiegato a scriverla?
«Oltre a parlarecon Norma Ami-
go, ho fattoricerche per due anni.
Descriverecon precisione un perio-
do storico è difficilecome imparare
una nuovalingua.Poi l’effettiva ste-
sura di unromanzo è piuttostovelo-
ce. Scelgo nelcalendario un periodo
dove non ho alcun impegno e bloc-
coalcuni mesi. Mi ritiroincampa-
gna e faccio vita da eremita, hocon-
tatti solocon il miocane. Mi alzo al-
l’albaelavoroalcomputer fino al-
l’ora di pranzo.Poi il miocervello si
spegne, al pomeriggio faccio pas-

ELIZABETHGILBERT


Lacittàdelleragazze
Traduzione di Elena Cantoni
RIZZOLI
Pagine 496, € 20
In libreria il 17 settembre

L’autrice
Elizabeth Gilbert (1969) è
nata aWaterbury
(Connecticut), oggi vive a
NewYork. Giornalista e
autrice ha pubblicato anche
Giurochenonmisposo
(2011),Ilcuoredituttele
cose(2014) eBigMagic
(2015), tutti Rizzoli
Free download pdf