Corriere della Sera La Lettura - 15.09.2019

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DOMENICA15SETTEMBRE2019 CORRIEREDELLASERALALETTURA 41


A


bbiamo iniziato lo scorso 21 lugliocon Jan Fa-
bre. Da allora, quell’inatteso e mutevole mu-
seo dicarta che è «la Lettura» ogni settimana
ha accolto originali omaggi alla poesiarealiz-
zati da significativi artisticontemporanei.
Idealmente, potremmo organizzare queste presenze in
due ampi gruppi. Da un lato, i «letterati»: Anselm Kie-
fer, Michelangelo Pistoletto, Giosetta Fioroni,Joseph
Kosuth ed ErnestoTatafiore, nei loro lavori, hanno as-
sorbitoerisemantizzatoversiefrasi,come citazioni
esplicite, rimandi manifesti, assonanze svelate. Dall’al-
tro lato, i «cifrati»:Fabre, Ettore Spalletti e MimmoJodi-
cehanno preferito nascondere rinvii segreti tra le pie-
ghe delle propriecostruzioni pittoriche efotografiche.
Siamo all’ultimocapitolo di questoprogettoestivo,
dunque. Si tratta di uncapitolo imprevisto.Unpolittico
a quattro maniconcepito insieme da MimmoPaladino e
da uno tra i maggioricantautori italiani, Francesco De
Gregori. Trecollage. Che, in filigrana, rivelano un’auten-
tica intesa umana e intellettuale.
Muoviamo dalvostro rapportocon la letteratura e
la poesia. Da anni,Paladino si dedica acommenti vi-
sivi anarchici, liberi, giocosi, distanti dai modi propri
dell’illustrazione tradizionale: dai classici greci
(«Iliade» e «Odissea») a quelli latini («Metamorfosi»
di Ovidio), daicapolavori del Medioevo e del Rinasci-
mento («Divina Commedia», «Il Milione», «Il Princi-
pe», «Orlando furioso») a libri immortali (come «Pi-
nocchio»), da scrittori e poeti del XX secolo (Pavese,
Ferlinghetti, Adonis, Alajmo, Merini, Nove eConte)
ad alcunicapisaldi della cultura novecentesca («Ulis-
se» diJoycee«Tristi tropici» di Levi-Strauss), pas-
sando per la «Bibbia»ele«Fiabe ebraiche».Per
«riattivare» la parola scritta,Paladino sembracom-
portarsi non da artista-critico, ma da dilettante.Un
po’comefaceva Fellini, legge a salti, in maniera inter-
mittente. Ricerca corrispondenze tra le parole di un
determinato scrittore e qualche sua ossessione.Poi,
lavoracon lafantasia.
MIMMOPALADINO—Sì, ècosì. Negli anni, ho illu-
strato tanti libri. Ma non sono un lettore professionista.
Mi annoio facilmente. Mi distraggo. Preferisco frugare
tra le pagine, indugiare su qualche parola.
E il De Gregori lettore di poesia?
FRANCESCODEGREGORI—Ho tanti debitiverso la
poesia. Dai classici agli autoricontemporanei. Da Ome-
ro a Leopardi. Leggo e rileggo tanti libri di poesia.
Anche di poeticontemporanei?
FRANCESCODEGREGORI—Mi piace moltoPatrizia
Cavalli. Mi interessa ancheVa lerio Magrelli. Ma secondo
me i poeti di oggi hanno moltecolpe. Preferiscono non
apparire. Nonvogliono mescolarsicon il pubblico. Scel-
gono di noncomunicare. Mirano a difendere una sorta
di sacralità. Mi sembra checosì rischino di non esistere.
In tanticonsiderano le suecanzoni autentiche poe-
sie. Siamo alla «classica» querellecanzone/poesia.
FRANCESCODEGREGORI—Sono due linguaggi in
contraddizione. Anche quando nonèsolo intratteni-
mento, lacanzone ha uno spessore diverso dalla poesia.
Inoltre, lavera differenza sta nella musicalità. Nelcaso
delle poesie, è interna. Invece, lecanzoni non stanno in
piedi senza ritmi, senza accordi.
Le suecanzoni sembrano avere un impianto quasi
filmico.
FRANCESCODEGREGORI—Sì, in tuttelecanzoni
chehoscrittohoavutosempreuna visione cinemato-
grafica, non pittorica. I miei brani ècome sefossero pic-
cole sceneggiature.


Siete due personalità piuttosto diverse. De Gregori:
riservato, severo, lontano dai riti della società dello
spettacolo, portato a difendere la specificità del pro-
prio lavoro. EPaladino: un nomade la cui esperienza
è stata segnata da ininterrotti transiti, che lo hanno
portato dalla pittura alla scultura, dalla grafica all’il-
lustrazione, dallafotografia al cinema.
FRANCESCODEGREGORI—Sono legato alla chitar-
ra, alla penna, alfoglio. Ilrestoconta poco. Sono solo di-
strazioni.
MIMMOPALADINO—All’apparenza, abbiamotem-
peramenti diversi. Francesco difende laconcezione del
mestiere solitario del poeta, che si ritira per pensare a
una parola, a unacostruzione. Anche io sento la pittura
come un esercizio che esige una grande disciplina inte-
riore. Nel 1977, ho dedicato a questa esigenza un dipin-
to,Silenzioso,miritiroadipingereunquadro. Ma, per
me, il silenzioèunmomento: nonèunacondizione
permanente. Ho bisogno di andareverso spazi ampi. Ho
unaprofonda fiducia nel fattocheilinguaggicorrano
paralleli. Mi servo, spesso, di altri media:come quando
scelgoicolori di unatela. Pitturaescultura devono
aprirsiaraggiera, dimostrando disponibilità neicon-
fronti dell’architettura, della musica, delteatro, del ci-
nema. Mi appassiona attraversare i pluraliterritori del-
l’arte, sia in senso geografico chetemporale. Con la mas-
sima libertàtecnica e creativa.
Tra icontinenti che l’hanno sempre affascinata, la
musica. Tra l’altro, ha lavoratoinsiemeconBrian
Eno. Inoltre, ha ideato lacopertina di uno tra i dischi
più belli di Lucio Dalla, «Henna» e la scenografia del


tour dello stesso Dalla e di De Gregori, «Work in pro-
gress» (2010).
MIMMOPALADINO—Di solito, ascolto musica men-
tre dipingo. Da Glenn Gould aicantautori italiani. Mi è
piaciutomoltoanchecollaborarecon musicistiecan-
tanti. Da autori sofisticaticome Brian Eno a Lucio Dalla,
straordinario nella suacapacità di arrivare a tutti. Ora ho
scoperto un giovane di grande talento, Luca D’Alberto.
Mi interessa soprattutto la musica popolare, non quella
pop. Può essere fruita a tutti i livelli. Anche nel mio mo-
do di dipingere la musica entracome riferimento impli-
cito. I miei quadri sonocome partiture, in cui scelgoco-
lori, figure, fughe e silenzi propriocome un musicista.
Inoltre, per i titoli di molte mie opere, non di rado ho
adottatoterminicome minuetto e partitura.
Negli ultimi anni, abbiamo assistitoauna muta-
zione.Ècome se lei sifosse «paladinizzato», mo-
strandosi più disponibileauscirefuori dalrecinto
della musica,come rivelano il documentario «Vero
dal vivo» di Daniele Barraco e il libro-intervista scrit-
to con Antonio Gnoli, «Passo d’uomo» (Laterza).Pas-
saggiocentrale in questo percorso di apertura, l’in-
controcon l’arte.
FRANCESCODEGREGORI—Nel 1996 ho dedicato
un brano,Unguanto, ad alcune misteriose incisioni di
Max Klinger su un guanto. Mi sarebbe sempre piaciuto
saper disegnare bene, ma non lo so fare: non ho quel ta-
lento.Per me, l’arte ècome un amore non ricambiato. Se
potessi rinascere, in un’altra vita, farei il pittore. Oggi mi
incuriosisce la possibilità di entrare in altricampi.
Innanzitutto,c’è il De Gregori-collezionista.
FRANCESCODEGREGORI—Sono semprestato
mosso da un amore intenso per l’arte. Soprattutto, per le
opere nelle qualicolgo unacerta semplicità di espres-
sione. Anche grazie ai suggerimenti di Dalla, ho acqui-
stato incisioni di espressionisticome Grosz e Dix.Poi,
hocomprato opere di Franz Kline,Kounellis, Pizzi Can-
nella ePaladino. E tanti disegni di architettura. Non mi

letana, «Anema ecore», che è stato ricantato da lei e
da sua moglie Francesca Gobbi. Il vinile è stato custo-
dito in uncofanetto-scultura disegnato daPaladino,
costellato di grafie impazzite e di numeri di unacaba-
la indecifrabile. Inoltre, avete deciso di accompagna-
re questodisco-operaconuna xilografiarealizzata
dai fratelli Bulla, una storica stamperiaromana.
FRANCESCODEGREGORI—Dopo anni passati a fa-
re il mio mestiere, avevovoglia dicontaminarmi, spor-
carmi le manicon arti diverse dalla musica. Io e Mimmo
abbiamocominciato a pensare di fare qualcosa insieme.
Ma non potevatrattarsi solo di unacopertina. Quell’av-
ventura hacorroborato la nostra intesa, la nostracono-
scenza.
MIMMOPALADINO—Il risultatodiAnemaecore
non ècosì strano. Microsolco del vinile e xilografia han-
no qualcosa incomune: sono incisione sulla materia.

Paladino-Virgilio, De Gregori-Dante.
FRANCESCODEGREGORI—Per me, Mimmo è una
sorta di Virgilio da cui io, nei panni di Dante, mi faccio
condurre in un viaggio attraverso l’arte.
MIMMOPALADINO—Guarda che Virgilio ha portato
Dante all’Inferno. Ma l’Inferno è un posto interessante.
Le ragioni di questa sperimentazione sono anche
di tipo estetico. C’è unconcetto che vi accomuna: l’er-
metismo.Itesti dellecanzoni di De Gregori, che si
sottraggonoaunacomprensione immediataedi-
stratta. E i quadri diPaladino: drammaturgie discon-
tinue, attraversate da attimi interiori e motivi cultu-
rali, da memorie private ed elementi astratti, da im-
maginiconcreteeimprendibili,consceeinconsce,
che sembrano evocare il moto ondoso dellavoce.
FRANCESCODEGREGORI—Mi sono sempre affida-
toalla libertà di scrittura.Unpo’come fa Mimmo nei
suoi quadri. Quando li osservi, molti aspetti ti sfuggono.
Poi, scopri passaggi che, inizialmente, non avevicolto.
C’è sempre altro.Per me, l’arte non può che essere erme-
tica.Per godere davvero, chi osserva un quadro o ascolta
unacanzone deve scassinarecolori e parole.
MIMMOPALADINO—Anche la mia pittura è ermeti-
ca.Laguardi,enon ne afferri subitoilsignificato. «E
nonc’è niente dacapire...», miverrebbe da dire citando
unacanzone di Francesco.
Ulteriorecapitolo delvostropercorso, il polittico
per «la Lettura». In un primo momento, abbiamo
chiestoaPaladino di scegliereunpoeta cuifare un
omaggio...
MIMMOPALADINO—Avreipotutoindividuareun
poeta classico. Ma le pagine di un giornale sono un luo-
go vivo.Per questo, ho pensato di fare una scelta diversa.
E hocostretto Francesco a disegnare. Già in precedenza
gli avevochiestodifarmivedereisuoi disegni.Elui:
«Ma sono solo scarabocchi».Poi, me li ha mostrati. So-
no migliori dei pessimi dipinti di Bob Dylan, il mito di
Francesco.
FRANCESCODEGREGORI—Mimmo mi ha propo-
sto di fare un lavoro insieme. Gli ho chiesto di ascoltare
una miacanzone di qualche anno fa,Inonda. L’ha senti-
ta e gli è piaciuta.Poi, mi ha spinto a fare qualche dise-
gno. Dopo iniziali esitazioni, gli ho mandato i miei sca-
rabocchi infantili. Mimmo li ha tagliati, li ha usati, ci ha
costruito sopra, infine li ha immessi in un trittico. È sta-
to eccitante.
MIMMOPALADINO—Come una sfida a duello: met-
tere insieme un pittorecon un artista che scriveversi e
compone musica, per elaborare una grammatica di se-
gni che prima non esistevano.
Il passaggio successivo?Una mostra insieme?
FRANCESCODEGREGORI—Non so proprio quale
potrebbe essere il passaggio successivo. Neltempo, so-
no cresciute tra di noi amicizia econfidenza. Ora ho me-
no pudori dal punto di vista personale ed emotivo. Ma
Mimmo è l’artista. Io sono solo prestato all’arte.
Vi affascina la possibilità di abbandonare ogni tan-
to la praticadella creazione solitariaeindividuale,
misurandoviconfrequenticollaborazioni.Un’espe-
rienza naturale e necessaria, per i musicisti.
FRANCESCODEGREGORI—Mi ècapitato spesso di
collaborarecon altri musicistiecantanti. Si guadagna
sempre da questi scambi. C’è una crescitareciproca. Il
lavoro di un altro che si affianca al tuo lo arricchisce. Ar-
tisti diversi rinunciano a una parte della propria autono-
mia, per creareuna «cosa» ulteriore. Questa alchimia
scatta soprattutto quando non ci sono patti da rispetta-
re, né strategie cui attenersi. E tutto è istintivo, naturale.
Anche lei, spesso, ha incontratocompositori,can-
tautori, attori,registi cinematografici eteatrali.
MIMMOPALADINO—Mi piace riportare nel mio la-
voro i segni di altri.
Macom’è nata lavostra amicizia? Checosa vi acco-
muna davvero?
FRANCESCODEGREGORI—Condividiamo unfon-
do di umanità, un’idea di arte.
MIMMOPALADINO—Abbiamo amoricomuni, pas-
sionicomuni, idiosincrasiecomuni. Sia per Francesco
cheper me, l’arteresta uncampo imprendibile, senza
mete certe. Come un viaggio per afferrare una gemma
che non si troverà mai. Ma questo ci tiene in vita.
©RIPRODUZIONERISERVATA

Francesco


DeGregori,


cantautore,


unoche


leggeeri-


leggepoe-


sia,èun


escursioni-


stadellear-


ti.Mimmo


Paladino,


artista,è


unnomade


dellalette-


raturaedel-


lamusica


In origine c’è statoAnemaecore, un classico della
canzone napoletana cheFrancesco De Gregori
(Roma, 4 aprile 1951) ha ricantatocon la moglie
Francesca Gobbi. Il vinile è stato custodito in un
cofanetto-scultura disegnato da Mimmo
Paladino (Paduli, Benevento, 18 dicembre 1948;
nellafotoin basso, insieme, nella stamperia Bulla
diRoma).Poi Paladino, quando «la Lettura» lo ha
coinvolto nel progetto «L’arte incontra la poesia»,
ha pensato di chiamare De Gregori e di invitarlo

—costringerlo — a disegnare. De Gregori ha
risposto invitandoPaladino adascoltare una sua
canzone,Inonda, tratta dall’albumCalypsos
(2006). Quelli che De Gregori chiama
«scarabocchi» sono infine stati ripresi da
Paladino, tagliati, riassemblaticon alcuni versi di
Inonda, un brano che evoca unacondizione di
serenità, e sono andati acomporre il trittico di
queste pagine: «Silenziosamente/ La mia mente
sogna/ E sonofermo ai bordi della strada».

Iprogettiinsieme

(


Per«laLet-


tura»han-


norealizza-


toinsieme


questo


trittico:gli


«scaraboc-


chi»diDe


Gregoriri-


tagliatieri-


assemblati


daPaladi-


no:«Segni


cheprima


nonesiste-


vano»


considero uncollezionista rigoroso. Sonocaotico nelle
mie scelte.
Poi, c’è il De Gregori che frequenta artisti. Intenso
soprattuttoilrapporto, oltrecheconPaladino,con
Pizzi Cannella,con cui lei ha una lungaconsuetudi-
ne. Proprio a Pizzi ha chiesto diconcepire un quadro
per lacover di un suo disco, «Amore nel pomeriggio»
(2001).
FRANCESCODEGREGORI—Ricordo le discussioni
perconvincerlo arealizzare quellacopertina: una giacca
datoreroispirata aMortenelpomeriggiodi Hemin-
gway.
Infine,c’è il De Gregori-artista, la cui prima uscita
pubblica risale al 2014, quando, presso loStudio Tri-
sorio di Napoli, ha presentato un’installazione creata
insiemeconLuciaRomualdi. «Soundings»ècome
una cripta abitata dacartografie, da geometrie, da
nomi di porti, da annotazioni algebriche, da docu-
mentari sgranati. Ilcentro dell’installazione era oc-
cupatosolo dalla suavoce.Per quell’occasione, lei
reinterpretò una suacanzone, «Cardiologia», rifles-
sione sull’amore «indecente» e «prepotente», senti-
mentoche divoraenon ammettepaure, in cui ci si
sentecome «chi raccoglieconchiglie dopo la mareg-
giata». La modificò lievemente e la ricantò per trevol-
te in treversioni diverse, in un gioco divariazioni.
FRANCESCODEGREGORI—L’incontrocon Lucia
avvenne in manieracasuale. 2013, primarie delPd. Ro-
ma, quartiere Prati. In fila pervotare. Fu immediata l’in-
tesa. Hocapito subito che Lucia è un’artistavera. Abbia-
mo deciso di fare un lavoro a quattro mani. A lungo mi
sono interrogato sul modo migliore per entrare dentro
le videoanimazionidiLucia. All’artevolevoaccostarmi
con rispetto. Mi sono sentitocome un uomo semplice
del Quattrocento alcospetto di uncapolavoro di Mante-
gna.
Nella piccola storia del De Gregori-artista, decisivo
un progetto del 2018.Unclassico dellacanzone napo-
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