Panorama - 18.09.2019

(Nandana) #1

RUOTE SGONFIE


18 settembre 2019 | Panorama 37

Per riuscire a rispettare i limiti imposti dall’Eu-
ropa e non pagare multe salate (per evitarlo, Fca
verserà alla californiana Tesla quasi 2 miliardi di
euro in cambio di crediti verdi), la via più breve è
inserire nella propria gamma, e riuscire a vendere,
più auto elettriche possibile. Sul listino mondiale
oggi ci sono 139 modelli a emissioni zero, di cui
104 in Cina e 32 in Europa, e il loro numero salirà
a 328 nel 2021, di cui 128 nel Vecchio continente.
Per progettare e produrre questi veicoli dall’incerto
successo e dai margini ridotti (una batteria da 500
chilometri di autonomia costa circa 20 mila dollari,
un motore a benzina ne costa circa 5 mila) le case
automobilistiche dovranno investire 225 miliardi
di dollari entro il 2023. Una cifra enorme, in pratica
dovranno tirar fuori il 20 per cento in più rispetto a
quanto spendono ora. E gli investimenti peseranno
sugli utili: sempre secondo Alixpartners, da qui al
2023 i profitti lordi dei produttori di auto potrebbero
ridursi di 60 miliardi di dollari.
Insomma, una terribile traversata in un deserto di
utili per ottenere un risultato tutto sommato modesto
a livello ambientale, visto che il settore automobi-
listico produce il 9 per cento delle emissioni globali
di gas serra, come sostiene Greenpeace: nel 2025 le
auto ibride plug-in (con una doppia alimentazione e
con una batteria abbastanza capiente da dover essere
caricata alla spina) e le elettriche pure dovrebbero
conquistare il 20 per cento circa del mercato europeo
e il 13 per cento di quello italiano. A oggi, appena
l’uno per cento delle auto nuove vendute in Europa
sono elettriche.
Parallelamente le case automobilistiche difen-
dono le motorizzazioni tradizionali, sostenendo
che inquinano sempre meno. Ma i limiti imposti
da molte città europee alla circolazione dei motori
a gasolio ha creato ulteriori problemi all’industria:
nel 2018 il 51 per cento delle auto vendute in Italia
montavano motori diesel, nei primi mesi del 2019
la loro quota è scesa per la prima volta sotto il 45

per cento e nel 2025 sarà del 36 per cento. A subire
gli effetti di questa battaglia, giusta o sbagliata che
sia, non sono solo i produttori di motori a gasolio
ma anche gli automobilisti, in particolare quelli che
usano le quattro ruote per lavoro e sono sensibili al
costo del carburante. Non a caso la protesta di «gilet
gialli» in Francia è esplosa proprio in seguito alla
proposta di aumentare il prezzo dei carburanti: «I
motori diesel consumano meno e la loro demonizza-
zione è demenziale» sostiene Gian Primo Quagliano,
presidente del Centro studi Promotor. «E comunque,
se si vuole combattere l’inquinamento non è equo
costringere le persone a spendere di più consumando
benzina invece che gasolio, per un vantaggio che
ricade sulla collettività: bisogna trovare un modo
per compensarle».

Tutti questi grandi cambiamenti che stanno
investendo l’industria dell’auto rischiano di avere
un impatto devastante sull’Italia, già fanalino di coda
in Europa per infrastrutture elettriche: il gruppo Fca
ha investito 5 miliardi di euro per l’elettrificazione
della sua gamma, una cifra piccola se paragonata a
quella messa in gioco dalla Volkswagen. Per questo
l’alleanza con Renault o con Psa è fondamentale.
Ma anche lo Stato deve fare la sua parte. Come
rileva il Centro studi della Fondazione Ergo di Varese,
«Fca può fare a meno dell’Italia ma l’Italia non può
fare a meno di Fca»: nel nostro Paese l’automotive
rappresenta il 5,6 per cento del Pil, il fatturato delle
attività produttive (dirette e indirette) del settore
vale 93 miliardi, pari al 10,5 per cento del fatturato
dell’industria manifatturiera, gli occupati diretti e
indiretti superano le 250 mila unità. Oltre a incen-
tivare l’installazione di colonnine elettriche, una
soluzione per sostenere l’industria e svecchiare un
parco auto da oltre 37 milioni di vetture (di cui un
terzo con vecchi motori pre-Euro 4) sarebbe avviare
una rottamazione in stile anni Novanta, come pro-
pone il Centro studi Promotor: un bonus di 2 mila
euro più uno sconto di altri 2 mila a tutti coloro che
compreranno una nuova auto, rottamando un usato
di oltre 10 anni. Nel 1997 l’aumento del gettito Iva e
delle tasse di immatricolazione sulle auto vendute
in più coprì completamente il costo dell’erogazio-
ne del bonus e lasciò all’erario un maggior gettito
netto equivalente a 723 milioni di euro. Il governo
dovrebbe pensarci. ■
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