La Stampa - 08.09.2019

(lily) #1

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Sahar, 29 anni, a marzo era stata a una partita di calcio a Teheran

Al processo per oltraggio al pudore non aveva un avvocato difensore

Si dà fuoco davanti al tribunale


per protesta contro gli ayatollah


IL CASO

La petroliera Adrian Darya fotografata dai satelliti degli Stati Uniti mentre si avvicina al porto di Tartus in Siria

GIULIA ZONCA

F

orse ora si dirà che Sa-
har è matta e, certo, ri-
coprirsi di benzina e
darsi fuoco davanti a
un tribunale di Teheran è fol-
le. Ma lei si è spinta oltre in cer-
ca di normalità.
Questa donna di 29 anni, a
marzo, è entrata in uno stadio.
Senza permesso. In Iran solo
gli uomini hanno diritto di ve-
dere le partite dal vivo, il resto
sono chiacchiere, occasioni
uniche, piccoli passi che an-
drebbero spinti verso svolte
storiche e che invece sono così
rari da servire solo al calcio ira-

niano per evitare sanzioni. Sa-
har non voleva più aspettare e
qualche mese fa si è messa una
parrucca in testa, i soliti goffi
abiti che evitano problemi, si è
avvolta in una bandiera ed è
sgattaiolata dentro all’Azadi
Stadium insieme alla massa di
tifosi. Voleva tifare per l’Este-
ghlal, la squadra con cui sta liti-
gando Stramaccioni, e ha osa-
to. È entrata, ha mandato un
selfie alla sorella che si è preoc-
cupata e le ha chiesto di uscire
di lì, ma era tardi. Sahar si era
fatta notare, essere una donna
in una curva di Teheran è co-
me avere un bersaglio in fron-
te: è stata subito arrestata.
Due giorni di fermo, poi la da-
ta del processo, inizio settem-
bre. In aula ha ascoltato il suo
«oltraggio al pudore» e non è
stata neanche difesa perché
semplicemente stava dal lato
della colpa. Le donne lì hanno
perso i loro diritti nel 1979, l’ul-
tima volta che sono entrate le-
galmente in uno stadio era il
1981, poi il buio. E gli arresti e
la comunità internazionale
che denuncia e i comitati che
provano a fare pressione.
Quando le iraniane in trasfer-

ta hanno riempito le tribune
dei Mondiali in Russia, sem-
brava si fosse aperto uno spira-
glio. Il regime ha fatto qualche
concessione in patria. Apertu-
ra straordinaria per la finale
della champions asiatica, un
settore dedicato e inviti preci-
si, solo per chi è ben accetto,
per chi non si sognerebbe di di-
mostrare o creare imbarazzo.
Le altre, quelle pericolose e im-
prevedibili come Sahar, fuori.
Le hanno dato sei mesi di re-
clusione e lei è diventata una
torcia umana. Spaventoso.
Ora è ricoverata con ustioni al
90 per cento, ha un polmone
compromesso, rischia ancora
di morire.
La famiglia ha fatto sapere

che aveva dei problemi, che le
era stato riscontrato un distur-
bo bipolare, ma le notizie intor-
no a lei sono poco chiare.
Quel che è certo è che il capi-
tano della nazionale iraniana,
Masoud Shojaei, ha condanna-
to «il retaggio medioevale che
tiene le donne fuori dagli stadi
e crea conseguenze drammati-
che». Non è la prima volta che si
espone, lo aveva già fatto a Ka-
zan, nell’estate del 2018, quan-
do si era trovato davanti a tifo-
se che non poteva neanche im-
maginare: «nemmeno mia ma-
dre e le mie sorelle sono mai po-
tute venire a vedermi».
La Fifa, al momento si attie-
ne alle promesse dell’Iran, di-
cono che per gradi smantelle-
ranno il divieto, ma dall’inver-
no scorso siamo fermi a qual-
che rara eccezione controllata
e la legge è sempre la stessa.
Entrare in uno stadio è reato se
sei donna e la pena è la galera.
O la follia come unica strada al-
ternativa. L’ingresso di qual-
che centinaio di signore pote-
va essere un inizio: senza un’e-
voluzione concreta è solo una
presa in giro. —
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GIORDANO STABILE
INVIATO A BEIRUT
Dopo un viaggio di cinque
mesi, abbordaggi, sequestri
e uno «scambio di prigionie-
ri», la Adrian Darya è giunta
a destinazione, nel porto si-
riano di Tartus, dove scari-
cherà il suo carico di 2,1 mi-

lioni di petrolio. I Pasdaran
cantano vittoria, perché si
tratta di un grosso aiuto all’al-
leato Bashar al-Assad. Gli
Stati Uniti condannano un
gesto che serve «a sostenere
il regime siriano invece che
la propria gente». Washing-

ton ha provato a fermare in
tutti i modi il gigante da 350
mila tonnellate, partito ad
aprile dall’Iran con l’obietti-
vo di rifornire Damasco, a
corto di carburante e costret-
to a fronteggiare il malcon-
tento della gente.

Le pressioni su Assad
Le sanzioni che proibiscono
l’export di greggio verso la Si-
ria sono uno degli strumenti
usati dagli Stati Uniti per
mantenere la pressione su As-
sad e costringerlo a un com-
promesso con l’opposizione.
Teheran vuole invece aggi-
rarle a ogni costo e così la
guerra delle petroliere si è
spostata dal Golfo al Mediter-
raneo. Lo scorso novembre
l’Egitto ha proibito il transito
attraverso il Canale di Suez
alle navi che portano greggio
in Siria. Da allora gli iraniani

sono costretti a circumnavi-
gare l’Africa. Così fa l’Adrian
Darya, che alla partenza si
chiama Grace 1 e batte ban-
diera panamense. Un modo
per confondere le acque. Gli
ufficiali di bordo si fanno pe-
rò scoprire quando scambia-
no messaggi via WhatsApp
con funzionari del porto siria-
ni. L’Intelligence occidentale
li intercetta. Washington
chiede a Londra di interveni-
re. Il ministro della Difesa Je-
remy Hunt incarica le autori-
tà di Gibilterra e sottolinea
che il petrolio è diretto alla
raffineria di Baniyas, sotto
sanzioni europee. Un com-
mando di 20 Royal Marines
parte dall’Inghilterra e all’al-
ba 4 luglio prende il control-
lo della petroliera.
I Pasdaran reagiscono con al-
trettanta decisione. Nel giro
di due settimane attaccano

tre navi britanniche, nono-
stante la presenza di una fre-
gata britannica di scorta, e al-
la fine catturano una chimi-
chiera, la Steno Impero, con
23 marinai. Comincia una
trattativa riservata, finché, il
15 agosto, Gibilterra rilascia
la petroliera iraniana in cam-
bio della liberazione della
Steno Impero. Nel frattempo
è arrivato un nuovo equipag-
gio, che ha cambiato nome al-
la nave e issato la bandiera
della Repubblica islamica.
Teheran assicura, per iscrit-
to, che non consegnerà il
greggio ai siriani. L’Adrian
Darya si dirige prima verso la
Grecia, poi verso il porto tur-
co di Mersin, e ancora al lar-
go del Libano. Poi spegne il
transponder, il dispositivo
che permette di localizzare i
mercantili, e fa rotta verso
Tartus.

Gli Usa hanno continuato a
seguirla con droni ma alla fi-
ne decidono di non interveni-
re. Dopo l’attracco a Tartus,
confermato da foto satellita-
ri, il consigliere alla Casa
Bianca John Bolton si è limi-
tato a sottolineare come l’I-
ran aiuti «il regime siriano in-
vece che la propria gente».
Per Damasco è un sostegno
fondamentale. Prima della
guerra produceva 250 mila
barili di petrolio al giorno.
Ora parte dei pozzi sono stati
danneggiati e altri sono nella
mani dei guerriglieri curdi.
La produzione è scesa a 25
mila barili e il governo deve
importarne 40 mila. Il carico
della Adrian Darya sarà suffi-
ciente per un paio di mesi.
Poi è prevedibile una nuova
spedizione e un nuovo brac-
cio di ferro. —
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Violato l’accordo

Nuove centrifughe
per arricchire l’uranio
oltre il 20 per cento

Arriva in Siria il petrolio iraniano

Gli ayatollah sfidano le sanzioni Usa: la nave Adrian Darya attracca nel porto di Tartus

AP

AP

Teheran ha annunciato un
nuovo passo fuori dall’intesa
sul nucleare firmata nel 2015.
Il capo dell’Agenzia atomica
iraniana Behrouz Kamalvan-
di ha precisato ieri che d’ora
in poi l’arricchimento dell’u-
ranio «potrà andare oltre il 20
per cento» e che verranno usa-
te «nuove centrifughe veloci»
e la tecnica dell’iniezione di
«uranio allo stato gassoso»,
un procedimento proibito dal
Trattato in quanto rende il
processo più veloce. Per co-
struire ordigni atomici serve
uranio arricchito al 90 per cen-
to, l’intesa del 2015 poneva
un limite al 3,67 per cento. L’I-
ran si avvia quindi a riprende-
re il suo programma a ritmi su-
periori rispetto a prima e lo
stesso Kamalvandi ha avverti-
to che «non c’è più molto tem-
po» se l’Europa vuol salvare
l’accordo. GIO. STA. —
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Nel 2018 era stata autorizzata la presenza di alcune donne alla stadio

TENSIONI IN MEDIO ORIENTE

L’imbarcazione aveva
spento i dispositivi
satellitari
di tracciamento

Il selfie di Sahar allo stadio

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