Il Sole 24 Ore - 08.09.2019

(Michael S) #1

Il Sole 24 Ore Domenica 8 Settembre 2019 11


Viaggio nell’immaginario industriale


di Giuseppe Lupo


S


arà colpa del caldo esti-
vo, ma il fronte dei ca-
lanchi è di un giallo che
spinge all’inerzia, come
se la piana di Pisticci, in
questa zona di Basilica-
ta indecisa tra un’appartenenza ap-
penninica e la tentazione del mar Jo-
nio, voglia manifestare - nella con-
formazione del terreno argilloso,
nella mancanza di rilievi, nell’assen-
za di correnti d’aria - una specie di
apatia verso il trascorrere del tempo,
un’indifferenza per tutto ciò che po-
trebbe suscitare l’impressione di
movimento.

Fiumi di polvere
La Basentana è l’unica grande arte-
ria capace di mettere in collega-
mento l’entroterra con il mare, che
dista una ventina di chilometri a
sud. Di fianco scorre parallela la fer-
rovia che collega Metaponto con
Potenza, ma sappiamo che nessun
treno la percorrerà e i centri urbani
in cima alle colline friabili, Grassa-
no, Ferrandina, Grottole, Calvello,
paiono muti testimoni di una para-
lisi che qui assume l’aspetto del Ba-
sento: una plaga di sassi, una pia-
nura dentro la pianura, che somi-
glia a uno di quei «fiumi di polve-
re», di cui scrisse Leonardo
Sinisgalli ottant’anni fa.
Nel  Rocco Papaleo è passa-
to da queste parti per girare il film
«Basilicata coast to coast». Arrivato
alle case di Craco, che una frana ac-
centuata dagli impianti fognari ha
costretto all’abbandono, ha pro-
nunciato una massima che vale co-
me paradigma: «Non ha retto la
modernità».
Come Craco, anche la piana di Pi-
sticci sembra manifestare un’in-
consapevole avversione al moder-
no. Eppure non mancano tradizioni
imprenditoriali di una certa rile-
vanza. Qui si continua a produrre
l’Amaro Lucano, inventato dal ca-
valier Pasquale Vena nel , e po-
co più a nord si scorgono i capanno-
ni utilizzati per la fabbricazione di
divani e poltrone, che nell’ultimo
scorcio del secolo scorso hanno in-
serito la città di Matera nel cosid-
detto distretto del salotto. Siamo
davvero nel cuore di quella Basilica-
ta ieratica e bizantina, che si mani-
festa nei visi, nelle inflessioni dia-
lettali, nell’antropologia di un quo-
tidiano che tende alla conservazio-
ne anziché all’esperimento.

Il “sogno” di Mattei
Il paesaggio potrebbe non essere
mutato rispetto a come lo osservò
Enrico Mattei alla soglie del mira-
colo economico, prefigurando
un’oasi tecnologica dentro un com-
prensorio di terre da cui non poter
fare altro che emigrare: uguali i co-
lori, uguale il silenzio, interrotto

dalle automobili che transitano
sulla Basentana e che all’epoca in
cui quest’uomo arrivò dal Nord Ita-
lia nemmeno esisteva.
È probabile che nell’apparente
refrattarietà si nasconda il senso di
una lotta sotterranea tra il tempo
che chiede di transitare e lo spazio
geografico che invece protegge tutto
quanto resiste alla tentazione di
modificarsi. La piana è uno dei tanti
crocevia di una regione dove la spin-
ta al moderno e il rifiuto del moder-
no si attraggono e si allontanano, in-
gaggiano un duello di cui nessuno
conosce l’esito ma che ha il potere di
segnare il destino di un territorio in
cui ciò che sopravvive dell’ex area
Anic appare come un’isola di civiltà
arrivata da altri mondi.
Nessuno può dire che sia stata
questa la prima impressione, però è
certo che nel , quando gli im-
pianti chimici entrarono in azione e
diedero lavoro a cinquemila occupa-
ti nel momento di massima espan-
sione, la popolazione non provò dif-
ficoltà a interagire con fumi, sfiata-
toi, cisterne. Erano anni di partenze
senza ritorni e la prospettiva di re-
stare a vivere nel luogo dove si era
nati convinse gli abitanti ad accet-
tarne la presenza. Oggi forse non sa-
rebbe stato così. Un’altra coscienza
ecologica avrebbe reso più proble-
matico il rapporto, tant’è che a pochi
passi da qui, in Val d’Agri, i pozzi pe-
troliferi di Eni e Total raccolgono
ostilità più che consenso. Ma anche
questo è un segno dei tempi.
Nell’Italia del miracolo economi-
co il bisogno di elevarsi economica-
mente determinò un tipo di approc-
cio che qui assunse i contorni di una
grande avventura tecnologica, capa-
ce di regalare quelle forme di vita
evoluta che si manifestava attraver-
so la mensa aziendale, l’infermeria,
la nursery, il villaggio Snam con al-
loggi per dipendenti e dotato di
strutture per praticare il tennis, il
calcio, il basket. Percorrendo le stra-
de del quartiere, intitolate alle città
italiane segnate dalla presenza del-
l’Eni, si avverte la sensazione di tro-
varsi al centro di un set cinemato-
grafico, un agglomerato di palazzine
la cui natura poteva risultare artifi-
ciale rispetto alla conformazione ar-
chitettonica dei paesi.

Paradosso cronologico
Ma il paradosso sta soprattutto nella
cronologia. Un’ipotesi di civiltà in-
dustriale cominciò a soffiare pro-
prio mentre l’inchiesta di Ernesto De
Martino giungeva nelle librerie ita-
liane con un titolo - Sud e magia
() - che avrebbe attribuito al
Mezzogiorno un’immagine irrazio-
nale o a-razionale, magica appunto,
ma nel significato deteriore del ter-
mine, segnando una frattura con
l’icona di una Lucania immobile e
laconica, fuori dalle rotte della Sto-
ria, a cui molto aveva contribuito

Carlo Levi con Cristo si è fermato a
Eboli ().
Ci voleva un uomo di altre geo-
grafie per capovolgere questa chiave
interpretativa e il desiderio di co-
struire uno dei centri chimici più
importanti del tempo magari assun-
se i caratteri di una macroscopica
contraddizione, però determinò un
cambio nella percezione del nuovo.
Il processo di sviluppo seguì una
sua stratificazione: il metanolo fu
utilizzato per ottenere prima la fibra
acrilica, poi la fibra poliammidica,
infine la fibra poliestere. L’Anic si
estese a cerchi sempre più larghi,
dotandosi di silos, di tubi collettori
dove far passare l’acqua, di una cen-
trale termoelettrica, che oggi è un
rudere e di cui solo la ciminiera con-
serva una sua dignità nel rappresen-
tare un avamposto tecnologico, sia
pure in disuso. A vederla dall’alto, in
una delle fotografie utilizzate dai
tecnici prima ancora che fosse ope-
rativa, l’area ha la fisionomia di un
accampamento romano. Il terreno
sembra diviso in piccoli lotti, ciascu-
no occupato dagli impianti. Tale si
presenta ancora oggi: una scacchie-
ra collegata da condotte sopraeleva-
te, poste a non più di tre o quattro
metri da terra, sotto cui corrono sia
il reticolo di strade asfaltate, sia i bi-
nari che all’epoca erano utilizzati
per le operazioni di carico e scarico.
Sul fianco destro, dalla parte op-
posta rispetto al letto del Basento, si
allunga l’asfalto della pista costruita
per il decollo e l’atterraggio di aerei.
Non è più in uso da decenni, proba-
bilmente da quando l’avventura chi-
mica ha subito una battuta d’arre-
sto, verso la metà degli anni , e gli
impianti sono stati ceduti a società
italiane e straniere che ora sono in-
serite in un Parco tecnologico e tra-
sformano le scorie in energia elettri-
ca. Nonostante le erbacce ai bordi, la
pista Mattei è un altro segnale delle
ambizioni che dettavano le regole
negli anni , un esempio del pro-
gettare in grande, dello spingersi un
passo più avanti di quel che si pen-
sava fosse semplicemente futuro e
invece si sarebbe rivelato una cla-
morosa scommessa con una tradi-
zione millenaria di marginalità.
L’imponente nastro grigio svolge
la funzione di un’illusione ottica: si
ammira la lunghezza (millequattro-
cento metri), ma si resta sconcertati
dall’incredulo straniamento che è ti-
pico di un dialogo tra linguaggi ap-
parentemente inconciliabili. La pi-
sta fra i calanchi può essere un indi-
zio di questi linguaggi inconciliabili,
un messaggio in bottiglia lanciato
nel grande mare della dimenticanza.
La letteratura di quegli anni avrebbe
continuato a narrarci la retorica di
una Basilicata fuori dalla civiltà, re-
legata in un dimensione rurale. E in-
vece la civiltà era arrivata. I poeti, gli
scrittori non se n’erano accorti.
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All’epoca del suo maggiore sviluppo, il sogno di Enrico Mattei in Basilicata arrivò a occupare mila persone


Le contraddizioni tra modernità e immobilità in uno spazio che da avamposto si è trasformato in desolazione


La pista sul futuro in una terra che non decolla


PERCORSO IN DIECI TAPPE


. Anic Pisticci


Ascesa
e declino
Sopra, la posa
della prima pietra
dello stabilimento
(il 29 luglio 1961)
alla presenza
dell’allora
ministro
Colombo;
al centro lo
stabilimento
negli anni 70;
sotto la desolante
solitudine della
pista Mattei,
ormai inutilizzata
da decenni

FOTO DI I DOMENIICO NOTARANGELO - COURTESY ARCHIVIO NOTARANGELO

L’autore.
Giuseppe Lupo,
scrittore
e docente
di Letteratura
italiana
alla Cattolica,
è tra i massimi
studiosi della
Letteratura
industriale.
Tra i suoi libri
sull’argomento:
il romanzo Gli anni
del nostro incanto
(Marsilio 2017 -
Premio Viareggio
Rèpaci), i saggi
La letteratura
al tempo
di Adriano Olivetti
(Edizioni di
Comunità 2016),
l’antologia
Fabbrica
di carta. I libri che
raccontano l’Italia
industriale
(con G. Bigatti,
Laterza 2013).

I LUOGHI


Pirelli Settimo Torinese
Dove la vecchia fabbrica è stata
sostituita dal nuovo corpo,
progettato da Renzo Piano,
chiamato la “fabbrica dei ciliegi”


Autogrill Villoresi Ovest
Progettato dall’architetto Angelo
Bianchetti e inaugurato nel 1958,
secondo le forme di un
immaginario lunare


Stabilimento Cornigliano
Sede dell’acciaieria Italsider la cui
comunicazione fu affidata
all’artista Eugenio Carmi, che
dirigeva l’omonimo periodico
aziendale


Alfa Romeo Arese
Il luogo in cui aveva sede una delle
più importanti aziende
automobilistiche italiane e dove
oggi c’è uno dei più grandi centri
commerciali d’Europa


Bassetti Rescaldina
La fabbrica tessile che negli anni
Sessanta sperimentò un tipo di
organizzazione diventata oggetto
di studio da parte di alcuni
sociologi


Sesto San Giovanni
La città definita “la Stalingrado
d’Italia” osservata attraverso
alcuni suoi simboli, come il
Villaggio Falck e il carroponte
Breda


Stabilimento Ilva Bagnoli
L’area in cui aveva sede l’azienda
siderurgica dove comincia e
finisce la letteratura industriale


Olivetti Pozzuoli
Una delle fabbriche di maggiore
armonia tra architettura e
paesaggio, progettata
dall’architetto Luigi Cosenza ed
entrata in funzione nel 1955


Anic Pisticci (Mt)
Dove sorsero gli insediamenti
chimici ed Enrico Mattei fece
costruire una pista per aerei

d
Mondadori Segrate
Il palazzo sede del più importante
gruppo editoriale italiano,
realizzata dall’architetto Oscar
Niemeyer, come simbolo
dell’industria editoriale
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