Il Sole 24 Ore - 08.09.2019

(Michael S) #1

Il Sole 24 Ore Domenica 8 Settembre 2019 13


Visioni di frontiera nòva


La tecnologia a piattaforme è dominata da Usa e Cina: la concentrazione in poche mani


rischia di allargare le asimmetrie con i paesi emergenti, penalizzando le economie locali


Un mondo digitale ad alta polarizzazione


DIGITAL ECONOMY


Innovazione & sviluppo


Guido Romeo

«L


e piattaforme
digitali non
sono più solo
aziende con
interessi com-
merciali, ma
attori di politiche di sviluppo con im-
patti globali», ha osservato qualche
giorno fa Casper Klynge, nominato
neo-ambasciatore danese in Silicon
Valley. A mettere qualche numero a
questa dichiarazione politica ha prov-
veduto l’Unctad, la Conferenza delle
Nazioni Unite sul Commercio e lo Svi-
luppo pubblicando il suo primo rap-
porto sull'economia digitale globale.
Nella sua definizione più ampia, che
abbraccia sia le infrastrutture It che
l’e-commerce e i servizi, il digitale vale
poco più del % mondiale. Più dei nu-
meri, ciò che colpisce è la sua concen-
trazione asimmetrica e, notano gli
analisti, pericolosa per le crescenti di-
seguaglianze che sta creando a livello
globale. Il rischio, come ha sottolinea-
to il segretario generale dell’Onu An-
tónio Guterres, è che invece di creare
sviluppo, l’economia digitale ostacoli
il raggiungimento degli obiettivi di
sostenibilità del . Mentre un abi-
tante del pianeta su due ha ancora ac-
cesso scarso o nullo alla rete, (uno su
cinque nei paesi più arretrati dell’Afri-
ca), sia sul fronte della ricerca che del
mercato Usa e Cina dominano incon-
trastate. L’aquila e il dragone deten-
gono, da soli, il % dei brevetti globali
sulle blockchain, sono responsabili
del % degli investimenti nell’Inter-
net delle cose e rappresentano più del
% del mercato del cloud. Sulle due
sponde del Pacifico si concentra il %
della capitalizzazione delle prime 
piattaforme digitali, mentre l’Europa
si deve accontentare di un magro ,%
e Asia, Africa e America Latina non ar-

rivano tutte insieme al %.
Al centro di questo dominio c’è
proprio la forza del modello di busi-
ness di maggior successo, quello delle
piattaforme. In grado di creare valore
offrendo servizi sia come infrastrut-
ture che come intermediari, le piatta-
forme digitali hanno visto il loro valo-
re globale crescere del % dal  al
 toccando la cifra stellare di mila
miliardi di dollari. E se una volta si
parlava delle sette sorelle del petrolio

oggi il numero è riferito alle sette su-
per-piattaforme, Microsoft, Apple,
Amazon, Google, Facebook, Tencent
e Alibaba, che hanno conquistato il
% del mercato delle prime .
Queste asimmetrie sono estrema-
mente rischiose, sottolineano gli ana-
listi dell’Unctad, perché rischiano di
convogliare la maggior parte del valo-
re verso un piccolo numero di paesi
iperdigitalizzati riducendo gli altri a
fruitori di servizi e fornitori di dati

grezzi senza sviluppare le economie
locali. L’Europa si è già mossa in que-
sto senso con il Gdpr e nuove misure,
anche fiscali, sono attese dalla nuova
Commissione e Parlamento, ma la si-
tuazione è particolarmente allarman-
te in Africa e Sudamerica. «L’econo-
mia digitale crea nuove opportunità e
sfide a tutti i livelli di sviluppo, com-
presi i paesi emergenti e quelli meno
sviluppati – osserva Thomas Van Gif-
fen, program officer per le politiche

dell’Ict dell’Unctad –. Ma l’impatto del
digitale dipende dal livello di “digital
readiness” dei paesi e degli stakehol-
der. Dipende inoltre dalle politiche
adottate non solo a livello nazionale,
ma anche internazionale, soprattutto
nell’area dell’imprenditorialità digi-
tale, dalle politiche per l’innovazione
e i dati, ma anche dalle misure nel
campo del lavoro, della competizione
e della tassazione».
Siamo però ancora un tempo per
correggere la rotta sottolineano gli
analisti. Nonostante la concentrazio-
ne di big data e sistemi di intelligenza
artificiale nelle mani di pochi giganti,
la data economy è ancora all’inizio. Il
traffico legato agli indirizzi Ip, utiliz-
zato come indicatore dei flussi di dati
è esploso, passando dai  Gigabit al
giorno del  ai mila al secondo
del  e si stima sfiorerà i mila al
secondo nel .
Una ricetta unica per catturare il
valore di questa nuova economia non
esiste e la strada suggerita è la speri-
mentazione, magari partendo dagli
ecosistemi più dinamici nei paesi in
via di sviluppo. «L’innovazione e l’im-
prenditorialità digitale tendono a
concentrarsi in tutte le regioni – os-
serva Van Giffen –: in Africa, per
esempio ci sono hub in Egitto, Kenia,
Nigeria e Sud Africa. Per promuovere
un impatto positivo e ridurre le dise-
guaglianze è necessario sperimentare
diverse policy, perché siamo in un ter-
ritorio nuovo e caratterizzato da un
incessante cambiamento tecnologico.
L’applicazione di sandbox regolatorie
potrebbe essere un primo passo pri-
ma di implementare misure nazionali
o internazionali. Allo stesso tempo
credo che la comunità dei tecnologi
dovrà esplorare nuovi modi di soste-
nere i paesi meno digitalizzati».
á@guidoromeo
© RIPRODUZIONE RISERVATA

IL LATO SOCIAL DELLA RICERCA

Lo scienziato si valuta


sulla base dei tweet


Giampaolo Colletti

N


on solo pubblicazioni
scientifiche. Perché oggi
nel mondo globalizzato e
connesso della ricerca è in
atto una sfida anche a colpi di
hashtag. La rivoluzione parte para-
dossalmente dalla Cina: nonostan-
te le restrizioni di navigazione e il
consumo differente rispetto a
quello occidentale i social stanno
iniziando a competere con i paper
nella valutazione dei ricercatori.
«Per essere considerato un valido
scienziato oggi non è più necessa-
rio soltanto pubblicare articoli
scientifici», afferma uno dei biolo-
gi dell’Università di Pechino inter-
vistato da Nature.
Non solo competizione nell’ago-
ne digitale. Perché i social – e Twit-
ter in testa – consentono di creare
alleanze, condividere analisi, mo-
strare evidenze, richiedere soste-
gno trasversale, internazionalizza-
re studi e ricerche in modo imme-
diato. E gli scienziati iniziano ad ar-
marsi di smartphone nel loro
lavoro quotidiano: lo riporta il cen-
tro di ricerca vicentino Observa, se-
gnalando lo studio promosso da
Stefanie Walter, docente di relazio-
ni internazionali ed economia poli-
tica all’Università di Zurigo. Al cen-
tro dell’analisi c’è la piattaforma di
microblogging creata da Jack Dor-
sey. I risultati su un campione di
. scienziati mappati evidenzia-
no come il % si impegni in intera-
zioni con altri colleghi. A questo da-
to si aggiungono le conversazioni
con la società civile (%) o con la
politica (%). «Twitter tra gli acca-
demici è popolare. Viene adottato
per parlare del proprio lavoro, dei
successi conseguiti, delle sfide che
si stanno affrontando. I nostri ri-
sultati, basati su quasi un milione di
tweet, mostrano come gli scienziati
interagiscano più intensamente
con i loro colleghi, senza però tra-
scurare la comunicazione con il

pubblico», afferma Walter.
L’analisi è partita dal dibattito
globale sul cambiamento climatico
e su come la scienza stia mandando
moniti costanti a politica e società
civile. «Gli scienziati vogliono en-
trare nell’arena pubblica. Le que-
stioni ambientali richiedono azioni
sociali urgenti e hanno incremen-
tato la necessità di comunicazione
e interazione con gli altri attori del-
la società», precisa Walter. Dinami-
che che afferiscono non solo la piat-
taforma, ma anche il linguaggio
adottato, che cambia a seconda del-
l’interlocutore. «Sullo stile di co-
municazione gli scienziati sembra-
no orientare la lingua in modo stra-
tegico. Usano un linguaggio neu-
trale quando comunicano con altri
colleghi, mentre scelgono parole
più cariche di emozioni quando in-
teragiscono con giornalisti, società
civile e politici».
Cinguettare per diventare rile-
vanti nel dibattito sui temi contem-
poranei grazie a immagini, testi,
hashtag di facile comprensione per
un pubblico estraneo al mondo ac-
cademico. Proprio come ha fatto il
Cern con il suo account. Pochi mesi
fa, in occasione del compleanno del
world wide web e per celebrare l’in-
gegnere britannico e fondatore Tim
Berners Lee, il profilo che conta ol-
tre due milioni e mezzo di follower
ha twittato una torta di complean-
no, diventata presto virale. Un mo-
do per veicolare con un messaggio
accessibile i festeggiamenti in atto.
«I social sono spesso accusati di
diffondere notizie false, ma oggi
consentono agli scienziati di condi-
videre la loro attività con un pubbli-
co eterogeneo e di impegnarsi an-
che con i neofiti. Proprio in questo
periodo in cui i risultati scientifici
vengono contestati e la scienza è
spesso sotto attacco, il dialogo col
pubblico è un modo per riconqui-
stare e mantenere la fiducia», con-
clude Walter.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

CROSSROADS

IL LAVORO


DEL FUTURO?


LO SPIEGA


L’ARCHEOLOGO


T


imothy Taylor, archeolo-
go, professore di Preisto-
ria dell'umanità all'uni-
versità di Vienna, con un
team del Pentagono, ha deciso di
scavare sul confine alpino tra la
Germania e l'Austria, vicino al vil-
laggio di Abtsdorf. Alla ricerca di
informazioni sull’età del bronzo, il
professore stava studiando i dati
topografici della zona ricavati con
la tecnologia LiDAR - che in pratica
elimina le immagini della vegeta-
zione e mostra ad alta risoluzione
la struttura del terreno sottostante.
Il professore, appassionato co-
struttore di modellini di aerei, ave-
va riconosciuto nella conforma-
zione del terreno la forma della cu-
pola di una fortezza volante, un fa-
moso bombardiere della Boeing. E
quindi il lavoro di scavo si è con-
centrato sulla ricostruzione dei
frammenti di un bombardiere
americano abbattuto nel .
È un caso istruttivo, anche se
tutt’altro che unico, per compren-
dere il lavoro del futuro nell’econo-
mia della conoscenza: una profes-
sione come quella dell'archeologo
sconfina dalla sua specializzazione
caratteristica, connette tecnologie
digitali e fisiche, si sviluppa in pro-
getti che non sono strettamente di-
sciplinari. L’esempio mostra come
certe competenze si possano tra-
sformare facendo un salto di astra-
zione e finendo per essere applica-
te a tematiche imprevedibili, tro-
vando nuove fonti di sostenibilità,
aggiungendo valore alla professio-
nalità. L'attitudine da detective che
è propria dell'archeologo tradizio-
nale viene esplicitamente estrapo-
lata dal suo contesto analitico abi-
tuale. Il tema dell’obsolescenza
tecnologica viene superato com-
piendo un duplice sforzo: da un la-
to aggiornando la tecnica, dall'al-
tro imparando ad allargare gli ar-
gomenti a cui si applica.
Questo è anche un modo per in-
terpretare una novità tecnologica
forte come ArchAIDE, un'app svi-
luppata all'università di Pisa con
partner internazionali. ArchAIDE
sfrutta l'intelligenza artificiale per
aiutare gli archeologi «a ricono-
scere e classificare le migliaia di
frammenti ceramici che ogni gior-
no emergono dagli scavi in tutto il
mondo». L'app è basata su reti
neurali e una tecnologia simile al
riconoscimento facciale. Ed è di-
sponibile gratuitamente su App-
Store e GooglePlay, ma si può uti-
lizzare anche su pc. È stata presen-
tata al meeting dell'Associazione
europea degli archeologi che si è
svolto a Berna nei giorni scorsi.
Le migliaia di frammenti che si
trovano negli scavi archeologici
sono come pezzi di un puzzle che
deve essere ricostruito, spiega Le-
tizia Gualandi del MAPPALab di Pi-
sa. ArchAIDE funziona in modo in-
tuitivo: «si scatta una foto con un
dispositivo mobile e la si manda al
riconoscitore automatico che offre
il suo responso», dice Gabriele
Gattiglia ricercatore di UNIPI e Co-
ordinatore del progetto. Francesca
Anichini, project manager di Ar-
chAIDE calcola: «al momento l'ac-
curatezza del riconoscimento è in-
torno al %, ma sarà proprio gra-
zie al sempre più ampio utilizzo da
parte degli utenti che il sistema
riuscirà a migliorare la performan-
ce». E questo perché ogni interro-
gazione all’archivio diventa anche
materiale di confronto per le ricer-
che successive. L’app può essere
usata da ricercatori o appassionati.
La ricerca scientifica si avvale sem-
pre più spesso dell’aiuto di cittadi-
ni interessati. L’importante è che il
metodo di ricerca sia controllato. E
la tecnologia può aiutare.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

di
Luca
De Biase

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Capitalizzazione di mercato delle maggiori piattaforme tecnologiche. Dati in miliardi di dollari, 2018

Fonte: Holger Schmidt

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150K
TRAFFICO
INTERNET IN GB.

È previsto che il
traffico su Ip nel
2022 lieviti a
150.700 gigabit al
secondo. Nel
1992 erano 100
Gb, ma al giorno,
diventati 100 Gb
al secondo nel



  1. Nel 2017 il
    traffico era pari a
    46.600 Gb al
    secondo

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