Il Sole 24 Ore - 07.09.2019

(ff) #1

Il Sole 24 Ore Sabato 7 Settembre 2019 5


Primo Piano


Maximilian Cellino


Dal nostro inviato


CERNOBBIO


«E


siste uno schema
preciso in base al

quale si sviluppano


le guerre commer-


ciali, e quella attuale fra Stati Uniti e


Cina non fa eccezione: prima di rag-


giungere una soluzione si dovranno


sperimentare effetti negativi di por-


tata maggiori sulle economie e sol-


tanto a quel punto si troverà la spinta


necessaria per arrivare a un accor-


do». Sembra non lasciare spazio a


grandi speranze Michelle Meyer,


Head of US Economics Global Rese-


arch di Bank of America Merrill Lyn-


ch: il duello fra Washington e Pechi-


no affrontato a più a riprese ieri a


Cernobbio durante le sessioni del


Workshop The European House-


Ambrosetti è destinato secondo


l’economista a esercitare ripercus-


sioni ancora più pesanti di quelle vi-


ste finora, anche se non tali da spedi-


re necessariamente l’economia Usa


nella recessione che tutti temono.


Sta forse dicendo che il tema dei


dazi non si esaurirà con il prossimo


round di negoziazioni appena fissa-


to a inizio ottobre e probabilmente


sopravviverà anche alla presidenza


Trump?


Credo proprio di sì: quello in atto


non è soltanto un confronto che ri-


guarda il lato commerciale, ma un


duello legato anche agli aspetti tec-


nologici e che più in generale attie-


ne al modo in cui le due grandi po-


tenze, Stati Uniti e Cina, si devono


rapportare. Per questo motivo è na-


to prima dell’avvento di Donald


Trump alla Casa Bianca e prosegui-


rà anche oltre il , che vi sia o


meno un secondo mandato. I nego-


ziati avranno soltanto una forma


diversa, meno legati alle imprevedi-
bili esternazioni dell’attuale presi-

dente e auspicabilmente con mag-


gior chiarezza sul modo in cui do-
vranno procedere.

Secondo lei è davvero questo il ri-


schio principale che pende sulle sor-
ti dell’economia internazionale?

Esistono altri elementi di incertezza


quali la Brexit o le tensioni sull’Iran
con i suoi riflessi sul prezzo del pe-

trolio, ma i pericoli legati al com-
mercio internazionale rappresen-

tano certamente la sfida maggiore:


per la loro portata globale e perché
tendono non soltanto a rendere più

elevati i costi di produzione, ma ad-
dirittura a influire sugli stessi pro-

cessi infrangendo la supply chain.


Intanto l’inversione della curva
dei tassi dei titoli di stato Usa sem-

bra già preannunciare una reces-


sione, ma la questione è molto di-
battuta fra gli addetti ai lavori. Qual

è il suo parere?


Siamo sicuramente entrati nell’ulti-
ma fase di un ciclo economico

espansivo, con le sue dinamiche ti-


piche. I segnali di allarme non man-
cano, come il crollo degli indicatori

sull’attività manifatturiera, e non


vanno certo ignorati. Occorre però
fare molta cautela nel dare enfasi ai

messaggi inviati dalla curva dei tas-


si, la cui forma subisce le distorsioni
delle politiche monetarie espansive

delle Banche centrali. Anche perché
i nostri modelli di previsione non in-

dicano al momento alcuna recessio-


ne in arrivo il prossimo anno.
L’azione della Federal Reserve

sarà dunque essenziale nell’evitare


una nuova crisi?
Washington sta agendo con misure

forse più preventive del solito, visto


che fino a questo momento non si
sono viste evidenze concrete di una

frenata e sta quindi esercitando il


proprio ruolo in modo accorto. Ma
come tutte le banche centrali può

arrivare soltanto fino a un certo


punto, oltre il quale servono anche
politiche fiscali in grado di cambiare

la struttura stessa dell’economia


creando l’opportunità per nuovi in-
vestimenti.

Molti la accusano di subire l’in-


fluenza politica di Donald Trump,
che non perde occasione per attac-

care anche frontalmente l’operato


del presidente, Jerome Powell.
Anche se a volte risulta difficile di-

stinguere le motivazioni che stanno


dietro ciascuna singola scelta, cre-
do piuttosto che la Fed tenda a ri-

spondere alle indicazioni che arri-
vano dal mercato. Sotto questo

aspetto si può dire che reagisca an-


che alle parole di Trump, ma in ma-
niera indiretta: non penso che la

sua indipendenza possa quindi es-


sere definita a rischio.
Cosa si aspetta per il meeting del

prossimo  settembre?


Credo che assisteremo a un ulterio-
re taglio dei tassi di  punti base,

come si aspettano i mercati. Non ci


sono le condizioni per una misura
ancora più espansiva, che finirebbe

probabilmente per allarmare gli in-


vestitori ed essere quindi contro-
producente.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Dazi e tecnologia, è economica


la «seconda guerra fredda»


Cernobbio. Nel confronto sulla situazione internazionale cresce l’allarme per lo scontro Usa-Cina


Per risolvere le crisi forse le armi delle banche centrali non bastano più, spazio per la politica


Roberto Da Rin


Dal nostro inviato


CERNOBBIO


Ripartire o ricadere. Una ripresa


meno stentata di quella che alcuni


dati congiunturali mostrano oppu-


re il pericolo di duplicare la crisi,


quella grave, che pareva superata.


In bilico tra timidi ottimismi e velati


pessimismi. Gli scenari globali si


definiranno in funzione delle ten-


sioni in corso, quella tra Stati Uniti


e Iran, tra Stati Uniti e Cina, la crisi


economica della Germania. Il Fo-


rum di Cernobbio  parte all’in-


segna delle incognite: i rischi di un


protezionismo diffuso, il “nodo mi-


granti” che spacca la comunità in-


ternazionale, l’allarme “populismo”


e, last but not least, il nodo della cy-


ber-sicurezza. La politica, la vecchia


ma autorevole politica, parrebbe es-


sere l’àncora di salvezza per tutti.


«È una seconda guerra fredda,


quella tra Stati Uniti e Cina - spiega


Niall Ferguson, storico alla Stan-


ford University - con intrecci e pe-


culiarità di ordine commerciale e


tecnologico. Gli Stati Uniti hanno


bisogno di allarmismi e Trump ha


saputo risvegliare questo spirito. Il


problema è che non è facile da go-


vernare, soprattutto perché la sua


rielezione non è scontata: Trump ha


il % di probabilità di essere rielet-


to, dipende dall’economia. Il nodo


dei dazi tra Washington e Pechino


si rivelerà cruciale per determinare


il prosieguo di un trend protezioni-


sta o una svolta più conciliatoria».


Uno scenario comunque com-


plesso: David Petraeus, presidente


di Kkr global institute, una delle fi-


gure più rilevanti nella Difesa ame-


ricana del post  Settembre, intro-


duce altre variabili determinanti, il
ruolo della Russia, l’Iran, la Corea

del Nord. «È tornata la storia», dice


Petraeus, anche se «genera turbo-
lenze e volatilità, ma oltre ai tweet,

vanno monitorate le politiche eco-


nomiche vere, concrete».
In effetti a Bruxelles si racconta

di quanto il lavoro di qualificatissi-


mi sherpa, che maneggiano dossier
di grande complessità, sia spesso

vanificato da un tweet di Trump che


in pochi secondi scompagina em-
brioni di accordi, tessiture diploma-

tiche di grande delicatezza. Ora pe-


rò questa stagione potrebbe essere
superata da una nuova modalità di

comunicazione internazionale. Pe-


traeus si spinge a delineare due
esternalità positive, in caso di vitto-

ria dei Democratici alle prossime
presidenziali americane: maggiori

partnership e più attenzione ai di-


ritti umani, due fattori che stempe-
rerebbero alcune conflittualità.

È dal “tavolo economico” che so-


no scaturite interessanti indicazio-
ni sul futuro delle relazioni tra i

“grandi”. Jin Liqun, cinese, presi-


dente del Board di direttori della
Asian infrastructure investment

bank, si spinge in un interessante


distinguo in merito ai conflitti com-
merciali, certamente destabilizzan-

ti: «Per Trump si tratta di una guer-


ra, per la Cina di una vertenza». Un
modo diverso di definire una ten-

sione certamente aspra. Jin Liqun


definisce indispensabile l’approccio
multilaterale, che la Cina accoglie

con grande favore. Va però chiarito


che è cambiato il mondo e il multila-
teralismo va reinterpretato. Le

guerre commerciali hanno definito


il XIX secolo e quelle tecnologiche
caratterizzano quello del XX secolo.

Un invito, quello della Cina agli Stati
Uniti, a mantenere sempre aperto il

dialogo e la collaborazione. «Se


Washington scegliesse altri interlo-
cutori ne potrebbe pagare conse-

guenze economico finanziarie. Se
Cina e Usa si dividessero ne paghe-

rebbero entrambi un prezzo alto».


Si farebbero male da soli.
Gli scenari globali e gli scontri tra

i Grandi consentono spazi margina-


li all’Europa, soprattutto con una
Germania che mostra criticità e sta-

gnazione negli ultimi trimestri.


Christian Odendahl, capo economi-
sta del Centre for European Reform,

non nasconde che quella in corso


nell’industria automobilistica sia
una crisi secolare, non di struttura.

Ed è l’intero “sistema Germania” a


evidenziare difficoltà palesi: «Pochi
investimenti, ancora meno nel set-

tore digitale, in quello delle infra-


strutture e, dulcis in fundo, una po-
polazione in calo demografico e

sempre più anziana».


Il guaio è che i meccanismi finan-
ziari che in passato si sono dimo-

strati efficaci per rilanciare l’econo-


mia non è affatto scontato siano an-
cora utilizzabili. In altre parole, si

chiede Odendhal, «gli strumenti di


politica monetaria sono ancora
adeguati? ». Il circolo vizioso è quel-

lo dell’instabilità, squilibri finanzia-


ri, populismi in ascesa, mancato co-
ordinamento delle politiche euro-

pee. «Ecco perché, oltre alla finanza,
ci vuole la politica; non bastano più

né i finanzieri né le istituzioni». E la


soluzione meno ortodossa, emersa
nel corso del dibattito, potrebbe es-

sere l’helicopter money che potreb-


be garantire fondi Bce direttamente
ai cittadini.

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Oggi a Cernob-
bio. Tra gli inter-

venti, anche quel-


lo dell’ex segreta-
rio di Stato Usa

Hillary Clinton.


AFP

Fonte: Fmi

Variazione percentuale annua del Pil


Eurozona


2019 2020


1,


1,


0

2

4

6

8

Stati Uniti


2019 2020


2,


1,


Cina


2019 2020


6,
6,

Giappone


2019 2020


0,
0,

Le stime sulla crescita


L’INTERVISTA


Michelle Meyer. Bank of America Merrill Lynch


«Il conflitto non dipende solo


dalla presidenza Trump»


L’ANALISTA
AMERICANA
Michelle Meyer è
capo della Us
Economics Global
Research di BoA
Merrill Lynch

L’Europa,


alle prese


con i proble-


mi interna-


zionali,


il rallenta-


mento


tedesco e


la crisi auto


Per Jin


Liqun


(Aiib) è


indispen-


sabile


un approc-


cio multila-


terale


SONDAGGIO ASSIOM FOREX RADIOCOR


I trader scommettono


su Lagarde: per il 56%


non ci sarà recessione


Corrado Poggi


La navigazione dei mercati finan-
ziari prosegue per il momento con

il vento a favore ma all’orizzonte si
stanno addensando alcuni nuvolo-

ni minacciosi come la Brexit, la


guerra commerciale Usa-Cina e una
possibile ricaduta in recessione del-

l’economia globale che, nell’opinio-


ne dei più, dovrebbe tuttavia essere
evitata grazie alle misure messe in

atto dalle banche centrali e in parti-


colare dalla Bce guidata da novem-
bre da Christine Lagarde. È quanto

emerge dal sondaggio di agosto


condotto da Assiom Forex tra i suoi
associati in collaborazione con Il

Sole  Ore Radiocor e chiuso poco


prima dell’incarico a Giuseppe Con-
te per la formazione del nuovo go-

verno che ha determinato un sensi-


bile ribasso dello spread.
Nel complesso l’% degli opera-

tori ritiene che Piazza Affari conti-


nuerà nella traiettoria vista in que-
sto : per il % degli operatori,

la Borsa rimarrà sostanzialmente


stabile mentre per il % gli indici
conquisteranno nuove vette. Per il

% i rialzi saranno compresi fra il


% e il % mentre per un ulteriore
% sono da mettere in conto scatti

ancora più consistenti in doppia ci-


fra. Possibili ribassi sono invece
previsti solo dal % degli operatori

Assiom Forex, percentuale che è co-
munque in rialzo di  punti rispetto

a luglio per via della situazione di


incertezza scatenata dalla crisi di
governo di mezza estate. «Il son-

daggio registra un cauto ottimismo


che sembra originato dall’aver evi-
tato un ritorno alle urne oltre che

dalla speranza di una soluzione po-


sitiva dello scontro commerciale fra
Washington e Pechino – ha com-

mentato il presidente di Assiom Fo-


rex Massimo Mocio - Dal punto di
vista geopolitico resta in primo pia-

no il rischio legato alla Brexit men-


tre l’economia americana pare es-
sere stata fortemente sostenuta dai

consumi interni anche nel secondo


trimestre. Pertanto, pur a fronte di
dati industriali europei previsti in

peggioramento, la maggior parte


degli operatori tende ad escludere
una possibile prossima recessione

in grado di far deragliare l’econo-


mia mondiale».
Nonostante i numerosi dati ma-

croeconomici deludenti di queste


settimane, inclusi quelli che riguar-
dano la locomotiva d’Europa, la

Germania, il % degli operatori ha


in effetti indicato di non temere una
ricaduta in recessione. Per il rima-

nente % invece la fase di espan-
sione è finita e le banche centrali

non dispongono più delle armi ne-


cessarie per sostenere l’economia
nel lungo periodo.

Un elemento di garanzia agli oc-


chi dei mercati è sicuramente rap-
presentato dalla scelta di continuità

fatta con la nomina di Christine La-


garde alla presidenza della Bce.
Proprio la prospettiva di una Bce

ancora impegnata a lungo a fornire


un sostegno sostanziale all’econo-
mia dell’eurozona fa ritenere alla

maggioranza degli operatori (%)


che lo spread sia destinato a rima-
nere in maniera costante sotto quo-

ta  punti con un % che lo vede


fluttuare nella forbice di -
punti e un % che invece lo colloca

fra i  e i  punti. Infine, per il


% il rapporto euro/dollaro rimar-
rà stabile mentre rialzisti (il %) e

ribassisti (%) sostanzialmente si


equivalgono.


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L’% ritiene che la Borsa


continuerà nella traiettoria


seguita finora nel 

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