Il Sole 24 Ore - 07.09.2019

(ff) #1

6 Sabato 7 Settembre 2019 Il Sole 24 Ore


Primo Piano


Morya Longo


Dal nostro inviato


CERNOBBIO

«N


el mondo militare


esiste un detto: se
fai la guerra con le

pistole, è meglio


avere più pistole possibili. Nelle guer-
re commerciali funziona lo stesso

meccanismo: gli Stati Uniti dovrebbe-


ro farsi più alleati per chiudere la con-
tesa con la Cina nel migliore dei modi

possibili. Perché l’accordo deve porta-


re benefici agli Stati Uniti, alla Cina e
al mondo intero». Per il generale Da-

vid Petraeus spiegare un concetto uti-


lizzando aneddoti militari è naturale.
Capo delle forze armate statunitensi

in Iraq e in Afghanistan dal  al


, direttore della Cia dal  a fine
 (da cui si è dovuto dimettere) e

oggi presidente del colosso di private


equity Kkr, Petraeus ha il mondo mili-
tare nel sangue. Le sue logiche, i suoi

meccanismi.


Ma ha anche una visione molto
profonda delle questioni geopolitiche.

Tranquillizza dunque sentire dalle


sue labbra che un accordo a tutto ton-
do tra Stati e Cina è possibile. Che i

mercati finanziari fanno bene a non


spaventarsi troppo. Perché entrambe
le potenze hanno troppo da perdere in

caso di escalation. Lo abbiamo incon-


trato sulle sponde del Lago di Como,


al Forum Ambrosetti di Cernobbio.
Dove Petraeus ha toccato tutti i grandi

temi della geopolitica. Dallo scontro


Cina-Usa a Brexit, addentrandosi an-
che nel nuovo campo di battaglia dei

giorni nostri: il cyber-spazio.


La nuova Guerra Fredda


Lo scontro tra Cina e Stati Uniti è – a
suo dire – il principale tema geopoli-

tico di oggi. Perché non è sentito solo


da Donald Trump: «Negli Stati Uniti
è molto diffusa la consapevolezza che

la Cina si sia sempre comportata in


maniera non equa. Dunque il proble-
ma va risolto». Le modalità negoziali

però creano molta apprensione, ma


Petraeus getta acqua sul fuoco: «Mol-
to di questo tira e molla tra Trump e

Xi Jinping fa parte della tecnica nego-


ziale. La contesa è risolvibile, ma le
questioni sul tappeto sono così tante

che sarebbe bene allargare le discus-


sioni ad altri Paesi. Io ho guidato la
coalizione in Afghanistan, e so bene

che le alleanze portano via tempo e


creano spesso frustrazioni. Ma alla
fine portano risultati».

Il ragionamento di Petraeus è line-


are: la contesa tra Stati Uniti e Cina
non è solo commerciale. Questa è solo

la punta dell’iceberg. Si tratta infatti di
una contesa anche tecnologica, per la

supremazia tra le due superpotenze.


Ma è anche una guerra fredda che toc-
ca mille altri aspetti: dalla tutela della

proprietà intellettuale alle supply


chain globali. E per risolvere questioni
così ampie, in un mondo che sta spo-

stando il baricentro a Est, è necessario


il multilateralismo. Cioè: alleanze. La
guerra uno contro uno non porta be-

nefici. Anche perché la posta in palio


non è solo commerciale: «Qui si ri-
schia la balcanizzazione di Internet e

delle infrastrutture tecnologiche –


spiega Petraeus -. È fondamentale che
i leader riconoscano i rischi e imposti-

no strategie di lungo periodo. Ed è im-


portante anche comprendere le legit-
time esigenze della Cina, che chiede

più peso nelle istituzioni globali».


Questo – secondo Petraeus – non


significa che si debbano ridisegnare
da capo le istituzioni multilaterali:

«Qualche aggiustamento, per esem-


pio nei meccanismi di voto dell’Fmi,
andrebbe fatto ma non credo serva

una chirurgia estrema su queste isti-


tuzioni», osserva Petraeus. Ma un si-
stema di alleanze serve. Per il bene di

tutti. «Ormai non siamo più ai primi


del  – ribadisce -, siamo nell’era
nucleare e passare da una guerra

fredda a una calda sarebbe impensa-
bile. Serve un dialogo strategico e co-

struttivo. Con tutti». Per questo Pe-


traeus è convinto che alla fine un ac-
cordo si troverà.

Mercati sereni
Ma non c’è solo la questione commer-

ciale a infuocare la geopolitica, non ci


sono solo Usa e Cina. Più incerto an-
cora è lo scenario inglese: «Brexit po-

trebbe essere dirompente per l’econo-


mia europea, ovviamente dipende da


La geopolitica
con gli occhi
di un militare.
David Petraeus

oggi è presidente
del KKR Global

Institute, colosso


del private equity


BLOOMBERG

IL PERSONAGGIO


Dall’esercito alla finanza


David Petraeus, classe 1952, oggi


presidente di Kkr, è un generale in
pensione. Ha guidato l’esercito Usa

in Iraq tra il 2007 e il 2008, per poi


essere nominato comandante dello
US Central Command, con

responsabilità strategica di tutto il


Medio Oriente. Dal settembre 2011 è
stato direttore della Cia, fino al 9

novembre 2012, costretto alle


dimissioni da uno scandalo legato a
rivelazioni alla sua amante (e

biografa)Paula Broadwel.
Fonte: Us Census Bureau

In miliardi di dollari


367,


2015


419,


2018


375,


2017


450

350

400

300

250

200

2016


346,


2014


344,


Il surplus cinese con gli Usa


INTERVISTA/


Li Junhua. La posizione di Pechino spiegata dal nuovo


ambasciatore della Repubblica popolare cinese in Italia


«L’escalation non fa bene


a nessuno, gli americani


rispettino la parola data»


Rita Fatiguso


L


a guerra commerciale sino-


americana si è intensificata,
innescando effetti globali a

catena. Li Junhua, nuovo


ambasciatore della Repubblica po-
polare cinese in Italia, vanta un’im-

portante carriera diplomatica in or-


ganismi internazionali, inclusa
l’Onu, e una spiccata sensibilità ai

temi dell’economia globale. Temi di


grande attualità che ha accettato di
affrontare in questa intervista al

Sole  Ore.


Ambasciatore Li, il presidente
degli Stati Uniti Donald Trump ha

annunciato aumenti tariffari per


circa  miliardi di dollari sulle
esportazioni cinesi negli Usa, la Ci-

na ha imposto aumenti tariffari


corrispondenti. Come si può inter-
rompere questa catena?

La posizione della Cina è sempre


stata chiara e limpida: ci opponia-
mo alla parte statunitense che in-

centiva la guerra commerciale, ma


siamo pronti a batterci e a salva-
guardare risolutamente i nostri di-

ritti e interessi legittimi. L’escala-


tion non fa bene alla Cina, neanche
agli Stati Uniti, e non soddisfa gli

interessi del resto del mondo, in-


clusa l’Italia. Secondo un’analisi di
Morgan Stanley, se gli Usa aumen-

tassero i dazi al % sulle esporta-


zioni cinesi il tasso di crescita glo-
bale andrebbe sotto il ,%. Inoltre

il rapporto del Fondo monetario in-


ternazionale ha sottolineato che se


la guerra commerciale tra le due
potenze verrà ulteriormente acuita,

questo potrebbe togliere uno ,%


all’economia mondiale: circa 
miliardi evaporeranno. La Cina non

vuole che accada una cosa del gene-


re, quindi insiste sempre nel nego-
ziare e risolvere le divergenze nel

rispetto reciproco, dimostrando


grande sincerità e pazienza. Ma gli
sforzi della Cina da soli non basta-

no, gli Stati Uniti devono anche ve-


nirci incontro.
Se la guerra commerciale conti-

nua, questo avrà un grave impatto


sull’economia cinese?
La guerra commerciale ha peggio-

rato l’ambiente economico e com-


merciale globale e quindi non puo’
non esercitare un impatto sull’eco-

nomia cinese. Ma non siamo pessi-


misti: l’economia cinese sta transi-


tando da una crescita ad alta veloci-
tà a uno sviluppo di alta qualità,

processo che porterà a un nuovo
slancio. L’economia cinese vanta

una micro-fondazione dinamica,


un’ampia flessibilità e noi abbiamo
strumenti macro-politici sufficien-

ti. Dunque siamo fiduciosi e in gra-


do di garantire una buona prospet-
tiva di sviluppo. Quando una porta

si chiude, un’altra si apre. Abbiamo


ancora molti altri partner commer-
ciali con cui lavoreremo insieme per

realizzare vantaggi reciproci e favo-


rire un’ampia cooperazione.
Quale potrebbe essere il punto

più critico nel tentativo di risolvere


la guerra commerciale?
Penso che la cosa più importante sia

quello di “rispettare la promessa”.


Le persone di buon senso vedono
che la parte americana si contraddi-

ce ripetutamente. Nel maggio 


i due Paesi hanno diffuso un comu-
nicato congiunto che prevedeva di

«non fare la guerra commerciale»,


che è stato poi contraddetto dagli
Stati Uniti nello stesso mese. Nel

maggio scorso, la parte americana


ha demolito il consenso raggiunto
dai due capi di Stato durante il G

in Argentina, ovvero «fermare reci-


procamente l’aumento dei dazi». In
agosto, la parte americana ha nuo-

vamente smentito l’accordo dei due


leader raggiunto a Osaka, cioè che
gli Stati Uniti non imporranno nuo-

vi dazi sui prodotti cinesi. La parte


americana ha anche negato delibe-


ratamente i fatti. Recentemente ha
accusato la Cina di non aver acqui-

stato prodotti agricoli americani.


Tuttavia, dopo Osaka la Cina ha ac-
quistato , milioni di tonnellate di

soia statunitensi da fine giugno a fi-


ne luglio. «Fare onore alla propria
firma» è fondamentale nei negozia-

ti. Spero che nella prossima fase la


parte americana possa farlo.
Di recente il tasso di cambio del

renminbi sul dollaro ha superato
quota  per la prima volta dal ;

gli Usa Uniti hanno accusato la Ci-


na di manipolare la valuta, è così?
L’accusa degli Usa non ha senso. Il

rapporto del Fondo monetario in-


ternazionale svela che l’eccedenza
delle partite correnti della Cina nel

 è stata pari solo allo ,% del


Pil e che dovrebbe rimanere allo
,% nel . È difficile quindi in-

colpare la Cina anche secondo la


soglia del % stabilita dagli Usa per
classificare un Paese come “mani-

polatore di valuta”. In effetti, il


mercato ha una “mano invisibile”.
Gli economisti di Ubs hanno rivela-

to in un rapporto che se gli Usa im-


ponessero dazi sui prodotti cinesi
per  miliardi, il tasso di cambio

del renminbi rispetto al dollaro ca-


lerebbe a seconda del mercato.


Lanciare la guerra commerciale e
incolpare la Cina non è altro che

una falsa controaccusa.


Intanto Trump ha chiesto alle
società statunitensi di ritirarsi

dalla Cina e ha vietato loro di inve-


stire in Cina.
Cina e Stati Uniti sono importanti

partner commerciali e di investi-


mento. La profonda integrazione
degli interessi ha formato un mo-

dello tale che se qualcuno vuole for-


zare la divisione delle due econo-
mie, il risultato danneggerà inevita-

bilmente tutti e due e avrà un impat-


to negativo sulla catena di
approvvigionamento e su quella in-

dustriale globale, mettendo a re-


pentaglio la crescita economica
mondiale. Il mondo industriale

americano ha espresso opposizione


alle osservazioni del presidente
Usa. Secondo il rapporto dell’inda-

gine del Business Council USA-Chi-
na, il % delle società statunitensi

in Cina è redditizio e l’% delle so-


cietà statunitensi in Cina non sce-
glierà di ritirarsi dalla Cina. Il super-

mercato americano Costco ha appe-


na aperto a Shanghai, accolto molto
bene dai consumatori cinesi. Conti-

nuiamo a dare il benvenuto alle


aziende americane e straniere che


investono e operano in Cina e mi-
glioreremo l’ambiente di business.

Chi non è interessato all’esplorazio-


ne del mercato e allo sviluppo di
lungo termine non sceglierà la stra-

da dello sganciamento.


Il mese scorso, il dipartimento
del Commercio degli Stati Uniti ha

incluso altre  filiali Huawei nel-
la lista delle aziende tecnologiche

off limits per gli Usa, Huawei Ita-


lia e Huawei Research Center di
Milano inclusi. Come si spiega

questa mossa?


La decisione Usa ha intenzioni chia-
re come la luce del sole. Ma voglio

ribadire che le cooperazioni com-


merciali tra le imprese dei due Paesi
sono vantaggiose per entrambe le

parti. Durante l’incontro dei due


presidenti a Osaka, la parte ameri-
cana ha promesso di dare via libera

alla fornitura americana a Huawei.


Quando e come adempiere questa
promessa riflette la propria credibi-

lità. Speriamo che gli Stati Uniti


possano essere coerenti nel fermare
la repressione e le sanzioni irrazio-

nali contro aziende cinesi come


Huawei trattandole in modo equo,
giusto e non discriminatorio.

Quale ruolo per l’Italia nella guer-


ra commerciale sino-americana?
La guerra commerciale non avrà un

vincitore. L’Fmi stima che due anni


di conflitto tra Usa e Cina possano
costare  miliardi di euro di cre-

scita minore all’Europa e di  mi-


liardi all’Italia. Secondo l’ultimo
rapporto del Centro studi Confin-

dustria, l’economia italiana è anco-


ra debole e i rischi esterni come la
guerra commerciale possono ral-

lentare la crescita. Il premier Giu-


seppe Conte ha anche espresso in
diverse occasioni l’augurio della fi-

ne, al più presto, della guerra com-


merciale. L’Italia è un’economia
importante del mondo e sostiene il

libero scambio come la Cina. Mi au-


guro che i due Paesi rafforzino ulte-
riormente le comunicazioni e si op-

pongano congiuntamente al prote-


zionismo e al bullismo economico,
per promuovere un sano sviluppo

dell’economia mondiale. Ovvia-


mente, siamo ben disposti a colla-
borare con il nuovo governo italia-

no per promuovere la cooperazione


in vari settori ed avvantaggiare i
nostri due popoli.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

AP

IL PERSONAGGIO


In Italia da quest’estate


Li Junhua, classe 1962, ricopre il


ruolo di ambasciatore
straordinario e plenipotenziario

della Repubblica popolare cinese.


Con un master in Politica
internazionale, vanta

un’importante carriera
diplomatica in organismi

internazionali, incluse le Nazioni


Unite. Prima di rappresentare
Pechino in Italia, è stato

ambasciatore della Repubblica


popolare a Myanmar.


Il volto


di Pechino.


Li Junhua
ha presentato

le proprie


credenziali
a Roma nel

giugno scorso


come sarà realizzata - osserva -. Quel-


lo che più preoccupa è che Brexit pos-


sa cambiare la relazione speciale che
lega Stati Uniti e Gran Bretagna. Gli

inglesi sono sempre stati il primo alle-


ato in tutti gli scenari di guerra, avevo
sette vice quando guidavo le forze ar-

mate in Iraq e Afghanistan. La speran-


za è che questo non cambi».
A suo avviso non è invece un tema

rilevante, a livello internazionale, l’in-


certezza politica italiana: «L’Italia ha
energia e dinamismo nella classe poli-

tica e una capacità di auto-controllo


molto forte, come in tutte le democra-
zie. Non credo dunque che possa es-

sere un problema. Anzi ripongo molte


speranze su questo Governo, credo
che possa portare avanti le riforme

necessarie». A suo dire è dunque nor-


male che le Borse, nonostante le in-
certezze geopolitiche ed economiche,

siano tutt’ora vicine ai massimi stori-


ci: «I mercati sono ben consapevoli del
contesto geopolitico – osserva -. Capi-

scono le sfide, ma alla fine dei conti


vedono che le aziende continuano a
produrre utili, che l’occupazione negli

Stati Uniti è solida e che la fiducia dei


consumatori tiene. Se Wall Street è vi-
cina ai massimi i motivi ci sono».

Le sfide del futuro


Ma Petraeus guarda anche avanti. Al


nuovo campo di battaglia globale: il
cyber-spazio. «Una volta c’erano ter-

ra, aria e mare per i conflitti globali –


osserva -. Oggi c’è anche il cyber-spa-
zio: riconoscerlo è importante. Un ter-

reno di battaglia quotidiano: basta


pensare che ogni giorno ci sono attac-
chi hacker in qualche parte del mon-

do, tentativi di rubare dati a persone


o aziende, portare via l’identità digita-
le, interferire nelle elezioni dei Paesi.

Nel mondo cibernetico è impossibile


distinguere i periodi di pace o di guer-
ra. E lo sviluppo dell’intelligenza arti-

ficiale rischia di rendere la situazione


sempre più complessa». È necessario
che l’intelligenza artificiale sia guida-

ta da quella umana: «Il bottone deve


averlo sempre in mano l’uomo - os-
serva -. Questo oggi preoccupa guar-

dando al futuro». A suo avviso tutte le


potenze mondiali usano questo cana-
le come nuovo campo di battaglia:

Russia, Stati Uniti, Cina, Iran. E non


bisogna essere uno Stato per combat-
tere nel cyber-spazio: «Basta pensare

a come l’ha usato l’Isis», osserva.


© RIPRODUZIONE RISERVATA

INTERVISTA/


David Petraeus. A colloquio con il generale americano, in passato


direttore della Cia, ora presidente del fondo di private equity Kkr


«Crisi Usa-Cina?


La soluzione


è il multilateralismo»


‘‘


Per chiudere


la contesa


con la Cina,


gli Stati Uniti


dovrebbero


farsi più


alleati


possibili


‘‘


Ho guidato


la coalizione


a Kabul:


le alleanze


portano via


tempo,


ma anche


risultati


‘‘


La guerra


commerciale


non avrà


un vincitore:


due anni


di tensioni


costeranno


all’Italia


5 miliardi


‘‘


Nei negoziati


bisogna far


onore


alla propria


firma: ma


gli americani


continuano a


contraddirsi

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