Libero - 09.09.2019

(Darren Dugan) #1
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Di generazione in generazione


L’ARROSTO CON IL LATTE


Mia madre Aida mi ha lasciato un quaderno in cui sono custoditi i segreti


per cucinare i piatti della tradizione. Passerà a mia figlia e poi ai nipoti...


GIANLUIGI DE MARCHI


■Il “libro delle ricette” che
si usava in casa era un vec-
chio quaderno a quadretti
(una pagina nella foto in bas-
so) in cui la nonna aveva an-
notato, nel corso degli anni
-iniziando fin da ragazza,
perché allora era molto im-
portante che una futura mo-
glie sapesse cucinare bene -
i piatti più gustosi imparati
da sua madre, da sua zia, ad-
dirittura da sua nonna.
Un quaderno che chiama-
vamo allegramente «il libro
dei geroglifici» perché la
scrittura della nonna era as-
solutamente illeggibile per
un estraneo (forse un astuto
trucco per non farsi “rubare”
i segreti culinari?); lei stessa
diceva che aveva una scrittu-
ra «a zampe di gallina».
Sfogliando le pagine si no-
ta subito il carattere dilettan-
tesco dell’opera; mentre tut-
ti i manuali di ricette sono
organizzati con cura sulla ri-
partizione dei vari piatti per
argomento (antipasti, primi,
secondi, dolci), questo è un
simpatico guazzabuglio di ri-
cette scritte in ordine crono-
logico, dalla prima che ave-
va imparato fino all’ultima,
alternando così “La torta di
mandorle di Corsagna” al
“Sugo alla genovese (tuc-
cu)”, e poi di seguito “Le ver-
dure ripiene”, “Lo stoccafis-
so accomodato” e “I ravioli
della Piera”.
Già dai titoli si capisce che
l’elenco riflette un carattere
di vita serena, evidenziando
una grande attenzione alle
esigenze della nostra fami-
glia, che lei cita più volte nel-
le sue ricette e che danno la
sensazione viva di quello
che per lei era il punto focale
del suo interesse e quindi
dei suoi affetti.


TORTA DI CORSAGNA

La torta di Corsagna, ad
esempio, apre significativa-
mente le ricette, perché la
nonna era stata per molti an-
ni in Garfagnana, a Corsa-
gna, dove aveva la famiglia
la sua affezionata “tata” che
se ne occupava per tre/quat-
tro mesi durante l’estate. Un
periodo che la nonna ricor-
dava spesso con commozio-
ne: i boschi fitti e misteriosi, i
ruscelli con l’acqua gorgo-
gliante sempre fresca, le ca-
se in pietra così diverse da
quelle della città, le strade in


terra battuta... un mondo af-
fascinante per una bambina
di inizio novecento.

INDIMENTICABILE

Alcune ricette erano il
“piatto forte”, come il bacca-
là al latte (mai più mangiato
così buono!), o “L’arrosto
della Nonna Aida” (Arros col
lechenella dizione originale,
Nonna Aida era nata in Ar-
gentina e le aveva portato
“in dote” questa prelibatez-
za), altre erano uno strata-
gemma per non lavorare
troppo. Indimenticabile
“L’arrosto della domenica”
come noi chiamavamo la
carne preparata il sabato, la-

sciata a riposare in pentola e
servito immancabilmente la
domenica a mezzogiorno,
quando ci ritrovavamo tutti
insieme per la festa celebra-
ta rigorosamente in fami-
glia. E la grande astuzia era
che il sugo dell’arrosto era
utilizzato per condire la pa-
stasciutta, così l’impegno di
lavoro era spalmato su due
portate...
Arrivavamo da lei allegri

ed ogni volta chiedevamo
con finta sorpresa: “Ma che
buon profumo nonna, scom-
mettiamo che hai fatto l’arro-
sto della domenica?” e lei
sorridendo annuiva, ben sa-
pendo che la prendevamo
un po’ in giro, ma ben sapen-
do che non sarebbe avanza-
to neppure un boccone, per-
ché quell’arrosto era vera-
mente delizioso.
Il ricettario della nonna è

custodito con grande cura
da mia moglie, che spesso si
cimenta nel ripetere le ricet-
te più originali quando rice-
viamo amici a cena; ed ogni
volta ottiene commenti su-
perlativi (anche lei come
cuoca è bravissima!); mia fi-
glia se lo è fotocopiato ed an-
che lei ogni tanto cerca di esi-
birsi in qualche piatto estro-
so.
Ed il bello è che i miei nipo-
ti hanno già gettato l’occhio
sul prezioso incunabolo;
vuoi vedere che tra 20-30 an-
ni qualcuno farà i compli-
menti per lo squisito “Arro-
sto col latte della Nonna Ai-
da”?
©RIPRODUZIONE RISERVATA

Ingredienti


■Quando ero piccola,
per me il giovedì sera era
una festa. Dopo le tre ore
di allenamento in pisci-
na - ero una giovane spe-
ranza del nuoto - torna-
vo a casa felice. Mi aspet-
tava il mio programma
preferito in tv, «Giochi
senza frontierie», e per
cena i “supplì al telefo-
no” che preparava mia
mamma, su ricetta della
nonna. Una bontà! Da
non confondersi assolu-
tamente con gli arancini
con riso siciliani, i “sup-
plì al telefono” (palline di
riso fritte ma dalla forma
leggermente allungata)
sono romani, come me.
Si chiamano così perchè
una volta spezzati, la
mozzarella al loro inter-
no - fondendosi - tiene
uniti i due pezzi sem-
brando, in effetti, il filo
che collega la cornetta al-
la base del telefono (quel-
lo grigio di una volta). ll
termine supplì, invece,
sarebbe di derivazione
francese ed indichereb-
be la sorpresa nel trovar-
si di fronte un ripieno ina-
spettato.
Ma andiamo alla ricet-
ta e alla realizzazione del
piatto alla quale contri-
buivo anche io. Si comin-
cia con il sugo: bisogna
mettere in un tegame
dell’olio ed una volta cal-
do la carne macinata. Do-
po averla fatta rosolare
per bene va aggiungento
il vino che deve evapora-
re alzando la fiamma. A
questo punto va messa
la passata di pomodoro:
abbassate la fiamma e fa-
te cuocere il ragù per cir-
ca 30 minuti. Il riso va fat-
to cuocere nel sugo unen-
do, man mano, il brodo
vegetale fino a completa
cottura. Poi deve riposa-
re per un’ora circa. Men-
tre “riposa” si deve taglia-
re la mozzarella a dadini
da inserire all’interno del-
le palline allungate di ri-
so. Il mio compito era
quello di sbattere le uova
in piatto fondo con un
pizzico di sale nel quale
facevo tuffare il supplì.
Una volta “bagnato” lo
rotolavo nel pangrattato
che mia madre aveva si-
stemato in un piatto pia-
no, prestando attenzione
a non farle rompere.
Man mano che li prepa-
ravo mia madre li versa-
va in un tegame dove ri-
bolliva l’olio di semi e li
friggeva fino a quando ri-
sultano croccanti e dora-
ti in superficie. Scolati su
carta assorbente (quella
marrone del pane) erano
pronti per essere divora-
ti. Una goduria.
SIMONA STILLI
©RIPRODUZIONE RISERVATA

RICETTE della nonna


COSA SERVE PER QUATTRO PERSONE


■ Carne sottopesce
■ 1 cucchiaio di aceto
■ 1 cucchiaio d’olio
■ 1 punta d’aglio
■ 1 bicchiere di latte
■ 1 litro di latte
■ Farina
■ Burro

LA PREPAZIONE

■ Mettere il sottopesce di vitellone o un
pezzo di vitella la sera prima in concia
con un cucchiaio d’aceto, uno d’olio e

una punta d’aglio schiacciata bene.
■Rimescolarlo ogni tanto.
■Al momento della cottura (calcolare 1
ora circa per un pezzo di media grandez-
za come occorre per noi) estrarre la carne
e farla ben rosolare nel burro.
■Quando è pronta aggiunger la concia
e poi a poco a poco tirarla a cottura ag-
giungendo latte a poco a poco finché si
arriva a fine cottura.
■Al momento di mandare in tavola,
mentre si taglia la carne amalgamare e
sbattere la bagnetta con un litro di latte e
se occorre, in caso fosse troppo liquida,
un pizzico di farina.

TRADIZIONE ROMANA


Il supplì al telefono


che preparavo


con mia mamma


Prosegue la pubblica-
zione dei vostri testi per
la rubrica “Ricette della
nonna”, quelle che man-
giavate da piccoli e di cui
non avete più scordato il
sapore. Spedite la ricetta
del piatto - che per moti-
vi di spazio non deve su-
perare le 7mila battute -
corredandola con la lista
degli ingredienti necessa-
ri per prepararla all’indi-
rizzo: ricettedellanon-
na@liberoquotidiano.

L’arrosto della domenica veniva preparato il sabato e mangiato il giorno dopo nel pranzo di famiglia(Getty Images)

13
lunedì
9 settembre
2019
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