Focus Storia - 09.2019

(Brent) #1

Incontri
ravvicinati
A destra, Alessandro (a
sinistra in primo piano,
con i capelli biondi) si
lascia sedurre da una
danzatrice, mentre sullo
sfondo gli intellettuali
del suo seguito fanno
la conoscenza dei
“gimnosofisti”, filosofi e
asceti indiani.

Arti e mestieri
in campo
In alto, da sinistra, un
ciabattino impegnato
a risuolare i calzari
di un soldato e uno
spettacolo teatrale
con cui i soldati si
svagavano tra una
missione e l’altra.
Nella pagina accanto,
un fabbro, sotto la
supervisione di un
fante, al lavoro su un
elmo frigio in bronzo:
era infatti in dotazione
alla fanteria dell’esercito
macedone.

di assistenza medica. Tra l’altro, i medici che
presero parte alla spedizione in Asia dovevano
essere ben istruiti sulle nuove “patologie
orientali” che potevano colpire i soldati. Sono
rarissime infatti le notizie di pestilenze in campo
macedone.
La massiccia presenza di uomini di scienza
non rubava spazio al sacro e all’occulto. Era
facile infatti imbattersi in qualche indovino
ospite presso gli accampamenti, considerando
soprattutto la spiccata tendenza alla
superstizione degli antichi. “A maggior ragione,
all’alba di una battaglia e all’ingresso in un
territorio sconosciuto, gli antichi sapevano che
niente si fa senza il consenso e la propiziazione
dell’aldilà”, scrive Faure. “E così, gli indovini
consigliavano i generali sulla condotta da tenere
in caso di pericolo estremo o di prodigi”.
Oltre a ciò, gli accampamenti si trasformavano,
all’occasione, in vere sartorie militari,
con un brulicare di ciabattini e sarti intenti
a risuolare calzari, a rattoppare uniformi e
fabbricare linothorax, uno speciale tipo di
corazza in cuoio o lino.

PAUSE E DIVERTIMENTO. Le lunghe
giornate dei soldati in missione prevedevano
vari momenti di relax e svago. “Essendoci
bisogno di distrarre e far rilassare tutti quegli
uomini, seguirono l’esercito varie compagnie
di attori provenienti dai teatri di Pella, Ege e di
Filippi nella Macedonia”, ricorda in proposito
Faure. Il teatro, lungi dall’essere un passatempo

da intellettuali, era infatti molto apprezzato dai
“rudi soldati” macedoni: Alessandro richiese
la presenza, al seguito del proprio esercito, dei
maggiori attori dell’epoca. Oltre agli spettacoli
teatrali, tra una missione e l’altra i soldati si
sollazzavano con i più classici dei passatempi: i
giochi da tavolo.
La faceva da padrone il gioco d’azzardo degli
“astragali” (v. riquadro nelle pagine successive).
E avendo a disposizione grandi spazi aperti, gli
uomini, proprio come oggi, amavano assistere
e sfidarsi in partite di pallone. Giocavano
all’epìskuros, una sorta di football ante litteram
all’epoca molto popolare (v. riquadro nelle
pagine successive). Per rendere poi la sfida
più avvincente (in fondo, il gioco era una
ritualizzazione delle battaglie), alle partite
prendevano parte anche atleti professionisti e
campioni olimpici fatti giungere appositamente
dalla Grecia.

PAUSE E ADDESTRAMENTO. “Non
dobbiamo però immaginarci le pause come
un invito all’inerzia, ma come un’occasione
per ricostituire le proprie forze”, scrive Faure.
Soprattutto durante i lunghi stazionamenti
invernali, il rischio era infatti che i soldati
potessero “rammollirsi”. Per impedire che ciò
avvenisse, era necessario mantenere il corpo
allenato e la mente lucida, e che cosa di meglio
di un po’ di sano sport? Era consuetudine per
le truppe organizzare gare di atletica, e non è
un caso che la “corsa in armi”, l’hoplitodromos

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