Focus Storia - 09.2019

(Brent) #1
Ti sfido
agli astragali

ALLA CONQUISTA DELL’ORIENTE


T


estimoniato in Grecia sin dall’epoca
omerica, il gioco degli astragali prende
il nome, appunto, dall’astragalo, un osso
del piede che per la sua morfologia si
prestava a essere utilizzato come dado
(sopra). I Greci estraevano gli astragali
da piccoli capi di bestiame, oppure li
riproducevano con metalli preziosi, vetro
e terracotta. L’altro nome con cui il gioco
era noto, ossia “aliosso” (aleae ossum), vuol
dire proprio “osso di dado”.
Il colpo di Afrodite. L’astragalo aveva
quattro facce, ognuna con un proprio
valore (1, 3, 4, 6), e ogni giocatore lanciava
quattro astragali. Il risultato era leggibile
sulle facce rivolte verso l’alto dopo il lancio.
Le combinazioni vincenti erano diverse,
ma la più ambita era il cosiddetto “colpo
di Afrodite”, che consisteva nell’ottenere
in un solo lancio quattro facce diverse,
mentre il “colpo del cane” (4 facce con il
valore più basso) era il peggior risultato.

I


l sogno di Alessandro era quello di creare un impero nel quale
convivessero diversi popoli. In 13 anni, dal 334 al 323 a.C., il suo
dominio si estese dalla Macedonia alla Persia fino all’India: pochi regni
ebbero un’espansione così rapida. Alessandro conquistò 5 milioni di km^2
(un’avanzata che portò a una diffusione senza precedenti dell’ellenismo).
I segreti dei Macedoni. Fu un successo senza eguali dovuto a tanti fattori:
il suo carisma personale, la sua intelligenza militare e diplomatica, il poter
disporre del miglior esercito dell’epoca, una vera macchina da guerra
creata da suo padre, Filippo II.

La vita
quotidiana
degli eserciti
di Alessandro
Magno,
Paul Faure (Bur).

Durante un pranzo tra commilitoni,
Alessandro organizzò una “gara di bevute”.
Vinse un tale Promaco, che riuscì a ingurgitare
quattro congi (circa 13 litri) di vino. La vittoria
gli costò cara: tre giorni dopo era morto, seguito
poco dopo da altri quattro “valenti” bevitori.
Del resto la stessa dipartita di Alessandro,
nel 323 a.C., per alcuni storici fu l’esito di una
colossale sbronza, anche se quasi tutti ormai
ritengono che la colpa sia invece da addebitare
a un’infezione. Comunque sia, fra eccessi,
battaglie e divertimenti, l’esercito macedone
conquistò l’impensabile: grazie al perfetto
funzionamento di quella grandiosa macchina
militare, il Regno di Macedonia raggiunse il suo
apice. E Alessandro Magno la gloria. •


Gli elefanti erano schierati
in prima linea dagli eserciti
indiani già dal V-IV secolo
a.C. I Macedoni furono i
primi occidentali a trovarseli
davanti in battaglia.

Il fante macedone
(falangita) era
armato di scudo
e sarissa (lancia
di quasi 6 metri).
Indossava
anche l’elmo
frigio in bronzo,
paraguance e
maschera.

Contro i pachidermi
l’esercito macedone
agiva in due fasi: prima
gli arcieri sterminavano
i conducenti degli
elefanti. Poi i fanti
tranciavano le zampe
agli elefanti con le
scuri e tagliavano le
proboscidi con le falci.

Basta una palla


L’


epìskuros era un gioco di squadra in
cui, come negli odierni calcio e rugby,
due schieramenti si contendevano la palla
in un campo delimitato da tre linee: una
di queste, centrale, divideva il campo in
due, le altre erano invece tracciate alle
spalle di ciascuna squadra.
Pallamano e calcetto. Non si conoscono
con precisione le regole di gioco, tuttavia
sappiamo che per vincere bisognava
portare la palla verso il campo avversario
e che era consentito l’uso sia delle mani
sia dei piedi. Questa disciplina sportiva
era molto popolare in Grecia ma, durante
il II secolo a.C., entrò a pieno titolo
anche nel mondo romano con il nome
di harpastum o pulverulentus, per via
del polverone che si sollevava nel corso
delle competizioni. Anche in questo caso,
alcune fonti riportano come l’harpastum
fosse diffuso tra i legionari alla stregua di
un esercizio fisico.

SOL 90

31
S
Free download pdf