Focus Storia - 09.2019

(Brent) #1
I centri urbani non erano
fortificati e le uniche armi
ritrovate servivano per
difendersi dagli animali.

L’economia si fondava
sull’agricoltura e sul commercio
dei prodotti artigianali. Molti
centri erano specializzati nella
produzione di beni di lusso.

Non comandavano né re né sacerdoti


ma forse grandi assemblee di tecnici


I popoli dell’Indo investirono


risorse nel costruire città


efficienti e salubri.


Non nel fare la guerra.


Nelle case (moderne) dei Vallindi


prosperato per un millennio in un
territorio che andava dall’India
alle propaggini himalayane: un’area
dove vivevano circa 5 milioni di
persone, ovvero tra il 10 e il 15% della
popolazione mondiale del tempo.

PULITI E NON VIOLENTI. A
stupire gli studiosi moderni fu il
fatto che qui i centri abitati avessero
efficienti reti idriche e fognarie,
con condotti che correvano sotto le
arterie cittadine, mentre nel resto
del mondo si viveva in condizioni
igieniche assai precarie. Sfruttando
un sistema di canali e pozzi, la civiltà
dell’Indo sviluppò invece una vera
mania per le abluzioni, tanto che le
abitazioni comprendevano spesso
una stanza da bagno connessa
direttamente alla rete idrica e a quella
di smaltimento delle acque reflue.
A volte era presente in città anche
una grande vasca-piscina all’aperto,
destinata forse a scopi rituali.
Di norma, i centri urbani erano
divisi in due zone: in alto, la
“cittadella”, sede forse dei palazzi
istituzionali, e in basso magazzini,
laboratori e abitazioni. A unire il
tutto, una rete viaria con strade
larghe fino a 10 metri intersecate
da vicoli secondari che portavano
alle singole case: queste erano
solitamente a due piani, con pianta
quadrata e costruite in mattoni
dalle forme standardizzate (le genti
dell’Indo ricorrevano a un sistema
decimale di pesi e misure). A
mancare del tutto invece erano opere
architettoniche difensive e tracce
di armi: le uniche mura presenti
in molte città servivano a ripararsi
dagli straripamenti dei fiumi, a
dimostrazione del fatto si trattasse di
una società pacifica.

SENZA VERTICI. A differenza di
Egitto e Mesopotamia, non c’erano
poteri centrali: non sono stati trovati
resti né di palazzi reali né di templi,
che avrebbero testimoniato la
presenza di una casta sacerdotale. Ma
allora come funzionava in assenza di
sovrani e sacerdoti? Secondo alcuni
a decidere erano grandi assemblee
di natura democratica, presiedute

oggi scomparso, variabile a seconda
delle piogge monsoniche. Erano
inoltre abili allevatori di bestiame, tra
cui bufali ed elefanti, ed eccellenti
artigiani. Tra le opere di pregio
artistico – realizzate soprattutto con
rame, bronzo e terracotta e adornate
con avorio e lapislazzuli – si contano
gioielli, sculture, strumenti musicali,
vasellame e persino kit per la cosmesi.
C’era poi un intenso dinamismo:
gli spostamenti dei mercanti erano
garantiti da innovazioni come il carro
e il battello fluviale. I commercianti
dell’Indo navigavano inoltre per mare,
spingendosi fino alle coste persiane,
mesopotamiche e della Penisola
arabica.

ROMPICAPI LINGUISTICI. Nei
tanti sigilli rinvenuti dagli archeologi,

di Anita Rubini

da tecnici. Per quanto riguarda
il piano religioso “parlano” le
raffigurazioni, su sigilli e altri reperti,
di ipotetiche divinità come la dea
madre, legata alla fertilità, animali
misteriosi come l’unicorno e scene
di cerimonie rituali. Nelle sepolture
non mancavano vasellami e offerte
propiziatorie, segno che i Vallindi
credevano in un qualche aldilà.
In vita, i popoli dell’Indo si
dedicavano invece con successo
a molteplici attività, a partire da
quelle agricole, sfruttando la fertilità
di territori irrigati da fiumi “fissi” e
“stagionali”, come il Ghaggar-Hakra,

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