Focus Storia - 09.2019

(Brent) #1
per cui il nuovo rotolo fu identificato
dalla sigla 3Q15, composta da:
numero della grotta, “Q” di Qumran e
numero progressivo del ritrovamento.
Quel che colpì immediatamente gli
archeologi fu che, a differenza degli
altri rotoli, in pergamena o papiro,
questo fosse appunto metallico,
composto al 99% di rame e all’1% di
stagno. Ciò ne fa un “pezzo unico”
(peraltro non databile con il metodo
del carbonio 14, inadatto ai metalli),
che per poter essere analizzato
dovette subire ripetuti trattamenti:
l’altissimo livello di corrosione
impediva infatti di srotolarlo.

CONTENUTO SVELATO. Su input
dello studioso inglese John Marco
Allegro, tra i massimi esperti in tema
di rotoli del Mar Morto, il manoscritto
di rame fu inviato ai laboratori del
College of Technology dell’Università
di Manchester (Inghilterra), dove
venne diviso come un puzzle in varie
sezioni, per un totale di 23 pezzi.
Fu poi lo stesso Allegro a
trascriverne il contenuto, molto
diverso rispetto a quello degli altri
rotoli. Nei tempi antichi, i testi redatti
su supporti metallici, più duraturi
di altri, erano spesso documenti
“ufficiali”, come archivi o leggi, e in
tal senso il manoscritto 3Q15 non fa
eccezione: è infatti l’unico dei rotoli
del Mar Morto a non contenere un
testo letterario, bensì un lungo elenco
di nomi. Nello specifico, si tratta di
decine di luoghi in cui sarebbero
stati occultati svariati oggetti in oro e
argento: un vero tesoro sparso tra le
terre bibliche.
Ma chi aveva redatto questa specie
di mappa? E per quale motivo? E
ancora, da dove veniva il tesoro?
Ed era possibile riportarlo alla luce?
In cerca di risposte, un numero
crescente di studiosi si cimentò
nell’analisi del rotolo.

MISTERO CHIAMA MISTERO.
Fin dall’inizio, tra chi si interessò al
manoscritto sorsero più dubbi che
certezze. Vari elementi, a partire dal
luogo del ritrovamento, facevano
supporre che a redigerlo fosse stata la
comunità giudaica degli Esseni (vedi
riquadro a destra), stanziata proprio
nell’area di Qumran, e alla quale
è attribuita la stesura del restante
corpus dei rotoli. Il fatto che il 3Q15
si trovasse in posizione leggermente

appartata rispetto agli altri, lasciò
tuttavia spazio alle ipotesi alternative,
alimentate anche dalla tipologia di
scrittura usata nel documento: era
ampiamente utilizzata la cosiddetta
lingua ebraica mishnaica, più
tarda rispetto a quella degli altri
manoscritti.
La stessa ortografia appare insolita,
quasi deformata (forse a causa del
materiale usato). Alcuni sostengono
peraltro che tali stranezze possano
essere dovute al fatto che il rotolo

fu copiato da un altro documento
per mano di uno scriba maldestro,
che non conosceva a fondo la lingua
in esso usata. L’unica cosa chiara
era che il testo, distribuito su dodici
colonne, consisteva appunto in un
accurato inventario di 64 località
in cui erano custodite tonnellate
di tesori, tra suppellettili sacre,
sculture, gioielli e pietre preziose. A
rendere più fitto il mistero, accanto
al nome di alcuni luoghi apparivano
lettere greche. Per ogni sito, il rotolo

Il manoscritto 3Q15 riporta un lungo


elenco di nomi: luoghi in cui sarebbero


stati occultati oro e argento


A caccia
Le ricchezze
descritte dai
rotoli di rame
fanno gola a
molti e più di
una spedizione
ha provato a
rintracciarli
(sotto, un team
nel 1960).

ANL/SHUTTERSTOCK

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S

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