Focus Storia - 09.2019

(Brent) #1
Se non puoi batterli...
Riguardo al numero di Focus Storia
n° 153, dedicato a Cleopatra,
volevo precisare che il lavoro diplomatico
svolto dalla regina non fu di certo più
spregiudicato o arrivista rispetto a molti
altri comportamenti di personaggi della
stessa epoca, di epoche precedenti e future.
Un esempio su tutti si ritrova in Filippo II di
Macedonia che per “puntellare” i confini della
Macedonia attuò una serie di matrimoni
con varie principesse dei regni limitrofi
alla sua Macedonia. Cleopatra lavorò nello
stesso modo. In un periodo in cui l’uomo più
potente di Roma aveva già conquistato la
Gallia e stava puntando a Oriente, la regina
d’ Egitto per salvaguardare la sua patria
decise di giocare l’ultima carta che aveva a
disposizione: se stessa! Pur disponendo di
un’ottima flotta l’Egitto avrebbe capitolato
di fronte a Roma, trovandosi in mezzo a una
lotta tra Cesare e Pompeo. Cleopatra fu, come
sappiamo, la prima regina a parlare egiziano,
questo dimostra l’attaccamento alla sua terra.
L’ unico modo per preservarla, quindi, sarebbe
stato salire sul carro del vincitore: sfruttare
la sua avvenenza per entrare nelle grazie di
Cesare e dare al mondo un erede egiziano
che avrebbe preservato la sua terra e avrebbe
ottenuto territori vastissimi. Ovviamente
dopo le Idi di Marzo tutto cambiò e la regina
si ritrovò a dover rielaborare il suo piano,
ma questa volta il carro fu quello sbagliato
e capitolò con il suo regno di fronte alla
più forte “romanità” di cui Ottaviano era
l’ emblema. Ovviamente venne screditata,

soprattutto dagli oppositori di Antonio,
ma questo fu un piccolo prezzo da pagare
per attuare una politica di altissimo livello
sulla quale è importante porre la nostra
attenzione. La regina non fu una seduttrice
che usò ogni mezzo per arrivare ai suoi scopi,
ma si approcciò a una politica di relazioni
e unioni che era molto in voga e che ebbe
grandissimo seguito nella storia del mondo,
soprattutto nelle famiglie reali.
Alessio Aceto

St. John Philby e il petrolio
A proposito dell’articolo “La monarchia
del petrolio” pubblicato
su Focus Storia n° 154, vorrei
ricordare la figura singolare di un
promotore della creazione
del Regno dell’Arabia
Saudita: l’avventuroso
inglese Hillary Harry
St. John Bridger
Philby (1885-1960),
arabista, archeologo,
scrittore, esploratore
della Penisola Arabica,
agente segreto dell’Arab
Office tra i protagonisti, durante
la Prima guerra mondiale, della
Rivolta araba contro i turchi (1916-1918) e
padre della notissima spia sovietica “Kim”
(1912-1988). Socialista e antisionista, nel
1917 venne inviato in missione presso l’emiro
guerriero Aziz ibn al-Saud (nel tondo), imam
dei Wahabiti e sultano del Nagd. Decise
di appoggiarne segretamente le pretese
di supremazia sull’Arabia postottomana,
ponendosi in contrasto con la linea
politica ufficiale del governo di sua maestà
britannica che sosteneva invece per il futuro

trono d’Arabia l’anglofilo emiro e sceriffo
della Mecca Hussein ibn Ali al-Hashimi
(1854-1931) della dinastia ashemita e
diretto discendente del profeta Maometto
che intendeva fondare una monarchia
parlamentare panaraba con suo figlio Faysal
(1883-1933). Tra il 1921 e il 1924 Philby venne
messo a capo dei servizi segreti inglesi in
Transgiordania e nel 1930 si convertì all’islam
con il nome di “Sheikh Abdullah”. Divenne
quindi consigliere politico di Aziz Saud che,
ottenuto infine il beneplacito degli inglesi
dopo il tradimento delle loro promesse
a Hussein nella Conferenza di pace con
l’ Impero ottomano di Sèvres del 1920,
aveva potuto cacciare con la forza lo
sceriffo dalla Mecca nel 1924 e
proclamarsi nel 1932 primo
re dell’Arabia. Scoperto
l’oro nero in Arabia nel
1938 Philby mediò con
i petrolieri statunitensi
intavolando negoziati
fondamentali per
il nuovo regno che
garantirono il successivo
predominio degli Stati Uniti
sulla Gran Bretagna in campo
petrolifero e nei primi anni della
Seconda guerra mondiale favorì la vendita
alla Spagna neutrale del generale Franco il
greggio saudita che veniva poi passato alla
Germania nazista. Nel 1953 per aver criticato
il secondo re d’Arabia Saud (1902-1969, re dal
1953 e deposto nel 1964) per le sue ingenti
e dissennate spese si dovette dimettere da
consigliere e venne esiliato in Libano dove
morì nel 1960. Riposa nel cimitero islamico di
Beirut dove la sua lapide recita: “Il più grande
degli esploratori arabi” perché nel 1932 aveva

S


crivo in risposta alla signora Emanuela
Casinini che, su Focus Storia n° 153, si
chiedeva a cosa servisse l’antico utensile che
aveva trovato in casa. Ne posseggo uno anche io,
quello della signora però è incompleto. Si tratta di
un “allargatore” di flusso per le canne dell’acqua
per il giardino.
Premendo la leva il flusso d’acqua viene
“allargato”, ottenendo un effetto tipo cucchiaio
sotto un getto d’acqua.
Michele Buffoli

Un “mistero” svelato


THE LIFE PICTURE COLLECTION/GETTY IMAGES

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