Focus Storia - 09.2019

(Brent) #1

La febbre dell’oro italiano


T


ra le tante riserve auree razziate (75
tonnellate sottratte ai polacchi, 30 ai
cecoslovacchi, 88 agli austriaci, 163 ai
francesi) i nazisti, dopo l’armistizio dell’8
settembre 1943 e il voltafaccia italiano,
requisirono 120 tonnellate d’oro anche
alla Banca d’Italia. Trasportato su
autocarri e vagoni ferroviari, l’oro finì
a ingigantire il tesoro
della Reichsbank.
Recuperato. Solo 70
tonnellate di questo
tesoro hanno fatto
ritorno nel caveau della
nostra Banca centrale,
di cui 25 ritrovate a
Fortezza (a destra),
in Trentino-Alto Adige,
stazione di passaggio
verso la Germania, e
45 assegnateci come
risarcimento dopo

l’adesione del nostro Paese alla Nato
nel 1949. Le rimanenti 50 invece sono
andate “perdute”: 23 erano finite nella
Banca di Lugano, dove sono rimaste
per pagare “debiti con la Svizzera”,
mentre le altre sono svanite nel nulla,
probabilmente usate per alimentare la
macchina bellica tedesca.

iniziò una sistematica confisca di
capolavori appartenenti alle facoltose
famiglie ebree. Molti dipinti e opere
d’arte vennero in seguito recuperati
dai Monuments Men (un gruppo di
soldati e storici dell’arte inviati dagli
Alleati), in parte nelle miniere tedesche
di Heilbronn e in parte nelle varie
collezioni private in giro per il mondo.
Il ritrovamento più sensazionale
avvenne nel 2012 nell’appartamento di
Monaco del mercante d’arte Cornelius
Gurlitt: si trattava di 1.406 dipinti (tra
cui opere di Matisse, Chagall, Picasso,
Kokoschka...). Il collezionista aveva
ereditato i quadri dal padre Hildebrand,
uno studioso d’arte, che, se pur di
origini ebree, era stato incaricato da
Joseph Goebbels di vendere le opere
requisite, in quanto considerate
“degenerate” dal regime, per finanziare
la macchina bellica tedesca.
La collezione Gurlitt negli anni ha
continuato ad arricchirsi, ma le tele
razziate sono sempre rimaste nascoste
per evitarne la restituzione ai legittimi
proprietari. Almeno fino a quando gli
eredi di Cornelius Gurlitt, alla sua morte
nel 2014, hanno deciso di impugnare
il testamento. Il documento disponeva
la donazione dell’intera collezione al
Museo di Belle Arti di Berna, ma la
famiglia si è opposta e ha deciso di
permettere alle autorità di rintracciare gli
eredi dei proprietari originari delle opere
per restituirle. Solo una goccia, che però
rappresenta un contributo concreto, in
un mare di leggende e misteri. •

Kaltenbrunner di continuare a
dichiarare alla stampa che suo zio, su
ordine del Führer, aveva nascosto nel
lago tele, sculture e manufatti dal valore
inestimabile destinati al futuro “Museo
di Hitler” a Linz.


UNA MINIERA DI CAPOLAVORI.
Le opere d’arte, infatti, sono proprio
il capitolo più prezioso (non solo dal
punto di vista economico) del famoso
bottino di guerra di Hitler, oltre a
rappresentare, quando tornano al
legittimo proprietario, un risarcimento
ad alto valore simbolico per le razzìe
subite dagli ebrei durante il nazismo.
Le requisizioni di quadri, sculture
e oggetti d’arte ordinate dal Führer
iniziarono nel 1933, con la bonifica
dei musei tedeschi dalle opere
“degenerate”, ovvero incompatibili
con l’ideologia nazista. Poi a partire
dal 1938, prima in Austria, e in
seguito nel resto dell’Europa occupata,

Impara l’arte...
A sinistra, il quadro del
1905 di Ernst Ludwig
Kirchner, considerato
“arte degenerata” dal
regime, faceva parte
della collezione Gurlitt.
Sotto, la spedizione
sul lago Toplitz (1959).

GETTY IMAGES

ALAMY STOCK PHOTO

ASSOCIATED PRESS
Free download pdf