La Stampa - 13.09.2019

(Romina) #1
.

NICCOLÒ ZANCAN
INVIATO A FERRARA

I

l suo nome è Lucia Panigal-
li, e forse sarà lei la prossi-
ma donna uccisa da un uo-
mo. «Non so quanti giorni
mi restano, se qualche ora o
qualche mese. Aspetto come
una malata terminale. Mi man-
ca il futuro, vivo senza la possi-
bilità di condividere il tempo
con gli altri esseri umani. Ave-
vo fatto costruire questo porti-
cato davanti a casa, perché ci
tenevo tanto a cenare fuori
con gli amici nelle sere d’esta-
te, e invece...». Allarmi peri-
metrali. Telecamere puntate.
Porte e finestre blindate. «Gi-
ro con lo spray al peperoncino
attaccato al collo, esco con gli
occhiali scuri per paura che
mi venga lanciato addosso
dell’acido. Ogni volta che va-

do da qualche parte, devo
chiamare con un’ora di antici-
po i carabinieri. Loro mi se-
guono sempre, per quanto gli
è possibile. Voglio ringraziar-
li con tutto il cuore per quello
che stanno facendo».

Il tentato omicidio
Già due volte la signora Lucia
Panigalli doveva essere mor-
ta. Ma adesso l’uomo che ha
provato ad ucciderla con le
sue mani, l’uomo che mentre
era in carcere ha pagato 25 mi-
la euro, più un trattore e un’au-
to, perché qualcun altro faces-
se il lavoro al posto suo, adesso
quell’uomo è tornato in liber-
tà. Vive nella Bassa a quattro
chilometri dalla cascina con il
cancello blindato, il porticato
sgombro e le finestre tutte
chiuse. È ritenuto pericoloso.
Ma è stato prosciolto dal secon-
do tentato omicidio. Perché,
c’è scritto nella sentenza, se-

condo l’articolo 115 del codice
penale: «Il fatto è stato ricon-
dotto non già nella figura del
tentato omicidio, bensì del “qua-
si delitto”». Quasi. Eppure, è sta-
to provato che lui volesse am-
mazzarla ancora. Sì, ha pagato
il compagno di cella, un bulgaro

di nome Radev Stanyo Dobrev,
perché organizzasse l’omicidio.
Sì, è stato intercettato mentre di-
ceva a Dobrev frasi come que-
sta: «Io spero che lo facciano pro-
prio bene, bene che non si trova
proprio più...». Sì, ha istigato
all’omicidio. Ha desiderato l’o-

micidio. Ha pagato per l’omici-
dio. Ma mancano i passaggi suc-
cessivi: «Non ci sono stati atti
preparatori».

La persecuzione
Lucia Panigalli e Mauro Fabbri
si erano conosciuti in una bale-
ra di San Pietro in Casale nel


  1. «Io ero divorziata da tan-
    ti anni e quando finivo il turno
    alla fabbrica tessile, certe vol-
    te, andavo a ballare liscio e ma-
    zurche. Quel signore sembra-
    va una persona perbene. Era
    un uomo taciturno, educato.
    Si presentava in maniera im-
    peccabile». Mauro Fabbri, im-
    prenditore agricolo, dopo
    quindici mesi di una relazione
    che era finita e dopo due setti-
    mane di insistenze per tornare
    insieme, si era presentato sot-
    to casa della signora Panigalli
    con un passamontagna in te-
    sta. Aveva guanti di lattice e
    un coltello: «Mi ha braccato.


“Ti uccido, ti uccido”, sussurra-
va. Aveva delle pupille enor-
mi. Era una belva. Mi ha trasci-
nato nel buio. Mi ha preso per i
capelli, picchiava la mia testa
sul selciato. Io non mi decide-
vo a svenire, ricordo dei calci
sul cranio con le scarpe da lavo-
ro con la punta di ferro e poi si
è messo sopra di me con il col-
tello. Colpiva alla cieca, men-
tre mi dimenavo, cercavo di di-
fendermi. Mi ha fatto uno sbre-
go dal sopracciglio sinistro.
Ho sentito la lama in bocca.
Per fortuna, nella lotta gli ave-
vo tolto il passamontagna».
Passano cinque anni, cin-
que processi, passano sberleffi
in aula e accuse prima derubri-
cate e poi confermate: tentato
omicidio. Otto anni di carcere.
Mauro Fabbri li accorcia con
dei permessi premio attenuti
per buona condotta. Salvo sco-
prire che, proprio dal carcere,
stava organizzando l’omicidio
per conto terzi. «Ho sentito le
intercettazioni ambientali», di-
ce adesso la signora Panigalli.
«Quando spiega che devono
farmi sparire per bene. Che de-
vono portare via il mio cadave-
re su una bisarca. Che sarebbe
meglio inscenare una rapina fi-
nita male. Io dico che c’è qual-
cosa che non va: non si può
mettere in libertà un uomo del
genere. Mi sembra un cortocir-
cuito assurdo, se un giudice
dello stato italiano emette una
sentenza così, allora si dichia-
ra impotente. Alla fine, lui è in
libertà. Mentre io sono con-
dannata, di fatto, agli arresti
domiciliari».

La battaglia
La signora Panigalli con il suo
avvocato, Eugenio Gallerani,
sta combattendo una battaglia
istituzionale per riuscire a cam-
biare l’articolo 115 del codice
penale. Ha depositato una pro-
posta di legge in Senato. «Per
me ormai è tardi, ma potrebbe
servire a qualcun’altra», dice
con amarezza. «Non mi illudo.
Marcirà lì per chissà quanto
tempo». Anche qui, nella sua
casa, il tempo si è fermato.
Schiacciato per sempre nell’i-
stante che precede l’agguato.
«Io vivo blindata e aspetto. C’è
un grande, enorme, immenso,
equivoco sui femminicidi. Ed è
questo: la parola amore. Non
deve essere mai associata a fat-
ti del genere. Mai. Mai. Mai.
L’amore è bene. Qui si vive ma-
lissimo, quando non si muore.
Quindi, vi prego: lasciate stare
l’amore, e chiamateli delin-
quenti». —
c BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI

LUCIANA PANIGALLI
VITTIMA DI TENTATO OMICIDIO
E ORA SOTTO SCORTA

DONNE NEL MIRINO

Il ballerino che ha malmenato la moglie

Lui arrestato, lei in ospedale per le lesioni

Aveva deciso di lasciarlo. L’at-
teggiamento possessivo, le di-
scussioni sui soldi, gli insulti e
le minacce: dopo 4 anni lei
non ne poteva più. E glielo ha
detto. Scatenando una lite che
ancora un volta è degenerata.
A farne le spese è stata ovvia-
mente la donna, 46 anni, che
ha riportato traumi alla nuca

e alle braccia. Lui, Andrea
Franzon, ballerino e cantante
padovano di 37anni, è finito
in carcere. Tutto è accaduto a
Copparo, provincia di Ferra-
ra, sconvolto solo tre settima-
ne fa dall’omicidio di Cinzia
Fusi, giovane donna ammaz-
zata a colpi di mattarello dal
compagno e datore di lavoro.

Lucia Panigalli, sopravvissuta due volte, costretta a vivere blindata in casa a Ferrara


“Il mio ex vuole uccidermi


lui è libero, io sotto scorta


Non so quanti giorni avrò”


LA STORIA

FOTO FILIPPO RUBIN / LA NUOVA FERRARA

Vivo come una malata terminale,

vado in giro con lo spray

al peperoncino attaccato al collo

e con gli occhiali da sole perché

temo che mi lanci l’acido in faccia

Ieri sera a Ferrara una fiaccolata contro la violenza sulle donne

Lucia Panigalli

A


spetto come una ma-
lata terminale. Mi
manca il futuro, vivo
senza la possibilità di
condividere il tempo con gli al-
tri esseri umani. Avevo fatto co-
struire questo porticato davan-
ti a casa, perché ci tenevo tanto
a cenare fuori con gli amici nel-
le sere d’estate, e invece». Allar-
mi perimetrali. Telecamere
puntate. Porte e finestre blinda-
te. «Giro con lo spray al pepe-
roncino attaccato al collo, esco
con gli occhiali scuri per paura
che mi venga lanciato addosso
dell’acido. Ogni volta che vado
da qualche parte, devo chiama-
re con un’ora di anticipo i cara-
binieri. Loro mi seguono sem-

pre, per quanto gli è possibile.
Voglio ringraziarli con tutto il
cuore per quello che stanno fa-
cendo».

Il tentato omicidio
Già due volte la signora Lucia
Panigalli doveva essere mor-
ta. Ma adesso l’uomo che ha
provato ad ucciderla con le
sue mani, l’uomo che mentre
era in carcere ha pagato 25 mi-
la euro, più un trattore e un’au-
to, perché qualcun altro faces-
se il lavoro al posto suo, ades-
so quell’uomo è tornato in li-
bertà. Vive nella Bassa a quat-
tro chilometri dalla cascina
con il cancello blindato, il por-
ticato sgombro e le finestre tut-
te chiuse. È ritenuto pericolo-
so. Ma è stato prosciolto dal se-
condo tentato omicidio. Per-
ché, c’è scritto nella sentenza,
secondo l’articolo 115 del codi-
ce penale: «Il fatto è stato ri-
condotto non già nella figura

del tentato omicidio, bensì del
“quasi delitto”». Quasi. Eppu-
re, è stato provato che lui voles-
se ammazzarla ancora. Sì, ha
pagato il compagno di cella,
un bulgaro di nome Radev Sta-
nyo Dobrev, perché organiz-
zasse l’omicidio. Sì, è stato in-

tercettato mentre diceva a Do-
brev frasi come questa: «Io spe-
ro che lo facciano proprio be-
ne, bene che non si trova pro-
prio più». Sì, ha istigato all’o-
micidio. Ha desiderato l’omici-
dio. Ha pagato per l’omicidio.
Ma mancano i passaggi succes-

sivi: «Non ci sono stati atti pre-
paratori».

La persecuzione
Lucia Panigalli e Mauro Fab-
bri si erano conosciuti in una
balera di San Pietro in Casale
nel 2010. «Io ero divorziata
da tanti anni e quando finivo
il turno alla fabbrica tessile,
certe volte, andavo a ballare li-
scio e mazurche. Quel signore
sembrava una persona perbe-
ne. Era un uomo taciturno,
educato. Si presentava in ma-
niera impeccabile». Mauro
Fabbri, imprenditore agrico-
lo, dopo quindici mesi di una
relazione che era finita e dopo
due settimane di insistenze
per tornare insieme, si era pre-
sentato sotto casa della signo-
ra Panigalli con un passamon-
tagna in testa. Aveva guanti di
lattice e un coltello: «Mi ha
braccato. “Ti uccido, ti ucci-
do”, sussurrava. Aveva delle

pupille enormi. Era una bel-
va. Mi ha trascinato nel buio.
Mi ha preso per i capelli, pic-
chiava la mia testa sul selcia-
to. Io non mi decidevo a sveni-
re, ricordo dei calci sul cranio
con le scarpe da lavoro con la
punta di ferro e poi si è messo
sopra di me con il coltello. Col-
piva alla cieca, mentre mi di-
menavo, cercavo di difender-
mi. Mi ha fatto uno sbrego dal
sopracciglio sinistro. Ho senti-
to la lama in bocca. Per fortu-
na, nella lotta gli avevo tolto il
passamontagna».
Passano cinque anni, cin-
que processi, passano sberlef-
fi in aula e accuse prima deru-
bricate e poi confermate: ten-
tato omicidio. Otto anni di
carcere. Mauro Fabbri li ac-
corcia con dei permessi pre-
mio attenuti per buona con-
dotta. Salvo scoprire che, pro-
prio dal carcere, stava orga-
nizzando l’omicidio per con-
to terzi. «Ho sentito le inter-
cettazioni ambientali», dice
adesso la signora Panigalli.
«Quando spiega che devono
farmi sparire per bene. Che
devono portare via il mio ca-
davere su una bisarca. Che sa-
rebbe meglio inscenare una
rapina finita male. Io dico che
c’è qualcosa che non va: non
si può mettere in libertà un uo-
mo del genere. Mi sembra un
cortocircuito assurdo, se un
giudice dello stato italiano
emette una sentenza così, al-
lora si dichiara impotente. Al-
la fine, lui è in libertà. Mentre
io sono condannata, di fatto,
agli arresti domiciliari».

La battaglia
La signora Panigalli con il suo
avvocato, Eugenio Gallerani,
sta combattendo una battaglia
istituzionale per riuscire a cam-
biare l’articolo 115 del codice
penale. Ha depositato una pro-
posta di legge in Senato. «Per
me ormai è tardi, ma potrebbe
servire a qualcun’altra», dice
con amarezza. «Non mi illudo.
Marcirà lì per chissà quanto
tempo». Anche qui, nella sua
casa, il tempo si è fermato.
Schiacciato per sempre nell’i-
stante che precede l’agguato.
«Io vivo blindata e aspetto. C’è
un grande, enorme, immenso,
equivoco sui femminicidi. Ed è
questo: la parola amore. Non
deve essere mai associata a fat-
ti del genere. Mai. Mai. Mai.
L’amore è bene. Qui si vive ma-
lissimo, quando non si muore.
Quindi, vi prego: lasciate stare
l’amore, e chiamateli delin-
quenti». —
c BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI

NICCOLÒ ZANCAN
FERRARA

CRONACHE

MARCO GRASSO
INVIATO A PORTO CERVO (SASSARI)

A fine mattinata c’è chi stra-
buzza gli occhi, nella lussuosa
tranquillità del Pevero Golf
Club: «Ma che stanno girando
una fiction?», chiede una si-
gnora al barista del circolo.
Nel cortile di fronte, dove co-
mincia l’ingresso del residen-

ce privato dove da anni ha ca-
sa Beppe Grillo, va in scena la
realtà più incredibile per que-
sto angolo di Costa Smeralda:
i carabinieri della sezione rilie-
vi, coordinati dal procuratore
di Tempio Pausania Gregorio
Capasso, stanno ricostruendo
passo passo la scena di uno
stupro di gruppo. Lo fanno mi-
nuziosamente, filmando ogni
passaggio, sulla base del rac-
conto della studentessa di
vent’anni che ha denunciato
per violenza sessuale il figlio
del comico e tre amici, che l’a-
vrebbero stuprata al termine

di una serata di eccessi comin-
ciata a dieci minuti di macchi-
na da questo complesso, al Bil-
lionnaire di Flavio Briatore.

Il sopralluogo
Gli accertamenti vanno avan-
ti tutta la mattina e hanno un
obiettivo preciso: cristallizza-
re ogni singola testimonianza
di quella sera. Sul luogo in cui
sono avvenuti i fatti erano in
sei. La vittima e i quattro ra-
gazzi accusati di violenza ses-
suale - Ciro Grillo, giovane
campione di salvate, gli amici
Francesco Corsiglia, Edoardo

Capitta e Vittorio Lauria - che
si difendono sostenendo che
la ragazza era consenziente.
C’era poi un’amica di lei. I ma-
gistrati l’hanno interrogata
due giorni fa: «Mi sono addor-
mentata e non mi sono accor-
ta di niente». Quello andato
in scena secondo la denuncia
della vittima, è uno stupro a
cui hanno partecipato in quat-
tro, uno dei quali ha anche ri-
preso tutto con il telefonino.

La villa in Costa Smeralda
La residenza dei Grillo è un ap-
partamento spazioso, con un

soggiorno, in cui si sarebbe as-
sopita la testimone, e una ca-
mera da letto, in cui si sarebbe
consumata la violenza. Ottan-
ta metri quadri circa attraver-
sati da un muro divisorio che
separa l’altra ala della casa,
dove quella notte ha dormito
Parvin Tadjk, moglie del fon-
datore del Movimento Cin-
que Stelle, e madre di Ciro. La
sua testimonianza - la donna
sarà convocata nelle prossi-
me settimane dal magistrato
che sta coordinando l’inchie-
sta - non è semplicemente
un’audizione di routine: ha

sentito ho visto qualcosa di
quanto accaduto nell’apparta-
mento a fianco?

L’analisi dei cellulari
Ieri gli investigatori hanno
gettato le basi per un altro pas-
saggio fondamentale: l’estra-
zione dei file dei telefoni se-
questrati ai quattro ragazzi.
La copia forense permetterà
di vedere i contenuti delle
chat, e, soprattutto, di analiz-
zare quel video così controver-
so da dividere gli avvocati del-
le due parti. –
c BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI

sopralluogo nella villa di porto cervo. la madre di ciro era in casa: accertamenti per verificare se ha sentito qualcosa


Stupro, dubbi dei pm sulla versione della moglie di Grillo


L’altra ragazza che era
insieme alla giovane che
ha denunciato i 3 amici:
“Eravamo tutti ubriachi,
io non mi ricordo nulla”

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14 LASTAMPA VENERDÌ 13 SETTEMBRE 2019
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