La Stampa - 13.09.2019

(Romina) #1
.


  1. 1977, «I due superpiedi quasi piatti». 2. 1986, «Fantagenio». 3. La copertina dell’album «Fut-
    tetenne» , una filosofia di vita. 4. La statua di Bud Spencer a Budapest 5. 1970, Bud Spencer e
    5 Terence Hill in «Lo chiamavano Trinità». 6. La sedia «Extralarge» di Bud Spencer sul set


FULVIA CAPRARA
NAPOLI

L


a sua regola di vita,
esposta insieme a
premi, abiti, copioni
originali, oggetti di
scena, fotografie, li-
bri, perfino le rico-
struzioni Lego delle scenogra-
fie di alcuni dei film più cele-
bri, era sempre stata «futteten-
ne». Ovvero fregatene. Eppu-
re di Carlo Pedersoli, in arte
Bud Spencer, si può dire esatta-
mente il contrario, e cioè che
sia stato un benefattore, vene-
rato per la sua capacità sponta-
nea di infondere ottimismo e
buonumore: «Mio padre - ri-
flette il figlio Giuseppe - inter-
pretava commedie e film leg-
geri, evidentemente la sua na-

turalezza colpiva la gente.
Non si considerava attore per-
chè gli attori interpretano ruo-
li diversi e lui, invece, diceva:
"Devo essere me stesso, nessu-
no sa esserlo meglio di me"».
Da oggi a Napoli, a Palazzo
Reale, una mostra ne celebra il
mito e la sua straordinaria per-
sistenza, non solo per via dei
fan club sparsi nel mondo (per
l’inaugurazione è arrivato
quello di Dresda, una squadra
di signori con maglietta nera),
e neanche perchè, ancora ades-
so, le pagine social a lui dedica-
te raccolgono like come se fos-
se vivo. Il punto è che Bud
Spencer, senza deciderlo e for-
se senza rendersene conto, ha
cancellato le barriere del tem-
po: «I nipoti guardano i suoi

film con i nonni, i genitori con i
figli. Unisce le famiglie, uno
scopo importante, di cui oggi
si sente forte la necessità».

Vita pubblica e privata
I diversi aspetti della vita di Pe-
dersoli, privata, artistica, sporti-
va, si fondono nel percorso di
una mostra che inizia in pisci-
na, lì dove l’attore aveva cono-
sciuto i suoi primi successi di
nuoto e pallanuoto, e prosegue


  • conla sua voce in sottofondo -
    nelle ricostruzioni dei set, tra
    selle di cavalli e saloon da vec-
    chio West con tavoli apparec-
    chiati: «Mangio dunque sono -
    dice -. Perchè non solo siamo
    quello che mangiamo, ma se
    non mangiamo non siamo, e
    non pensiamo». Non a caso il fe-


dele compagno Terence Hill
(assente giustificato all’inaugu-
razione, per motivi di lavoro)
dedica il suo intervento, nel vo-
lumetto che accompagna l’esi-
bizione, al rito della pausa pran-
zo sul set, con i due protagoni-
sti uno di fronte all’altro nella
roulotte di Bud, davanti alla
scodella fumante colma di spa-
ghetti al pomodoro: «Dopo, a
pancia piena, dormivamo di un
sonno sereno, finchè non bussa-
vano alla porta e urlavano "Pau-
sa pranzo è finita"». A differen-
za di tante coppie dello spetta-
colo, tra Bud e Terence, non c’è
mai stata ombra di dissidio:
«Potevano nascere naturali ge-
losie - dice Pedersoli -, ma non è
successo. A Terence vogliamo
tutti bene, siamo rimasti legati,

con affetto e rispetto».
Uomo di cinema dalle molte-
plici passioni (compresa quel-
la per il volo), sempre impe-
gnato, Carlo Pedersoli è stato
«un padre non molto presente
nella nostra infanzia, diciamo
che sull’educazione mia ma-
dre ha inciso molto. Però,
quando arrivava lui, era come
vedere Babbo Natale. Non era
mai austero, anzi, era un pa-
dre moderno, dinamico, curio-
so, non aveva durezze, ci tene-
va a essere amico oltre che ge-
nitore». Alla mostra, curata da
Umberto Croppi (co-prodotta
da Equa e Istituto Luce-Cinecit-
tà) hanno collaborato la vedo-
va Maria Amato e tutti i figli,
Giuseppe, di mestiere produt-
tore, Cristiana e Diamante Pe-

dersoli: «Siamo una famiglia
molto unita, mio padre non mi
ha mai detto "fai questo o fai
quello", e non l’ho mai sentito
alzare la voce con mia madre».

Il legame con Olmi
Dalla pubertà, racconta un ca-
pitolo della monografia, Carlo
Pedersoli era uscito con «un
metro e 90 di altezza, 90 chili
di peso, e un’ampiezza toraci-
ca di un metro e 14». Quel fisi-
co bestiale, quella capacità di
assestare con precisione cater-
ve di schiaffi e cazzotti, appar-
tenevano, per contrasto, a un
uomo mite, pronto a emozio-
narsi: «Ricordo la sua ricono-
scenza nei confronti di Erman-
no Olmi, che lo aveva chiama-
to per recitare in Cantando die-
tro i paraventi e parlando di lui
e Terence, una volta aveva det-
to "nei loro confronti siamo sta-
ti degli snob". L’offerta di Olmi
lo aveva molto lusingato, l’e-
sperienza insieme era stata bel-
lissima, erano due persone ma-
ture, ma anche piene di ener-
gia». Sulla Tshirt che pubbliciz-
za l’esibizione c’è scritto «me-
no influencer più Bud Spen-
cer» e, per una volta, si può da-
re ragione a uno slogan. —
c BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI

(^12)
LUCA DONDONI
MILANO
Nella Mia Cucina – Una ricetta
con Cracco è il titolo del nuovo
cooking show di Raidue, in on-
da dal lunedì al giovedì alle
19,40. Quel «Mia» scritto con
la maiuscola non è lì a caso. L’a-
zienda che coproduce il pro-
gramma - e sin dal lettering
del titolo si riconosce perfetta-
mente - è anche quella di cui il
famoso ex giurato di Master-
chef è testimonial da anni.
Ora, sta bene che l’attuale pre-
sidente della concessionaria
di Rai Pubblicità Antonio Ma-
rano (ex direttore Raidue e già
vicedirettore generale Rai) di-
ca che ormai il cosiddetto
brand content sia una prassi
omologata. Di fatto, quello
che vedremo in tv sono 20 pun-
tate di uno spottone dove Crac-
co cucina di spalle a un cuoco
alle prime armi, che quando
avrà finito di replicare lo stes-
so piatto del famoso chef, rice-
verà solo una pacca sulla spal-
la: non si vince e non si perde
nulla. Al fianco dello chef pluri-
stellato anche una cosiddetta
«web-creator» chiamata Cami-
hawke. L’unica vera novità è
che Cracco si presenta per la
prima volta ai fornelli senza la
giacca da chef, abbandonan-
do i panni di giudice severo a
ogni costo. «Ho accettato con
entusiasmo di partecipare al
progetto – dice lui - perché è di-
vertente e mi permette di esse-
re me stesso mostrando il mio
lato più autentico. È stata un’e-
voluzione naturale di un per-
corso che mi ha visto prima co-
me testimonial di un’azienda
che fabbrica cucine e poi addi-
rittura co-direttore artistico di
un progetto che mi permette
di muovermi nel mio spazio di
lavoro preferito».
Alla stessa ora, intanto, su
Sky Uno andrà in onda Alessan-
dro Borghese Kitchen Sound. In
ogni puntata lo chef ospiterà
una sfida culinaria tra due cuo-
chi dilettanti che si cimente-
ranno nella preparazione del
loro «cavallo di battaglia» per
decidere chi sia il cuoco miglio-
re. Tra i giudici Pupo, Diletta
Leotta, Arisa, Giuseppe Crucia-
ni. Anche qui, un partner com-
merciale di cui Borghese è te-
stimonial. —
c BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI
MARCO CONSOLI
TORONTO
C
osa accade quando
la più grande rock-
star di tutti i tempi,
«nata per correre»,
si ferma, dopo oltre
quarant’anni di
una carriera costellata di suc-
cessi e si guarda indietro? La ri-
sposta è in Western Stars, il
film che ha avuto ieri la sua pri-
ma mondiale al festival di To-
ronto e con cui Bruce Spring-
steen, che il 23 settembre com-
pirà 70 anni, dopo 19 album,
debutta alla regia insieme all’a-
mico fidato e archivista perso-
nale Thom Zimny. Il film ha lo
stesso titolo dell’ultimo al-
bum, uscito in giugno in cui il
Boss ritorna al passato, con so-
norità ispirate agli Anni 60 e
70 e arrangiamenti da lui stes-
so definiti cinematici che non
potevano dunque non finire in
pellicola. Nella febbre holly-
woodiana del biopic musicale,
che dopo Freddie Mercury ed
Elton John si appresta a cele-
brare Judy Garland, Aretha
Franklin e probabilmente El-
vis Presley, Bruce però va con-
trocorrente (quale attore d’al-
tronde potrebbe incarnarlo?
«Non ne ho idea» ci confessa) e
sceglie la via del ritratto inti-
mo in musica: «All’inizio ave-
vamo pensato a un documen-
tario più tradizionale in cui
avremmo parlato di quanto è
bello collaborare insieme, in-
somma quel che si fa di solito
in questi casi - spiega Spring-
steen - ma ci siamo resi conto
che non funzionava e così una
sera in due ore ho scritto la sce-
neggiatura di questo film: ho
pensato che avrebbe avuto sen-
so introdurre le canzoni per
spiegare ancora di più cosa è
questo album. In qualche mo-
do questo film completa la tri-
logia avviata col mio libro e
con lo spettacolo Springsteen
on Broadway».
In Western Stars il gioco di
specchi tra l’artista e le sue can-
zoni diventa rivelatore dell’uo-
mo e del suo viaggio nell’esi-
stenza, in un bilancio pieno di
chiaroscuri: «Questo album è
espressione della tensione co-
stante che ci accompagna tra
la libertà individuale e la vita
in comunità con gli altri», spie-
ga Springsteen, mentre sullo
schermo scorrono immagini
di cavalli nel deserto di Joshua
Tree, strade polverose e un’au-
to con il cantante alla guida
per fuggire da una delusione e
alla ricerca di un domani anco-
ra da scoprire. «Scrivo di auto,
per me sono da sempre una
metafora della vita, un tempo
erano simbolo di libertà, oggi
forse un po’ meno - dice il Boss



  • anche se ci permettono sem-
    pre comunque di muoverci da
    un luogo all’altro».


Il concerto è stato registrato
nel fienile centenario della fat-
toria del New Jersey di Spring-
steen dove il cantante con la
moglie Patti Scialfa e un’orche-
stra di fiati e archi ha tenuto
un’esibizione privata per alcu-
ni amici. Se è vero che tutti gli
altri album del Boss possono
essere ascoltati mentre si sfrec-
cia su una polverosa highway,
quest’ultimo sembra essere
stato concepito per risuonare
attraverso il dolby surround di
una sala cinematografica im-

mersa nel buio: le note di Hello
Sunshine, There Goes My Mira-
cle arrivano strabordanti in un
film che è un’esperienza so-
prattutto sonora, mentre le pa-
role di Springsteen squarcia-
no l’illusione di un mondo di
perfetta armonia con storie di
personaggi che, come lui, so-
no riusciti a rimanere in piedi,
nonostante le batoste della vi-
ta. «Il film rende ancora più
profondo il viaggio emotivo in
quelle canzoni e spero che dia
più elementi ai miei fan per
comprenderle» spiega Spring-
steen, che introduce ogni bra-
no con riflessioni personali,
tra immagini di elementi iconi-
ci dell’epopea americana co-
me il cavallo, il deserto, l’auto-
mobile, il bar, la metropoli, e
filmati di archivio mentre i
pensieri si fanno più cupi: c’è
la lotta con se stessi e le pro-
prie pulsioni autodistruttive,
la nostalgia e la ricerca di re-
denzione, il senso di perdita e
l’amore che è l’unica prova
dell’esistenza di Dio. «Questo
film racconta come si fa a veni-
re a patti con il fatto di avere
avuto una vita piena di errori e
dolori, ed essere felici di esse-
re sopravvissuti». —
c BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI

Scooby Doo compie 50 anni e torna

NAPOLI, A PALAZZO REALE MOSTRA SU CARLO PEDERSOLI PER I 90 ANNI DALLA NASCITA

Lo chiamavano Bud Spencer

Dal nuoto agli spaghetti western, i volti di un mito


Bruce Springsteen: il 23 settembre la rockstar compie 70 anni

PERSONAGGIO

GIUSEPPE PEDERSOLI
FIGLIO DI BUD SPENCER

Scooby-Doo compie 50 anni e, per festeggiare, arri-
va in Italia la nuova serie dell'alano più famoso del
mondo proprio nel giorno dell'anniversario. Il 13 set-
tembre del 1969 Scooby-doo faceva il suo esordio
nelle Tv con la prima serie «Scooby-Doo! Dove sei
tu?». La serie di cartoni prodotta dalla Hanna-Bar-

bera ha attraversato mezzo secolo rilanciandosi
continuamente tra fumetti, narrativa, cinema e vi-
deogames. Cinquant'anni anni dopo sarà la volta di
«Scooby-Doo and Guess Who?» (primo episodio
oggi su Boomerang alle 20,10) che vede di nuovo in-
sieme Fred, Daphne , Velma e Shaggy in giro per il
mondo a bordo della loro «Mystery Machine» per ri-
solvere casi soprannaturali.

Lahav Shani

è il direttore

d’orchestra

del futuro

Lahav Shani, israelia-
no di 30 anni, è il talen-
to più impressionante
della direzione d'orchestra,
una figura che segnerà i prossi-
mi decenni della musica classi-
ca. Un caso singolare non solo
perché è un vero direttore e
non uno dei ragazzi costruiti e
lanciati ad arte sul podio, ma
anche perché nel giro di tre an-
ni gli sono state affidate tre or-
chestre di livello. Da fine 2017
è Primo direttore ospite dei
Wiener Symphoniker, da set-
tembre 2018 è il Direttore prin-
cipale della Rotterdam Phi-
lharmonic, dal 2020 succede-
rà a Zubin Mehta a capo della
Israel Philharmonic, dopo il re-
gno cinquantenario del mae-
stro indiano. Con la Rotter-
dam Philharmonic ha appena
suonato al Festival di Lucerna
il giorno dopo il ritiro di Hai-
tink. Davvero un passaggio di
testimone. In programma c’e-
ra la Quinta di Bruckner, Sha-
ni ha modellato frasi e volumi
sonori con magnifico respiro,
arrotondando il suono pure
nel fortissimo e garantendo
all'orchestra l'appiombo nei te-
mi in pizzicato.
Shani ha musicalità, limpi-
dezza di vedute, concentrazio-
ne, carisma, gesto contenuto
ma di straordinaria efficacia.
Il suo modo di dirigere è ma-
gnetico, non ha bisogno di par-
lare molto con le orchestre, l'in-
tesa nasce su basi internamen-
te musicali: a Rotterdam gli
hanno offerto la carica dopo
un solo concerto insieme. Fi-
glio di un direttore di coro, è
cresciuto come polistrumenti-
sta, ha suonato a lungo il con-
trabbasso in orchestra ed è un
fior di pianista. Anzi non man-
cano suoi concerti in cui suona
e dirige contemporaneamen-
te. A 21 anni ha scelto di trasfe-
rirsi dalla natale Tel Aviv a Ber-
lino per studiarvi direzione
d'orchestra. Lì ha pure cono-
sciuto Daniel Barenboim, che
lo ha fatto assistere a tutte le
sue prove, gli ha dispensato
consigli e aperto diverse por-
te; in seguito è divenuto assi-
stente di Mehta alla Israel Phi-
lharmonic, che l'ha poi scelto
come prossima guida.
In soli cinque anni di carrie-
ra ufficiale, dopo un concorso
vinto a Bamberga nel 2013,
Shani è divenuto interprete au-
torevolissimo del grande re-
pertorio sinfonico dell'800 e
del 900, ma non manca a volte
di suonare e insieme dirigere il
to di Bach e Mozart. A Vienna
ebbe nel 2015, a soli 26 anni,
un battesimo del fuoco ai Wie-
ner Philharmoniker, dovendo
sostituire all'ultima ora Franz
Welser-Möst; Shani optò per
Bach e Mahler: musicisti e ab-
bonati, la crème de la crème
della società musicale euro-
pea, se lo ricordano ancora. —
c BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI

3

I NUOVI COOKING SHOW
SU RAIDUE E SKYUNO

Cracco


vs. Borghese


sfida di cuochi


e di sponsor


«Il film rende ancora

più profondo il viaggio
emotivo delle mie

canzoni»

IL COMMENTOFESTIVAL DI TORONTO Il Boss trasforma in immagini il suo album “Western Stars”


Springsteen regista: “Strade e stelle

Così sono sopravvissuto alla vita”

4

Da napoletano vero,


diceva sempre che


bisogna credere in se


stessi senza prendersi


troppo sul serio


TM

TEMPI

MODERNI

CULTURA, SOCIETÀ
E SPETTACOLI

6

Greta Garbo per la Festa del Cinema

Greta Garbo, la prima grande diva della storia del cine-
ma, è la protagonista dell'immagine ufficiale della
XIV Festa del Cinema di Roma (dal 17 al 27 ottobre).
«L'immagine - spiega il direttore Antonio Monda -
celebra il fascino irresistibile e senza tempo della divi-
na Garbo, nel suo primo film sonoro, ”The Kiss” ».

GIANGIORGIO SATRAGNI

COLONNA SONORA

IL CASO

VENERDÌ 13 SETTEMBRE 2019 LASTAMPA 25
Free download pdf