La Stampa - 13.09.2019

(Romina) #1
.

Dalle Alpi al mare, Marsiglia festeggia


i 150 anni del parco Longchamp


CARLO GRANDE
MARSIGLIA (FRANCIA)

P


alais Longchamp,
lo storico parco
marsigliese del qua-
le si festeggiano i
centocinquant’an-
ni, è un giardino
speciale, in una città verde,
blu e bianca (il colore abba-
gliante delle rocce) che di na-
tura ne ha molta ma di acqua
poca, e da sempre la deve sa-
pientemente gestire. Ecco

dunque, un secolo e mezzo
fa, arrivare il canale di Marsi-
glia a portare l’acqua della Du-
rance, il bellissimo fiume che
dal Monginevro scorre verso
il Midi e poi si butta nel Roda-
no, a sud di Avignone.
Il canale giunse proprio
nell’area dove poi è sorto il
giardino monumentale cele-
brativo dell’impresa: l’altipia-
no di Longchamp; di qui il
prezioso liquido fu distribui-
to in tutta la città, trasfor-
mandone il paesaggio.
Le acque arrivarono a Long-
champ l'8 luglio 1847, per cele-

brare l’evento l'architetto Hen-
ry Espérandieu progettò nel
1862 una grande fontana mo-
numentale con due ali per il
Museo di Storia Naturale e il
Museo di Belle Arti, e una dop-
pia scalinata intorno alla fonta-
na che permette l’accesso ai
musei. Dietro ai musei sorse-
ro tre giardini, il giardino pub-
blico chiamato «l'altipiano»
(inaugurato nel 1869, con-
temporaneamente alla torre
dell'acqua, sotto il quale ci so-
no i preziosi bacini e il sistema
idraulico), quello «dell'Osser-
vatorio» (costruito tra il 1863

e il 1864) e il giardino zoologi-
co, aperto a Marsiglia nel
1854, che testimonia la pas-
sione del secondo impero per
l'esotismo e i viaggi. Vittima
della disaffezione del pubbli-
co, lo zoo venne chiuso dal
1987: la sensibilità verso gli
animali è cambiata, restano
gli spazi delle gabbie, la raffi-
nata geometria all’inglese, i

viali molto apprezzati dai
bambini e dalle famiglie e lo
splendido panorama sulla cit-
tà. La fontana di Longchamp
diventerà anche eco-compati-
bile, l’acqua potabile sarà trat-
tata e riciclata. L’acqua della
Durance nutre quindi tante al-
tre aree verdi, dal Parc Bo-
rély, vasto e più moderno - al
suo interno c’è lo stadio Vélod-

rome dell’Olympique Marsi-
glia – al Palais du Pharo, con
vista vertiginosa sulle isole
dell’arcipelago di Frioul, sullo
Château d’If (quello del Con-
te di Montecristo) e sul vec-
chio Porto. Proprio Alexan-
dre Dumas, raccontando le av-
venture di Edmond Dantès,
definì la Durance «uno dei tre
flagelli della Provenza», insie-
me con il Maestrale e il Parla-
mento. Ma erano altri tempi.
La Durance, fin dalle Alpi,
sembra portare il profumo di
«certi posti davanti al mare»:
il profumo di Marsiglia sem-
bra già nell’aria scendendo
dai tornanti del Monginevro,
perché l’acqua della Durance
ricorda i giardini del Palais
Longchamp, il caldo delle ca-
lanques, la meravigliosa
scheggia d’Africa davanti al
mare, nel Midi francese. —
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CLOROFILLA

La fontana monumentale di Palais Longchamp

GLI INGLESI LE CHIAMANO “SPIDER FLOWERS”, PER VIA DELLE LORO GRANDI E LEGGERE TESTE FIORITE DAI LUNGHISSIMI PISTILLI

Il fascino delle cleomi simili a grandi bruchi preistorici

IL GIARDINO

PAOLO PEJRONE
ALBERTO FUSARI

G


li inglesi sono soli-
ti chiamarle spider
flowers, per via del-
le loro grandi e leg-
gere teste fiorite
dai lunghissimi pi-
stilli, simili in effetti a centi-
naia di zampette affusolate
che oscillano qua e là.
Detta così non gioca certo
a loro favore, però il parago-
ne rende bene l'idea, soprat-
tutto man mano che la stagio-
ne avanza e s'ingrossano i
baccelli dei semi su su fino al-
la sommità del fiore. Le cleo-
mi (Cleome hassleriana) paio-
no allora quasi degli enormi
bruchi preistorici che s'alza-
no al cielo.

Niente forzature
Strane e affascinanti: in certi
casi più strane che affascinan-
ti, in altri più affascinanti che
strane. E quest'ultima ipotesi

vale soprattutto quando ven-
gano piantate in gran quanti-
tà e ben abbinate, senza acco-
stamenti troppo forzati.
Ad esempio le trovo mol-
to belle insieme ai tabacchi
silvestri (Nicotiana sylve-
stris), un duetto vigoroso
ed esuberante, extra-size e
per niente lezioso, anzi con
un che di irruente che lo ren-
de ai miei occhi ancora più
accattivante.

L’origine
Evidentemente l'origine co-
mune è alla base di certe ana-
logie di portamento, entram-
be provengono infatti da Ar-
gentina, Paraguay ed Uru-
guay (anche se si dice che
vengano entrambe dal Messi-
co... una vera e casereccia
congiura?), ma le forme più
schiette e sobrie della nicotia-
na ben stemperano quelle so-
fisticate e marcatamente eso-
tiche della cleome.

Non per nulla il nome del-
la specie ricorda chi dedicò
la sua vita allo studio di
quelle flore lontane: il bota-
nico svizzero Emil Hassler,
che nei primi decenni del
Novecento diventò il mag-
gior esperto degli endemi-
smi del Paraguay.
Le cleomi erano però già
conosciute e coltivate da al-
meno un secolo, amatissime
durante il periodo vittoriano
e poi per lungo tempo cadute
in disuso, forse vittime pro-
prio di questo loro aspetto co-
sì connotato e speciale.

In Italia
Il merito della riscoperta va
probabilmente (almeno in Ita-
lia) ai servizi giardini dei Co-
muni più illuminati, che nelle
cleomi hanno trovato alleati fe-
deli e ben più robusti di quello
che si potrebbe pensare. Per
una volta tanto (e come un
tempo) il pubblico si è mosso

un passo avanti, offrendo un
esempio di giardinaggio bello,
ricercato, intelligente e tutto
sommato sostenibile. Infatti
sarà pur vero che la cleome
non è una pianta da dry gar-
den, ma se ben irrigata in fase
di crescita può poi resistere ai
caldi e ai secchi più di quel che
ci aspetteremmo e senza ma-
lattie di sorta.
Per le api poi, vera emer-
genza del momento, i suoi
fiori sono una manna in un
periodo come l'estate sostan-
zialmente povero di valide
alternative. D'altronde è ca-
pace di fiorire per mesi fino
ai freddi novembrini, un ve-
ro record, specialmente se si
ha cura di eliminare i racemi
sfioriti senza affaticarla.
Anche le foglie palmate,
che assomigliano vagamen-
te a quelle della canapa, ri-
mangono a lungo verdi e sa-
ne, benché non propriamen-
te profumate, portate da ste-

li leggermente spinosi (da
qui anche il nome di Cleome
spinosa).

Pianta annuale
Con l'inverno tutto scompa-
re, la cleome è un'annuale
che va seminata ogni primave-
ra: meglio tardi a detta degli
inglesi, non prima di aprile
quando il rischio di gelate è or-
mai passato, e meglio ancora
se direttamente a dimora.
Non gradisce affatto che si di-
sturbino le radici.
Oltremanica consigliano
inoltre di non ricoprire con ter-
ra i semi, al massimo una leg-
gerissima spolverata: è infatti
una delle poche annuali che
necessita di luce per germo-
gliare. Cresce veloce, in pieno
sole, adattandosi bene ai terre-
ni più diversi purché ben dre-
nati. Una buona distanza tra
pianta e pianta è d'obbligo, so-
prattutto se la si cima fin da gio-
vane in modo che cresca acce-

stita, forte e con più steli fiorife-
ri. In questo caso non dovreb-
be essere necessario alcun sup-
porto, ma è comunque sem-
pre meglio evitare esposizioni
troppo ventose.

Le vecchie varietà
Come spesso capita le vecchie
varietà sono molto più attraen-
ti, soprattutto quelle di grande
taglia. La serie Queen (nomen
omen...) ha colori davvero ac-
cattivanti, dalla C.h. «Violet
Queen», di un viola intenso, al-
la C.h. «Cherry Queen» di un
rosso acceso, fino alle rarefat-
te purezze della C.h. «White
Queen». Pluri-premiata è poi
l'altrettanto candida C.h. «He-
len Campbell». Gli ibridi mo-
derni inseguono invece il mi-
to della pianta sterile e com-
patta, che mi pare un vero con-
trosenso per la cleome, un mo-
do per snaturarne l'irruente e
selvaggia bellezza. —
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Un cespuglio di cleomi (Cleome hassleriana)

123RF

28 LASTAMPA VENERDÌ 13 SETTEMBRE 2019
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