Focus - 09.2019

(Darren Dugan) #1

N


on ho mai dimenticato quella misura: 3,36. Mamma mi
guardava dalle tribune dello stadio Cibali di Catania
e io undicenne presi emozionato la rincorsa per il salto in
lungo che segnò, appunto, tre metri e trentasei centimetri.
Ricordo un’altra misura, stavolta del salto in alto e di
qualche anno dopo: 1,54. Ricordo bene anche l’impegno che
ci misi a battere il mio diretto concorrente, un ragazzino
inglese del Mayfield College che frequentavo quell’estate
nel Sussex. Allora saltavo ancora a sforbiciata e con lui fu
una sfida centimetro per centimetro. Unico rammarico:
quella volta a incitare c’erano i suoi genitori, non i miei,
cosicché lui avrebbe voluto vincere anche per loro e pianse
del suo secondo posto. A mente fredda mi sono detto che
avrei dovuto lasciarlo vincere, ma durante la competizione
la mente e il sangue non sono freddi e pensano a battere
l’altro.

L


e due misure che ho appena citato fanno capire che
io non sono mai stato un campione ma che lo sport
mi è sempre piaciuto. Nuoto, sci e calcio con gli amici;
atletica leggera con un paio di società; pallavolo a un
livello giovanile dignitoso; titolare nella squadra di cricket
del college; ancora salto in alto fino a 1,82; e poi i trenta
metri del lancio del giavellotto che hanno interrotto il mio
divertimento per la leggerezza di un cattivo allenatore che
mi mandò subito in gara facendomi saltare il riscaldamento.
Distrutti i legamenti e il menisco del ginocchio, due
interventi mal riusciti. Fine dei giochi.

R


acconto ancora una volta i fatti miei per raccontare,
in fondo, i fatti di tutti. L’attività sportiva è una
grandissima scuola di vita e di benessere fisico e mentale.
La copertina di questo numero di Focus e il dossier a pagina
32 spiegano come l’evoluzione della nostra specie abbia
costruito il corpo umano per muoversi tanto, per avere
velocità e resistenza, e come ossa, muscoli, organi interni
e funzioni biologiche siano stati poco a poco plasmati
per lo scopo. Semplificando direi che non ci muoviamo
soltanto perché in astratto ci fa bene, ma perché siamo fatti
per il movimento. E se ci muoviamo, stiamo bene perché
facciamo quello che il nostro corpo ci chiede, quello per
cui siamo stati costruiti. In un certo senso “dobbiamo” fare
sport perché abbiamo un corpo sportivo. Nasciamo sportivi.
Tutti.

E


cco perché sport e salute sono intrecciati, ecco perché
i medici stanno pensando di prescrivere l’attività
sportiva come si prescrive una medicina, ecco perché

ATLETICA


MENTE


di Raffaele Leone

il movimento aiuta a fronteggiare alcune malattie (vedi
articolo a pag. 38).

L


o sport è dunque salute perché è nel nostro Dna, ma lo
sport è anche disciplina, impegno, conoscenza e tecnica.
A livello agonistico/professionistico è alta specializzazione
come qualunque professione fatta bene. In senso lato è
scienza. Perciò ci occuperemo anche di sport su Focus,
“sezionando” e raccontando nel dettaglio l’allenamento
dei nostri campioni (cominciamo a pag. 82 dai canottieri
che difenderanno il titolo mondiale a fine agosto). In vista
delle Olimpiadi di Tokyo 2020, per mesi, studieremo atleti
di svariate specialità nella loro tecnica, nel movimento,
nell’esercizio muscolare e mentale. Andremo a scoprire
che cosa c’è dietro anni di preparazione finalizzati a vincere
una gara di pochi minuti. E ci tengo a ringraziare le singole
federazioni da noi contattate, gli allenatori, gli atleti e i loro
agenti che hanno capito lo spirito divulgativo dell’iniziativa
e che ci hanno aperto le porte (unica eccezione, chissà
perché, la federazione di nuoto).

L


eggendo le storie dei campioni si scoprono tanti dettagli
e si capisce che cosa sono impegno e sacrificio, che cosa
è la disciplina. A questi ragazzi la forza acquisita nello sport
dovrà servire anche dopo la vita atletica che dura pochi anni
(per quanto Federica Pellegrini potrebbe obiettare “pochi
per chi?”). Sta a loro usare gli insegnamenti della stagione
sportiva nelle altre stagioni della vita e farne tesoro.

M


olti pensano che quel che sto per dire sia una
castroneria, ma la grande lezione di vita dello sport
non credo sia tanto la medaglia d’oro o essere i migliori,
quanto studiare, perfezionare, applicare, impegnarsi e
competere per dare il meglio di sé. Per migliorare. Quando
si è fatto questo, si è saliti su un podio che non è il podio
dei record assoluti ma è il podio di ognuno di noi. Il più
importante. Il mio 3,36 e le altre mie misure non sono le
misure di un campione ma sono mie e nessuno dei tanti più
bravi di me potrà mai togliermele perché sono le misure
del mio impegno e del mio mettercela tutta. Sono i miei
primati. Misurarsi con se stessi per arrivare al proprio
meglio, quello è vincere.

E


cco che cosa mi piace soprattutto dello sport: che fa
tanto bene al corpo quanto alla mente. D’altronde il
nostro organismo, progettato per farci correre, non si è
meravigliosamente sviluppato anche per farci pensare?
[email protected]

Focus | 7

L’OBLÒ

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