La Stampa - 21.08.2019

(C. Jardin) #1
.

UGO MAGRI
ROMA

S


ergio Mattarella non
perderà tempo ma,
soprattutto, non per-
metterà che gliene
facciano sprecare. Lo si capi-
sce già dal ritmo serrato delle
consultazioni: prenderanno
il via oggi alle 16 e domani se-
ra saranno terminate. A tutte
le delegazioni di partito, il
presidente solleciterà sintesi
e chiarezza proprio allo sco-
po di scongiurare tattiche di-
latorie. Se qualche leader
proporrà vie d’uscita alla cri-
si, benissimo. Però dovrà
estrarre subito il suo coniglio
oppure mai più. Tradotto nel
linguaggio da asilo Mariuc-
cia: se durante i colloqui al
Quirinale le delegazioni fa-
cessero scena muta, la conse-
guenza sarebbe che Mattarel-
la manderebbe tutti a casa.
In un paio di giorni formereb-
be un governo «di garanzia»,
chiamando a farne parte per-
sonaggi assolutamente neu-
trali, incaricati solo ed esclu-
sivamente di accompagnare
il Paese alle urne il più presto
possibile (salvo poi togliere il
disturbo). Mettere in piedi
un altro governo si rendereb-
be indispensabile perché, do-
po i ceffoni che si sono molla-
ti Conte e Salvini, quei due
non potrebbero prendere in-
sieme nemmeno un caffè,
tantomeno gestire l’ordinato
svolgimento delle elezioni. Il
governo di garanzia si pre-
senterebbe a tempi di record
in Parlamento chiedendo di
essere sfiduciato, e a stretto
giro il presidente della Re-
pubblica decreterebbe lo
scioglimento delle Camere.
XVIII legislatura repubblica-
na, adieu.

In caso di “time-out”
È possibile, anzi probabile,
un secondo scenario: che do-
mani Nicola Zingaretti e Lui-
gi Di Maio si dichiarino inte-
ressati a parlarsi con calma
per mettere eventualmente
insieme una nuova maggio-
ranza M5S-Pd (ripristinare
quella giallo-verde al mo-
mento sembra impossibile);
e dunque, che durante le con-
sultazioni chiedano a Matta-
rella di concedere loro qual-
che giorno in più per appro-
fondire il ragionamento. Nel-
le previsioni del Colle, il “ti-
me-out” verrebbe quasi certa-
mente concesso, ma durereb-
be lo stretto indispensabile
proprio per evitare che a qual-
cuno venga in mente di emu-
lare Quinto Fabio Massimo,
noto come il Temporeggiato-
re. All’inizio della prossima
settimana, non più tardi, si ar-
riverebbe al dunque, con due
possibilità. In caso di buco
nell’acqua, si tornerebbe alla
casella iniziale (governo di
garanzia e scioglimento del-
le Camere). Se viceversa Zin-
garetti e Di Maio dicessero a
Mattarella che si sono fatti

passi avanti, molti indizi fan-
no credere che il presidente
pretenderebbe un nome cui
conferire l’incarico di gover-
no. Chi possa essere quel no-
me, è ancora presto per scom-
mettere un cent, sebbene da
parte grillina si ipotizzasse ie-
ri notte una resurrezione di
Giuseppe Conte, appena cro-
cifisso (è salito al Colle per

dare le dimissioni, accettate
col rituale invito a gestire gli
affari correnti) e già scalpita
per risorgere. Sarà comun-
que il presidente incaricato a
definire il programma di go-
verno, non come l’anno scor-
so quando la stesura del “con-
tratto” precedette la scelta
stessa del premier. Come
mai stavolta non si partireb-
be dalle cose da fare? La ri-
sposta è sempre quella, per
guadagnare tempo.

Speculazione in agguato
Mattarella ha urgenza di scio-
gliere i nodi per mettere in si-
curezza l’Italia nel caso di ele-
zioni. Prima si voterà e più
tempo avrà il futuro governo
per scrivere la manovra eco-
nomica e bloccare l’aumento
automatico dell’Iva. Inoltre,
un percorso rapido e ordina-
to verso le urne ridurrà il ri-
schio che su di noi si avventi
la speculazione finanziaria.
Sul Colle nessuno lo ammet-
terà mai, ma qualche timore
sussiste. —
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FEDERICO GEREMICCA

U

n bivio dal quale
dipendono tante
cose, il futuro
prossimo del Pae-
se, il profilo del Partito che
si intende ri-costruire, ma
anche la traiettoria di alcu-
ni destini personali, a co-
minciare da quello di Nico-
la Zingaretti, segretario
mai entrato in orbita davve-
ro. Per il Pd non tutto si deci-
de ora, ma la partita che si
apre oggi in direzione è di
quelle delicate quanto mai.
Proviamo a semplificare.
Da una parte c’è Zingaretti,
che l'idea del «governo di le-
gislatura» con i Cinquestel-
le (sponsorizzata dall'inedi-
to tandem Ren-
zi-Bettini) l'ha
di fatto subita,
e sta tentando
da giorni di cor-
reggerla o di
mandarla gam-
be all'aria;
dall'altra c'era-
no - in origine - Renzi e Bet-
tini, appunto, ai quali si so-
no però aggiunti Prodi e
quasi tutti i «padri nobili»
del Pd: cosa che Zingaretti
potrebbe anche ignorare
(in fondo «padre nobile» è
l'ultimo appellativo prima
della soffitta...) se non fos-
se che loro stessi e i loro uo-
mini sono parte fondamen-
tale della maggioranza che
lo sostiene. Insomma, la cri-
si del governo sovranista -
così invocata dal Pd - ri-
schia di trasformarsi in un
pasticcio per il partito e in
una trappola mortale per il
suo segretario.
Cosa fare, dunque? Ac-
conciarsi al «governo di le-
gislatura» - proposta della
quale non era nemmeno
stato informato - o resistere
e dare battaglia, con la con-

cretissima ipotesi, però, di
finire in minoranza e gio-
carsi la segreteria? È proba-
bile che nella direzione le
lame saranno presenti ma
non sguainate, ricorrendo
all'approvazione di un do-
cumento che dia un generi-
co via libera al confronto,
senza andare troppo oltre.
Ma il momento della scelta
non potrà esser troppo a
lungo rinviato.
Per ora il segretario si li-
mita a disseminare il cam-
po di trappole. Nella dichia-
razione resa ieri prima che
Renzi parlasse in Senato,
Zingaretti ha puntato due
obiettivi: Conte (se non ri-
conosce il suo fallimento
non si va avan-
ti) e Di Maio
(responsabile
delle maggiori
emergenze del
Paese citate
dal segretario:
lavoro e svilup-
po). Il tentati-
vo è chiaro: irritare i Cin-
questelle sperando che sia-
no loro a stoppare il dialo-
go. La linea ha un senso,
ma è gonfia di pericoli.
Il principale potrebbe na-
scere proprio dai movimen-
ti in atto tra i Cinquestelle:
cosa accadrebbe se il veto
su Di Maio si incrociasse
con la voglia crescente tra i
grillini (Casaleggio e Grillo
in testa) di liberarsi di un ca-
po politico considerato or-
mai «perdente»?
Paradossalmente, con Di
Maio e Renzi fuori dal go-
verno, la strada per un nuo-
vo governo potrebbe farsi
in discesa. Ed è anche que-
sto quel che teme Zingaret-
ti, alle prese con a una crisi
che è sembrata coglierlo
del tutto impreparato. —
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Cosa si giocano


adesso


i tre leader


il calendario

Napolitano sentito

per telefono

Si chiude in 24 ore

Mattarella non vuole la melina dei partiti

Subito un accordo o si andrà alle elezioni

Via alle consultazioni rapide. Senza intese tra Pd e M5S in un paio di giorni nasce il governo “di garanzia”

Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, lascia l’Aula del Senato per dirigersi al Quirinale: ha appena annunciato l’intenzione di dimettersi da premier e replicato agli interventi a Palazzo Madama

ANDREA MALAGUTI


G

uardate la scena di ie-
ri in Senato e fate ca-
so alle assenze. Una
in particolare: il ca-
po politico del Movimento Cin-
que Stelle, Luigi Di Maio. La
sua voce non si sente. O, più ba-
nalmente, non c’è.
Nel giorno del giudizio sono
tre gli uomini che occupano la
scena: il premier Giuseppe Con-
te, che parla anche per i grillini,
la disorientata guida della Le-
ga, Matteo Salvini, e il leader
del Pd nel Palazzo, il barbarico
Matteo Renzi (ed è incredibile
che Zingaretti conceda proprio
a lui l’onore del primo affondo
dem). Se in politica i simboli
hanno un significato, Luigi Di
Maio in questo
momento è mo-
bilio, accessorio
di lusso, ruotino
di scorta di un
mondo che si
era illuso di do-
minare. Sta se-
duto, zitto e buo-
no, e osserva i tre leader com-
battere.
Non è più lui la prima linea,
neppure del M5S. Non è finito
(l’uomo ha un talento pari solo
alle debolezze), ma ha le spalle
al muro. Ed è costretto a spazzo-
lare la giacca elegante del pre-
mier, un sofisticato avvocato
che avrebbe dovuto fare a lui e
a Casaleggio da ventriloquo, di-
venuto invece stella polare.
«Una perla rara che l’Italia non
può perdere», dice Di Maio. Se
quella perla esce dalla collana
del potere, il vicepremier svani-
sce. Ha bisogno di Conte per
mantenere una poltrona. E Dio
solo sa quanto ci tenga.
Qui arriva l’ennesimo para-
dosso, che non coinvolge solo il
destino del giovane e ambizio-
so Capo, ma l’intero Movimen-
to, costretto a giocare di spon-
da col demonio, quel Matteo

Renzi, che partito per rottama-
re - non era questo anche il vaf-
fanculistico sogno dei grillini? -
è diventato una specie di gran
maestro alchemico delle Sacre
Stanze. Lui e Di Maio. Due D’A-
lema in miniatura del nuovo
evo. Cloni del mostro che vole-
vano distruggere. Fingono di
odiarsi, o forse si odiano davve-
ro, ma non hanno mai avuto
tanto bisogno l’uno dell’altro.
Difficile confessarlo. Più facile
gridare: «L’Italia ci chiama».
Ma c’è una cosa che Di Ma-
io-Grillo-Casaleggio e Di Batti-
sta non possono ignorare. Non
avendo mai avuto un baricen-
tro, il M5S si è fatto risucchiare
a destra andando al governo
con la Lega e si farebbe risuc-
chiare a sinistra
guidando il Paese
col Pd. Non è la
sua natura, è il suo
destino. Il grilli-
smo o vive da solo
o non vive. Il bivio
è palese: può fin-
gere di contare an-
cora qualcosa con un accordic-
chio salva legislatura che porte-
rebbe allo sfascio alla prima tor-
nata elettorale, o consegnarsi
nuovamente alle urne, speran-
do di raccattare una decorosa
doppia cifra per poi lasciare a
Di Battista la guida della secon-
da improbabile rivoluzione.
La Lega di Salvini, per quan-
to confusa, con il suo linguag-
gio sgradevole e feroce conti-
nua ad avere suo seguito popo-
lare, o, se si preferisce: un pub-
blico. Oggi Di Maio, e con lui il
Movimento, è una specie di
Humpty Dumpty, l’uovo rotto
della filastrocca di Mamma
Oca, «che tutti gli uomini e i ca-
valli del re non sono in grado di
rimettere in piè». Può trascina-
re i grillini con lui, oppure pas-
sare la mano: ho dato, grazie,
provateci voi. —
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ALBERTO MINGARDI


A

i rilievi di Giuseppe
Conte, compagno di
strada per un anno,
Matteo Salvini ha ri-
sposto con un comizio. Parlan-
do sì in Senato, ma come se fos-
se in piazza, attingendo a piene
mani al suo patrimonio retori-
co. La campagna elettorale è il
terreno di gioco preferito dal
“Capitano”, e pure questa volta
non si è risparmiato.
Per le consultazioni, Salvini
dovrà cambiare registro. Persi-
no ieri non sono mancate, da
parte sua, alcune aperture agli
ex alleati («se volete tagliare i
parlamentari, se volete fare una
manovra coraggiosa, noi ci sia-
mo»). Più che l’intenzione di al-
lungare la vita
del governo, c’è
l’ambizione di
tentare qualche
grillino deluso,
forte dei numeri
che i sondaggi gli
accreditano. Da-
vanti al Presiden-
te della Repubblica, il leader le-
ghista dovrà in qualche modo ri-
baltare i termini del suo discor-
so.
In questi giorni, ha tuonato
contro il ritorno al potere di Ren-
zi e dei renziani: sempre per gio-
care con le divisioni interne agli
ormai ex alleati. Ma con Matta-
rella non potrà fingere che il pro-
blema sia il Pd. Dovrà invece pre-
sentargli una sorta di cahier de
doléances delle difficoltà e delle
intemperanze subite negli scor-
si dodici mesi. «Governare con i
grillini non è difficile, è inutile»,
è il messaggio che deve conse-
gnare al Capo dello Stato, sugge-
rendo che è improbabile la cosa
riesca più facile al Pd, per quan-
to flessibili e manovrieri i demo
possano essere. In Senato, Salvi-
ni ha alzato la bandiera dell’indi-
pendenza nazionale, con parole
di vago sapore anti-europeo, ha

motteggiato gli incontri fra Mer-
kel e Conte, insomma si è diverti-
to con variazioni sul tema «pri-
ma gli italiani». Col Presidente
della Repubblica dovrà tentare
un esercizio diverso. Dovrà met-
tersi, cioè, dalla parte dell’eco-
nomia e dei tanto detestati «mer-
cati». In un mondo nel quale sof-
fiano venti di crisi e si moltiplica-
no i fattori di incertezza (Brexit,
guerra commerciale fra Stati
Uniti e Cina), l’Italia rischia di
mostrare tutte le sue debolezze.
Può farvi fronte un governo raf-
fazzonato, sostenuto da partiti
che fino a ieri si guardavano in
cagnesco, l’uno e l’altro più at-
tenti alla ridistribuzione della
ricchezza che alla crescita? I
mercati hanno bisogno di punti
fermi. Le elezioni
possono produr-
re una maggio-
ranza netta e,
quindi, un gover-
no solido.
Per aggiustarsi
la cravatta da
campione dell’af-
fidabilità, non guasterebbe am-
miccare al vecchio centrode-
stra, contando che ciò basti a ras-
sicurare pezzi di Stato e fare pro-
fessione di fede non tanto
nell’Europa ma nell’euro: di-
chiarando che non è intenzione
della Lega uscire né preparare le
condizioni per l’uscita.
In questa crisi, Salvini per la
prima volta ha mostrato i suoi li-
miti. Quando gli eventi non an-
davano come previsto, è sem-
brato confuso. E ha ricordato ai
suoi compagni di partito che
una cosa è guadagnare consen-
si, altra gestire il potere. Appari-
re di nuovo padrone della situa-
zione gli è necessario non nel
rapporto con gli elettori, ai quali
tutto giunge per echi sbiaditi,
ma nel suo partito. A un capo, i
dubbi possono fare più male che
lo scontro. —
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Le consultazioni comincia-
no oggi con il presidente
emerito della Repubblica,
Giorgio Napolitano, che non
trovandosi a Roma sarà sen-
tito telefonicamente. Alle 16
è attesa al Quirinale la presi-
dente del Senato Elisabetta
Alberti Casellati e alle 16,
il presidente della Camera
Roberto Fico. Poi sarà la vol-
ta dei gruppi parlamentari:

alle 17,30 il gruppo per le Au-
toniomie del Senato; alle 18
il gruppo Misto del Senato;
alle 18,30 il gruppo Misto
della Camera; alle 19 il grup-
po Liberi e Uguali della Ca-
mera. Domani si comincia al-
le 10 con i gruppi di Senato e
Camera di Fratelli d'Italia; al-
le 11 i gruppi parlamentari
di Senato e Camera del Parti-
to democratico; alle 12 i
gruppi parlamentari di Sena-
to e Camera di Forza Ita-
lia-Berlusconi presidente; al-
le 16 i gruppi di Senato e Ca-
mera della Lega-Salvini pre-
mier; alle 17 i gruppi di Sena-
to e Camera del Movimento
5 Stelle. —

QUIRINALE
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella non ha intenzione di perdere tempo: consultazioni al via oggi, l’obiettivo è di terminarle già domani

LA CRISI LA CRISI

3

I mesi passati
per trovare l’accordo

e dare il via
al governo gialloverde

MOVIMENTO 5 STELLE

LA SUBALTERNITÀ

DEL CAUTO DI MAIO

ANSA/ANGELO CARCONI

LA CRISI SEMBRA
AVER COLTO
UN SEGRETARIO
DEL TUTTO
IMPREPARATO

IL CAPO DEL M5S
COSTRETTO
A GIOCAR
DI SPONDA
CON RENZI

IL “CAPITANO”
HA MOSTRATO
LIMITI E DUBBI
CHE POSSONO FAR
MALE AL PARTITO

LEGA

IL NUOVO REGISTRO


CHE SERVE A SALVINI


PARTITO DEMOCRATICO

IL GRANDE BIVIO

DI ZINGARETTI

445

I giorni in cui è stato in

carica il governo Conte:
l’inizio del mandato
il 1° giugno 2018

MERCOLEDÌ 21 AGOSTO 2019 LASTAMPA 5
PRIMO PIANO
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