Vanity Fair Italy - 28.08.2019

(Dana P.) #1
*Direttore Editoriale Condé Nast

VA N IT Y FA I R


28 AGOSTO 2019

LETTERE

VanityLettere

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Il burro dentro il riso in bianco sciolto insieme al formag-
gino, quando avevo quattro anni e trascorrevo l’estate con
mia nonna. Ancora oggi ho un ricordo vivido di lei che mi
attaccava sotto il mento il bordo del piatto cosparso di
parmigiano, per «costringermi» a mangiare. E adesso che
invece qualcuno dovrebbe solo forzarmi a farlo meno, mi
sveglio ancora con la voglia di mescolare il burro in mezzo
a ogni cosa.
L’impasto crudo della pizza che rubavo di nascosto,
quando l’estate profumava ancora di pomodori maturi
e basilico fresco. Mangiavamo in giardino, accanto a un
albero che fioriva sempre più o meno nel giorno del mio
compleanno e un’amaca rotta sulla quale non salivo, ma
che mi piaceva guardare. E oggi che non c’è più niente –
quelle estati bambine così e l’albero e l’amaca e pure quel-
la casa che non abito – la pizza di mia madre ha ancora
quel sapore lì. Che sa un po’ di tornare a casa e aggiustarsi
l’amaca, oppure la vita.
Le patatine che io e mio fratello mangiavamo sul divano
davanti alla tv quando finiva la scuola. A lui piacevano le
classiche e a me quelle al formaggio, e però sempre finiva-
mo col fare metà e metà, e lui si ostinava a voler svuotare
le buste e contarle a una per una, affinché il nostro condivi-
dere fosse anche un dividere perfetto. Io e mio fratello oggi
ci amiamo ancora così: come fossimo due metà e come
fossimo sempre bambini; e ogni volta che siamo insieme
la scuola sembra appena finita, pure se a scuola non ci an-
diamo più.
Il gelato affogato al caffè di cui avevo sempre voglia alle
tre di notte, nell’estate dei primi amori. Per anni non sono
riuscita a mangiarlo più: non perché ne avessi già mangia-
to troppo, ma perché ormai era al gusto di un ricordo che
faceva solo male, e che non si era sciolto ancora.
Il cioccolato fondente 70%, una sera quando era appe-
na finito l’inverno, e però avevo una tale luce dentro che mi
pareva di aver appena conosciuto l’estate, e fare la spesa
quel giorno con lui mi era sembrata la vacanza più bella del
mondo, e stare davanti al banco dei salumi insieme come
guardare il tramonto su una spiaggia. La sera mangiavo il

cioccolato sul divano di casa sua con la bocca sporca da
bambina e sulle gambe la sua testa, che accarezzavo fino
a farlo addormentare di troppe carezze e di troppe parole.
Un momento che allora sembrava infinito e perfetto, e
che adesso invece è soltanto ricordo di noi. Noi che nel
nostro fonderci bene così siamo stati fondenti 100%,
prima che le gocce di cioccolato diventassero soltanto
l’uvetta che non ti aspettavi.
Io che dicevo: 70% non è abbastanza. E che volevo il
cioccolato amaro e l’amore dolce.
FRANCESCA

«Mi portai alle labbra un cucchiaino del tè nel quale avevo
lasciato che si ammorbidisse un pezzetto di madeleine.
Ma nello stesso istante in cui il liquido al quale erano
mischiate le briciole del dolce raggiunse il mio palato, io
trasalii, attratto da qualcosa di straordinario che accadeva
dentro di me».
Per Marcel Proust era la madeleine – il gusto e la
consistenza e il profumo del dolcetto a forma di conchiglia
inzuppato nel tè – l’incantesimo capace di scatenare un
viaggio a ritroso che avrebbe ricostruito nei sette volumi
della Ricerca del tempo perduto. Nel mio piccolo, ho
raccontato nel post di questa settimana, basta una fetta
di pane sciapo con il pomodoro strofinato sopra
a catapultarmi nello spirito dell’estate – quel
concentrato solare di sapore e odore, perfetta capsula del
tempo dei pomeriggi d’agosto della mia infanzia.
Nessun ricordo – non una frase, non una foto, neppure una
musica – ha la potenza evocativa di un profumo o di un
gusto. Vi ho chiesto: raccontatemi una storia di sapori
e odori delle vostre vacanze, delle vostre vite. Francesca
ne ha scritta una semplicemente splendida, divisa in cinque
capitoli. Personalmente preferisco l’uvetta alle gocce
di cioccolato, ma questo non c’entra: la sua email mi ha
emozionato. E ha emozionato, ne sono certo, anche voi.
Buonanotte.

Illustrazione Dewie Drolenga

Cioccolato amaro,


amore dolce


BUONANOTTE. PAROLE PER RIMBOCCARE LE LENZUOLA — di LUCA DINI *
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