Vanity Fair Italy - 28.08.2019

(Dana P.) #1
VanityVisioni

VA N IT Y FA I R


Illustrazione Dewie Drolenga

28 AGOSTO 2019

VISIONI

ORA DARIA — di DARIA BIGNARDI

Da un po’ di tempo guardo molte meno serie, ci si stufa
di tutto quello che non lascia qualcosa, ma durante un fine
settimana di agosto a Milano senz’aria condizionata ho vi-
sto le due stagioni di Fleabag, la serie scritta e interpretata
da Phoebe Waller-Bridge per Bbc Three e Amazon Studios.
Ne avevo letto qualcosa su Internazionale, un lunghissimo
e bell’articolo in cui l’autrice era critica con questo grande
successo molto hype e se la prendeva col preteso femmini-
smo della protagonista. Ora non lo trovo online ma mi sem-
bra che il pezzo alla fine dicesse qualcosa del tipo «È troppo
facile creare consenso e identificazione raccontando le pro-
prie nevrosi e non c’è nulla di femminista nel farlo». Per
me non c’è come leggere la stroncatura di un suc-
cesso per farmi venire voglia di metterci il naso
e non sono rimasta delusa, anzi, guardandolo ho passato
un bellissimo weekend, uno dei migliori dell’estate, e non
fate ironia su come sono messa se uno dei più memorabi-
li weekend dell’estate è stato quello trascorso a guardare
una serie: è che scrivendo di Fleabag mi identifico un po’ in
Fleabag e quindi mi sento costretta a dire cose in cui faccio
una figura d a s figata. A di rla tu tta, e qu esto è un o de i su oi
lati positivi, la serie è di sole due stagioni da sei episodi di
ventiquattro minuti l’uno, quindi in meno di cinque ore te la
cavi, e non è che passi veramente tutto il weekend a guar-
dare una serie ma poterlo dire ti fa sentire molto giovane e
molto hype.
Fleabag è il soprannome della protagonista sia nella fic-
tion che nella vita e significa «sacco di pulci» ma sta per
«persona scorretta, persona cattiva»
Fleabag ha trent’anni, vive a Londra, ha una caffetteria
a tema porcellini d’India, una sorella manager di successo
molto diversa da lei, un padre debole e gentile, una matrigna
artista insopportabile, e soprattutto ha un sacco di uomini.
Più che avere un sacco di uomini va a letto con un sacco

di uomini, praticamente con chiunque glielo chieda. E parla
molto di sesso, e guarda un sacco di porno, ma si mastur-
ba di fianco al fidanzato che dorme guardando un video di
Obama (spoiler: sì c’è anche un buffo fidanzato ma lui la
lascia perché lei si masturba guardando Obama). Fleabag
si rivolge spesso direttamente agli spettatori guardando in
camera, è nostra complice e ci racconta tutto di sé tranne
i motivi per cui è così sofferente, quelli li scopriremo a poco
a poco (spoiler: è fresca di due lutti).
La cosa più divertente della serie sono i dia-
loghi perché Fleabag è tremenda, dice cose tre-
mende e si mette continuamente nei casini. Sem-
bra che non riesca a non andare a letto con tutti, a patto che
non si innamorino di lei (spoiler: l’episodio dove il fighissi-
mo si innamora di lei e quindi a lei passa la fantasia è uno
dei miei preferiti). Fino a che, nella seconda stagione, Flea-
bag si innamorerà davvero e perdutamente. Ovviamente di
un uomo irresistibile e impossibile (spoiler: è molto, molto
sposato. No, non con una persona). E succederà di tutto. E si
riderà e si piangerà molto.
Fleabag non è bella, ma è un tipo. Sembra cinica ma
è romantica. È coraggiosa, è un po’ autolesionista, è molto
spiritosa. Insomma ha tutte le caratteristiche dell’eroina nel-
la quale amano identificarsi quasi tutte le donne contempo-
ranee un po’ confuse ovvero quasi tutte le donne.
La serie di Fleabag mi è rimasta. L’autrice di Internazio-
nale che ora non ricordo come si chiama ma mi sembra fosse
cinese avrà anche ragione a scrivere che è facile emozionare
così, ma scrivile tu quelle battute. Fleabag non ti cambia la
vita ma ha un grandissimo merito: ti ricorda che siamo tutti
degli sfigati, e che tanto vale riderci sopra.

Siamo tutti sfigati


DARIA BIGNARDI, scrittrice. Il suo ultimo libro è Storia della mia ansia (Mondadori, 2018).
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