Vanity Fair Italy - 28.08.2019

(Dana P.) #1
VanityVisioni

VA N IT Y FA I R


Illusione democrazia


FRONTE OCCIDENTALE — di MATTIA FELTRI *

Due notizie dalla Russia danno la misura del
tempo. Qualche mese fa, in un’intervista alla
Rossijskaja Gazeta, il direttore dei servizi se-
greti di Putin, Alexander Bortnikov, ha giusti-
ficato i crimini di Stalin con la necessità storica
di difendersi dai nemici dello Stato. Chiunque
ne sappia, per avere letto i poemi dell’orrore
di Šalamov o Solženicyn, rabbrividisce ma co-
glie il fascino dell’analisi negli anni dei nuovi
nazionalismi, del rinnovato e irriducibile orgo-
glio etnico e religioso che in Russia è fortissimo
e di esportazione, come si vede in Italia. E la
seconda notizia completa la scenografia: negli
ultimi dieci anni, sui territori dell’ex Unione
Sovietica, sono stati eretti oltre centoventi sta-
tue o monumenti al dittatore e ad aprile una
rilevazione della società demoscopica Levada
ha segnalato che sette russi su dieci convengo-
no che gli assassinii e le deportazioni di mas-
sa nel gulag furono disastrosi, ma per il resto
conservano un buon ricordo di Stalin, il Piccolo
Padre che si occupava delle necessità del popo-
lo e nessuno (se salvava la pelle) restava indie-
tro. Le due notizie, dunque, spiegano perché la
democrazia illiberale di Putin sia tanto amata,
molto più della democrazia ingovernata che
subito dopo Gorbaciov produsse le stermina-
te ricchezze degli oligarchi e spettacolari dise-
guaglianze. Fallito il tentativo, anziché cercare
correzioni, si tornò indietro, all’autoritarismo
garante della sicurezza personale ed economi-
ca, al buon prezzo della libertà.
Il principe Andrej Bolkonskij, protagonista
di Lev Tolstoj in Guerra e pace, rimpatriato
dalla disfatta di Austerlitz si dedica ai contadini
dei suoi possedimenti, abolisce la servitù del-
la gleba, costruisce scuole e ospedali: lo spiri-
to dell’illuminismo, che due decenni prima ha
innescato la Rivoluzione francese e ora – al

tempo di Guerra e pace – sta per infiammare
le rivoluzioni democratiche europee, è arrivato
anche in Russia. Andrej e pochi altri infervorati
di umanesimo si preoccupano di restituire con-
dizioni di dignità ai milioni di diseredati delle
campagne, ridotti alla fame e alla meschinità da
secoli di servaggio, ma non gli passa nemmeno
per la testa di discuterne le libertà politiche:
quelle appartengono allo Zar per diritto divino
e non si toccano.
L’illusione del trionfo delle democrazie alla
caduta del Muro di Berlino e alla dissoluzione
dell’Impero del Male sovietico (definizione del
gigantesco Ronald Reagan) è evaporata in un
battito di ciglia della Storia. Abbiamo pen-
sato che la democrazia, per noi un pre-
supposto, si sarebbe imposta ovun-
que per bocche assetate di libertà.
Ma la libertà all’uomo interessa poco
e tantomeno è un’ambizione dove, a differenza
dell’Europa occidentale e degli Stati Uniti, non
si sente di venire lungo le profondità dei secoli
dall’Atene di Pericle. Il 2018 è stato il tredice-
simo anno consecutivo di arretramento delle
democrazie liberali nel mondo: soprattutto la
crisi economica ha incoraggiato il passaggio a
sistemi putiniani o più drasticamente dittato-
riali. Nel 1990 le democrazie producevano l’
per cento del Pil mondiale, oggi il 66, fra
cinque anni sarà il . La libertà di dissentire, di
scegliere, e di fare della propria vita ciò che si
vuole, collassa lentamente in cambio della cer-
tezza di una casa calda, una tavola imbandita
e l’incomodo di dover scommettere su sé stessi.

*editorialista de La Stampa. Illustrazione Dewie Drolenga

28 AGOSTO 2019

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