Vanity Fair Italy - 28.08.2019

(Dana P.) #1

VA N IT Y FA I R


STORIE

28 AGOSTO 2019

Mario Spada

VanityGuagliò

Sono passati quasi 60 anni da quando De Filippo mise in
scena la storia di Barracano, «uomo d’onore» che a Napo-
li amministra la giustizia in proprio. Però, anziché invecchia-
re col tempo, oggi Il sindaco del Rione Sanità è ringiovanito.
Non ha più 75 anni, ma è un 40enne. E al posto del viso auste-
ro di Eduardo, si trova l’ex scugnizzo Francesco Di Leva, che
il testo prima l’ha portato in teatro e adesso lo interpreta al
cinema. Lo dirige Mario Martone, per il secondo anno con-
secutivo in concorso alla Mostra di Venezia (il film sarà poi in
sala, come «evento», dal 30 settembre al 2 ottobre).
Non solo il sindaco, ma tutti i personaggi sono più giova-
ni, perché, racconta Di Leva, anche se «’cca non è cambiato
niente», l’età si è abbassata, oggi un boss della camor-
ra non ci arriva alla vecchiaia: o finisce in carcere,
o finisce e basta. Lui lo sa be-
ne, perché a Napoli – non nel Ri-
one Sanità, ma a San Giovanni a
Teduccio, zona est, dove si svolge
il film – è cresciuto e «tutti quel-
li che comandano li ho conosciuti
da ragazzo». Tanti sono finiti in ga-
lera, compreso l’ex amico boss che
un giorno gli ha detto: «Per cinque
anni ho vissuto alla grande, sono
stato contagiato dal virus della
“gioia corta” e a 30 anni sono en-
trato in carcere per restarci tutta la
vita. Non valeva proprio la pena».
In questo quadrilatero di stra-
de, anche Di Leva è una sorta di
piccolo boss – la sua versione po-
sitiva, ovviamente –, che tutti sa-
lutano, dalla moglie del camorri-
sta al carabiniere, e che accompa-
gna in una visita guidata al quar-
tiere. Si comincia dal forno di fa-
miglia in cui Francesco ha lavo-
rato per dieci anni, tempi in cui
smontava all’alba e prendeva il
treno per andare a fare i provini
a Roma (ci arrivava «cotto» e fal-
liva audizione dopo audizione).
L’idea di diventare attore gliel’ha
data proprio la faccia di Martone pubblicata su un giornale,
che promuoveva un laboratorio di spettacolo.
Con il tempo, sono arrivati film (per Una vita tranquilla
vinse a Venezia come miglior rivelazione 2010, mentre pros-
simamente lo vedremo in una pellicola di Aurelio Grimaldi
sull’omicidio di Piersanti Mattarella) e tv. Ma la sua vera ca-
sa è il teatro. La visita di San Giovanni procede così al Nest,
sala che Di Leva e i suoi amici hanno costruito (con le ma-
ni, non solo con i sogni: idraulici, elettricisti, fabbri per l’oc-
casione) dove c’era una palestra dismessa. Qui i camorri-
sti «mandano i figli perché non vogliono che delin-
quano: io per loro sono il simbolo del riscatto, mi
raccontano che in galera si guardano i miei film».
E se, come spiega, lui ha seguito una strada diversa perché

«i miei genitori mi hanno trasmesso il senso del lavoro», a
questo aggiunge un entusiasmo che è patrimonio suo perso-
nale. Sempre qualche progetto, come il Teduccio on the road:
spettatori caricati in auto e lì intrattenuti recitando scene da
film. O come quando ha allestito uno spettacolo nel campetto
di calcio dietro a casa, promettendo in cambio ai bambini che
ci giocavano di risistemarglielo, perché è dai piccoli che biso-
gna partire per cambiare.
Di figli Francesco ne ha due: Morena, 11 anni, che nel Sin-
daco del Rione Sanità interpreta proprio sua figlia ma che già
è stata scritturata al cinema anche da Marco D’Amore, e Ma-
rio, chiamato così ovviamente in onore dell’amatissimo «am-
miraglio Martone». La moglie è Carmela, che aveva 12 an-
ni e mezzo quando si fidanzò con il quindicenne Di Leva, e
che «la prima volta che mi vide
che facevo l’amore con un’attri-
ce al cinema la trovai che pian-
geva. Non è facile per lei, le dico-
no: “Ma come fai a far fare quelle
cose a tuo marito?”. D’altra par-
te, io ero amico di Pietro Ta-
ricone e quando lui vede-
va la sua compagna Kasia
Smutniak baciare qualcu-
no in un film, impazziva».
La famiglia Di Leva da San
Giovanni a Teduccio non inten-
de comunque spostarsi. France-
sco mostra la sua casa, in mezzo
a palazzoni fatiscenti, e dice che
«in questo quartiere abitano 27
mila persone, a delinquere saran-
no 400: ci sono tutti gli altri, con
cui vivere, da aiutare». Un mo-
do per aiutare è l’«abbonamen-
to sospeso», versione culturale
del caffè sospeso reso popolare
da Luciano De Crescenzo: un bi-
glietto pagato per uno sconosciu-
to che ne avrà bisogno.
Prima di concludersi con uno
sguardo al mare dove i bambini
nuotano fra acque trasparenti e
scarichi di fogne, il Teduccio tour raggiunge l’università, che
ospita anche l’avanguardistico laboratorio Apple. «Siamo co-
me il vestito di Arlecchino, di tanti colori. Ma in genere si fa
vedere solo il nero. Prendiamo per esempio Gomorra la serie:
su tante puntate, vuoi dedicarne una alle cose buone?», si ac-
calora Di Leva. E snocciola le età di tutti quei ragazzi – ven-
tenni o poco più – che lavorano con lui, anche nello spettaco-
lo da cui è nato il film di Martone. Tornando quindi al Sinda-
co, come la mettiamo con la sua idea della giustizia fai-da-te?
«Martone ha fatto emergere le due Napoli, la luce e le ombre.
Quanto al mio personaggio, che fa del bene ma è un crimina-
le, diciamo che io lo amo. Ma so di non poterlo amare».

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UOMINI D’ONORE
Da sopra, Francesco Di Leva con Massimiliano Gallo e
con Salvatore Presutto nel film Il sindaco del Rione Sanità.
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