Si chiama Diamantino, ma questo campione (il più forte del mondo!) è chiaramente
Cristiano Ronaldo. Il biopic non autorizzato: folle, grottesco e in stile videoarte
VI RICORDA QUALCUNO?
di MATTIA CARZANIGA
Uno dei romanzi più belli di Philip Roth, a patto che si
possa scegliere, racconta di un eroe popolare e di una sto-
ria (anzi: una Storia) alternativa. Il romanzo è Il complotto
contro l’America, l’eroe è Charles Lindbergh. Nell’imma-
ginazione dell’autore, l’aviatore dei record atlantici viene
scelto come uomo di Hitler su suolo statunitense. E cambia
il corso del ’900. È una biografia fantapolitica pure Diaman-
tino - Il calciatore più forte del mondo, opera prima dei por-
toghesi Gabriel Abrantes e Daniel Schmidt, piccolo caso
alla Semaine de la Critique a Cannes 2018, finalmente nelle
sale dal 15 agosto.
Mentre Lindbergh manteneva nella finzione il suo no-
me reale, qua il protagonista è camuffato sotto uno pseu-
donimo, ma fisicamente è più vero del vero: gel nei capelli,
slippini adamitici, sopracciglia spuntate. Diamantino Ma-
tamouros, così alla fake-anagrafe, è la copia con-
forme di Cristiano Ronaldo, eroe popolare anzi popola-
rissimo, capace pure lui, senza volerlo, di alterare gli eventi.
«Non sono informato», confessa il ragazzo che s’è sempre
e solo occupato di calcio, e che dunque per questo diven-
ta il veicolo più adatto a incarnare l’ignoranza collettiva di
fronte ai fatti e ai fattacci di oggi: i migranti che fingiamo
di non vedere, i populismi che investono l’Europa, le deri-
ve transumanistiche di una società che sogna di essere im-
mortale. Immortale lo sarebbe già il supercampione, se non
fosse che, all’inizio del film, sbaglia un rigore ai Mondiali: i
tifosi gli voltano le spalle, la famiglia vede polverizzarsi il
suo patrimonio milionario.
Diamantino è un’altra via al biopic, e soprattutto un ri-
tratto pazzo e grottesco della nostra ossessione
per la celebrità. I registi mischiano con mano spericolata
Pedro Almodóvar e Paolo Sorrentino, e si lanciano in foto-
grammi che paiono rubati alla videoarte: quando il giocato-
re entra in campo, pensa di dover dribblare dei giganteschi
pechinesi. Il gioco funziona anche per merito del protago-
nista Carloto Cotta, volto su cui disegnare il vero e il falso, il
melodramma e lo sberleffo. In fondo è di questo che è fatta
la Storia, anche quando ce la inventiamo.
Non è un documentario, ma ci si avvici-
na molto. Perché The Rider - Il sogno di
un cowboy (al cinema dal 29 agosto) del-
la regista Chloé Zhao, cinese naturalizza-
ta americana, non solo racconta una sto-
ria vera ma è interpretato dal vero prota-
gonista. Brady Jandreau, un addestrato-
re di cavalli, nativo americano della tri-
bù Sioux. Zhao lo conosce per caso nel
2015 e lo vuole come protagonista di un
film sui cowboy contemporanei. Non ha
ancora in mente una vera storia. Fino al
giorno in cui Brady s’infortuna du-
rante un rodeo e lei decide di raccon-
tare la sua vita dopo l’incidente. Il film,
presentato a Cannes nel 2017, è stato pre-
miato con l’Art Cinema Award alla Quin-
zaine des Réalisateurs. enrica brocardo
CHE COSA SOGNANO I COWBOY
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