Il Sole 24 Ore - 01.09.2019

(Jacob Rumans) #1

26 Domenica 1 Settembre 2019 Il Sole 24 Ore


Religioni e società


L


e symbole donne à penser.
L’aforisma che, a suo stesso
dire, “incanta” Paul Ricoeur
e costituisce il titolo di un
suo breve ma pregnante lavoro,
nell’originale francese evoca più di
quanto non faccia la traduzione
italiana (il simbolo dà da pensare) un
orizzonte, che spesso tendiamo a
disattendere quando parliamo o
facciamo ricorso ai simboli: il
donare. I simboli autentici, infatti,
ci vengono consegnati in una

tradizione e vivono in un contesto
che, soli, consentono di coglierne il
senso profondo. Solo la gratuità
della meditazione consente al
simbolo di portarci oltre il quoti-
diano, il presente e il grigiore della
consuetudine, permettendoci di
attingere non solo l’alterità della
trascendenza divina, come nel caso
dei simboli religiosi, ma anche la
bellezza e la complessità dell’uma-
nità cui apparteniamo.
Il simbolo identifica e distingue.

Mai contrappone. Tanto che con
questo nome, in ambito cristiano,
si designano anche le professioni di
fede: ad esempio, il Credo o Simbolo
apostolico.
L’etimologia del simbolo - sým-
bolon, deriva dal verbo greco sym-
bállō (metto insieme) - col prefisso
syn ci dice che la sua funzione è di
unire, non di separare; laddove il
contrario (il diàbolos) separa e
contrappone, generando discordie.
«Allorché assistiamo (spesso impo-

tenti) all’estrapolazione dei simboli
(siano la bandiera o l’inno, la croce
o l’icona) dai loro contesti, si verifi-
ca la manipolazione e l’ostentazio-
ne. Sicché ciò che dovrebbe distin-
guere e unire finisce col contrap-
porre e separare: il simbolo diventa
oggetto, col rischio, nel caso reli-
gioso, dell’idolatria e della super-
stizione» (G. Lorizio). Il nostro
contesto culturale, o pseudo tale,
secolaristico piuttosto che secola-
rizzato, ha perduto l’universo

simbolico nella sua profonda
struttura antropologica, alimen-
tando la superstizione piuttosto
che la religione e la fede, dando così
ragione a G. F. W. Hegel quando
scriveva che «Le statue sono adesso
cadaveri dai quali è fuggita l’anima
vivificante, mentre gli inni sono
parole da cui è volata via la fede».
Prima di lui, Francesco Bacone
affermava che la superstizione è
peggiore dell’ateismo, perché,
mentre l’ateo, nel negarlo, prende

sul serio il trascendente, a volte
drammaticamente lottando con
Lui, il superstizioso ridicolizza il
divino e il sacro, ritenendo di
poterlo “usare” per i propri fini. E,
come ci ha insegnato Jean-Luc
Marion, l’idolo è il contrario del-
l’icona. Il primo offre rappresenta-
zioni del sacro, o addirittura del
santo, destinate a soddisfare i
nostri bisogni o bisognini; l’icona,
quando è contemplata senza
secondi fini, ci conduce nell’oltre

ABITARE LE PAROLE / SIMBOLO
IL SEGNO CHE CI PORTA OLTRE IL QUOTIDIANO

Nunzio Galantino


di una trascendenza che trasfigura
la nostra vita, ci perdona e ci con-
verte. Così il simbolo della croce
certamente consente l’identifica-
zione del cristiano nella sua rela-
zione col Dio crocifisso, ma è
anche un legame con l’umanità
sofferente e crocifissa dal potere di
ogni cultura, religione o apparte-
nenza. Per questo la croce non
dovrebbe scandalizzare se esposta
in luogo pubblico.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Teologo e filosofo, Origene è
uno dei sommi padri della
Chiesa. Les Belles Lettres
pubblicano insieme tre studi
importanti che lo riguardano. Il
primo di Marguerite Harl,
Origène et la fonction
révélatrice du Verbe incarné
(pagg. 532, €o 45) è seguito da
quello di Gilles Dorival e Alain
Le Boulluec L’Abeille et L’Acier
(pagg. 372, € 35), dedicato al
rapporto tra Clemente
Alessandrino e Origine. Infine
Sébastien Morlet con
Symphonia (pagg. 496, € 39)
studia l’armonia dei testi e
delle dottrine nella letteratura
greca sino a Origene.

TRE STUDI SU ORIGENE

Karl Barth. Nel 1919 uscì a Berna «Der Römerbrief», il commento di Barth al capolavoro


dell’Apostolo Paolo, la «Lettera ai Romani». Una esegesi biblica attualizzata e dirompente


Centenario teologico


Gianfranco Ravasi


S

e «chi non ricorda
non vive», come
suggeriva Giorgio
Pasquali quasi cen-
t’anni fa nel suo sag-
gio Filologia e storia
(), è necessario ogni tanto
voltarsi indietro non solo con
la nostalgia proustiana del
tempo perduto, ma anche con
l’atteggiamento tipico della
cultura ebraico-cristiana. Per
essa, infatti, il «memoriale» è
un atto efficace in cui ci si ap-
propria del passato rivivendolo
e proiettandolo verso attese fu-
ture. È il caso della Pasqua
ebraica che nell’haggadah, cioè
nella narrazione dell’evento an-
tico della liberazione dall’op-
pressione egizia, ripropone nel-
l’oggi della cena pasquale l’atto
salvifico divino. È pure il caso
dell’Eucaristia cristiana che ri-
presenta “sacramentalmente”,
cioè efficacemente, il corpo di
Cristo che si sacrifica per la con-
divisione e la redenzione della
nostra umanità.
Decliniamo, allora, di nuovo
questa nobile categoria, in un
tempo di smemoratezza, secon-
do una forma più modesta ma
pur sempre significativa riman-
dando a un centenario che ha in-
ciso anche nella cultura occiden-
tale. Era, infatti, il  quando a
Berna un po’ in sordina appariva
Der Römerbrief, un commento al-
la Lettera ai Romani, il capolavo-
ro teologico dell’Apostolo Paolo.
A scriverlo era un giovane ( an-
ni) pastore protestante del vil-
laggio di Safenwil nel cantone
svizzero settentrionale di Argo-
via. L’effetto di quest'opera era
stato ben rappresentato dallo
stesso autore attraverso una mi-
ni-parabola. In una notte tene-
brosa un uomo sta salendo la
scala ripida di una torre campa-
naria; incespica in un gradino e
spontaneamente s’aggrappa a
una corda collegata a una campa-
na. Ed ecco che il silenzio nottur-
no è infranto da un possente suo-
no che dilaga per il paese e per la
valle svegliando e allarmando gli
abitanti addormentati.
Infatti, quel pastore di una co-
munità di boscaioli, Karl Barth,
era stato subito convocato dalla
prestigiosa università tedesca di
Göttingen che gli aveva offerto
una cattedra. Da lì, negli anni
successivi, passerà a Münster e
poi a Bonn, ove sarà destituito
dall’università a causa della sua
ferma opposizione al nazismo
che lo costringerà a riparare nel-
la sua Svizzera, riprendendo
l’insegnamento nella sua nativa
Basilea, ove morirà nel  a 
anni. Perché quel commento bi-
blico fu così dirompente? Tante
sono le ragioni, a partire dal suo
scavalcare l’esegesi meramente
storico-critica per proporre una
lettura più attualizzata e vitale
del testo paolino. Il Dio dell’Apo-
stolo è das ganz andere, un «to-
talmente Altro» rispetto a noi e
alle nostre categorie religiose,
metafisiche, storiche. Tra noi e
Dio c'è una Todeslinie, una «linea
di morte» che può essere valica-
ta solo attraverso un ponte che

abbia una base, sì, terrena ma
che sia capace di approdare alla
trascendenza.
Ovviamente questo ponte – al
di là dei vani sforzi umani di eri-
gerlo a partire dalla nostra spon-
da – può essere gettato verso di
noi solo dall’altra riva, quella di-
vina. Soltanto Cristo, che è sia Fi-
glio di Dio sia uomo storico, col
ponte dell’Incarnazione e della
risurrezione, riesce a irrompere
nel vecchio mondo della «carne»,
cioè del limite e del peccato uma-

no per redimerlo. L’autosalva-
zione dell’uomo attraverso l’eti-
ca o la razionalità o il culto è co-
me un volersi estrarre dalle sab-
bie mobili continuando ad alzare
verso l’alto le mani, col risultato
di sprofondare sempre più nel
gorgo. È solo lasciandoci afferra-
re, attraverso la fede, dalla mano
di Dio offerta in Cristo che venia-
mo estratti dalla melma del no-
stro peccato e dalla fanghiglia
dell’illusoria autosufficienza
proposta dalla religione e dalla
morale. La fede è, dunque, affi-
darsi all’Altro trascendente che ti
esorta a gettarti nel vuoto
(Hohlraum) di quella «linea di
morte» per essere attratto e con-
dotto sull’altra sponda della sal-
vezza e della nuova umanità.
Sul commento primigenio del
 Barth lavorerà a lungo al
punto tale da confessare nella
prefazione alla seconda edizio-

ne, uscita nel  a Monaco di
Baviera, che della prima stesura
«non era rimasta pietra su pie-
tra». È significativo notare che
questa riedizione fu tradotta in
italiano nel , quarant’anni
dopo, da un editore “laico” come
Feltrinelli, anche perché si rubri-
cava Barth tra i pensatori del-
l’esistenzialismo tedesco. Una
catalogazione molto approssi-
mativa, come osserverà con acu-
tezza Luigi Pareyson, pronto a
sottolineare il teocentrismo, an-
zi, la concentrazione cristologica
dell’opera, lontana perciò dal-
l’antropocentrismo sia pure cri-
tico dell’esistenzialismo che, co-
munque, Barth rifletteva parzial-
mente nella visione dell’impo-
tenza salvifica della creatura
umana peccatrice.
Naturalmente il pensiero del
teologo svizzero avrà un’impo-
nente fioritura negli anni suc-
cessivi della sua ricerca. A lui,
infatti, possiamo – con le dovute
distinzioni e differenze – asse-
gnare il progetto di una Summa
theologiae del XX secolo, alla ma-
niera del non molto amato Tom-
maso d’Aquino la cui tesi del-
l’«analogia» come ponte per
connettersi con Dio era da Barth
considerata “diabolica”. Si tratta
della Dogmatica ecclesiale, qual-
cosa come  tomi (a cui si ag-
giungerà un altro di indici), di-
stribuiti in ben  pagine fit-
tissime, con un lavoro durato 
anni, dal  al , fino alle
soglie della morte. È un’archi-
tettura teologica grandiosa che
egli – denominandola «ecclesia-
le» (kirchliche) – voleva conside-
rare come espressione non della
dottrina di una scuola di teolo-
gia, ma come annuncio dell’inte-
ra Chiesa.
È evidente che non possiamo
delineare l’impianto di questo
edificio non solo teologico ma
anche culturale che ha collocato
Barth anche nei manuali di filo-
sofia e di storia del Novecento,
accanto al suo collega “dialetti-
co” Rudolph Bultmann. Vor-
remmo solo in finale riferire
una sua nota passione, quella
musicale, soprattutto per Mo-
zart. Siamo, perciò, tentati di
concludere con un passo famoso
della sua Lettera al musicista del
, pubblicata in italiano sot-
to il titolo Wolfgang Amadeus
Mozart dalla Queriniana nel
: «Forse gli angeli, quando
sono intenti a rendere gloria a
Dio, suonano musica di Bach,
ma non ne sono sicuro. Sono
certo, invece, che quando si tro-
vano tra loro suonano Mozart, e
allora anche il Signore prova
piacere ad ascoltarli».
© RIPRODUZIONE RISERVATA

L’EPISTOLA AI ROMANI
Karl Barth
Feltrinelli, Milano 2002 (ultima
edizione)

COME SONO CAMBIATO. AUTOBIO-
GRAFIA
Karl Barth
A cura di Fulvio Ferrario, Claudia-
na, Torino, pagg. 123, € 12,50

Teologo
e filosofo
svizzero
Karl Barth (1886-
1968)

Una lettura più
vitale del testo
paolino rispetto
a una concezione
storico-critica

S


i può essere mistici oggi?
Sì. E lo si può essere senza
vivere appartati in un ere-
mo ma nel cuore di una
metropoli come Milano, con un la-
voro, una moglie e dei figli? Ancora
sì. Stranezze del Cristianesimo.
No, semplicemente una ecceziona-
le esperienza di intimità con il mi-
stero che ha il volto di Cristo croci-
fisso e risorto. A raccontarla con
intensità e naturalezza è Arnoldo
Mosca Mondadori, poeta, editore e
attivo in ambito sociale. Le sue rac-
colte di versi, pubblicate da Mor-
celliana, mettono alla prova la pa-
rola affidandole il compito di
esprimere ciò che si fatica a rap-
presentare, che c’è ma non si vede
per un deficit d’anima.
Il linguaggio poetico si è ora
sciolto in una lunga confessione in
forma di dialogo sulla vita e sul-
l’Eucaristia, affidata alla giornali-
sta Monica Mondo, conduttrice
della rubrica «Soul» su TV.
Eloquente la scelta del titolo: Il far-
maco dell’Immortalità. Si tratta di
un incalzante lavoro di scavo nelle
sfaccettature della fede fino a
scendere nelle profondità del mi-
stero, di ciò che opera nella co-
scienza, nel cuore e nella mente di
un uomo. Pochissimi i riferimenti
teologici - eppure Mosca Monda-
dori ha anche scritto due saggi di
teologia - ma solo racconto di sé e
di esperienze vissute. Dallo scrive-
re «bigliettini a Gesù» per chiedere
una grazia specifica fino all’essere
«rapito nei Cieli» provando una
gioia inaudita che porta ad affer-
mare: «Quello che ci aspetta è dav-
vero impressionante: siamo desti-
nati a qualcosa di immenso, a una
gioia inimmaginabile». Si entra
così nel territorio della mistica, ar-
gomento su cui scetticismo e in-
credulità non mancano. Ad ascol-
tare Arnoldo Mosca Mondadori le
perplessità svaniscono lentamente
per trasformarsi in una stupita
apertura a una quotidianità resa
straordinaria dalla fede che dà ac-
cesso all’impensabile. Una fede
portatrice di un destino, quello che
il filosofo Jean Guitton indica come
espressione di tre attori: Dio, le cir-
costanze e la libertà personale.
Tutto comincia durante gli an-
ni delle elementari, al momento
della seconda Comunione. Quan-
do il piccolo Arnoldo riceve l’ostia
avverte una ferita al cuore, «ma
insieme una gioia talmente gran-
de, intensa, immensa mentre fui
come portato verso l’alto». Confi-
derà quanto gli è capitato a pochi
e solo all’età di  anni; ne parlerà
ai genitori molto più avanti, a 
anni, «quando avevo una mezza
idea di farmi frate». Famiglia sto-
rica la sua, e tutt’altro che bigotta.
Il bisnonno di cui porta il nome è
il «grande Arnoldo» che ha fonda-
to la casa editrice Mondadori, il
nonno paterno Giovanni Mosca è
stato un’importante firma del
«Corriere della Sera» il nonno
materno, Alberto Mondadori ha
fondato la casa editrice Il Saggia-
tore. Il padre Paolo ha diretto pro-
grammi televisivi e settimanali.
La madre, Nicoletta Mondadori, è
stata una colonna del Saggiatore
e ha scritto Quasi il creatore di un
mondo. Lettera a mio padre.

La fede e la mistica possono at-
tecchire ovunque e presentarsi in
modo sorprendente. Mosca Mon-
dadori, ad esempio, parla di Euca-
ristia con una familiarità che non si
avverte, a volte, nelle omelie dei sa-
cerdoti. «Mi è capitato di svenire
nella beatitudine sempre dopo aver
ricevuto l’Eucaristia... è un’espe-
rienza spirituale e fisica. Togliete-
mi tutto, non l’Eucaristia. L’Eucari-
stia è un bisogno, non le si può resi-
stere». Aggiunge poi: «Bisogna
ascoltare. L’ascolto nel silenzio è la
facoltà più importante. Anche Dio
ha bisogno di essere ascoltato e
guardato nel silenzio. Per allenare
il nostro ascolto io consiglio di tor-
nare spesso davanti al tabernacolo
e di stare come fossimo davanti al
sole: prendere i suoi raggi senza fa-
re nulla. Allenarci a ricevere. Poi lo
spirito farà il resto». Ascolto e atte-
sa, due atteggiamenti e disposizio-
ni d’animo che ricorrono nella con-
versazione con Monica Mondo. So-
no i due tempi indispensabili per-
ché la mente e la ragione possano
aprirsi a un mistero molto più
grande di loro. Il dialogo attraversa
tutta l’esistenza di un cristiano.
Parla di testimonianza come ur-
genza della Chiesa, di incontro con
Cristo come condizione di ogni
conversione. Arnoldo Mosca Mon-
dadori si dice mistico («preso da
Dio») e non contemplativo (che sta
al cospetto di Dio). «Ma tutti gli uo-
mini sono mistici – afferma - per-
ché prima o poi ognuno di noi verrà
preso». Non c’è spiritualismo nelle
sue parole. Al contrario, c’è azione
fino ad avviare nel , anno del
Giubileo della misericordia, un la-
boratorio di produzione di ostie nel
carcere di Opera affidandolo a tre
detenuti che si sono macchiati
d’omicidio. Il progetto dal nome «Il
senso del pane» ha finora prodotto
e donato oltre due milioni di ostie
e, per videolezioni, ha generato in
Mozambico un secondo laborato-
rio dove detenuti ed ex carcerati
producono ostie per le comunità
cristiane dell’Africa.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

IL FARMACO DELL’IMMORTALITÀ
Arnoldo Mosca Mondadori,
Monica Mondo
Scholé, Brescia, pagg. 94, € 10

Mistici contemporanei. L’esperienza


di fede di Arnoldo Mosca Mondadori


Provare il farmaco


dell’Immortalità


Giovanni Santambrogio


MARKA
«SOMMA
DI TEOLOGIA»:
ORA COMPLETA
LA NUOVA
TRADUZIONE

Tommaso
d’Aquino
Con l’uscita del 5°
volume,
“Supplemento”,
termina la nuova
traduzione
italiana con testo
a fronte della
“Somma di
Teologia” di
Tommaso
d’Aquino (a cura
di Fernando
Fiorentino, Città
Nuova Editrice,
pagg. 1.400, € 39).
Ricca di un
notevole
commento,
ospita nel 5° tomo
dell’opera (che
nella parte III
rimase
incompleta e un
commentatore
anonimo
aggiunse altre 99
questioni e un
altro le due
appendici) il
completamento
del sacramento
della Confessione
(questioni 1-28),
quindi l'Estrema
Unzione ( qq. 29-
33), l’Ordine
Sacro (qq. 34-40),
il Matrimonio (qq
41-68). Infine
Morte e
resurrezione (qq.
69-72), Giudizio
Universale ( 73-
90), Vita dei Beati
(qq. 91-96) e Vita
dei Dannati (qq.
97-99). Poi le due
appendici: la
prima sul
Purgatorio, la
seconda sul
Limbo.
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