Il Sole 24 Ore - 01.09.2019

(Jacob Rumans) #1

Il Sole 24 Ore Domenica 1 Settembre 2019 33


Tempo liberato


Rendering La «Red Regatta»
in un rendering. Oggi si realizzerà

Little Mo,
Nicola e Beppe
Qui sopra,
un acrobatico
rovescio
di Maureen
Connolly, per tutti
Little Mo.
A destra, Nicola
Pietrangeli
(a sinistra)
e Beppe Merlo

Mirabilia


Un sogno


veneziano,


vela rossa


la trionferà


S


e non ce ne fossero altri e ben
più ampi, il solo fatto che im-
barcazioni con la “vela al ter-
zo” siano già menzionate (o
per lo meno testimoniate) nel Milione
di Marco Polo in visita alla Cina, sareb-
be per sé una ragione sufficiente per
legarle indissolubilmente a Venezia.
Non solo le gondole, dunque, che si
sono imposte, nell’immaginario e nel-
la realtà, come l’imbarcazione tipica
della città (anche per gli indubbi van-
taggi di particolarità estetica e naviga-
zione) e meno che mai – ingombranti
e inopportune, del tutto fuori scala –
le navi da crociera. Ed eccole, final-
mente, allora, le piccole barche con le
vele al terzo (il nome si deve «al fatto
che l’antenna superiore che sostiene
la vela è fissato all’albero a un terzo
circa della sua lunghezza», spiega
l’omonima associazione), che “svo-
lazzano” nell’appuntamento marina-
resco principe della stagione venezia-
na, la Regata Storica.
Oggi se ne aggiunge un’altra, di
non minore fascino e altrettanta, ina-
spettata, bellezza: la «Red Regatta». Si
tratta di una performance artistica
concepita e realizzata dall’artista
americana Melissa McGill, organizza-
ta con Magazzino Italian Art Founda-
tion di Giorgio Spanu e Nancy Olnick
e in collaborazione con l’Associazione
Vela al Terzo Venezia e il Comune
(progetto a cura di Chiara Spangaro,
project manager Marcella Ferrari).
Siamo al terzo appuntamento, e un al-
tro seguirà il  settembre, in occasio-
ne della Regata di Burano. Ben  bar-
che che, navigando all’unisono, crea-
no una spettacolare coreografia in
movimento. Oggi si parte tra la Sacca
Fisola e San Basilio, si naviga la Giu-
decca e si raggiungerà il Bacino San
Marco tra Punta della Dogana, Piazza
San Marco e l’Isola di San Giorgio (per
tutte le info http://www.redregatta.org). Su
ogni barca le vele realizzate su misura
e dipinte a mano – in  diverse tonali-
tà di rosso (vivo, acceso, sanguigno,
elegantissimo: un sogno rosso sull’ac-
qua) –, sviluppate appositamente dal-
l’artista: ed è uno spettacolo unico.
Grande effetto e un retropensiero reso
macroscopicamente evidente, un “al-
larme rosso” lanciato in maniera ori-
ginale e sublime: «Red Regatta» prova
a unire i – sempre più pochi – venezia-
ni e – gli ormai troppi – visitatori, con
l’intento di celebrare la cultura marit-
tima di Venezia e della sua laguna,
certo, ma anche richiamando l’atten-
zione sul cambiamento climatico e sul
tipo di navigazione che si è imposto
negli anni. «Mentre le vele scivoleran-
no lungo la laguna, le varie tonalità di
rosso si mescoleranno visivamente, si
uniranno e si fonderanno - spiega Me-
lissa Mc Gill -. Nel contrasto con il cielo
e il mare, i rossi fanno riferimento alle
forze della vita, della passione, del-
l’urgenza, e alla stessa Venezia con i
suoi mattoni e tetti di terracotta, la sua
bandiera e la storia del commercio del
pigmento rosso, come ai dipinti di Ti-
ziano, Tintoretto e altri maestri». Non
è nuova, l’artista, che ha vissuto a Ve-
nezia, a interventi che servono a risve-
gliare l’attenzione sulla città e il suo
declino. La sua precedente opera scul-
torea sonora, «The Campi» (maggio
), richiamava la vita quotidiana
nei campi veneziani. Fu presentata al-
la Casa-Studio Scatturin di Carlo Scar-
pa, allo Iuav e presso Giorgio Mastinu
Fine Art: era un modo per omaggiare
la vita dei campi. Campi e vele; arte:
ecco un simbolo dello splendore unico
di Venezia. Avercene. Buon vento, vele
rosse, farfalle della speranza!
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Stefano Salis


Matteo Codignola. Ci sono talento e tenacia, successi e sconfitte. Soprattutto ci sono le storie


esistenziali di tennisti che compongono un mondo a sé, raccontate con arguzia e amore


Racchette (e vite) prodigiose


I


n questi giorni gli appassionati
di tennis fanno le ore piccole. Chi
vuole seguire in diretta gli US
Open deve vincere il sonno e in
qualche caso ne vale davvero la
pena (come per la vittoria del-
l’americana Taylor Townsend - 
del mondo, un fisico ingombrante
che sulla carta dovrebbe pregiudi-
carle non solo un buon gioco, ma
proprio il gioco, a quei livelli – su
Simona Halep, fresca vincitrice di
Wimbledon e numero  del ranking:
un successo figlio del serve and vol-
ley ormai in disuso anche tra i ma-
schi, figuriamoci per le donne).
A maggior ragione, ormai svegli
e adrenalinici, la lettura di un libro
sul tennis funziona, soprattutto se
si diversifica entrando in match e vi-
te di un’altra era. Un’era in cui spes-
so si avevano pochi mezzi, si attra-
versava la guerra ricominciando
un’esistenza vera subito dopo, si
avevano inventiva e tenuta mentale
che emergevano allo stato “natura-
le”, senza lunghe e minuziose co-
struzioni degli atleti a tavolino.
Tutto questo viene fuori da Vite
brevi di tennisti eminenti di Matteo
Codignola. Immediato avviso ai let-
tori: non aspettatevi dei raccontini
ben confezionati e scoppiettanti,
alla stregua di tanti altri – non solo
sul tennis - che possono farvi piace-
vole compagnia. Qui si va oltre. Non
solo perché l’autore (che ha tradot-
to tra l’altro La versione di Barney e
Follia, e «per arrivare a fine mese
[fa] libri») ha diciamo così una certa
dimestichezza con le parole, ma an-
che perché è un innamorato - non-
ché giocatore – di tennis. E qui ci
sta, per una volta, l’orribile espres-
sione, cioè il combinato disposto che
disegna e rappresenta queste pagi-
ne: un atto d’amore, se non di fede,
per uno sport con il quale si “convi-
ve”, espresso con un linguaggio
sorvegliatissimo, ricercato e legge-
ro, metaforico e pragmatico, puri-
sta e ibrido. Ma prima di qualche
esempio di questo sapiente uso del-
la lingua, l’oggetto: chi sono i pro-
tagonisti di cui si parla, e perché so-
no stati scelti?
Codignola lo racconta nell’intro-
duzione. Ricevuta da un amico una
valigetta con un centinaio di foto di
tennisti del secondo dopoguerra,
decide di selezionarne venti e di as-
sociarvi le storie. Si parte da chi è
ritratto nell’immagine per allargare
spesso lo sguardo a rivali, situazio-

ni agonistiche più estese, spaccati
sociali, episodi divertenti. Insom-
ma non si parla solo della biografia
di Beppe Merlo (il racconto preferi-
to della sottoscritta) o del pervicace
trionfo sui campi di Maureen Con-
nolly, per tutti Little Mo, o dell’ira-
scibilità di Pancho Gonzales – altro
che Connors e McEnroe. Né si in-
dulge al languoroso rimpianto per
una stagione non contaminata da
gioco robotizzato, diete mostruose,
racchette sempre più sofisticate. Il
lettore entra nelle pieghe umane di
ognuno, vive accanto a lui o a lei il
percorso che ha portato a certi tra-
guardi, ne segue l’epilogo, soffre e
sorride partecipando a ossessioni,
furie improvvise, esaltazioni, mo-
menti goderecci.
Si intuisce la preferenza dell’au-
tore per Drob, il cecoslovacco Jaro-
slaw Drobvny che poi prese il pas-
saporto egiziano, sia per «la sua so-
miglianza con mio padre» sia per-
ché «a vederlo sembrava fosse nato
giocando, e al massimo si fosse ap-
plicato un po’ per sviluppare certe
specialità della casa, primi fra tutti
i drop shot». Ma ci sono tanti pas-

saggi particolarmente riusciti, che
dicono molto delle persone de-
scritte: la tenacia di Gar, l’america-
no Gardnar Mulloy, che asciuga, gi-
nocchia per terra e una cinquantina
di asciugamani accanto, il campo di
Spring Lake nel New Jersey dopo
un acquazzone, pur di completare
il match in cui è in vantaggio contro
Art Larsen; l’atteggiamento serafi-
co con cui il minuto australiano
Ken Rosewall si presentava in gri-
saglia - prediligeva appunto il gri-
gio - ai cancelli o alle segreterie dei
tornei dicendo «Buongiorno, mi
chiamo Ken Rosewall. Sarei, ecco,
uno dei tennisti»; la paziente, este-
nuante lentezza del gioco di Beppe
Merlo che «più che il suono dram-
matico del tennis, coltivava la sua
assenza... la pallina produceva un
rumore attutito, e in certi casi nes-
suno. Era la colonna sonora di
quello che gli avversari vivevano
come un film del terrore: un retico-
lo di scambi interminabili e lentis-
simi, che ogni volta rischiava di
condurli sull’orlo della follia».
Codignola non cede - salvo che
per qualche pagina su Dick Savitt, «il

tennista della porta accanto» finito
in copertina su «Time» - alla tenta-
zione di raccontare dettagliatamen-
te i match (pratica che finirebbe per
scivolare nella noia). E, dopo l’espli-
cita citazione di John Aubrey nel ti-
tolo, menziona – come non farlo? –
David Foster Wallace e Gianni Cleri-
ci (che nostalgia, le sue telecrona-
che): lo fa nelle pagine che chiudono
il libro, in cui passa in rassegna vari
volumi sul tennis, alcuni dei quali gli
sono stati utili per le Vite brevi.
Alla fine, oltre al viaggio in un
pezzo di storia di questo sport, ri-
mane il gusto della lettura, di trova-
re parole come «contubernio», «ce-
rusico» o «gavazzato» vicino a ter-
mini o espressioni come «semi»
(per semifinale) «glam», «buscare»,
«preso a pallate», «viene giù lo sta-
dio». Scrittura, immagini, storie che
soddisfano il più esigente dei palati.
[email protected]
© RIPRODUZIONE RISERVATA

VITE BREVI DI TENNISTI EMINENTI
Matteo Codignola
Adelphi, Milano, pagg. 290, e 22

Eliana Di Caro


sAlla lettura del menu del
ristorante Il Merlo al Lido di
Camaiore mi ha subito col-
pito un piatto: riso Patma
gratinato all’aragosta, otte-
nuto utilizzando la bisque
del crostaceo come condi-
mento appunto del riso poi
passato al forno.
Angelo Torcigliani, chef
patron usa spesso lavorare
il pesce dalla testa alla co-
da, come in questo piatto
dove anche la proposta del-
la gratinatura è alquanto
originale; ne deriva un gu-
sto dal sapore intenso ed
equilibrato dalle carni dol-
ci dell’aragosta.
La regina dei crostacei
mi ha rimandato ad un fat-
to di cronaca di quel mini-
stro francese che si è dovu-
to dimettere per i costi in-
genti delle cene, a carico
del suo ministero, a base di
aragoste giganti.
La voglia di questo cro-
staceo è sicuramente mol-
to diffusa, a volte penso
anche per il suo costo alto
(rispetto alla media dei pe-
sci) non alla portata di tut-
ti, così diventa un diffuso
espediente di conquista e
di seduzione.
Le sue proprietà afrodi-
siache del resto risalgono
lontano nel tempo e sono
state riprese nell’ nei
testi di medicina e, all’ini-
zio del’, Omero Rompi-
ni, medico catanese, autore
di Cucina dell’amore ha
pubblicato  ricette di
piatti afrodisiaci e di menu
per «Gabinetti riservati»
con grande presenza di
aragoste.
Sebbene la scienza abbia
più volte escluso che ci sia-
no cibi in grado di far scate-
nare la passione sessuale, la
fama persiste eccome, così
come per le ostriche, forse
perché sono proprio le mo-
dalità di consumo che por-
tano al sesso.
Quando si gusta un’ara-
gosta infatti si succhiano le
chele e si aspira in bocca la
polpa; movimenti chiari ed
allusivi, di certo non a chi
invece molto compitamen-
te mangia in punta di for-
chetta e coltello, in luogo
delle mani.
Nel frattempo sono arri-
vati in tavola altri piatti cu-
cinati con grande maestria
da Angelo Torcigliani: i ca-
lamari alla carbonara sapidi
e gustosi, lo spaghetto ricci
di mare e bottarga piacevo-
le; sorprendente la pesca
melba, un dessert vintage di-
menticato.
Tra un piatto e l’altro pe-
rò l’aragosta è stata al cen-
tro dell’attenzione, qualcu-
no ha definito la regina dei
crostacei una parente del-
l’astice. Una credenza da
sfatare nonostante abbiano
forme assai simili. In realtà
sono diverse per famiglia e
genere. L’aragosta è un cro-
staceo marino decapode,
appartiene alla famiglia
delle Palinude e al Genere
Palinurus; non possiede le
grosse chele frontali, carat-
teristiche degli astici, men-
tre ha due lunghe antenne e
un carapace spinoso.
Un altro commensale af-
ferma di non mangiare
l’aragosta perché c’è chi la
immerge viva nell’acqua
bollente e urla.
In realtà questo crostaceo
non ha un sistema centra-
lizzato (solo gangli e non
cervello) e, non disponendo
di corde vocali, il suono che
emette è il fischio del vapore
che fuoriesce dalla corazza.
Sine qua non
© RIPRODUZIONE RISERVATA

A ME MI PIACE


ARAGOSTA,


UNA REGINA


TRA MITI


E LEGGENDE


Davide Paolini


Alpinismo


Quando la storia sale in vetta


P


er quanto sia una città di mare,
Trieste vanta anche una singo-
lare e intensa storia alpinistica.
Si deve ad esempio al pioniere
triestino Napoleone Cozzi, valente pit-
tore e acceso irredentista, la prima
ascensione dell’imponente Torre Trie-
ste, «la torre delle torri» del gruppo della
Civetta nelle Dolomiti Bellunesi, salita e
così battezzata nel .
Popolarissimo fu negli anni Trenta
Emilio Comici, portato in palma di ma-
no dal fascismo, che da Trieste si tra-
piantò sulle Dolomiti per fare la guida.
Anch’io da torinese ho scalato ai bei
tempi le sue vie più famose e un tempo
estreme, di «sesto grado», ossia lo Spi-
golo Giallo sulla Piccola di Lavaredo e
la parete Nord della Cima Grande,
mangiata per metà da un immenso
strapiombo giallastro.
I triestini furono di nuovo all’avan-
guardia con il fenomenale Enzo Coz-
zolino, autore nel  della mitica via
dei Fachiri alla Cima Scotoni, ma morì
poco dopo a soli  anni. I Fachiri era
ancora temutissima per i pochi chiodi
nel , quando andai a ripeterla col
forte compagno della borraccia. Chi
vuole ripercorrere e approfondire nei
dettagli l’intera evoluzione, le impre-
se, i protagonisti e le idee dell’alpini-
smo triestino può leggersi la storia
completa di Giampaolo Valdevit, usci-

ta da Mursia solo l’anno scorso.
Messo così a fuoco l’argomento, vor-
rei però porre l’accento sulla riedizione
di un’autentica controstoria dell’alpini-
smo triestino, Cime irredente di Livio
Isaak Sirovich, un geologo che si è fatto
storico, scrupoloso, ostinato e acuto in-
dagatore di archivi per non finire travol-
to dal «tempestoso caso storico alpini-
stico» evocato dal sottotitolo. La prima
edizione dello scomodo libro nei Liche-
ni di Vivalda ebbe una bella spinta dal
«cardo d’argento»  al Premio Itas di
Trento, presieduto da Mario Rigoni
Stern. Sirovich lo rievoca ora nella po-
stfazione piena di aggiornamenti e nuo-
ve indiscrezioni.
Il grande scrittore di Asiago additò
Cime irredente come esempio coraggio-
so di indagine per una revisione critica
della storia dell’alpinismo. Ne ho perso-
nale memoria perché facevo parte della
giuria dell’Itas. C’ero anch’io, accanto a
Rigoni Stern, a congratularmi col pre-
miato alla solenne cerimonia al Castello
del Buonconsiglio. Ho inoltre nella mia
collezione dei Licheni, la collana che ho
poi diretto per vari anni lasciando di mia
iniziativa la giuria dell’Itas, la prima edi-
zione di Cime irredente con dedica di Si-
rovich che si augurava una recensione
su queste pagine, a cui già collaboravo.
Poiché allora mi limitai a segnalare il ti-
tolo, mi fa piacere riparlarne ora perché

condivido il giudizio di Rigoni Stern.
Il caso che diverrà tempestoso fu
l’adesione della Società Alpina delle
Giulie al «Comitato di difesa dell’identi-
tà italiana di Trieste» sorto nel  per
opporsi a ventilate proposte di legge
sull’uso della lingua slovena in scuole e
uffici pubblici della zona triestina. Siro-
vich socio dell’Alpina, storica sezione
nata nel  sotto la sovranità au-
stroungarica, confluita nel Club Alpino
Italiano dopo la Grande Guerra, con una
ventina di altri soci contestò l’adesione
al comitato pieno di associazioni di de-
stra, inclusi ex di Salò e neofascisti.
La scintilla iniziale è la lettera di dis-
senso al direttivo dell’Alpina, uscita sul
«Piccolo», il quotidiano di Trieste. Rea-
zione indignata del direttivo. Ricorso ai
probiviri del Cai centrale a Milano. Pre-
sto però la contesa interna al Cai rim-
balzò sul tavolo del pretore e divenne
una complessa causa giudiziaria risol-
ta solo nel .
Se il libro contenesse solo questo sa-
rebbe una barba, mentre la vera polpa
che si fa divorare è l’incredibile catena di
retroscena storici che man mano salta-
no fuori. Per raccogliere argomenti da
contrapporre ai paladini dell’italianità,
Sirovich conduce un’inchiesta sulla sto-
ria dell’Alpina delle Giulie e dei suoi soci
eminenti scoprendo che si intreccia di
continuo con la politica, gli affari, la cul-

tura e la storia della città. Anzitutto vien
fuori che fin dalla fondazione il circolo
alpinistico è pilotato dalla massoneria,
con date, circostanze, nomi e cognomi.
E ogni epoca nasconde schieramenti
contrapposti e scheletri nell’armadio:
accanto ai patrioti, gli eroi, le medaglie
d’oro, sbucano opportunisti, delatori,
traditori. Così durante l’irredentismo, la
Grande Guerra, l’adesione al fascismo,
le leggi razziali del ’ quando soci illu-
stri dell’Alpina cacciarono compagni
ebrei e più tardi diedero una mano ai na-
zisti per eliminarli nella risiera di San
Sabba. Lo stesso durante la resistenza,
l’esodo da Istria e Dalmazia e il tremen-
do periodo delle foibe, e poi ancora negli
anni della guerra fredda.
Alla fine il tribunale, aderendo alle
tesi di Sirovich e compagni, nel  ha
annullato l’adesione dell’Alpina delle
Giulie al «comitato di difesa».
© RIPRODUZIONE RISERVATA

CIME IRREDENTE. UN TEMPESTOSO
CASO STORICO ALPINISTICO
Livio Isaak Sirovich
Cierre, pagg. 432, € 18

STORIA DELL’ALPINISMO TRIESTINO.
UOMINI, IMPRESE, IDEE
Giampaolo Valdevit
Mursia 2018, pagg. 240, € 17

Pietro Crivellaro


Luci e ombre
Un dipinto
di Napoleone
Cozzi

IL TENNIS
DEGLI ANNI
CINQUANTA
APPRODA
A MANTOVA

«Vite brevi
di tennisti
eminenti»,
il libro di Matteo
Codignola
recensito
qui a sinistra,
sarà presentato
dall’autore al
Festivaletteratura
di Mantova
la sera di venerdì
6 settembre in un
incontro dal titolo
«Storie della
storia del tennis»:
appuntamento
alle 21, alla Chiesa
di Santa Maria
della Vittoria.
Biglietto di
ingresso:
sei euro

AFP MARKA

IL MASCHILE
DEL SOLE
24 ORE
DEDICATO
AL CALCIO

In edicola.
Undici calciatori
protagonisti di 11
inediti ritratti
d’autore. Mentre
comincia la nuova
stagione, una
squadra di
scrittori mette in
campo la sua
formazione. Pronti
per il calcio di
inizio. Cristiano
Ronaldo, Mario
Balotelli, Dani
Alves, Andrea
Belotti, Mattia
Destro, Manolo
Prestin, Daley
Blind, Aron
Gunnarson, Nicolò
Barella, Vagner
Love, e Leo Messi.
Grandi miti e
campioni di
provincia mai
arrivati a giocare
nella massima
serie. IL, il
maschile del Sole
in edicola da
venerdì scorso
con Il Sole 24 Ore
Free download pdf