La Stampa - 25.08.2019

(Romina) #1
.

PUPI AVATI
IL REGISTA CON CUI GIRÒ
FULVIA CAPRARA^14 TRA FILM E SERIE TV
ROMA

I

l suo modello era Buster Kea-
ton: «Asciutto, essenziale,
con un modo di recitare con-
tenuto, sotto le righe». Eppu-
re, più che per questa specia-
le ispirazione, Carlo Delle
Piane, scomparso l’altra notte a
83 anni, rischiava di essere ri-
cordato solo per i tanti ruoli nel-
le commedie brillanti, per nomi
e soprannomi come il «Pecori-
no», quando era stato il figlio di
Aldo Fabrizi nella Famiglia Pas-
saguai, o come Cicalone, quan-
do aveva affiancato Alberto Sor-
di in Un americano a Roma.
Il merito di averlo liberato
dall’etichetta di caratterista, re-
galandogli l’occasione per met-
tere a nudo l’anima sensibile e il
carattere introverso, va a Pupi
Avati che, nel 1983, cedendo al-
le insistenze del fratello Anto-
nio, lo sceglie per la parte del
professore timido di Una gita
scolastica: «Non avevo nessuna
voglia di vederlo, ma Antonio,
che lo aveva conosciuto al Film-
studio, insisteva nel dirmi che
avrei dovuto fargli un provino.
Così lo vidi e lo scritturai per Tut-
ti defunti tranne i morti».
Nell’autobiografia La gran-
de invenzione (Rizzoli) Avati
rievoca il primo faccia a fac-
cia: «Un giorno nella sartoria

dove stiamo provando i costu-
mi per tutti gli altri attori, si
apre una porta e si appalesa
Delle Piane. E’ vestito da Mar-
lowe, con l’impermeabile, il
cappello, la sigaretta pendu-

la. Mi fissa, in quel suo buffo
travestimento. Conciato così
è molto divertente e scoppio a
ridere. E quando ridi sei fottu-
to, è finita, le resistenze van-
no a farsi benedire».

Risale a quella gran risata l’av-
vio del sodalizio tra l’attore
scomparso e il regista che oggi
lo piange con affetto: «Era un es-
sere umano molto ricco, una
persona fortemente religiosa,
con una grande interiorità, un
artista che portava dentro di sé
il segno del cinema italiano clas-
sico, in cui aveva tanto lavora-
to». La prova della svolta, in
Una gita scolastica, arrivò gra-
zie a una bugia bonaria: «Fu un
trucco di mio fratello - spiega
Avati -, il patto con il produttore
Luciano Martino era che gli atto-
ri fossero tutti sconosciuti, così
Antonio mise in testa a Delle Pia-
ne una parrucca bionda. Poi, pe-
rò, guardando le foto di scena,
Martino lo riconobbe, si arrab-
biò moltissimo, lo vedemmo ar-
rivare come una furia sul set, a
Porretta, voleva che rigirassi-
mo tutto daccapo».
Il successo del film, storia del
professor Carlo Balla che si illu-
de di fare breccia nel cuore del-
la bella professoressa Serena
Stanziani (Tiziana Pini), veni-
va proprio dall’intuizione di

Avati, dal suo aver colto, nello
sguardo di Delle Piane, quel di-
sagio comune «a tutte le perso-
ne che hanno un fisico con qual-
che problema estetico. Come se
avvertissero la necessità di esse-
re risarciti dalla vita, come se do-
vessero dimostrare qualcosa. Il
personaggio era lui, gli dissi so-
lo di essere se stesso». In tutti i
film che vennero dopo, da Noi
tre a Festa di laurea, da Regalo di
Natale alla Rivincita di Natale,
Delle Piane, aggiunge Avati,
«diede sempre un apporto
straordinario».
Doti e capacità, sottolinea
Avati, non furono adeguata-
mente valorizzate da altri regi-
sti: «Se si eccettua Olmi che l’a-
veva voluto per Tickets, nessu-
no l’ha più chiamato, nessuno
ha capito che per il nostro cine-
ma era una risorsa importante.
Per pigrizia si tende a far lavora-
re sempre gli stessi attori, 4 o 5
nomi, un modo di fare che deno-
ta prospettive modeste».
Nella vita di Delle Piane, se-
gnata dalle collaborazioni con i
più grandi, da Vittorio Gass-
mann a Totò, da Steno a Polan-
ski (che lo diresse in Che?), quel
mancato interesse, quella disat-
tenzione banale, avevano sca-
vato un buco di insoddisfazione
difficile da riempire: «Il cinema
italiano non lo ha supportato ab-
bastanza, ha continuato a guar-
darlo con quella sufficienza che
si riserva ai “guitti” dei film po-
polari. Ai festeggiamenti per i
suoi 70 anni di carriera non è ve-

nuto nessuno, c’eravamo solo
noi, non voglio dire che sia mor-
to di questo, ma certamente
quel silenzio totale lo ha spinto
verso un’esistenza da ipocon-
driaco. Non stava più a casa, vi-
veva nelle cliniche, si nasconde-
va, e questo nonostante avesse
accanto Anna Crispino, moglie
meravigliosa, che lo ha amato e
lo ama con infinito affetto. In
fondo aspettava sempre che il
telefono squillasse».
L’ultimo incontro è di una set-
timana fa: «Mi resterà in mente


  • dice Avati - il sorriso di quando
    mio fratello gli ha detto che ave-
    vamo un ruolo pronto per lui.
    Per gli attori quella è la bacchet-
    ta magica, per un attimo lo ab-
    biamo visto riprendersi». —
    c BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI


Regalo di Natale (1986)
Per il suo ruolo nel film di Pupi Avati vinse la Coppa Volpi per la mi-
gliore interpretazione; nel cast con lui Haber, Abatantuono, Cavina

Carlo Delle Piane in una scena di “Tickets” (2005), il film firmato Ermanno Olmi, Abbas Kiarostami e Ken Loach

Un americano a Roma (1954)
Carlo Delle Piane diciottenne con Alberto Sordi nella commedia di
Steno: interpreta Romolo Pellacchioni detto «Cicalone»

Alla festa dei 70 anni


di carriera non è


venuto nessuno, ciò


lo ha spinto verso una


vita da ipocondriaco


Una scena di “Gemini Man” con Will
Smith, sicario professionista, e il suo
clone di 25 anni più giovane che ha il
compito di ucciderlo

ANSA

SIMONA SIRI
LOS ANGELES

L’


entrata degli sto-
rici studi della
Paramount tap-
pezzata con i
due volti di Will
Smith, quello at-
tuale e quello giovane; un ta-
volo pieno di cibo ad accoglie-
re i giornalisti; la possibilità
di parlare per mezz’ora con
gli addetti agli effetti speciali,
preziosi uomini dietro le quin-
te ai quali non viene concessa
spesso la ribalta. Che Gemini
Man sia un progetto al quale
Paramount Pictures tiene par-
ticolarmente lo si capisce an-
che da questi dettagli. L’altro
è la passione con la quale il re-
gista Ang Lee spiega il suo
coinvolgimento in quello che
definisce «un film d’azione do-
tato di anima».
Da sempre interessato a en-
trambi gli aspetti - come di-
mostra la sua carriera da Bro-
keback Mountain a La vita di Pi
passando per La tigre e il drago-
ne - qui Lee si rende protagoni-
sta di una sfida ancora più im-
possibile. «Questa pellicola è
un atto di fiducia - dice mentre
il produttore Jerry Bruckhei-
mer, seduto accanto, annuisce
-. L’idea era in giro da 20 anni,
ma la tecnologia disponibile al-
lora non permetteva di raccon-
tarla. Ora che invece c’è volevo
essere io il primo a usarla. Per
quanto il pubblico possa imma-
ginare quanto sia stato diffici-
le vi assicuro che lo è stato an-
cora di più».
La tecnologia di cui parla è
quella che ha permesso di ri-
creare in modo completa-
mente digitale il volto di Will
Smith da giovane. In Gemini
Man l’attore americano com-
pare sia nei panni del prota-
gonista Henry Brogan - assas-

sino professionista ormai in
là con gli anni che decide di ri-
tirarsi dalla malavita - sia del
giovane killer che gli è stato
messo alle calcagna con il
compito di ucciderlo e che al-
tri non è che lui stesso più gio-
vane, clonato in laboratorio
utilizzando il suo Dna. Nella
realtà il volto di Junior è sta-
to creato digitalmente dal
team della WETA Digital e
non invecchiato. «Non è il vol-
to di Smith a cui sono state
tolte le rughe - spiega Lee -.
Quello che si vede è tutto digi-
tale. Una cosa che non è mai

stata fatta prima. Abbiamo
creato un Will giovane sulla
base del materiale d’archi-
vio. Il problema è che negli
anni lui è molto migliorato
come attore».
«Non mi era mai successo,
ma Ang veniva da me e mi di-
ceva: ho bisogno che tu reciti
meno bene», aggiunge Smith.
Splendido cinquantenne in
forma strepitosa, spiega così
il doppio ruolo: «La maggior
parte del film l’abbiamo gira-
ta con me nei anni di Henry e
con un altro attore nei panni
di Junior. Poi abbiamo rigira-

to le scene dei duelli con me
nei panni di Junior e con ad-
dosso la tuta e la maschera
per la motion capture. Poi, sul-
la base della mia prestazio-
ne, il mio volto giovane è sta-
to ricostruito al computer,
persino i pori della pelle».
Mettere in mano a Ang Lee
un film d’azione è vole spin-
gere sul lato umano della sto-
ria. In Gemini Man ci sono
spettacolari inseguimenti in
moto, sparatorie dai tetti di
palazzi, scene di lotte tra
Henry e Junior, ma c’è soprat-
tutto il rapporto psicologico

tra i due che è poi quello che
ciascuno ha con il proprio
passato, con le scelte fatte,
con il se stesso più ingenuo e
sognatore, non ancora reso
cinico dalla vita.
«Ad un certo punto la tecno-
logia è stata messa da parte -
continua Lee -, e ci siamo con-
centrati su altre domande: co-
me sarebbe la tua vita se potes-
si viverla due volte? Cosa dire-
sti al te stesso più giovane? So-
no domande esistenziali na-
scoste sotto la patina dell’in-
trattenimento, ma ci sono.
Perché alla fine quello che
conta non è il genere che stai
facendo, ma quanto cuore ci
metti. Non importa se i perso-
naggi sono giovani, vecchi,
uomini, donne: quello che cer-
co di cogliere è la scatola nera
che ci mette in connessione
profonda. Non riesco a finge-
re sui sentimenti, su quella
sensazione primordiale nello
stomaco che se c’è bene, se no
è impossibile ricrearla. Si dice
spesso che per un regista il
protagonista del film è la ver-
sione più bella e giovane di se
stesso. Ecco, qui mi sono mes-
so nei panni di Will Smith e mi
sono chiesto anche io: che co-
sa farei se incontrassi il me
stesso di 25 anni prima?». —
c BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI

Dietro gli effetti speciali
si celano quesiti
esistenziali, qui mi sono
messo nei panni di Will e
mi sono chiesto: che cosa
farei se incontrassi il me
stesso di 25 anni prima?

Carlo Delle Piane, morto l’altra notte a Ro-
ma, aveva 83 anni. L’attore, sposato con
la cantante Anna Crispino, aveva da poco
festeggiato i 70 anni di carriera durante i
quali aveva lavorato con alcuni dei più im-
portanti registi e attori, grandi successi al
fianco di Alberto Sordi, Aldo Fabrizi, To-
tò, De Sica e molti altri ancora, fino al for-
tunatissimo decennio con Pupi Avati. La
camera ardente sarà allestita domani al

policlinico Gemelli di Roma dalle 11.
alle 14, mentre i funerali si svolgeranno
lo stesso giorno alle 15 nella Chiesa degli
Artisti in piazza del Popolo a Roma. Tanti
i messaggi di cordoglio sui social. «La sua
scomparsa mi rattrista molto - scrive su
Twitter il ministro dei Beni culturali, Al-
berto Bonisoli -. Ci ha regalato alcune del-
le più belle interpretazioni del cinema ita-
liano».

ANG LEE
REGISTA DI “GEMINI MAN”
NELLE SALE DA OTTOBRE

Proclamati ieri i vincitori del 90° Premio Viareggio Rèp-
aci: sono Emanuele Trevi (nella foto) con Sogni e favo-
le (Ponte alle Grazie) per la narrativa, Renato Minore
con O caro pensiero (Aragno) per la poesia e Saverio
Ricci con la monografia Tommaso Campanella (Saler-
no) per la saggistica. Premio speciale Viareggio 90 al

maestro Riccardo Muti, Premio del Presidente al giuri-
sta Sabino Cassese, Premio giornalistico al fondatore
di Repubblica Eugenio Scalfari. Nel corso della serata,
condotta da Paolo Di Paolo coadiuvato per la presenta-
zione dei vincitori dei premi speciali da Walter Veltro-
ni, sono stati assegnati anche riconoscimenti a Gino
Paoli (Premio Città di Viareggio) e al regista Marco Bel-
locchio (Premio internazionale Viareggio-Versilia.

TEATRO

N

ew York, dicem-
bre 1936. Marta
Abba sta per an-
dare in scena in
uno spettacolo
in lingua ingle-
se già accolto con favore dal-
la critica, quando le giunge
la notizia della morte im-
provvisa, a Roma, del suo
mentore e protettore Luigi
Pirandello. Non domandar-

mi di me, Marta Mia..., che
Katia Ippaso ha ricavato dal-
la corrispondenza tra i due,
comincia in questo momen-
to, con la Abba prima sul pal-
co a dare il triste annuncio al
pubblico americano, poi so-
la, dietro le scene e in dés-
habillé, a rievocare quel rap-
porto come l’evento princi-
pale della propria esistenza.
E questo rapporto come fu?

Platonico? Noi moderni sia-
mo sempre portati a spette-
golare, ma almeno sotto l’a-
spetto carnale, sembra pro-
prio di sì. Benché follemente
innamorato di Marta fin dal
primo momento in cui la
quasi debuttante, trentatré
anni meno di lui, era stata
scritturata dalla sua compa-
gnia di teatro, Pirandello
non era certo un Weinstein:

nei quasi tre lustri del loro so-
dalizio pare abbia osato far-
le delle advances concrete
una volta sola, della quale si
pentì immediatamente e
continuò a scusarsi per anni.
Ma sul suo amore non esi-
stono dubbi. Lo proclamano
le più di 1300 fitte pagine
dell’edizioni nei Meridiani
delle lettere, più le varie
commedie, che le scrisse.

Dal canto suo, Marta accet-
tò, fu grata e intrigata, ma
mai travolta, in qualche oc-
casione mostrandosi addirit-
tura moderatamente infasti-
dita da tanta ribadita adora-
zione condita con lodi incon-
dizionate e anatemi contro i
suoi detrattori.
Il testo odierno, la sobria
regia di Arturo Armone Ca-
ruso, e in particolare l’inter-

pretazione di Elena Arvigo,
mostrano una donna sostan-
zialmente fredda, dedita in
primo luogo al suo mestie-
re, che esercita con lucida
competenza. Rivivendo mo-
menti del passato, questa
Marta recita brani del suo
debutto, la Nina del Gabbia-
nodi Cecov, e del suo primo
trionfo pirandelliano come
la Figliastra, e lo fa con com-
petenza, ma soprattutto
con un bel controllo delle
proprie emozioni.
Così lei è anche nella vita.

Pur commuovendosi al ricor-
do di avere avuto un genio ai
suoi piedi, precisa di non es-
sersi considerata in dovere
di ammirarne tutte le propo-
ste (Diana e la Tuda la rese,
non a torto, perplessa); e lo
fa lucidamente, senza mai
perdere una dizione impec-
cabile. Sdoppiandosi nell’at-
trice e nella donna, l’inter-
prete offre così un convin-
cente ritratto del tipo di arti-
sta e di donna che Marta Ab-
ba probabilmente fu. —
c BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI

La prova della svolta
arrivò con “Una gita
scolastica” grazie a
una bugia bonaria

IL REGISTA E IL THRILLER “GEMINI MAN”: “ASPETTAVO DA 20 ANNI LA TECNOLOGIA DISPONIBILE E DI USARLA PER PRIMO”

La sfida vinta di Ang Lee

“Volevo creare un attore totalmente in digitale


Ora Will Smith combatte contro il suo clone”


In 27 mila a Plan de Corones per Jovanotti

Sono saliti in 27 mila, provenienti da tutta Italia, a Plan de Coro-
nes in Alto Adige per la tappa di montagna, l'unica, del tour Jo-
va Beach Party. Pioggia, nebbia e bassa temperatura non han-
no fermato i «Jova boys», saliti di buon mattino ai 2.275 metri
di Kronplatz. Jovanotti ha aperto il concerto con la significativa
canzone «Piove», una sorta di danza della pioggia.

I vincitori del Viareggio-Rèpaci

TM

TEMPI

MODERNI

CULTURA, SOCIETÀ
E SPETTACOLI

Ritratto di Marta, grata e intrigata, ma mai travolta da Pirandello

MASOLINO D’AMICO

IL RICORDO

Addio all’attore Delle Piane, 83 anni

Avati: “Il disagio di Carlo mi conquistò


Peccato il cinema l’abbia poi trascurato”


20 LASTAMPADOMENICA 25 AGOSTO 2019

TM
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