Corriere della Sera La Lettura - 25.08.2019

(sharon) #1

DOMENICA25AGOSTO2 019 CORRIEREDELLASERALALETTURA 33


L’areadelKinnaurèunremotolembodiIndia
doveresiste«uncultopeculiare»sulquale
vigilanoglioracoli:vi«coesistonoelementi
tipicidelbuddhismotibetano,dell’induismoe
delletradizionioralilocali».Cièstatoapiù
ripreseEmanueleConfortin,scrivendonee
fotografandolo(KinnaurHimalaya.Alconfine
traordineecaos,AntigaEdizioni,pp.218,
e25).Eregistrando,tral’altro,lacrescente
militarizzazionedelconfineconlaCina.

{


InchiostrodiCina
diMarcoDelCorona

GlioracolidelKinnaur

no rivelate talvoltacomplicate, in partico-
lare per il timore di danneggiarecapola-
vori dell’arteche sono patrimonio del-
l’umanità.
Tra le studiose che hanno avutol’op-
portunità di analizzare da vicino, e per un
lungo periodo ditempo, un’opera di Leo-
nardoc’èstata larestauratricePinin
Brambilla Barcilon (1925), definita «la
donna che ha salvato l’UltimaCena»: rac-
contò il suo interventoventennale nelre-
fettorio di Santa Maria delle Grazie, tra il
1977 eil1999, nelromanzoLamiavita
conLeonardo(Mondadori Electa, 2015).
Oggi,unaltrostudio,condottodatre
laboratori—quello del dottor Gleb Zil-
bersteinaTelAviv, del professor Pier
Giorgio Righetti al dipartimentodiChi-
micadelPolitecnicodiMilanoequello
del professor Emilio Marengo del diparti-
mento di Scienze e Innovazionetecnolo-
gica dell’Università del Piemonte orienta-
le — ha potuto fare nuovaluce sui mate-
riali usati perrealizzare laDonnaNuda.
Lo studio, pubblicato sul sito internet
della rivista scientifica «JournalofProte-
omics»eintitolatoLeonardo’sDonna


Nudaunveiled(«La Donna Nuda di Leo-
nardo svelata»), ha sfruttato le potenzia-
lità del film Eva(Etilene vinil acetato),
una materia plasticaformata da una ma-
cromolecola (polimero) che si presenta a
temperatura ambiente incolore e dal lie-
veodore dolciastro. Cinque pellicole Eva
sono state applicate per sessanta minuti
su cinque diverse sezioni del dipinto, sia
sulcorpo della donna che sul paesaggio
che la circonda.Una volta rimosse, le pel-
licole sono state lavatecon un solvente e
analizzate. In questo modo gli scienziati
hanno potutocertificareche Leonardo,
per dipingere latela, utilizzò latempera
grassa, uncompostodiolio di lino me-
scolatocon tuorlo d’uovo,unmateriale
che unavolta essiccato fungeva dacollan-
te sullatela, assicurando latenuta deico-
lori. Sull’intera superficie del quadro,
emerge sempredallo studio,èstatopoi
applicato uno stratodiresina diconifera:
in passato gli artisti facevano ricorso are-
sine di questo tipo per proteggere latela
dal degradocausato dal passare deltem-
po.
Il team di studiosi ha inoltre portato al-

la luce un materiale di cui finora si è par-
lato meno: l’olio dirosmarino. «Nelle sue
Viteil Va sari scriveva che Leonardo face-
varicorso agli oli più “strani”. Spiegò che
Leonardo utilizzava latecnica dellatem-
pera grassa ma non seppe direcon preci-
sione quali oli usò», racconta a «la Lettu-
ra» Pier Giorgio Righetti. «Grazie alle no-
stre analisi siamo stati in grado dicertifi-
carel’utilizzodelrosmarino. Con tutta
probabilità Leonardo macinavagli aghi
dirosmarino e poi li bolliva per ricavarne
gli oli essenziali,come si farebbe per un
profumo. Lo faceva utilizzando una sorta
di impianto di distillazione primitivo. Si
sapeva già nell’antichità che ilrosmarino
aveva funzioni antibatteriche. Leonardo,
come sempre, aveva avuto grande intui-
to: sapeva che facendo ricorso al distilla-
toavrebbe aiutatolatelaaresistereagli
attacchi di agenti esterni, preservandola
nei secoli. L’olio dirosmarino era usato
come diluente per rallentare il processo
di essiccazione,tenendo viviicolori,e
perraffinarelatecnicadismaltatura, in
modo daottenerela“prospettivaaerea”
checontraddistingue le sue opere».

Latecnologia dei film Eva, spiegano gli
autori dello studio, potrebbe aprire nuovi
scenariediventareuno strumentoutile
peraccertare, per esempio, l’autenticità
dei dipinti, grazie all’accuratezzacon cui
permettedistabilireimaterialiconcui
sono statirealizzati.
Il costo dell’operazione, spiega sempre
Righetti, è stato piuttostocontenuto: «La
maggior parte del budget è stato speso in
viaggi, soprattuttoinRussia, all’incirca
cinque-seimila euro. Abbiamo lavorato
su questo progetto nel 2018, perottome-
si. Senza la disponibilità dell’Hermitage
tutta l’operazione sarebbe andata in fu-
mo.Icosti dei prodotti chimici, invece,
sono ormai sempre più bassi».
LaDonnaNudadi Leonardo ha una
fortesomiglianzaconMonnaVannao
MonnaLisaNuda,consideratodagli
esperti lo schizzo preparatorio dellaGio-
conda(1503-1504).Unparticolare che ha
appassionato Righetti: «Sapere cheforse
si trattavadell’opera preparatoria di un
capolavoro hareso lo studio dellaDonna
Nudaancora più elettrizzante».
©RIPRODUZIONERISERVATA

Lostudio
Il sito internet della rivista
scientifica «Journal of
Proteomics» ha pubblicato a
luglio lo studioLeonardo’s
DonnaNudaunveiled, nel
quale veniva analizzato
scientificamente il dipinto di
LeonardoDonnaNuda, oggi
custodito all’Hermitage di
San Pietroburgo, in Russia
L’illustrazione
Nell’infografica a sinistra:
la tela di Leonardo
con i cinque punti
dove sono state applicate
le pellicoleEva
(Etilene vinil acetato), che
hannofatto nuova luce sul
materialecon cui è stata
realizzata l’opera

i


Loscienziato
Sopra: il fisicoFrancesco
Ta ccetti, coordinatore
nazionale per Infn dellarete
di beni culturali Infn-ChNet,
e responsabile scientifico
(per la parte dicompetenza
italiana) di Machina. È stato
responsabile di vari progetti
presso l’acceleratore
Ta ndem dell’Infn di Firenze
Leimmagini
Nellafoto in alto a sinistra,
gli scienziati della
collaborazione Infn-Cern
davanti aicomponenti di
Machina alCern. Dasinistra:
Lorenzo Giuntini (Infn),
Francesco Bertinelli (Cern),
MaurizioVetrenar (Cern),
FrancescoTa ccetti (Infn),
Amy Bilton (Cern), Speranza
Falciano (Infn), Hermann
Pommerenke (Cern), Serge
Mathot(Cern),Frédérick
Bordry, (Cern),Francesca
Giambi(Infn),Fernanda
Benetti (Infn), Caroline
Czelusniak (Infn),
Alessandra Lombardi (Cern),
Marco Manetti (Infn),
Giovanni Anelli (Cern),
Agostino Lanza (Infn). Nella
foto grande: ilrendering di
Machina una volta
terminato. Nellafoto sotto: il
lavoro di unarestauratrice
dell’Opificio delle pietre dure
di Firenze (un istituto
autonomo del ministero per
i Beni e leAttività culturali
dedicato alrestauro e alla
manutenzione delle opere
d’arte) sull’Ultimacena
di GiorgioVasari
IlconvegnoLuBeC
Dopo la presentazione al
Cern di Ginevra il 14 set-
tembre, Machina sarà mo-
strato al XV LuBeC - Lucca
BeniCulturali, incontro in-
ternazionale dedicato a cul-
tura, turismo e innovazione
che sarà il 3 e 4 ottobre
al Real Collegio di Lucca

i


sportarlo in altri luoghi e musei). Si tratta di un accelera-
tore compattoadalta precisione, trasportabile, lungo
circa2,5 metri e pesante «solo» circa300 chilogrammi,
basato sullatecnologia di quadrupolo a radiofrequenza
(Hf-Rfq) sviluppata al Cern, e su 35 anni di ricercadell’In-
fn attraverso la suarete di beni culturali Infn-ChNet (Cul-
tural Heritage Network) che raggruppa oltre 15 gruppi di
ricercaspecializzati. Il prototipo si occuperà interamente
di studi di diagnostica non invasiva per ilrestauro e dello
studio dei materiali delle opere d’arte.
«Portare l’acceleratore all’opera d’arte — spiega Fran-
cescoTaccetti,coordinatore scientifico per l’Istituto na-
zionale di Fisica nucleare — non è mai stato fatto prima,
e permette di svolgere sull’opera analisi che in molticasi
non si potrebbero fare senza danneggiarla. Machina uti-
lizza dei fasci di ionicon correnticosì minuscole che la
potenza destinata all’oggetto è dell’ordine delle decine di
microwatts, il che significa che si tratta di analisi non in-
vasive. Con il fascio di ioni si possono eccitare gli atomi
del pigmento, evedere la loro emissione X, oppure ecci-
tare i nuclei degli atomi eottenere un’emissione gamma
che dà un altro tipo di informazione, o ancora si può tira-
reuno ione evederecon che energia viene “rimbalzato”
indietro dai materiali:tecniche di tipo multimessaggero,
cheforniscono insiemevarie informazioni sugli elemen-
ti della natura atomica dell’opera».
Molte informazioni di diverso tipo, ma anche molti ti-
pi di analisi diverse sull’opera d’arte: «Ad esempio pos-


siamo usare un protone di unacerta energia —continua
Taccetti — che siferma a uncerto spessore della superfi-
cie del quadro, diciamo decine ocentinaia di micron; ma
se si aumenta un pochino l’energia, il fascio siferma più
in là. Con questo gioco di energie è possibilerealizzare
stratigrafie dell’opera, cioè penetrare a profondità diver-
se nel materiale».
In pratica è possibileconoscere il tipo di sostanza usa-
ta dal pittore, ma anche individuare i diversi strati di pig-
mento, e molto altro, illustraTaccetti: «La misura serve a
caratterizzare icomponenti elementari, atomi in sostan-
za, di cui ècomposta l’opera d’arte.Per saperecosa? Be’,
ad esempio perché in fase preliminare alrestauro si vuo-
le sapere quale tipo di pigmento è stato usato perrealiz-
zare un dipinto (e se uno sa qual è il pigmento è più facile
trovarematerialicompatibilioanaloghi). Si puòcapire
se sono staticompiutirestauri sull’opera in periodi diver-
si, si può scoprire se nel pigmento si trovano sostanzere-
centi, pensiamo aicomposti del titanio o ad altricompo-
sti “moderni”,con la possibilità di individuare un falso.
L’acceleratore puòcompiere, per mezzo di un sistema di
movimentazioni esterne, una scansione e sommare im-
magini dell’opera: ciòconsente di esaminarevarie infor-
mazioni di interesse sia per irestauratori sia per gli stori-
ci dell’arte,come la modalità di pittura dell’artista, la sua
pennellata».
Beninteso, esistono giàvari strumenti per analisi ap-
profondite: uno dei più avanzati è il Molab, laboratorio

mobile per le indagini non invasive sulle opere d’arte del-
l’Università diPerugia e del Cnr, checompie spettrosco-
pia molecolare, scannerizzazione a raggi X e riflettogra-
fia infrarossa.Taccetti lo citacon entusiasmo — «sono
anni che lavoriamo in sinergiacon il gruppo del Cnr di
Perugia econ gruppi di altri enti di ricerca(per esempio
Enea)» — e prosegue: «Lacomplementarietà della ricer-
caè fondamentale. Qual è la differenza tra uno scanner a
raggi X e un acceleratore? L’acceleratore è un “cannone”:
ha la possibilità di fareanalisi di tipo quantitativoesi
prestaasvolgereprocedimenti di stratigrafia che per-
mettono di sapere strato per stratocom’è fatta l’opera».
Ma quali sono itempi per l’entrata in funzione del pro-
totipo di Machina? L’acceleratoreverrà presentatoil14
settembre durante l’open day del Cern a Ginevra, mentre
al convegno LuBeC di Lucca, il 3 e 4ottobre, sarà mostra-
toun modello in 3D del prototipo e il progetto finale del
«punto di misura», cioè la parte da cui esce il fascio dei
protoni. «Quanto alle tappe: l’acceleratore è stato svilup-
pato da Infn intorno a due modulicostruiti dal Cern di
Ginevra. L’acceleratore, per la parte della sorgente di pro-
toni, dei sistemi dicontrollo e delle parti di alta energia è
stato portato a Ginevra a luglio: da questa data inizia l’in-
tegrazione dei due moduli Cern, che dovrebbe avvenire
ragionevolmente entro la fine diottobre.Poi inizierà una
parte ditest che dovrebbe durare fino alla fine dell’anno
o ai primi del 2020 (neitempi previsti);versofebbraio,
conclusi itest, si dovrebbe poterlo riportare a Firenze per
i primitest all’Infn di Firenze, per poi portarlo all’Opificio
delle pietre dure in primavera».

Il costocomplessivo del prototipo di Machina è di cir-
ca2,5 milioni di euro, ma, avverteTaccetti, «ilcosto di un
prototipo è sempre molto diverso e più alto delcosto di
un prodottoindustriale».Econtinua: «Vaconsiderata
tutta la prima fase di sviluppo e di prove — e le prove so-
no state utili per trovareconfigurazioni stabili, mostran-
doci tutta una serie di soluzioni semplici e a bassocosto
— e ilresto dipende anche dal mercato. L’acceleratore è
stato sviluppato anche, per la parte Infn, pensando alla
formazione del personale. A differenza di una macchina
consegnata da una ditta a scatola chiusa, qui è tutto “in
chiaro”: i giovani ricercatori all’Infn hanno lavorato alla
messa a punto di un acceleratore, e non ècosa da poco
per un giovane fisico». Già si prevede un seguito a questa
ricerca,per portareulteriori modifiche,eperrendere
l’interfacciacon l’utente il più semplice possibile. «Quel-
lo che ci premeva eracomporre il primo oggetto portatile
per investigazioni in loco. Abbiamocostruito una mac-
china che ha un’energia finale sufficientementebassa
per limitare tutti gli impatti legati alla radioprotezione:
sarebbe inutile fare un acceleratore portatile se poi non
lo si può portare in giro. Machina è in grado di entrare
neicentri direstauro e nei musei (anche se ancora non lo
si può attaccareall’impianto dicasa: ha un assorbimento
non del tuttotrascurabile dell’ordine di 7-8 chilowatt)
ma esisterà una “fase due” di sviluppo ulteriore, questo è
un prototipo. Abbiamo fatto in modo che l’oggetto possa
essere facilmentereplicabile».
A proposito, il fisico racconta che Machina ha già fatto
un primo viaggio,aGinevra: «All’Infn di Firenzeintre
ore abbiamo smontato l’acceleratore, l’abbiamo portato a
Ginevra, l’abbiamo riassemblato in pochi minuti, poi ab-
biamo acceso i sistemi di vuoto, acceso la sorgente di io-
ni, e saremmo stati pronti per “sparare” se avessimo avu-
toun’opera d’arte: non esiste al mondo un altro accelera-
toreche in tre ore viene smontato e in due rimontato».
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