Corriere della Sera La Lettura - 25.08.2019

(sharon) #1

50 LA LETTURACORRIEREDELLASERA DOMENICA25AGOSTO2 019


PercorsiGeografie


diJESSICA CHIA

IdeeIl16


novembre


lacapitale


festeggerà


500 anni


dallafonda-


zione,il25


novembre


sarannotre


annidalla


mortedi


Fidel,nel


frattempo


Trumpha


sostituito


Obama.Per


capireche


cosasta


succedendo


nelPaese


caraibico,


abbiamo


chiestoun


interventoa


LorisZanat-


ta,storico


dell’Ameri-


caLatina,e


intervistato


trescrittori


chehanno


deciso


direstare


sull’isola


I


l16novembreL’Avanafesteggerà 500 anni dalla
suafondazione, nel 1519. È il 1515 quando ilconqui-
stador spagnolo DiegoVe lázquez de Cuéllar (1465-
1524) approda nella baia di Cuba; quattro anni do-
po il nucleo della futuracapitale si trasferisce nella
posizione attuale, vicino Baia Carenas.Perl’occasione
«la Lettura» ha parlatocon tre scrittori cubani percapire
checosa succede, oggi, nel mondo letterario dell’isola.
«Non mi hanno mai chiesto ditogliere nulla dai miei
libri, e non ho maitolto niente se non il superfluo». Ah-
mel Echevarría, 45 anni, scrittore cubano tra i più pre-
miati sull’isola (Bufaliinmarciaalmattatoio, primoro-
manzotradottoinitaliano da Laura MariottinieAles-
sandro Oricchio, è uscito nel 2018 per le Edizioni Efesto)
sembra non esseremai entratoincontatto, nella sua
esperienza,con lacensura letteraria. Ingegnere mecca-
nico, e poi scrittore, iromanzi di Echevarría, dallo stile
crudo, diretto, «bukowskiano», sono vicini al genere
delRealismo sporco(Pedro Juan Gutiérrez ne è il pio-
niere nazionale). Secondo l’autore, i suoi libri premiati
in patria dimostrano i limiti dellacensura oggi,così co-
me ilcaso diDíasdeentrenamiento(2012),romanzo
che haottenutoilPremio de Novelas de Gaveta Franz
Kafka dell’editorececoFra (che pubblica titoli «vietati»
a Cuba), e che poi ha vinto una borsa cubana, anche se
«una delle sottotrame del libro racconta la malattia che
allontanò dalla presidenza Castro, anticipando un even-
toche avrebbe segnato la nazione: la sua morte...».
Nonostante ilregime da anni sia più morbidocon la
censura sutemi legati, per esempio, all’omosessualità,
alla prostituzione o allareligione, ilPaese porta le cica-
tricidiuna letteraturaalungo soffocata. Quali «tabù»
sopravvivono? «Le opere che mettono in discussione la
figura di uomini che hanno guidato l’indipendenza,così
come le istituzioni politiche dicontrollo e vigilanza, e la
rivoluzione e i suoi simboli, hanno un’alta possibilità di
non essere pubblicate», spiega l’autore. «Esistono scrit-
tori che non possono pubblicare a Cuba. Esempi della
censura e delfondamentalismo politico sono statiRei-
naldo Arenas (suicida in esilio nel 1990, incarceratoe
torturato per la sua omosessualità e per le critiche al so-
cialismo,ndr) e HebertoPadilla (1932-2000), cheresta-
no ancora oggi in unazona paragonabile all’inferno».
«A Cuba ho pubblicatosettelibri, fra raccontiero-
manzi. Ho iniziato a parlare dei cubani che vivono a Mia-
mi, ma quando scrivo non penso mai severrò o no pub-
blicata». Anche MyleneFernández Pintado, avvocato (fi-
no al 2003) e scrittrice di 56 anni che vive tra Lugano e
L’Avana, sembra non risentire direstrizioni (il suo ulti-
moromanzo uscito in Italia èL’angolodelmondo, Mar-
cos y Marcos, 2017).Fernández Pintado racconta le sto-
rie deicompatrioti emigrati negliUsa: «Scrivolemie
piccole battaglie narrando fatiche e sogni delle persone,
il dilemma direstare o emigrare, i divieti per viaggiare,

esistiti fino al 2013...». E su quello cheresta dei tabù let-
terari dice: «Il Quinquennio grigio (ilcontesto dicensu-
ra erestrizioni culturali che portò a esiliare tra il 1971 e il
1976 centinaia di intellettuali e artisti, soprattutto omo-
sessuali,ndr) è durato più di cinque anni. Di quel perio-
do, sarebbe più facile elencareitemi su cui si poteva
scrivere che quelli vietati. Ma lacensura non è diminuita
dicolpo, è un processo checontinua, e ogni giorno si
conquistano nuovi spazi».
L’esperienza diYoss (nome d’arte diJosé Miguel Sán-
chez Gómez), 50 anni, autore di fantascienzacelebre a
Cubaetradottoall’estero(in Italia nel 2018Robin ha
pubblicatoIlponterosso;scriveanche letteratura fan-
tasy ed erotica) apparepiù dura: «Certoche mi sono
scontratocon lacensura. Il mioromanzo di fantascienza
più pubblicato,Sealquilaunplaneta,metafora della
decadenza morale ed economicadell’isola duranteil
“Periodo speciale” (la crisi economica più grave delPae-
se, avvenuta dopo il 1991con il crollo dell’Urss,ndr), è
statopubblicatoinSpagna, FranciaeUsa,eprestoin
Bangladesh. MaaCuba, 19 anni dopo, ancora no. Mi
hanno rimandato pubblicazioni perché dedicate ad au-
tori controversi, hannocancellato ecambiato frasi. Ma
mai mi sono autocensurato. Quando finisco di scrivere
untesto, so se posso pubblicarlo a Cuba oppure no».

Itrescrittori hanno incomune unacaratteristica:
quella di non essersene mai andati definitivamente dal-
l’isola, di averesceltodirimanere. Oggi raccontano la
perdita della speranza, larealtà — spessocon toni crudi
— il degrado (anche morale), l’identità; anche se larot-
tura tra chi è fuori e chi è rimasto in patria è quasi scom-
parsa. Come sembra essere scomparsa l’ideologia.
Anche se gli autori sono quasicoetanei, filoni diversi
li contraddistinguono.Fernández Pintado fa partedei
Los Novísimos («I nuovissimi»), la generazione di auto-
ri nati dopo la rivoluzione (1953-1959; lo scorso 1° gen-
naiocadevano i 60 anni), «testimone del crollo del Mu-
ro, del socialismoreale, della crisi dellaretorica ufficia-
le» ed educatacon quei principi. Sono scrittori che han-
no riportatoilconflittoinletteratura: «La nostra
proposta era la fine dellaverità assoluta — spiega l’au-
trice—una letteratura trasgressiva,conflittuale che
trattavatemi ritenuti tabù finoaquel momentoeche
sperimentavaformalmente». Si riscopre la dimensione
umana; si narra larealtàcubana. Dopo aver trascorso
fuori lunghi periodi (nel Cile di Allende, in Spagna dopo
la morte di Franco e negliUsa), oggiFernández Pintado
ha deciso direstare(«L’Avanaèper me unpandemo-
niumcreativo»). Nelle sue opere descrive la vita dei cu-
bani negliUsa: «Emigrare è una decisione definitiva e fi-
no a pocotempo fa non potevi fare marcia indietro».

DopoCastroSenzailsostegno


venezuelano,Cubaèneiguai


Unregime


mummificato


chesantifica


la povertà


diLORIS ZANATTA


N


ullacambia, a Cuba, ma tutto peggiora. E
tutto si ripete:come lereligioni, diceva Fi-
del Castro, le rivoluzioni si basano sulla
ripetizione. E pensare che sec’è unPaese
che ha urgente bisogno dicambiare afondo
e in fretta, è Cuba. Chiusa tra pareti d’acqua, gelosa
delle sue virtù immaginarie, protegge la sua illibatezza
dalle insidie del mondo. Che ne è della transizione, si
chiedono in tanti? Dell’apertura di Obama? Del pugno
duro di Trump? È un grande equivoco: nessuno, al-
l’Avana, pensa di transitare a nulla. Abbiamo creato,
dice ilregime fingendo di crederci, ilRegno di Dio in
terra. Né la «politica del non far nulla» di Obama, né i
latrati di Trump, gli farannocambiare idea. Ignari delle
«miserie dello storicismo», i suoi dirigenti obbedisco-
no alla ciecafede nelle «leggi della storia», alla provvi-
denza che li guida; sono gli ultimi governanti di origine
divina. Il presidente Miguel Díaz-Canel, l’«uomo nuo-
vo»? Bisogna non avere idea delcastrismo, della sua
natura direligione politica, della rigida selezione del
cetosacerdotale, per attendersi novità: natovecchio,
ripetecon le solite parole levecchieconsegne,celebra
con gli stessi gesti ivecchi rituali; incurante del dram-
ma, impermeabile al grottesco.
La vita dei cubani è un incubo e un nuovo«periodo
speciale» bussa alle porte; quello degli anni Novanta
causò fame e fughe di massa, proteste, epidemie, suici-
di. Il 90 percento dei cubani è povero, il salario minimo
vale novedollari, i servizi pubblici sono alcollasso, la
vita quotidiana è una gimkana tra ostacoli, stenti, rime-
di precari. Chi non riceve dollari da familiari all’estero,
patisce l’indigenza. Causa? L’embargo, grideranno in
molti! Ma è unrefraininfondato: laverità nuda e cruda
è che allora si chiuse il rubinetto sovietico, oggi boc-
cheggia quellovenezuelano; che l’economia delregime
non è mai stata in piedi da sé, è parassitismo puro.
Basti un esempio: Cuba insegnò ai vietnamiti acoltiva-
re caffè; ora il Vietnam ne è grande esportatore, Cuba lo
raziona. Motivo? il Vietnam ha introdotto la proprietà
privata e l’economia mercantile, riducendo la povertà
in modo drastico; Cuba nontollera la prima e bastona
la seconda a suon di fisco, burocrazia, ammende: la
povertà non smette di crescere.


Tutto ècom’era; il poco che muta è perché tutto ri-
manga uguale. Chi protesta? Botte, minacce, ostraci-
smo, galera. I media? Al guinzaglio. I tribunali? Pure. I
sindacati? Vietato scioperare. Si fugge:come si può,
dovesi può; anche inPaesi untempocosì poveri da
mandare migranti a Cuba. I cubani si buttano a mare
con barche improbabili, si ficcano nelle stive degli ae-
rei, attraversano pericolose giungle; quando muoiono
in massa,come aPanama direcente, pochis’indigna-
no, nessuna preghiera li accompagna: sono i migranti
più bistrattati dellaTerra, portano il marchio d’infamia
di «disertare» dal paradiso. Ma ora hanno internet,
celebra la stampa internazionale! Comefosse un trion-
foe non unvergognoso ritardo. Ecomunque rimane
carissimo, lentissimo,censuratissimo.
Cuba è da tanto un guscio senza gheriglio, buccia
senza polpa, un sistema fuori daltempo e dal mondo;
un clamorosocaso di abissale scarto tra sogno erealtà,
parole e prassi, mito e storia.Perché noncambia, si
chiedono in molti? Non è un mistero. Primo, perché
non esiste nulla di piùconservatore di una rivoluzione
consolidata; preso il potere, si trasforma in una specie
di Chiesa dogmatica eottusa, tirannica e spietata, cu-
stode della sua ortodossia. Come puòcambiare? Ocol-
lassa o l’abbattono. Guai a lasciare sacche di prosperità,
margini di libertà: ne patirebbe lafede del «popolo».
Secondo: ilcomunismo cubano è un’utopia cristiana,
un sogno millenarista; il suo nemico eterno è l’Illumi-
nismo; i cubani sono il popolo eletto, puro e innocente;
scopo della rivoluzione, meglio chiamarlaredenzione,
è sempre stato preservarli dal peccatodel liberalismo,
dal morbo delcapitalismo che tuttocorrompe. Viva la
santapobreza, dicevano i gesuiti agli indios delPara-
guay;così ripeté Fidel, secoli dopo. È questo che piace
di Cuba, no? A chi ha il biglietto di ritorno.
©RIPRODUZIONERISERVATA


«La letteratura


èconflitto»


Vocidall’Avana

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