La Stampa - 23.08.2019

(WallPaper) #1
.

LA SFERZATA DI NAPOLITANO AI PARTITI

UNA CRISI DURATA QUASI TRE MESI

IL SECCO INTERVENTO DI MATTARELLA

GIACOMO GALEAZZI
ROMA

S

ul buon governo può
consolidarsi una nuo-
va maggioranza», af-
ferma lo storico An-
drea Riccardi, fondatore di
Sant'Egidio, presidente della
Società Dante Alighieri, ex mi-
nistro della Cooperazione.
Cosa unisce Pd e 5 stelle?
«Sono partiti con storie e antro-
pologie diverse. Può unirli la
sfida di lavorare al governo
con pazienza. 5 stelle e Pd fan-
no fatica a trovarsi insieme, an-
che come valori, ma possono
farlo affermando il primato
del buon governo. La sfida è ri-
prendere a governare l’Italia :
è un servizio necessario».
Ma con quale programma?
«Va garantita la governabilità
con la maggioranza possibile.
Il buon governo funziona nelle
sedi istituzionali, fa e non sta
in campagna elettorale perma-
nente, ascolta i cittadini e ri-
sponde al Parlamento. In un’e-
tà post-ideologica serve pa-
zienza per lavorare su un pro-
gramma di governo. Bisogna
uscire dall’interesse di parte. È
un momento grave: c’è biso-
gno di sguardo da statisti e co-
raggio di superarsi. Troppi lea-
der non guardano oltre al loro
destino personale e della pro-
pria parte».
Come si archivia la stagione
sovranista-populista?
«Gli italiani non stanno bene:
sono spesso spaesati e arrab-
biati, confusi in una massa. Bi-
sogna sporcarsi le mani nella
società e ricostruire un tessuto

comunitario, capace di media-
re e integrare un mondo di so-
li. L’emergenza non è l’invasio-
ne alle frontiere, ma è dentro
la società. Serve una risposta
ai 150 mila che se ne vanno
ogni anno dal Paese».
Cosa non ha funzionato nel-
la strategia di Salvini?
«La politica ha usato la paura,
lo spaesamento. Bisogna ri-
partire dalla centralità del Par-
lamento e dal “buon gover-
no”, insegna Einaudi. I proble-
mi degli italiani non si risolvo-
no nelle crociate contro qual-
cuno e nei bagni emotivi. Il ne-
mico non è alle frontiere, è in
casa. Il problema è la qualità
della vita che facciamo non la
difesa dei confini».
Mai tanto sfoggio di religiosi-
tà in politica. E la Chiesa?
«Tranne qualche cinguettio

estivo, abbastanza silente. La
religione non è mai stata così
centrale nel dibattito parla-
mentare. La Chiesa appare un
gigante silenzioso, se si esclu-
de il Papa con la sua passione
evangelica. Eppure tanti catto-
lici lavorano per tenere insie-
me il tessuto comunitario. De-
borda una religione liquida,
sconnessa dalla Chiesa. Man-
ca una cultura di popolo che
unisca Chiesa, gente e religio-
sità. La persone, anche religio-
samente, sbandano. Il mondo
globalizzato è religioso ma è
una religione sconnessa dalla
cultura. Accade anche nell’I-
slam. È una religione “fai da
te”, scollegata dalle istituzio-
ni: non crea comunità ma emo-
zioni».
E da cosa nota una svolta?
«14 milioni di italiani hanno
seguito martedì il dibattito in
Senato. Vogliono una politica
di parole e di fatti e non di in-
vettive, apprezzano la serietà
di Conte e la determinazione
di Mattarella a indirizzare la
crisi sul binario della democra-
zia parlamentare. Stavamo
scivolando in un regime plebi-
scitario pro o contro un leader
e nell’ingovernabilità di un
conflitto interno di un esecuti-
vo assente».
Ora un governo Pd-5 stelle?
«Il Paese va governato nel
turbine della crisi economi-
ca in cui stiamo entrando.La
scenario internazionale in
movimento impone che il
Paese sia governato e ancora-
to a salde alleanze: non allo
sbando d’improvvisazioni.
Poi c’è l’esigenza di più lun-
go termine di una trasforma-
zione del tessuto del Paese.
La globalizzazione l’ha cam-
biato. Il regime plebiscitario
l’ha snaturato. Siamo passati
dall’Italia delle cento città
all’avvilimento dello spirito
comunitario, a una massa di
persone sole, marginalizza-
te, in cerca di una rappresen-
tanza politica attraverso la
verticalizzazione, il leaderi-
smo, la caccia al nemico, il
culto delle emozioni, il ba-
gno vivificatore delle elezio-
ni-referendum. Ma la gente
non vuole essere periferica:
buon governo e lavoro nella
società potranno liberare dal-
la paura del futuro». —
c BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI

L’irritazione del Quirinale


per la politica dei due forni


È tornata la strategia andreottiana fondata sull’indifferenza per gli alleati


Sei anni dopo il discorso di Napolitano, il Parlamento non è all’altezza


ANSA

Il 1° giugno 2018 Giusep-
pe Conte giura nelle mani
del presidente della Re-
pubblica Sergio Mattarel-
la, mettendo fine a una
crisi politica durata quasi
tre mesi. Anche un anno
fa si era creata un’ambi-
guità tra i partiti che, do-
po settimane e settima-
ne, si era risolta alla fine
con l’alleanza tra M5S
(primo partito alle urne il
4 marzo) e Lega. Il “con-
tratto di governo” è dura-
to 14 mesi: dopo l’ipotesi
di sfiducia leghista Conte
si è dimesso il 20 agosto.

Alla fine della giornata
di consultazioni,
il presidente della
Repubblica Sergio
Mattarella ha concluso
i lavori con un breve
discorso, non mancando
di far trasparire
un sostanziale
pessimismo.
Più delle parole, dice
molto la brevità del
discorso, accompagnato
dalla doppiezza che già
lo aveva esasperato
spingendolo a convocare
Cottarelli dopo
89 giorni di crisi.

FRANCESCO GRIGNETTI
ROMA

I

l professor Domenico De
Masi da un anno fa il tifo
per un governo Pd-M5S.
Forse ci siamo. Sorpreso?
«Guardi, a caldo fummo sol-
tanto in tre a pensare che que-
sta sarebbe stata la soluzione
migliore: Massimo Cacciari,
Marco Travaglio e il sotto-
scritto. Nessuno ci diede
ascolto. Renzi affossò l’idea
in un baleno. Ora è passato
un anno, non un’eternità, ep-
pure sono tutti d’accordo,
Renzi compreso, il quale po-
trebbe ammettere che, per es-
sersi impuntato di volere un
governo con dentro lui e la
Boschi (ma ora vedo che ha
imparato un po’ di umiltà),
ha regalato l’Italia a Salvini.
Senza la vetrina del ministe-
ro dell’Interno, ora la Lega sa-
rebbe al 10% e non al 38%. Si
vede che per i politici italiani
ci vuole almeno un anno per
capire...».
Non è sorpreso dalla piroetta,
insomma. Eppure chi l’avreb-
be detto che potessero incon-
trarsi un movimento anti-si-
stema con un partito così in-
trinseco al sistema?
«Dipende. Se guardiamo alla
base dei due partiti, posso dire
che sociologicamente sono ab-
bastanza affini. Il M5S lo po-
tremmo definire un movimen-
to di proletari e piccola borghe-
sia. Dovrebbe essere così an-
che per il Pd, considerando la
sua origine di partito di sini-
stra, sennonché la stagione
renziana lo ha inzeppato di

neoliberisti. Così si spiega per-
ché lo votano solo ai Parioli e
perché 1,8 milioni di voti sono
scappati verso il M5S per dispe-
razione. Di contro, la monta-
gna grillina ha perso la grande
parte che pencolava a destra,
attratta inesorabilmente da
Salvini. Quel che residua delle
due basi a questo punto è so-
stanzialmente affine».
Ora che c’è Zingaretti, poi, il
Pd potrebbe cambiare pelle.
«Se parliamo dei vertici, dob-
biamo passare all’analisi poli-
tologica e dire che i commensa-
li sono almeno 4 o 5. Ci sono
all’opera almeno due Pd e due
M5S. Perché oggi la distinzio-
ne tra destra e sinistra è cam-
biata, è tra iperliberismo e wel-
fare, e attraversa tutti i gruppi
dirigenti».
In questo senso, la segreteria

Zingaretti cambia l’agenda
politica del Pd e favorisce l’in-
contro con il M5S. O no?
«Beh, va premesso che con Zin-
garetti c’è la base ma non i par-
lamentari, che erano stati sele-
zionati uno ad uno da Renzi, il
quale ha escluso scientifica-
mente tutti quelli che non era-
no perfettamente allineati con
lui. Penso a gente come Erme-
te Realacci o Cesare Damiano.
Tutti cancellati. Zingaretti po-
trebbe persino essere tentato
da nuove elezioni per sceglier-
si altri gruppi parlamentari.
Ma così facendo, regalerebbe
l’Italia a Salvini perché è evi-
dente chi vincerebbe se si vo-
tasse oggi. Quindi la domanda
è: gli conviene?».
Lei non vede, insomma, gran-
di ostacoli alla nuova allean-
za. Né di persone, né di politi-
che.
«Se guardiamo ai 5 punti del
Pd, sì. Sull’Europa, Di Maio è
stato abile e li ha riavvicinati a
Bruxelles: si pensi al voto per
Ursula. Più di questo...
Sull’ambientalismo, non c’è
dubbio che il M5S sia ecologi-
sta e una svolta in questo senso
può solo convenire al Pd. Vel-
troni, che è il più lucido, lo di-
ce: il Pd è ambientalista o non
è».
Resta la discontinuità. Lo sco-
glio più grosso.
«Se significa che il Pd non vuo-
le Giuseppe Conte, non li capi-
sco. Ha dimostrato di essere
abile, conosce la grammatica
istituzionale e anche la gram-
matica tout court. Del cane-
stro M5S, è il migliore. Perché
privarsene per far entrare uno
più cretino? Quanto al Pd, di-
scontinuità significa che do-
vrebbero fare a meno di perso-
nalità tipo Paolo Gentiloni. Ma
a chi conviene un governo del-
le seconde file?».
Discontinuità significa anche
lasciare a terra Luigi Di Maio.
«Voglio lanciargli qui un appel-
lo: Luigi, hai 32 anni, un’espe-
rienza politica di tutto rispet-
to, vicepresidente della Came-
ra, vicepremier, due ministeri
economici, ma ti accusano di
scarsa cultura. Fermati e iscri-
viti a una delle migliori univer-
sità del mondo. Quando fini-
rai, avrai appena 36 anni, un
curriculum eccezionale e tor-
nerai alla grande».—
c BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI

ANSA

Il 22 aprile 2013, a 87
anni, Giorgio Napolitano
diventa il primo presiden-
te della Repubblica a esse-
re rieletto per un secondo
mandato. In quell’occasio-
ne tiene un discorso a Ca-
mere riunite durissimo
contro i partiti. «Non si
sono date soluzioni soddi-
sfacenti» alla richiesta di
riforme, disse il capo del-
lo Stato sottolineando
«contrapposizioni, lentez-
ze, esitazioni circa le scel-
te da compiere, calcoli di
convenienza, tatticismi e
strumentalismi».

ANDREA RICCARDI
FONDATORE
SANT’EGIDIO

Q


uel taglio dei parla-
mentari che i grillini
vorrebbero deciso
in pochi giorni, ap-
provando definitivamente,
senza se e senza ma, il testo
della riforma costituzionale
contro cui il Pd in Parlamen-
to ha votato contro già per
tre volte, e alla quale invece
Salvini s’è dichiarato pubbli-
camente favorevole. Offren-
do inoltre la disponibilità a
formare un nuovo governo
giallo-verde, con Di Maio
premier e un rafforzamento
della squadra dei ministri.
La crisi del 2018, durata
quasi tre mesi, con un ping
pong tra le due ipotesi di go-
verno concluso alla fine con
l’alleanza Di Maio - Salvini,
si era trascinata per settima-
ne e settimane proprio su
quest’ambiguità che ieri s’è
riproposta pari pari nei col-
loqui decisivi del primo giro
di consultazioni. Rivelando
con Zingaretti la sostanziale
incomunicabilità tra i verti-
ci di Pd e M5s, malgrado l’ap-
puntamento fissato per oggi
tra le delegazioni dei due
partiti, e un reciproco gioco
tattico, fatto di prezzi che si
alzano e decaloghi program-
matici che si allungano (cin-
que più tre i punti irrinuncia-
bili messi sul tavolo dai De-
mocrat, dieci, ma in realtà
una quarantina, quelli grilli-
ni). Confermando poi con
Salvini che la Lega, pur di
non farsi cacciare all’opposi-
zione, è pronta a cedere mol-
to, perfino a cancellare il ve-
to che l’anno scorso impedì
al capo politico pentastella-
to di arrivare a Palazzo Chi-
gi. E certificando infine con
Di Maio che tutte le opzioni
restano aperte, “le interlocu-
zioni per costruire una mag-
gioranza”, come le ha chia-
mate, sono rivolte verso tut-
te le direzioni.
Va da sé che un quadro
del genere è apparso molto
deludente al Capo dello Sta-
to. I cinque giorni assegnati
ai protagonisti della crisi
per chiarirsi le idee rappre-
sentano il minimo sindaca-
le, rispetto a una tattica rive-
latasi inconcludente, un po’
da tutte le parti. Viene da
qui il sostanziale pessimi-
smo, che Mattarella non ha
mancato di far trasparire,
nel breve incontro con i gior-
nalisti alla fine dell’intensa
(quanto inutile, purtroppo)
giornata di lavoro sul Colle.
Agli occhi del Presidente,
pur con la riservatezza che
lo contraddistingue, la crisi
d’agosto è stata una specie
di follia. I rappresentanti
dei partiti giunti al suo co-
spetto si sono comportati
con inaccettabile irrespon-
sabilità. Il suo richiamo alle
gravi decisioni che attendo-
no l’Italia, sul piano interno
e su quello internazionale,
ha voluto sottolineare l’ina-
deguatezza degli interlocu-
tori di fronte alla drammati-
cità del momento.
A Mattarella, come e più
di altri, non piace sentirsi
preso in giro. Il Colle è forse
l’ultimo luogo istituzionale
in cui la liturgia delle regole,
il necessario formalismo, la
verbalizzazione degli incon-
tri, siano rimasti in vigore e
risultino incompatibili con
le trattative parallele, il dire

tutto e il contrario di tutto,
dentro e fuori le spesse mu-
ra del Quirinale. In questo
senso, più di tante parole, di-
ce molto la brevità del con-
fronto, sì e no mezz’ora, con
la delegazione 5 stelle guida-
ta da Di Maio, il leader che si
era spinto a minacciare l’im-
peachment del Presidente,
l’anno scorso, per ritirarlo
nel giro di due giorni.
Invece di presentarsi con
una parte del lavoro già fat-
to, come Mattarella si aspet-
tava, i leader dei partiti chia-
mati a cercare una soluzio-
ne per la crisi, sono rimasti
fermi al punto in cui erano
l’8 agosto, quando Salvini
aveva ritirato la fiducia al go-
verno Conte, e Renzi, subito
dopo, capovolgendo la sua
posizione contraria a ogni
intesa Pd-5 stelle, propone-
va il ribaltone, per scongiu-
rare nuove elezioni anticipa-
te di cui il leader della Lega
sarebbe stato il vincitore an-
nunciato. Dunque: Zingaret-
ti scettico e irritato con il suo
predecessore, per lo scippo
della gestione della crisi e il
“no” a elezioni che il segreta-
rio del Pd non vuole di evita-
re a tutti i costi. Di Maio am-
biguo e intimamente contra-
rio al nuovo assetto politico
in cui si troverebbe a disa-
gio, con il rischio di retroce-
dere in seconda fila, dietro
un premier del suo stesso
Movimento, o a metà strada
tra i due possibili nuovi al-
leati. Una condizione assai
diversa rispetto al filo diret-
to avuto giorno dopo giorno
con Conte. Quanto a Salvi-
ni, è stato lesto a infilarsi in
questo gioco degli specchi,
con l’inattesa (e assai più at-
traente per il leader grilli-
no) proposta di aprire il por-
tone di Palazzo Chigi per Di
Maio, che passerebbe
dall’angustia e dalle difficol-
tà della dura sconfitta alle
Europee, nuovamente a un
ruolo di primo piano.
Tutto questo, accompa-
gnato dalla doppiezza che
già nel 2018 aveva esaspera-
to il Capo dello Stato, spin-
gendolo dopo 89 giorni di
crisi a convocare per l’incari-
co il professor Cottarelli e a
prefigurare un “governo del
Presidente” per por fine alla
commedia dei rinvii e ai rim-
palli giallo-verdi. Era stata
quella mossa a sbloccare la
situazione e a motivare la na-
scita del governo Conte. Ma
rispetto a quattordici mesi
fa, adesso Mattarella ha mol-
ta meno pazienza da spende-
re. I cinque giorni che sca-
dranno martedì segnano un
limite invalicabile, superato
il quale, il Capo dello Stato,
pur consapevole delle pe-
santi implicazioni di una tor-
nata elettorale d’autunno,
scioglierà le Camere e rida-
rà la parola agli elettori.
Il breve e secco intervento,
pronunciato ieri sera al Quiri-
nale dal Presidente, ha ricor-
dato a molti il duro discorso
che Napolitano aveva fatto a
senatori e deputati riuniti il
22 aprile del 2013 dopo la
sua rielezione, quando arri-
vò a minacciare di dimetter-
si, cosa che poi fece, se il Par-
lamento appena insediato si
fosse dimostrato incapace di
assolvere i propri compiti.
Più di sei anni sono passati
da allora a oggi: la situazione
è ferma allo stesso punto. —
c BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI

DOMENICO DE MASI
PROFESSORE EMERITO
DI SOCIOLOGIA

INTERVISTA

LA CRISI LA CRISI

Pd e grillini hanno
matrici e culture
diverse ma possono
rispondere alle
esigenze del Paese

2013

ANSA

INTERVISTA

Di Maio è giovane.
Dovrebbe laurearsi
in una delle migliori
università del mondo
e tornare alla grande

LAPRESSE
Il Reggimento Corazzieri è una forza specializzata dell’Arma dei Carabinieri, guardia d’onore del presidente della Repubblica

ANDREA RICCARDI Storico ed ex ministro

“Bisogna abbandonare la politica della paura”

“Devono ricucire


un tessuto


comunitario”


MARCELLO SORGI

2018

DOMENICO DE MASI Professore di sociologia


“Non ci sono grandi ostacoli alla loro alleanza”


“Pd e M5S

hanno elettori

molto simili”

IERI

L’ombra dei due forni - la vec-
chia politica andreottiana
della Prima Repubblica fon-
data sull’indifferenza per gli
alleati, chi ci sta ci sta - s’è al-
lungata nuovamente, dopo
poco più di un anno, nello stu-
dio alla Vetrata del Quirina-
le, quando Di Maio ha detto
al Presidente Mattarella che i
gruppi parlamentari del Mo-
vimento 5 stelle avrebbero
aperto una trattativa con il
Pd, ma a partire dal punto
più indigesto del program-
ma pentastellato, quel taglio
dei parlamentari che i grillini
vorrebbero deciso in pochi
giorni, approvando definiti-
vamente, senza se e senza
ma, il testo della riforma co-
stituzionale contro cui il Pd
in Parlamento ha votato con-
tro già per tre volte, e alla qua-
le invece Salvini s’è dichiara-
to pubblicamente favorevo-
le. Offrendo inoltre la dispo-
nibilità a formare un nuovo
governo giallo-verde, con Di
Maio premier e un rafforza-
mento della squadra dei mi-
nistri.
La crisi del 2018, durata
quasi tre mesi, con un ping
pong tra le due ipotesi di go-
verno concluso alla fine con
l’alleanza Di Maio - Salvini, si
era trascinata per settimane
e settimane proprio su que-
st’ambiguità che ieri s’è ripro-
posta pari pari nei colloqui
decisivi del primo giro di con-
sultazioni. Rivelando con
Zingaretti la sostanziale inco-
municabilità tra i vertici di
Pd e M5s, malgrado l’appun-
tamento fissato per oggi tra
le delegazioni dei due parti-
ti, e un reciproco gioco tatti-
co, fatto di prezzi che si alza-
no e decaloghi programmati-
ci che si allungano (cinque
più tre i punti irrinunciabili
messi sul tavolo dai Demo-
crat, dieci, ma in realtà una
quarantina, quelli grillini).
Confermando poi con Salvi-
ni che la Lega, pur di non far-
si cacciare all’opposizione, è
pronta a cedere molto, perfi-
no a cancellare il veto che
l’anno scorso impedì al capo
politico pentastellato di arri-
vare a Palazzo Chigi. E certifi-
cando infine con Di Maio che
tutte le opzioni restano aper-
te, “le interlocuzioni per co-
struire una maggioranza”,

come le ha chiamate, sono ri-
volte verso tutte le direzioni.
Va da sè che un quadro del
genere è apparso molto delu-
dente al Capo dello Stato. I
cinque giorni assegnati ai
protagonisti della crisi per
chiarirsi le idee rappresenta-
no il minimo sindacale, ri-
spetto a una tattica rivelatasi
inconcludente, un po’ da tut-
te le parti. Viene da qui il so-
stanziale pessimismo, che
Mattarella non ha mancato
di far trasparire, nel breve in-
contro con i giornalisti alla fi-
ne dell’intensa (quanto inuti-
le, purtroppo) giornata di la-
voro sul Colle. Agli occhi del
Presidente, pur con la riserva-
tezza che lo contraddistin-
gue, la crisi d’agosto è stata
una specie di follia. I rappre-
sentanti dei partiti giunti al
suo cospetto si sono compor-
tati con inaccettabile irre-
sponsabilità. Il suo richiamo
alle gravi decisioni che atten-
dono l’Italia, sul piano inter-
no e su quello internaziona-
le, ha voluto sottolineare l’i-
nadeguatezza degli interlo-
cutori di fronte alla dramma-
ticità del momento.
A Mattarella, come e più di
altri, non piace sentirsi preso
in giro. Il Colle è forse l’ulti-
mo luogo istituzionale in cui
la liturgia delle regole, il ne-
cessario formalismo, la ver-
balizzazione degli incontri,
siano rimasti in vigore e risul-
tino incompatibili con le trat-
tative parallele, il dire tutto e
il contrario di tutto, dentro e
fuori le spesse mura del Quiri-
nale. In questo senso, più di
tante parole, dice molto la
brevità del confronto, sì e no
mezz’ora, con la delegazione
5 stelle guidata da Di Maio, il
leader che si era spinto a mi-
nacciare l’impeachment del
Presidente, l’anno scorso,
per ritirarlo nel giro di due
giorni.
Invece di presentarsi con
una parte del lavoro già fat-
to, come Mattarella si aspet-
tava, i leader dei partiti chia-
mati a cercare una soluzione
per la crisi, sono rimasti fer-
mi al punto in cui erano l’
agosto, quando Salvini ave-
va ritirato la fiducia al gover-
no Conte, e Renzi, subito do-
po, capovolgendo la sua posi-
zione contraria a ogni intesa
Pd-5 stelle, proponeva il ri-
baltone, per scongiurare nuo-
ve elezioni anticipate di cui il
leader della Lega sarebbe sta-
to il vincitore annunciato.
Dunque: Zingaretti scettico
e irritato con il suo predeces-
sore, per lo scippo della ge-
stione della crisi e il “no” a ele-
zioni che il segretario del Pd
non vuole di evitare a tutti i
costi. Di Maio ambiguo e inti-
mamente contrario al nuovo
assetto politico in cui si trove-
rebbe a disagio, con il rischio
di retrocedere in seconda fi-
la, dietro un premier del suo
stesso Movimento, o a metà
strada tra i due possibili nuo-
vi alleati. Una condizione as-
sai diversa rispetto al filo di-
retto avuto giorno dopo gior-
no con Conte. Quanto a Salvi-
ni, è stato lesto a infilarsi in
questo gioco degli specchi,
con l’inattesa (e assai più at-
traente per il leader grillino)
proposta di aprire il portone
di Palazzo Chigi per Di Maio,
che passerebbe dall’angustia
e dalle difficoltà della dura
sconfitta alle Europee, nuo-
vamente a un ruolo di primo
piano.
Tutto questo, accompagna-
to dalla doppiezza che già
nel 2018 aveva esasperato il
Capo dello Stato, spingendo-
lo dopo 89 giorni di crisi a
convocare per l’incarico il
professor Cottarelli e a prefi-
gurare un “governo del Presi-
dente” per por fine alla com-
media dei rinvii e ai rimpalli
giallo-verdi. Era stata quella
mossa a sbloccare la situazio-
ne e a motivare la nascita del
governo Conte. Ma rispetto a
quattordici mesi fa, adesso
Mattarella ha molta meno pa-
zienza da spendere. I cinque
giorni che scadranno marte-
dì segnano un limite invalica-
bile, superato il quale, il Ca-
po dello Stato, pur consape-
vole delle pesanti implicazio-
ni di una tornata elettorale
d’autunno, scioglierà le Ca-
mere e ridarà la parola agli
elettori.
Il breve e secco intervento,
pronunciato ieri sera al Quiri-
nale dal Presidente, ha ricor-
dato a molti il duro discorso
che Napolitano aveva fatto a
senatori e deputati riuniti il
22 aprile del 2013 dopo la
sua rielezione, quando arri-
vò a minacciare di dimetter-
si, cosa che poi fece, se il Par-
lamento appena insediato si
fosse dimostrato incapace di
assolvere i propri compiti.
Più di sei anni sono passati
da allora oggi: la situazione è
ferma allo stesso punto.

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