Vogue Italy - 09.2019

(nextflipdebug2) #1
MY BODY

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aveva disegnato un Don Chisciotte a cavallo
stilizzato. E infine Paco Rabanne, che nell’ot-
tobre del 1966, in un hotel di Park Avenue,
aveva presentato un abito fatto di triangoli
di metallo uniti da fili di ferro, che intrec-
ciava utilizzando una tenaglia: «Fu grazie a
quel reportage pubblicato dalla rivista Status
che in America si iniziò a parlare di “french
touch”», ricorda Laffont. «La modella era la
mia fidanzata Eliane, che avrei sposato pochi
mesi più tardi».

Testimone di un’epoca, oggi Jean-Pierre Laf-
font non scatta più: «Non sento il bisogno di
premere il pulsante: mi limito a comporre
immagini nella mente, e a lasciarle lì». Un
trucco per sfuggire ai rammarichi della vita
di reporter e non pensare alle tante foto mai
scattate, e a quelle andate perdute: «Il venti

Sopra, da sinistra. Sylvie Vartan sul Brooklyn Bridge, giugno 1979. Paco Rabanne ed Eliane, la moglie (allora fidanzata)
di Laffont, durante uno shooting di moda, ottobre 1966. Nella pagina accanto. Françoise Hardy a Manhattan, 1969. Le immagini
sono tratte dal libro “Nos Stars en Amérique: cartes postales de Jean-Pierre Laffont” (Éditions de la Martinière).

per cento dei miei rullini è andato smarrito,
nelle redazioni o negli archivi delle agenzie».
Compreso un servizio fatto a Sophia Loren a
metà degli anni Sessanta per le strade di Litt-
le Italy: «La portai in una bisca clandestina,
dove si mise ad autografare biglietti da cento
dollari per dei personaggi poco raccomanda-
bili». Cartoline perdute? Forse. Ma chissà per
quale miracolo, l’immagine della Loren sem-
bra comporsi precisa, in bianco e nero, nella
camera oscura della mente._______________

MYSELF

MYSELF

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