la Repubblica - 20.08.2019

(nextflipdebug5) #1
di Enrico Franceschini

LONDRA — Chi è dentro è dentro, chi
è fuori è fuori: la Brexit sta per chiu-
dere le porte della Gran Bretagna.
Dal prossimo 1 novembre i cittadini
europei non potranno più emigrarvi
liberamente, se il 31 ottobre questo
paese uscirà dalla Ue con il “no
deal”, ovvero senza alcun accordo,
come minaccia di fare Boris John-
son. Lo ha reso noto Downing
Street, confermando indiscrezioni
secondo cui la “libertà di movimen-
to”, un principio cardine dell’Unio-
ne Europea, finirà immediatamente
il giorno dopo la Brexit, senza una fa-
se di transizione per l’introduzione
delle nuove norme.
L’annuncio ha suscitato immedia-
te proteste a Bruxelles e a Londra. «I
cittadini dei 27 paesi della Ue che ri-
siedono nel Regno Unito e quelli
che ancora vogliono visitarlo merita-
no più certezze e maggiori informa-
zioni», commenta su Twitter Guy

Verhofstadt, rappresentante del Par-
lamento europeo ai negoziati sulla
Brexit. «Una decisione irresponsabi-
le e avventata», afferma Ed Davey,
portavoce dei liberaldemocratici, il
più europeista fra i partiti britanni-
ci. «Che conseguenze avrebbe per i
cittadini europei che vivono in Gran
Bretagna, quando ritornano da un
viaggio all’estero? Il nostro governo
vuole seriamente che a un’infermie-
ra europea di un ospedale britanni-
co non verrà permesso di rientrare
nel Regno Unito da una vacanza? È
assurdo». Concorda Nicolas Hatton
di The3Million, l’associazione che
rappresenta i 3 milioni e mezzo di
europei residenti in Gran Bretagna:
«Significa caos e discriminazione.
Come potranno le guardie di frontie-
ra distinguere tra chi vive qui e quel-
li che arriveranno dopo?».
Il governo britannico ha organiz-
zato un sistema per garantire a tutti
gli europei residenti in Gran Breta-
gna di restarvi a tempo indetermina-
to con pieni diritti, anche in caso di

Brexit con il “no deal”; e per chi vor-
rà emigrare in seguito si parla di pia-
ni per un sistema “a punti” sul mo-
dello di Australia e Singapore per il
futuro. Ma il “settled status”, ovvero
il permesso di residenza permanen-
te, introdotto quattro mesi fa, è sta-
to finora ottenuto solo da un milio-
ne di europei (tra cui 120 mila italia-
ni su un totale di 700 mila), ed è im-
probabile che i restanti due milioni
e mezzo si mettano in regola nei 72
giorni che mancano alla Brexit. È ve-
ro che per richiedere il “settled sta-

tus” c’è tempo fino al dicembre
2020, ma chi non ne è ancora provvi-
sto e va in Europa potrebbe trovarsi
in difficoltà a dimostrare al ritorno il
diritto di residenza. Si profilano
complicazioni anche per chi ha già
il “settled status”, poiché si tratta di
uno status digitale, senza un docu-
mento che lo attesti.
L’alternativa è che il primo mini-
stro ci ripensi. O che raggiunga in ex-
tremis un accordo con la Ue per
scongiurare il “no deal”. O che sia
l’opposizione a bloccarlo, come il
leader laburista Jeremy Corbyn si è
ieri impegnato a fare «in qualunque
modo». Ma il primo novembre, se
non cambia niente, a Londra torne-
rà di moda la vecchia barzelletta:
nebbia sulla Manica, il continente
isolato.

I punti
L’annuncio
di Downing Street

hLa scadenza del 31 ottobre
È la data della Brexit, l’uscita
della Gran Bretagna dalla Ue.
Se sarà senza accordo (“no
deal”) con Bruxelles scatterà
anche lo stop alla libera
circolazione

hGli europei residenti
In Gran Bretagna sono 3,
milioni (700mila gli italiani).
Chi esce dai confini potrebbe
avere problemi a rientrare

hIl sistema a punti
Si può fare richiesta del
“settled status”, ma
mancano 72 giorni. Londra
studia un sistema a punti sul
modello australiano

kIl premier
Boris Johnson, 55 anni, è il
premier britannico dal 24
luglio. L’opposizione
chiede nuove elezioni per
gestire la Brexit

Il caso

Brexit, Londra ferma


la libera circolazione


Boris Johnson sceglie la linea dura: nessuna transizione per i cittadini europei


in caso di uscita dalla Ue senza un accordo. Scatta la protesta: “Irresponsabile”


PETER NICHOLLS/POOL/ AP

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