la Repubblica - 20.08.2019

(nextflipdebug5) #1

Il presidente della Cei al Meeting di Cl


Il cardinale Bassetti: “Si aiuta


chi ha bisogno, italiano o straniero”


dalla nostra inviata
Conchita Sannino

rimini — Scuote la testa, come se
guardare al Parlamento, pur se in
un giorno così cruciale, fosse un
po’ riduttivo. «La crisi, prima di
spaccare il governo, è crisi di siste-
ma e di visione. Ma certo, c’è an-
che lì, nel Palazzo, e va affrontata
con tutte le forze, mettendosi in-
sieme, facendo al più presto ripar-
tire il Paese. Per questo aspetto an-
che io che il presidente del Consi-
glio parli, e che comunque il Paese
si rimetta in moto». Al Meeting è il
giorno in cui Gualtiero Bassetti, il
presidente della Cei, il cardinale
dalla morbida empatia umbra, di-
ce una cosa dura: «In Italia è la not-
te». E dopo avere già bacchettato
l’uso strumentale dei simboli reli-
giosi, stavolta torna a precisare
sui migranti: «Si aiuta tutti, chi è

povero e ha bisogno, italiano o
straniero».
Ospite della kermesse, con te-
ma tutto politico “Non fatevi ruba-
re i sogni”, Bassetti testimonia che
«il nichilismo è diventato per tanti
una costante fuga», ricorda che
«da decenni il discorso pubblico
parla dei giovani ma con retorica,
poi non li ascolta». Il rinnovamen-
to nella politica e nelle istituzioni?
Indica la sala, per un pastore la so-
luzione è sempre a portata di don-
ne e di uomini: «Tocca ai giovani,
guardi quante centinaia di ragaz-
zi, hanno idee, talenti, più di quan-
ti essi stessi sappiano, nessuno
uguale all’altro, ciascuno un pez-
zo di mondo come diceva Thomas

Merton (monaco-scrittore statuni-
tense, ndr). Quanti allievi, quanti
ragazzi ho visto crescere, da oltre
20 anni sono un educatore. Quan-
do il cardinale Benelli mi nominò
rettore del Seminario ero spaven-
tato, lui mi disse solo: non metter-
ti davanti, loro sanno dove anda-
re, hanno antenne forti, ma ac-
compagnali. E ora so che loro ve-
dono più avanti. Perciò io non ho
paura. Chiedo solo loro di avere
coraggio. Per se stessi e per il pae-
se, devono spendere le loro risor-
se. E che non abbiano riserve, ten-
tennamenti, perché quello rende
inerti e porta tutto alla paralisi, co-
me siamo ora».
Le urne continuano a essere lon-

tane, anche viste da qui, in mezzo
a un popolo che rimpiange vecchi
leader (con tutte le loro fragilità) e
si interroga su quello che c’è “da ri-
parare e da far ripartire”. Così an-
che Bassetti , pur senza mai nomi-
nare le elezioni, chiede stabilità,
senza rinvii: «L’Italia ha bisogno
di essere accompagnata e confor-
tata con azioni concrete. Bisogna
incentivare l’industria, bisogna
far ripartire il lavoro, ci vuole un
po’ di coraggio a partire». Insom-
ma: «Se non si mette in moto la
macchina, anzi un grosso treno
per la stabilità, per il lavoro , ma
fatta di idee e progetti, qui tra tre
anni siamo punto e a capo». E
quando parla di primavera e il pen-
siero torna all’Italia senza un go-
verno, lui dice secco: «Ora è la not-
te, quando fa freddo, non si vede.
Allora arriva la sentinella che do-
manda: quanto manca alla luce? E
quella risponde: l’alba viene».

Il ritorno di Beppe Grillo non è il ri-
torno di Cincinnato ma quello di un
generale della riserva che viene ri-
chiamato allo stato maggiore per-
ché è scattato l’allarme rosso. E non
è, il Beppe che torna in campo, lo
stesso Grillo da combattimento del
Vaffa Day, ma un Grillo pacificato-
re, al quale tocca mettere d’accordo
il governista spompato Di Maio e il
guerrigliero da esportazione Di Bat-
tista, il pensoso Fico e la sfrenata Ta-
verna. E gli tocca pure organizzare
una cena di pesce, evento più unico
che raro, per un frequentatore di ri-
storanti, in una villa al mare circon-
data da scorte e auto blu, dove nes-
suno si sogna di pronunciare la pa-
rola tabù – streaming - perché ades-
so il potere abita qui.
Ve lo ricordate, quando il settan-
tenne Grillo salì sul palco di Rimini
per consegnare lo scettro di “capo
politico” al giovane Di Maio che pro-
prio quel giorno compiva 31 anni?
Era il 23 settembre 2017, e lui si com-
mosse davvero annunciando che
stava uscendo di scena. «Torno a fa-
re il padre di famiglia e il pensiona-
to» disse. Aggiungendo: «Io non so-
no un comandante, sono un pensa-
tore: penso al dubbio». E due mesi
dopo, sul palco di Palermo, fu anco-
ra più chiaro. Chiamò sul palco Di
Maio, Casaleggio e Di Battista e di-
chiarò, mettendosi la mano sul cuo-
re: «Queste persone proseguiranno
il mio lavoro, sono migliori di me».
Per rendere ancora più evidente
la separazione, arrivò a sfrattare i
pentastellati dal suo blog, ripren-
dendosi la piattaforma dalla quale
era partito il successo del M5S: «Da
ora in poi qui parleremo di robotica
e di intelligenza artificiale, un po’ di
visione insomma».
E così, mentre Di Maio riscriveva
lo statuto e compilava le liste dei

nuovi parlamentari, Grillo cercava
le nuove frontiere dell’ecologia e
tornava in teatro per staccare bi-
glietti con il suo nuovo show, Insom-
nia. Poi vennero la vittoria alle poli-
tiche e la conquista di Palazzo Chi-
gi, faticosa ma assai gratificante per
chi non aveva mai assaggiato il sapo-
re dolce del potere. E tutti comincia-
rono a chiedersi che fine avesse fat-
to il fondatore. Nessun problema,
garantiva lui. Spiegava di essere di-
ventato «una sorta di padre nobile,
un mecenate», e che forse non c’era
più la rabbia dell’esordio «ma il vaf-
fa rimarrà, ce l’avremo nel taschino:
un vaffino nel taschino». Certo, face-
va cose strane. Su Twitter si firmava
“l’Elevato”. Chiedeva di ridurre i po-
teri del Capo dello Stato. Proponeva
di nominare i parlamentari estraen-
doli a sorte dall’elenco degli eletto-
ri. E confessava la sua nuova solitu-

dine: «Mi aggiro nelle città come
una puttana si aggira in una città
senza marciapiedi. Non mi soppor-
ta nessuno, ho fatto ridere milioni
di persone, ho fatto il comico, mi
amano milioni di persone ma sono
da solo».
Poi proprio lui che si definiva «un
comico governativo» cominciò il
fuoco amico, con le sue battute acu-
minate. Contro Di Maio, che «ha so-
lo 32 anni, ci vuole un po’ di pazien-
za». Contro il voto online per salva-
re Salvini dal processo: «Se voti Sì
vuol dire No, se voti No vuol dire Sì.
Siamo tra il Comma 22 e la sindro-
me di Procuste». Contro lo stesso
Salvini, uno «sceriffo senza cavallo
e senza pistola» che lui avrebbe
«mandato a calci a fare il suo lavoro
al Viminale».
Più il tempo passava e più era evi-
dente l’insofferenza di Grillo per la
versione governativa di un movi-
mento che doveva fare la rivoluzio-
ne. Ma Di Maio sorrideva e minimiz-
zava. «È il nostro più grande tifoso»,
assicurava, abbottonandosi la giac-
ca blu. «Per me è stato ed è come un
padre» giurava. E calmava persino
l’infuriato Salvini: «Non prenderte-
la, Grillo ironizza su di me, su di te,
su tutti».
Lo trattavano, insomma, come
un vecchio zio che ogni tanto stra-
parla ma poi tiene banco al pranzo
di Natale. Adesso però le cose sono
cambiate in fretta, e il comico che
aveva ceduto il potere per fare la vi-
ta del pensionato è l’unico che può
dichiarare lecito ciò che ieri era
proibito. Ed è anche l’unico che può
radunare i suoi giovani eredi attor-
no a una tavola imbandita, evitando
che la battaglia per restare nel Pa-
lazzo diventi un regolamento di
conti tra quelli che volevano aprirlo
come una scatoletta di tonno.

kIl passaggio di testimone con Di Maio
Durante la kermesse Italia a 5 Stelle del 2017, Grillo lascia il
testimone a Di Maio appena eletto capo politico dei 5S

kIn tour elettorale
Durante la campagna per le politiche del 2018 Grillo
partecipa ad alcuni comizi elettorali

Le tappe
Dal passaggio di testimone al ritorno in campo

Primo piano I giorni della ruspa


democrazia indiretta

Il partito di Bibbona


Il Movimento è tornato


alla corte di Grillo


Con il vertice nella sua


villa in Toscana


il fondatore riprende


la guida anche per


evitare la rottura tra


l’ala governista


e quella anti-Lega


kIn streaming con Renzi
Nel 2014 Grillo partecipa in prima persona all’incontro con il
premier incaricato Matteo Renzi

kGualtiero Bassetti


di Sebastiano Messina

ALESSANDRO SERRANO’

RICCARDO SIANO

. Martedì, 20 agosto 2019^ pagina^7

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