la Repubblica - 20.08.2019

(nextflipdebug5) #1

L’intervista


Calenda


“Non si risorge


con un governo


Frankenstein”


roma — «Cosa mi attendo da Conte
in Senato? Tutto o il contrario di tut-
to. È stato il presidente del Consi-
glio del peggior governo. Spero che
il Pd non lo innalzi al ruolo di stati-
sta, sarebbe l’ultima beffa». Carlo
Calenda, eurodeputato dem, è fer-
mamente contrario a un’alleanza
con i grillini.
Calenda, si è arreso all’idea di un
governo con i 5Stelle?
«No. Continuo a pensare che
rappresenterebbe la fine del Pd. Si
possono fare governi con chi ha idee
diverse, non con chi ha valori diversi.
Ed è quello che abbiamo sostenuto
fino a 15 giorni prima della più grande
giravolta politica che le cronache
ricordino. Spero che Gentiloni e
Zingaretti diano segnali di esistenza
in vita. Altrimenti il Pd già oggi
spaccato nella base, e pieno di
rancori nei vertici, morirà».
Ma è responsabile pensare di
andare alle elezioni subito?
«È indispensabile. I progressisti
vengono sconfitti in tutto l’Occidente
perché negli ultimi 30 anni non
hanno visto la frattura profonda tra
progresso e società che si stava
determinando. Non risorgeranno
scappando dalle elezioni. I sovranisti
si battono con idee nuove, coraggio e
una classe dirigente all’altezza. Non
con governi Frankenstein che hanno
come unico obiettivo
l’autopreservazione. Se la classe
dirigente dell’opposizione non si
sente in grado di affrontare le
elezioni, si cambia la classe dirigente
non ci si allea con gli avversari
antidemocratici per evitarle».
I grillini negano di volersi alleare
con Renzi e Boschi.
«Ma figuriamoci. Se c’è una cosa che
questa crisi mostra con evidenza è il
trasformismo e la spregiudicatezza di
tutta la classe politica. Da Grillo a
Renzi, da Salvini a Di Maio. È un
discredito che amplierà il solco tra
cittadini e politica, in un momento in
cui dovremmo riportare le persone
all’impegno».
Quanto peso ha l’opinione di
Prodi che propone una coalizione
Ursula?
«Molto. Prodi disegna un percorso
lungo con ben due congressi per
arrivare a una alleanza tra i partiti

che in Ue hanno votato Ursula von
der Leyen. Non condivido la sua
posizione perché il voto dei 5Stelle
era puramente tattico per
differenziarsi da Salvini. Però almeno
la proposta di Prodi è seria nel
metodo. Prevede un percorso di
consapevolezza non una pura
operazione di potere come quella
che si va profilando».
Non la spaventa la situazione
disastrosa dei conti?
«Moltissimo. E ancora di più la crisi
internazionale che si prepara. E per
affrontarla occorre un governo
politico coeso e coerente. E

piantiamola sulla necessità di fare
questo accrocchio per disinnescare
le clausole Iva. Con elezioni ad
ottobre ci sarebbe tutto il tempo per
farlo. Aggiungo che tutti i partiti
vogliono disinnescarle ma nessuno
dice come».
Come, secondo lei?
«Bisognerebbe partire dalla
cancellazione di quota 100 e dalla
revisione del reddito di cittadinanza,
cancellando le tante cose ridicole
come i navigator. È plausibile che il
governo con i 5S lo faccia?».
Hanno ragione i renziani a
chiedere di essere difesi dal partito
contro gli attacchi grilloleghisti?
«Renzi e i renziani hanno attaccato
violentemente fino a due settimane
fa i compagni di partito che
proponevano anche solo di parlare
con i grillini. Renzi ha detto a
Franceschini che era un politico
finito in cerca di una poltrona. Ora
chiama disertore chi è rimasto
coerente con le idee che aveva.
Hanno portato in politica un
fanatismo molto simile a quello dei
5Stelle».
Il suo ultimatum politico — se il
Pd sta con i 5Stelle faccio un altro
partito — resta?
«Nessun ultimatum. Sono coerente.
Ho sempre creduto al rilancio del Pd
da quando mi sono iscritto, il giorno
dopo la peggiore sconfitta della storia
del partito. Ho detto che non sarei
rimasto in un partito che tradiva se
stesso per andare con i 5Stelle. Non
sono l’unico, anzi migliaia di militanti
e dirigenti a partire da Renzi hanno
scritto#senzadime sui loro social.
Vorrei capire cosa intendevano con
quell’hashtag che io non ho mai
usato peraltro. Spero di restare nel Pd
e lavorare alla costruzione di un
ampio fronte repubblicano per
sconfiggere Salvini, mettendo
insieme popolari, liberali e
socialdemocratici come vuole Prodi
ma guadagnandoci sul campo la
vittoria. Altrimenti Salvini, che io
considero un bullo di cartapesta,
potrà rigonfiarsi con le nostre
contraddizioni, giravolte, mancanza
di decoro. Non si battono i sovranisti
con i governi degli sconfitti e dei
timorosi».

di Matteo Pucciarelli

Roma — Ufficialmente la trattativa
con i 5 Stelle deve ancora comincia-
re («Prima facciamogli chiudere
questa partita con la Lega, poi si
parte», spiega un parlamentare
dem), ufficiosamente invece le im-
beccate sono già diventate ampi ra-
gionamenti su ruoli e ministeri. Il
pallino è in mano a Dario France-
schini, Lorenzo Guerini, Andrea Or-
lando, Graziano Delrio e Andrea
Marcucci. Ognuno attraverso i pro-
pri contatti e ognuno garantendo
sulla tenuta del partito, o meglio,
del proprio pezzo di partito: quello
di maggioranza di Nicola Zingaret-
ti e quello della minoranza di Mat-
teo Renzi.
La preoccupazione principale
del Movimento infatti è che l’altro

Matteo alla fine, un po’ come Salvi-
ni, dopo aver fatto il bello e cattivo
tempo pianti grane ingestibili. Tra
parentesi: è la stessa paura del se-
gretario dem. «Renzi, in modo to-
talmente disinteressato, ha aperto
l’unica strada possibile per evitare
la bancarotta», sottolinea via Face-
book Marcucci, capogruppo al Se-
nato e sherpa dell’ex premier. Die-
tro le quinte le rassicurazioni si fan-
no più complesse: se parte, questo
governo eleggerà il nuovo presi-
dente della Repubblica, quindi nes-
suno ha l’interesse di farlo traballa-
re; e la riconquistata centralità nel
dibattito politico del “senatore
semplice di Scandicci” è, da sé, la
sua ricompensa. Motivazioni che
per ora non convincono molto il
Movimento.
«È privo di fondamento parlare
di negoziato sul governo e addirit-

tura di caduta di tabù per un even-
tuale Conte-bis», è stata la nota di
smentita del quartier generale del
Pd dopo un giorno di indiscrezioni.
La linea del segretario è attendista,
si sa. Ma se oggi si chiude davvero
l’esperienza del governo giallo-ver-
de, allora nelle sue intenzioni si do-
vrà lavorare ad un governo politi-
co. Senza mischioni tecnici o di sco-
po. «O nel corso delle consultazio-
ni si verificano le condizioni per un
governo forte e di rinnovamento o
è meglio il voto», è la posizione del
segretario. A quel punto il Pd pun-
terebbe ai ministeri di natura eco-
nomica e sociale, oltre che agli
Esteri per ricucire i rapporti con i
partner europei. Chi potrebbe fare
il presidente del Consiglio? Per i de-
mocratici Conte non è la prima
scelta, ma non ci sarebbero veti in-
superabili; Raffaele Cantone, già a

capo dell’Anticorruzione, gode di
grande consenso; così anche Enri-
co Giovannini, ex presidente dell’I-
stat e ministro con Enrico Letta.
«Siamo un partito e quindi ne do-
vremo parlare in direzione il 21 (do-
mani, ndr), lì si prenderanno le de-
cisioni, fughe in avanti adesso non
hanno senso», dice la ex ministra
Roberta Pinotti. Sempre in direzio-
ne il segretario chiederà un manda-
to per sondare il M5S ed eventual-
mente si designerà una squadra de-
legata a trattare. Dovessero poi es-
serci delle consultazioni vere e pro-
prie convocate dal Quirinale, toc-
cherà a Zingaretti, ai due vicesegre-
tari (Orlando e Paola De Micheli) e
ai capigruppo (Delrio e Marcucci),
partecipare ai colloqui. Sempre
che oggi, come detto, verrà sancito
il divorzio tra Lega e M5S.

f


Nicola
Zingaretti
Non è contrario
in assoluto al
dialogo con il
M5S, ma date le
condizioni - un
gruppo
parlamentare a
trazione
renziana -
preferirebbe
tornare alle urne

I favorevoli
In campo
l’ex premier

Graziano
Delrio
Il già ministro
dei Trasporti è
considerato un
“renziano
affidabile” e in
queste ore sta
intessendo
rapporti con
diversi
esponenti del
Movimento

di Giovanna Casadio

Francesco
Boccia
Per il deputato
dem ed
economista una
eventuale
alleanza con il
Movimento va
costruita ma
dopo il voto,
perché «il Pd di
oggi non è più
quello del 2018»

Vincenzo
De Luca
Secondo il
governatore
della Campania
senza una
cosiddetta
“operazione
verità”
un’alleanza con
i 5 Stelle per il
Pd sarebbe un
suicidio

g


Si possono fare


esecutivi con chi ha


idee diverse, non con


chi ha valori diversi


Lo abbiamo sostenuto


fino a 15 giorni fa


Primo piano I giorni della ruspa


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Prove di trattativa tra Pd e 5S


prime ipotesi sui ministeri


Negoziato sottotraccia, big in campo: da Franceschini a Delrio. Ma grillini e Zingaretti temono le mosse di Renzi


Gli scettici
In testa
il segretario

Dario
Franceschini
Già nelle
trattative del
post voto del
2018 si era
speso per una
convergenza
con il
Movimento.
Adesso per lui
un nuovo
tentativo

Matteo Renzi
L’ex segretario,
contrarissimo
ad ogni accordo
con i 5 Stelle
poco più di un
anno fa, a
sorpresa ha
cambiato
posizione. «Il
Paese adesso ha
bisogno di
responsabilità»

pagina. 8 Martedì, 20 agosto 2019

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