Il Sole 24 Ore - 20.08.2019

(Ron) #1

22 Martedì 20 Agosto 2019 Il Sole 24 Ore


Norme & Tributi


Rumori molesti, il blocco


dell’attività non è obbligatorio


Rosario Dolce


Rumori dall’officina, non sempre la


soluzione è il blocco dell’attività. E il


giudice deve sempre precisare il per-


ché della sua scelta. Lo ha affermato la


Cassazione (sentenza /) ri-


formando una sentenza con la quale


il titolare di un’officina per revisione


auto, a seguito di accertati rumori ol-


tre soglia di tollerabilità, era stato


condannato all’inibizione della pro-


pria attività e al risarcimento dei dan-


ni arrecati nei confronti del proprieta-


rio dell’immobile sovrastante.


Fermo attività ultima scelta


Il giudice di legittimità ha avuto cura,
intanto, di precisare che ogni qual

volta si è avanti ad una domanda for-


mulata da un “vicino”, volta a far ces-
sare le immissioni rumorose provo-

cate dal condòmino ad egli limitrofo,
la corte di merito, pur avendo la facol-

tà di scegliere tra le diverse misure


consentite dalla norma, ha l’obbligo
di precisare le ragioni della scelta del-

l’una o dell’altra.


Il giudice è tenuto ad una gradazio-
ne fra un’inibitoria totale delle immis-

sioni tramite la cessazione dell’attivi-


tà e un’inibitoria mediante l’imposi-
zione di accorgimenti nello svolgi-

mento dell’attività e nelle condizioni


dell’immobile in cui essa viene esple-
tata. Nel caso in cui questa gradazione

difetti, sul piano motivazionale, la


sentenza di merito emessa in termini
di inibizione dell’attività lavorativa ri-

sulta suscettibile di essere impugnata
per motivi di legittimità.

Risarcimento, cambia la regola


Con la sentenza  i giudici di le-
gittimità ritengono superabile

l’orientamento espresso sino a qual-


che anno addietro, secondo il quale
quando venga accertata la non tolle-

rabilità delle immissioni, la lesione
del diritto al normale svolgimento

della vita familiare in casa propria e


alla libera e piena esplicazione delle
proprie abitudini di vita quotidiane

sarebbero comunque il presupposto


necessario e sufficiente di un danno
(Cassazione, sentenze /,

/; / e /).


Questo principio non è più, a
quanto pare, condiviso. Per i giudici

di legittimità il danno subito dal vici-


no per immissioni moleste non può
essere considerato come scontato ma

deve essere provato: «il danno non


patrimoniale subito in conseguenza
di immissioni di rumore superiore al-

la normale tollerabilità non può rite-
nersi sussistente in re ipsa, atteso che

tale concetto giunge ad identificare il


danno risarcibile con la lesione del di-
ritto (nella specie quello al normale

svolgimento della vita familiare al-


l’interno della propria abitazione ed
alla libera e piena esplicazione delle

proprie abitudini di vita quotidiane)


ed a configurare un vero e proprio
danno punitivo, per il quale non vi è

copertura normativa (...). Ne conse-


gue che il danneggiato che ne chieda
in giudizio il risarcimento è tenuto a

provare di aver subito un effettivo


pregiudizio in termini di disagi sof-
ferti in dipendenza della difficile vivi-

bilità della casa, potendosi a tal fine


avvalersi anche di presunzioni gravi,
precise e concordanti, sulla base però

di elementi indiziari (da allegare e


provare da parte del preteso danneg-
giato) diversi dal fatto in sé dell’esi-

stenza di immissioni di rumore supe-


riori alla normale tollerabilità».
© RIPRODUZIONE RISERVATA

CONDOMINIO


Il giudice deve scegliere


la misura più adatta


contro il disturbo


Vanno allegati elementi


diversi dal semplice


superamento della soglia


MOVIDA


Il gestore deve limitare


il chiasso dei clienti


anche fuori dal locale


Giulio Benedetti


Il titolare del locale da movida com-
mette un reato se non limita il ru-

more anche dei clienti.
L’estate, si sa, è la stagione del

divertimento all’aperto e se la mo-


vida notturna è liberatoria per tan-
ti avventori dei locali, i relativi

esercenti devono contenere il ru-


more che disturba il riposo degli
abitanti degli immobili vicini. Il te-

ma è particolarmente rilevante


nella vita del condominio poiché
gran parte del contenzioso giudi-

ziario in tema di rumorosità mole-


sta origina da esposti di condomini
che chiedono alle pubbliche auto-

rità interventi risolutivi per assicu-


rare il riposo e la quiete.
La Corte di Cassazione (sentenza

/) è intervenuta in mate-


ria e ha respinto il ricorso di due
esercenti di un locale di pubblico

spettacolo avverso una sentenza


che li aveva condannati per il reato
di cui all’art. , primo comma, del

Codice penale.


In particolare, i ricorrenti affer-
mavano che la condanna era ingiu-

sta poiché erano stati a loro addebi-


tati tanto la diffusione di musica in
mancanza di adeguata insonoriz-

zazione, che il mancato impedi-


mento dell’assembramento rumo-
roso degli avventori. Inoltre i con-

dannati sostenevano che le indagini
non avevano accertato il turbamen-

to della tranquillità pubblica, poi-


ché dall’esterno del locale non si
percepiva la musica e che sussisteva

l’assenza di un loro obbligo di inter-


vento per evitare gli schiamazzi de-
gli avventori sulla pubblica via.

La difesa dei gestori affermava


che la repressione della movida ru-
morosa era compito delle pubbliche

autorità e non dei privati cittadini


(come del resto affermato di recente
dal Tribunale di Como nella senten-

za /). La Cassazione non ha


accolto tali argomenti poiché dalla
istruttoria emergeva che la polizia

giudiziaria aveva accertato il supe-


ramento del limite previsto dei tre
decibel, ovvero un andamento da 

e  decibel, con sorgenti rumorose


individuate all’interno del locale tra
musica, chiacchiere degli avventori

e rumore proveniente dalle persone


presenti davanti all’esercizio.
Per la Cassazione il reato dell’ar-

ticolo , primo comma, del Codi-


ce penale è «eventualmente perma-
nente» e si può consumare con un

unico schiamazzo o con l’esercizio


di una sola fonte rumorosa, idonea
a disturbare il riposo o la quiete del-

le persone , senza che sia necessaria
la ripetizione del rumore molesto

nel tempo. In particolare, non è ne-


cessaria la prova che il rumore ab-
bia molestato una vasta platea di

persone, essendo sufficiente la sola


idoneità del fatto a disturbare un
numero indeterminato di individui.

Per la Corte di Cassazione gli


esercenti avevano un preciso obbli-
go di impedire il rumore, anche al-

l’esterno del locale, poiché doveva-


no segnalare alle pubbliche autorità
che la frequenza del locale da parte

degli avventori non sfociasse in


condotte contrastanti con le norme
poste a tutela dell’ordine e della

tranquillità pubblica. Mentre in


questo caso i gestori non hanno fat-
to nulla per evitare la propagazione

del rumore e non hanno mai richie-


sto un intervento delle pubbliche
autorità per arginarlo o impedirlo,

anche perché dall’attività derivava


un notevole guadagno.


© RIPRODUZIONE RISERVATA

Scatta il reato di disturbo


per chi non chiede


l’intervento delle autorità


Luca Bridi


Immissioni rumorose, la prova per


testimoni è ammessa. Un principi


o che il Tribunale di Brescia, alline-


ato alla Cassazione, ha espresso


con particolare chiarezza nella


sentenza /.


In più riprese, la Cassazione (sen-


tenze / e /) ha af-


fermato che, in tema di immissioni


rumorose, i mezzi di prova per accer-


tare il livello di normale tollerabilità
previsto dall’articolo  del Codice

civile non devono essere necessaria-


mente di natura tecnica.
Più precisamente, la sentenza del-

la Cassazione / dice che


«nulla vieta, quindi, che l’entità delle
immissioni rumorose ed il supera-

mento del limite della normale tolle-


rabilità possa essere oggetto di depo-
sizione testimoniale, anche in rela-

zione agli orari ed alle caratteristiche


delle emissioni stesse», rimandando
poi al giudice di valutarne l’attendibi-

lità e la congruità.
E su questa linea si è mossa anche

la recentissima Sentenza del Tribu-


nale di Brescia /, che ha spe-
cificato (in caso di rumori provenienti

da un cantiere vicino alle abitazioni)


che, pur in assenza di accertamenti di
natura tecnica e obiettiva, il supera-

mento della soglia di tollerabilità si


evince dall’analisi delle modalità con-
crete con cui si sono svolti i lavori, te-

nuto conto degli strumenti impiegati
per le opere di scavo (escavatori, mar-

telli demolitori) e della frequenza del


loro utilizzo, nonché della durata pro-
lungata dei lavori e della vicinanza del

cantiere all’abitazione delle attrici.


Venivano infatti esaminate le di-
chiarazioni raccolte nel corso del-

l’istruttoria orale, nelle quali i testi-


moni fornivano una puntuale descri-
zione delle diverse tecniche di escava-

zione adottate, di volta in volta,
dall’impresa esecutrice dei lavori. I te-

sti escussi dichiaravano inoltre che


con riferimento al periodo di durata
del cantiere a cielo aperto per la conti-

nuità dei lavori, anche durante la fa-


scia notturna, le immissioni rumoro-
se e le esalazioni di polveri fossero tali

da provocare un disagio intollerabile


per i residenti nelle zone limitrofe. Il
tutto come comprovato dalle diverse

segnalazioni svolte sia telefonica-


mente sia a mezzo raccomandata.


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IN CAUSA


Ammessa anche la prova per testimoni


Dichiarazioni concordanti


in presenza di un cantiere


che lavora notte e giorno


QUOTIDIANO


DEL CONDOMINIO


AVVISO DI CONVOCAZIONE


Consegna irregolare,


delibera annullabile


L’avviso di convocazione


consegnato ad altro


condomino rende annullabile
la delibera in mancanza di

prova scritta dell’atto di
delega. Il Tribunale di Roma è

intervenuto a tutto campo in


merito alle modalità di
convocazione dell’assemblea e

sulle scansioni temporali da


osservare. L’occasione viene
fornita dalla impugnativa di

delibera condominiale


avanzata da due condomine
che lamentano, tra l’altro, la

mancata verifica della regolare


convocazione di tutti gli aventi
diritto. Con la sentenza il

Tribunale capitolino chiarisce


che «affinché possa dirsi
realizzato il requisito di cui

all’articolo  delle


Disposizioni di attuazione del
Codice civile (consegna a

mano dell’avviso) e, dunque, la


prova che l’atto sia
effettivamente giunto nella

sfera di conoscibilità del


destinatario dell’avviso, il
condominio avrebbe dovuto

fornire la prova scritta


dell’atto di delega anche solo
indicandola nel documento di

avvenuta ricezione dell’avviso


di convocazione». Tale prova
non è stata fornita e pertanto il

documento prodotto da parte
convenuta non è idoneo a

dimostrare la consegna e la


tempestività dell’avviso di
convocazione.

— Paolo Accoti


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