Corriere della Sera La Lettura - 18.08.2019

(Tuis.) #1
DOMENICA18AGOSTO2 019 CORRIEREDELLASERA LALETTURA 3

Mentredanoic’èchisostienechenonsi
debbanovaccinareibambini,intantiPaesici
sonopersone(59milaall’anno)chemuoiono
perviadellarabbia,contrattadamorsidicani
portatoridellamalattia.Quandoquelvirus

arrivanelsangue,senoncisivaccinaprima
cheinsorganoisintomi,simuorequasi
semprediunamorteorribile.Succede
specialmenteinIndiadovel’«amico»
dell’uomodisolitononvienevaccinato.

Larabbiauccide

{


Sopralerighe
diGiuseppeRemuzzi

La moltiplicazione degli attori ci riporta ai fattori di
incubazione di un prossimo eventualeconflitto genera-
lizzato. La situazione odiernaèfondamentalmentela
stessa — anche se i protagonisti sono diversi — descrit-
ta daPaul Kennedy per la fine del XIX secolo: un mutevo-
le equilibrio delleforze.Una pattuglia sempre più nutri-
ta diStati emergenticontesta l’ordine politico stabilito
(e dominato) dallevecchie potenze declinanti, e queste
ultime non sono disposte acedere alcunché delle loro
prerogative e dei loro privilegi, benché prerogative e pri-
vilegi si stiano ineluttabilmenteerodendo.Èquestoil
terreno dicoltura delle future grandi crisi militari.
La Cinaegli StatiUniti rappresentano, in uncerto
senso, la quintessenza dell’attuale mutevole equilibrio
tra emergenti e declinanti. Nel suo libro sulla Cina, Kis-
singer riconosceva che tra i duePaesi la rivalità era ine-
vitabile, ma, sefosse stata «gestitaconsaggezza», lo
«scontromilitare» avrebbe potutoesserescongiurato.
Proprio qui sta il punto, e la minaccia più imminente al-
la pace: le classi dirigenticapaci di «gestirecon saggez-
za» le crisi strutturali e le crisicontingenti sono sempre
più rare. Anzi, uno sguardo seppur superficiale al pano-
rama attuale dellerelazioni internazionali ci mostraco-
me la nozione stessa di «saggezza» stia rapidamente di-
ventando un’anticaglia démodé.
Questo difetto di saggezza non solorende difficile (se
non impossibile) la gestione delle crisi, ma addirittura
provoca sempre più frequentemente nuovecrisi, spesso
gratuite, non motivate da null’altro che dalla ricercadi
un facile successo elettorale. La piùrecente è la decisio-
ne del governo indiano direvocarelo statutospeciale
delKashmir,con lacertezza di provocare una crisicon il
Pakistan econ i 200 milioni di musulmani che vivono in
India. Queste mosse gratuite sono il più dellevolte puri
atti di autolesionismo. L’esempio più evidenteèla
Brexit: pur facendo ancora parte dell’Unione Europea, il

neralizzata. Le risposte più «popolari» alle crisi sono il
protezionismo e il ricorso massiccio alla spesa pubblica.
È quanto avvenne dopo il 1929, ed è quanto è successo
dopo il 2008. In uncontesto di protezionismo generaliz-
zato, Hitler scatenò la guerra quando lecasse delloSta-
to, da cui aveva attinto fino all’ultimo Pfennig per man-
tenere le sue promesse elettorali, erano ormai vuote; nel
marzo 1939, scrive Götz Aly, «perfino Goebbels, che di
solitoschernivagli esperti finanziari del governo pre-
sentandolicome taccagni dalla mentalità ristretta,
espresse preoccupazione nel suo diario per l’esplosione
del deficit». Ilconflitto fu visto daitedeschicome l’uni-
comodo per riassorbire il debito, scaricandone il peso
sullepopolazioni deiPaesiconquistatieimpadronen-
dosi delle lororicchezze.
Untempo la guerra eraconsiderata l ’ultimaratiore-
gum , l’ultima risorsa deire, quando tutte le altre strade
si erano dimostrate impercorribili. Ma lecatastrofi del
XX secolo hanno mostrato che la guerra è anche l’ ultima
ratio dei populisti, cioè dicoloro che promettono quello
che non possono mantenere.
Perindividuareipossibili «inneschi» di futurecrisi
militari su scala globale, quindi, non serve tanto l’atlante
quantoun’analisi scrupolosa delletendenze in atto. Di
fatto, ogni punto del pianeta, anche quello apparente-
mente più anodino, potrebbe diventare una «zona di in-
nesco»; non esistono porti sicuri doveriparare quando
il temporales’avvicina. Nel 1982 circolavalastoria —
forse spuria, ma pedagogicamente indovinata — di una
coppia dicanadesi che,terrorizzati dall’escalation mili-
tare traStatiUniti eUrss, avevano deciso di andare a vi-
verenel postopiù sperdutodel mondo, il più lontano
possibile dal Canada, ma dallecondizioni climatiche si-
mili, dovesi parlasse inglese. E si trasferirono nelleFalk-
land.
©RIPRODUZIONERISERVATA

SSS


di ANTONIO
CARIOTI

P


er secoli l’Eu-
ropa trasse
vantaggio
dalla fram-
mentazione
politica, come spiega
Joel Mokyr in Una cultu-
ra della crescita (ilMu-
lino,2018).La concor-
renza tra diversi Stati
favoriva l’innovazione
intellettuale e la ricerca
scientifica, rispetto alle
aree del pianeta domi-
nate da grandi imperi
centralizzati. Tra XIX e
XX secolo l’egemonia
mondiale del nostro
continente era indiscu-
tibile.Mafurono pro-
prio le invenzioni della
modernità occidentale,
lo Stato nazione e la
società di massa, a
tradire l’Europa, poiché
resero spaventosamen-
te distruttive le guerre
combattute al suo inter-
no dal 1914 al ’45. Allo-
ra la competizione tra
Stati mostrò il lato più
oscuro, come osserva
Emilio Gentile in Ascesa
e declino dell’Europa
nel mondo (Garzanti,
2018), generando una
lotta senza quartiere
«fra popoli invasati da
odio nazionalista».
Senza considerare
questo passato, non si
capisce l’importanza
che ha avuto l’integra-
zione europea, incorag-
giata dagli Usa, nel
risollevarci dalla cata-
strofe e nel permetterci
poi di riassorbire (sia
pure con strascichi
cruenti) le scosse cau-
sate dal collasso del
blocco sovietico. È vero
che oggi, nell’era della
globalizzazione, iPaesi
europei boccheggiano
per gravi difficoltà eco-
nomiche e demografi-
che ma solo demagoghi
in cerca difacili applau-
si possono attribuirle
all’esecrata «burocra-
zia di Bruxelles». L’ope-
razione avviata nel
1957 con i trattati di
Roma — unirePaesi
diversi usando non la
forza ma il consenso —
non ha precedenti e
presenta difficoltà ine-
dite. Puòfallire, benché
finora il bilancio non
sia negativo.Mausare
l’Unione come capro
espiatorio per nascon-
dere problemi di ben
altra natura è operazio-
ne suicida.Forse l’Ue
non troverà laforza di
reggere alla competizio-
ne globale. Di sicuro il
recupero di illusorie
sovranità nazionali,
magari all’insegna del
protezionismo dirigista
e della xenofobia auto-
ritaria, è una scorciato-
ia verso il precipizio.
©RIPRODUZIONERISERVATA

Tesi


LEZIONI


AMARE


DELLA


STORIA


diguerra


RegnoUnito è passato dall’essere ilPaese del G7con le
migliori prestazioni economiche a quello che avrebbe le
peggiori, se non cifosse l’Italia. IlPaese non è mai stato
così diviso, la sua credibilità internazionale è crollata, il
suosistema politicoèandatoinfrantumi,epersino il
suo sistema istituzionaleèinpericolo, secondo «The
Economist». A luglio, ilFondo monetario internaziona-
le ha inserito la Brexit senza accordo fra i tre eventi che
porterebbero l’economia mondiale «fuorirotta»; gli al-
tri due sono un’ulterioreescalation della guerracom-
merciale traStatiUniti e Cina e gli eventuali dazi sulle
importazioni di auto in America. Si tratta, in tutti e tre i
casi, di crisi gratuite, dolorose per tutti, innescate a sco-
pi puramenteelettorali. Se si dovesseroconcretizzare,
scrive il Fmi, quei tre eventi finirebbero per «ridurre la
fiducia, indeboliregli investimenti, dislocarelefiliere
locali e rallentare notevolmente la crescita globale».

Il testodelFondo monetario evita accuratamente
l’uso della parola «crisi». Nondimeno, in una sintesi an-
nessa al documento principale si può leggere: «IPaesi
dovrebberolavorareinsieme per risolvereledispute
commerciali,eprendereora le misurenecessarie per
mettersi al riparo dai futuri downturn » (un eufemismo
per non dire «crisi»). Ma tutticoloro che osservano an-
che distrattamente il panorama politico attualevedono
bene che «iPaesi» non hanno intenzione di lavorare in-
sieme per risolvere le disputecommerciali, né di pren-
dere le misure necessarie per mettersi al riparo dai futu-
ri downturn ;anzi, quasicertamentefaranno ilcontra-
rio: prenderanno delle misureche li accelereranno.
Èproprio la prossima crisi economica(nessuno si
chiede se ci sarà, ma quando ci sarà) che farà precipitare
le dinamiche politiche di una prossima crisi militare ge-
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