la Repubblica - 02.08.2019

(C. Jardin) #1

L


a forza delle coincidenze.
Berlusconi prova all’improvviso a
ricostruire un soggetto politico
moderato di centrodestra, attraverso
una non meglio precisata
“federazione”. A tal fine non esita a
utilizzare una definizione storica
(“l’altra Italia” che fu di Ugo La Malfa e
Giovanni Spadolini) senza rendersi
conto del suo valore simbolico; per cui
il richiamo appare casuale, del tutto
avulso dall’esperienza politica
berlusconiana.
Quasi nelle stesse ore — ecco la
coincidenza — Salvini mostra una
singolare incapacità di controllare i
suoi nervi e in una conferenza stampa
sulla spiaggia aggredisce con gravi
insinuazioni verbali il giornalista — già
intimidito dalla polizia nell’esercizio
della libertà di stampa — che aveva
girato il famoso video della moto
d’acqua. Poco prima il ministro
dell’Interno aveva dato della
“zingaraccia” da spazzare via con la
ruspa a una “rom” che gli aveva
augurato una pallottola in testa. Dove
è chiaro che un uomo di governo non
può buttarsi in una rissa con una
sconosciuta. È evidente la deriva
intollerante del leader di un partito
che raccoglie circa il 36-37 per cento
nei sondaggi. L’arroganza nasce
dall’idea che, qualsiasi cosa il capo
della Lega faccia o dica, i suoi consensi
sono destinati ad aumentare. Il che è
mancanza di rispetto alle istituzioni,
ma soprattutto non tiene conto del
fatto che comunque esiste per tutti
una soglia di saturazione oltre la quale
certi comportamenti diventano, in
termini politici, autolesionisti.
Sulla carta questa radicalizzazione del
leghismo salviniano dovrebbe aprire
spazio a una forza di buon senso,
europeista e ben articolata. In pratica
il tentativo di Berlusconi,
improvvisato e fuori tempo, rischia di
peggiorare le cose. A meno di non
immaginare in tempi brevi qualche
evento imprevisto e imprevedibile, al
di fuori della dialettica politica, che
metta fuori gioco Salvini. Forse solo in
tal caso il mondo centrista variamente
inteso — da Berlusconi a Renzi, da
Calenda a Casini e altri — potrebbe
venire allo scoperto per tentare di
annodare i fili spezzati. A patto però di
individuare un volto nuovo intorno a
cui aggregare il mondo cosiddetto
“moderato”. Tranne forse Calenda,
nessuno dei personaggi citati sembra
infatti in grado di reinventarsi per
essere protagonista, da solo o in
tandem con altri, di una stagione
post-salviniana. Men che meno
avrebbe senso una somma di reduci o
di figure usurate: per le battaglie
politiche servono i voti e per ora la
calamita di Salvini li intercetta in
quantità.
Come dire che l’operazione “Altra
Italia” non serve a nulla, se non a
smentire il duopolio Toti-Carfagna
insediato appena un paio di mesi fa
dallo stesso Berlusconi. Del resto il
primo degli ex coordinatori è deciso a
costruire un partitino satellite della
Lega e la seconda, che aveva assunto
con molto impegno il suo incarico, è
oggi sconcertata e decisa in
apparenza a lasciar perdere. Così, in
assenza di un “big bang” leghista (o di
un passo falso di troppo del capo), il
cammino del centro moderato sarà
lungo e irto di ostacoli: alla ricerca di
idee fresche, di una visione del paese e
di qualche forte personalità. C’è da
dubitare che il regista possa essere
Berlusconi.
©RIPRODUZIONE RISERVATA

di Stefano Folli

Il punto


Finale di partita


per Berlusconi


I segue dalla prima pagina

L


o Muzio riprende tutto, gli agenti se ne accorgono e
lo invitano con modi spicci a cancellare il filmato («O
abbassi la telecamera o te la levamo. Guarda che
sappiamo dove abiti»). Lui resiste alle pressioni, il video
viene messo sul nostro sito, ne nasce un piccolo caso,
niente in confronto a Moscopoli o all’autoriciclaggio del
senatore e amico Armando Siri, da cui il capo ufficiale
della Lega e ufficioso dell’Esecutivo sguscia via con
mossa sapiente e svelta: «Errore da papà». Come non
capirlo? Chi non farebbe uno strappetto alle regole per
far divertire il proprio figlio?
Passata la breve bufera, rieccoci al Papeete Beach.
Valerio Lo Muzio osa chiedere: «Scusi ministro, si sa
qualcosa di chi mi ha minacciato?». L’uomo forte ci ha
abituati alla faccia feroce. Gli riesce benissimo, specie
quando ci sono di mezzo i più deboli, che siano gli alleati
di governo dei 5 Stelle o i migranti dei barconi, donne
uomini bambini, non stiamo a sottilizzare. Figurarsi un
videomaker impertinente. Ascoltate come lo rimette
subito in riga: «I figli devono essere tenuti fuori dalla
politica. Attaccate me, lasciate stare mio figlio».
Ma non è questo il punto, ministro. Nessuno ha attaccato
suo figlio, neanche nominato. Il problema è con tutta
evidenza il comportamento della sua scorta, che è
composta di uomini dello Stato, che è anche il nostro
Stato; è di tutti, lo Stato, non di chi di volta in volta vince
un’elezione. Macché, il ministro ripete a raffica: «I figli
vanno lasciati fuori. Non parlo di figli e di bambini.
Punto». Poi, non pago dell’ennesima distorsione della
realtà, l’uomo forte va all’attacco. Un attacco brutale,
personale, ingiustificato, inaccettabile. «Lei che è
specializzato», sibila cupo a Lo Muzio, «vada a
riprendere i bambini, visto che le piace tanto». Per
inciso, il figlio incolpevole del ministro ha sedici anni, un
ex bambino. Ma non stiamo a sottilizzare. Bambino è più
efficace, e quindi bambino sia. «Mi sta dando del
pedofilo?», chiede allibito il videomaker. Qualcuno dei
colleghi, invece di sostenerlo, si schiera
coraggiosamente dalla parte del Salvini infastidito,
coprendo con un «ma basta» le insistenze del giornalista
che fa per Repubblica le domande che professione
vorrebbe chiunque facesse. Il brutto sogno, che brutto
sogno non è, si conclude con una battuta persino più
volgare, se possibile, dell’insinuazione che l’ha
preceduta: «Andiamo insieme in pedalò. Visto che sei
maggiorenne, ti posso invitare».
Prima che la riunione si sciolga, Carmelo Lopapa,
sempre del nostro giornale, si rivolge al vicepresidente
del Consiglio, nonché ministro dell’Interno, nonché

plenipotenziario della Lega, nonché aspirante primo
ministro di un’Italia a misura di superuomo, e gli chiede
lumi sugli ultimi malaffari di Gianluca Savoini, il
ministro ombra degli affari esteri del capo, sede
distaccata Hotel Metropol di Mosca. «Repubblica mi
diverte un sacco», si congeda Salvini, con la camicia
macchiata di sudore. «Se voglio ridere, leggo il vostro
giornale». Non si preoccupi, onorevole. Le garantiamo
risate grasse finché ci sarà possibile, e finché le sarà
possibile liquidare le domande scomode con un
grugnito o una minaccia. Ci ricorderemo comunque
questa data, primo agosto 2019, e questo luogo, Papeete
Beach. Su quella spiaggia da vacanze all’italiana,
abbiamo perso un altro centimetro della nostra dignità e
anche della nostra libertà. E per nostra non si intende di
Repubblica. Per nostra si intende di tutti, anche quelli
che hanno votato e voteranno Matteo Salvini.

g


di Carlo Verdelli

L’editoriale


La libertà secondo Matteo


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g


Bucchi


f


Il centro
moderato
cerca con
difficoltà
forze fresche
ma è certo
che il regista
non potrà
più essere
il Cavaliere

f


Il problema non è il figlio di


Salvini, ma il comportamento


della scorta composta di uomini


dello Stato che è il nostro Stato


f


Su quella spiaggia abbiamo


perso un altro centimetro della


nostra dignità e si intende


di tutti, anche di chi lo vota


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. Venerdì, 2 agosto 2019 Commenti pagina^33

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