la Repubblica - 02.08.2019

(C. Jardin) #1
l’altra metà dell’arte. 3

Non chiamatela


signora Pollock


Lee Krasner, moglie del grande artista, è stata esponente


di spicco dell’espressionismo astratto. Resistendo al tempo


n occasione del-
la sua prima mo-
stra in un mu-
seo americano,
il Whitney di
New York, nel
1973 all’età di
65 anni, la pittrice Lee Krasner
diceva: «Mi è capitato di essere
la “signora Jackson Pollock”,
una cosa impegnativa. L’unico
aspetto che non avevo contro
era di non essere nera. Ero una
donna, ebrea, vedova, una fan-
tastica pittrice, e forse un po’
troppo indipendente».
Per una donna, finché non ar-
rivò il femminismo, essere
un’artista non era un mestiere
semplice. Se ancora oggi il ma-
chismo, nonostante il tornado
#metoo, nel mondo dell’arte
funziona abbastanza efficace-
mente figuriamoci negli anni
’50 o ’60. Essere la signora Jack-
son Pollock, ovvero la moglie di
colui che aveva inventato la tec-
nica del “dripping” — sbrodola-
ture di colore sulla tela appicci-
cata direttamente al pavimento
— , era allora per una pittrice il
miglior cavallo di Troia per farsi
notare da galleristi, critici e col-
lezionisti. Un meccanismo che,
va detto, ancora oggi purtroppo
funziona. Lee Krasner, nata nel
1908 a Brooklyn, nel 1936, du-
rante un ballo organizzato da
una scuola d’arte, incontra un
giovane artista ubriacone: Jack-
son Pollock che tredici anni do-
po, nel 1949, comparirà sulla co-
pertina della rivista Life, a soli
37 anni. Una consacrazione, la
sua, se è vero che, in quegli an-
ni, comparire su Life era come
essere invitati oggi ad Amici del-
la De Filippi: un vero e proprio
picco di notorietà. Lee Krasner
capì subito che il giovanotto al-
colizzato aveva talento e, reali-
sta più del re, decise di mettersi
al suo servizio tentando di con-
trollarne gli eccessi e spronan-
dolo a concentrarsi sulle gocce
di colore da buttare sulla tela
anziché su quelle rimaste nella
bottiglia di whisky. Per trasci-
narlo via dalla Cedar Tavern do-
ve Pollock andava ad ubriacarsi
con i colleghi dell’espressioni-
smo astratto americano — Roth-
ko, De Kooning, Newman — la
Krasner lo convinse ad andare a
vivere negli Hamptons, oggi luo-
go molto glamour, ma in quegli
anni sorta di esilio sperduto lon-
tano dalle tentazioni di Manhat-
tan. Anche Lee Krasner avrebbe
dovuto, di diritto, fare parte del
movimento dell’espressioni-
smo astratto, ma era appunto
una donna e quel club di soli ma-
schi gliene vietò l’accesso. E
questo nonostante la sua pittu-
ra, carica di spiritualità e di
energia, ovvero degli elementi
tipici del movimento, fosse di
ispirazione allo stesso Pollock,
come sostengono alcuni. Oggi il
Barbican Art Center di Londra
dedica a questa artista una gran-
de e bellissima mostra curata
da Elaine Dairne (fino al primo
settembre) che corregge le in-
giustizie della storia e fa capire
come la signora Pollock fosse
un’originale e potente artista
che nulla aveva da invidiare ai
compagni maschi. La storia
dell’arte contemporanea, oltre
ad essere fatta principalmente
da uomini, è una storia dove al-
cune singole idee, anche una so-
la come quella di Pollock, sono

spesso maggiormente ricono-
sciute rispetto a energie e visio-
ni meno immediate, ma forse
più durature. La Krasner aveva
questo tipo di energia ed il tem-

po ora le rende giustizia metten-
do le sue opere in quella catego-
ria che io definisco “Patina” sal-
vandole da quella che invece si
chiama “Polvere”. Ci sono gran-

dissimi artisti, Pollock in pri-
mis, che pur essendo stati fon-
damentali per la storia dell’ar-
te, appartengono al gruppo dei
“polverosi”. Ovvero quelli le cui

opere sono strettamente legate
al periodo in cui sono state rea-
lizzate. Oggi un’opera di Pol-
lock ci appare datata. Altri arti-
sti invece creano opere forse
meno efficaci nell’immediato,
ma che con il tempo accumula-
no un patina capace di liberarle
dal tempo. È il caso di Lee Kra-
sner. Un suo quadro potrebbe
essere stato dipinto ai tempi del
futurismo di Balla, e infatti lo ri-
corda, come lo scorso mese. C’è
in Lee Krasner una freschezza
che molte opere dei suoi con-
temporanei non hanno più. Pec-
cato che la povera Krasner ab-
bia potuto godersi poco la sua
“patina” dovendo subire, fino al
1956, la prepotenza, le angherie
e i tradimenti del marito. Pol-
lock, l’11 agosto di quell’anno,
dopo qualche bevuta di troppo,
andò a schiantarsi con l’auto uc-
cidendo nell’incidente se stesso
e anche una passeggera. Trage-
dia e benedizione per Lee Kra-
sner che, a quel punto, potè tra-
sferire il proprio studio dalla
soffitta di casa nel famoso fieni-
le dove l’ormai defunto marito
aveva composto i propri capola-
vori. Lì le sue pitture aumente-
ranno di dimensioni e divente-
ranno ancora più potenti. Inson-
ne, lavorerà solo di notte con la
luce artificiale ed è per questo
che i colori utilizzati saranno
sempre pochi: nero, bianco,
qualche rosso e molte variazio-
ni di marrone, non volendo esse-
re legata alla schiavitù della lu-
ce naturale. Oggi Lee Krasner è
una delle figure essenziali di
quel periodo della storia dell’ar-
te che ha messo gli Stati Uniti
nella mappa del mondo domina-
to, fino alla fine degli anni ’50,
dall’Europa ed in particolare da
Parigi. Grazie a lei il tempo da
galantuomo è diventato nobil-
donna.
— 3. Continua

kIn posa
Lee Krasner
davanti a un suo
dipinto nel 1983,
un anno prima
di morire

La serie


Sono ricche
di talento,
capaci di
competere con i
colleghi uomini
sul mercato:
Francesco
Bonami
racconta le
donne che
hanno cambiato
l’arte
contemporanea

Dipingeva
spesso
di notte
e per questo
i suoi colori
sono pochi
È una
delle figure
essenziali
della scena
americana

Cultura

di Francesco Bonami


BRIDGEMAN IMAGES

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. Venerdì, 2 agosto 2019^ pagina^35

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