la Repubblica - 02.08.2019

(C. Jardin) #1
di Giulio Cardone
e Emanuele Gamba

Marotta e Paratici non si rivolgono
la parola dal 30 settembre 2018, gior-
no in cui il maestro fu costretto ad
andarsene dalla Juve, lasciando luci
e poteri al suo allievo perché Agnel-
li, così disse, aveva inaugurato l’era
dei quarantenni. Salvo ingaggiare,
nove mesi dopo un allenatore ses-
santenne. Marotta svuotò l’ufficio
convinto che non fosse stato Parati-
ci, del quale è stato anche più di un
mentore, a fargli le scarpe: pensava
che il suo giovane collaboratore
avesse giustamente, colto al volo
un’occasione, ma ha iniziato a cam-
biare idea quando ha cominciato a
rendersi conto che a ogni sua mossa
ne corrispondeva una uguale e con-
traria di Paratici, come se isolare Ma-
rotta, metterlo in difficoltà, tagliar-
gli i ponti e le fonti, fosse il primo
obiettivo strategico della Juventus.
Marotta era all’Inter da pochi gior-
ni quando Paratici andò impietosa-
mente a rigirare il coltello in quell’e-
norme piaga che c’era, ovvero il ca-
so Icardi. Senza nessun riguardo per
l’amicizia di anni, Paratici si mise a
tempestare Wanda Nara di messag-
gi che lei, perfidamente, faceva leg-
gere a Marotta. Quel rapporto è fini-
to lì, senza aggiungere una parola.
L’operazione Lukaku, ammesso
che si realizzerà, è l’esempio lam-
pante dell’avvelenata rivalità che
c’è. Marotta è in difficoltà ma per for-
za, perché la sua Inter non ha nean-
che lontanamente il peso, gli aggan-
ci, la disponibilità economica, l’at-
trattiva e l’influenza politica della
Juve: una battaglia la perderebbe a
prescindere, anche senza le inces-
santi manovre di disturbo biancone-
re che lui rintuzza come può. Ades-
so ci sta provando con Dybala: se riu-
scirà a convincerlo a dire no al Man-
chester United, a resistere alle pres-
sioni che la Juve gli farà (la Joya sarà
a colloquio con Paratici e Sarri pro-
prio oggi, ma in ogni caso non ri-
prenderà in anticipo gli allenamen-
ti, rimanendo in ferie fino a lunedì) e
a promettersi all’Inter, potrebbe rea-
lizzare l’affare di cui qualche tempo
fa aveva parlato con Agnelli, cioè
scambiare Icardi e Dybala, realizza-
re plusvalenze belle grasse e dare ai
rispettivi allenatori un teorico cam-
pione. Va da sé che tanto Marotta
quanto Paratici sono convinti di rifi-
lare un bidone al nemico. E magari
segretamente sospettano che inve-
ce la fregatura la stanno prendendo
loro.
L’aneddotica racconta che se Ma-
rotta entra in un ristorante in cui Pa-
ratici sta cenando (a Milano, gli uo-
mini del calcio girano sempre per
gli stessi locali), lo juventino s’alza e

se ne va. Nella recente tournée asia-
tica, Paratici ha seguito la squadra a
Singapore ma non a Nanchino, dove
si sapeva che sarebbe arrivato Ma-
rotta. Radio Mercato trasmette spes-
so gossip sui due: è l’argomento
dell’estate, anche perché nessuno
immaginava che Paratici avrebbe
scaricato Marotta in quella maniera.
L’interista per ora l’ha spuntata su
Conte, che se alla Juve non è andato
per il veto di Agnelli, alla Roma ha ri-
nunciato proprio per l’insistenza di
Marotta, capace di infilarsi tra le
strette maglie della strettissima al-
leanza tra Paratici e Petrachi, il qua-
le ai giallorossi portò in dote la sua
amicizia decennale con Conte, che
però non è bastata. L’asse Roma-Ju-
ve, riconoscibilissimo dallo scambio
Spinazzola-Pellegrini (29,5 milioni
di valutazione il primo, 22 il secon-
do: chi immaginava che fossero così
forti?), è uno degli ostacoli al passag-
gio di Dzeko all’Inter, che era prati-
camente fatto prima che fossero i

bianconeri a placare, con quel giro
di terzini, l’urgenza giallorossa di
plusvalenze. Nel frattempo, la Ro-
ma si è inserita su Barella facendone
alzare il prezzo e l’Inter ha dovuto
assoggettarsi. Una sponda, i neraz-
zurri l’hanno trovata nel Napoli, con
cui stanno cercando di alzare un
fronte alternativo.
La Juve sul mercato ha una politi-
ca aggressiva, l’Inter deve invece
adeguarsi alle cadenze e alle buro-
crazie cinesi: è anche per questo
che Marotta sembra sempre un pas-
so indietro mentre Paratici, che è un
iperattivo instancabile, ne approfit-
ta, anche se su Icardi deve per forza
giocare d’attesa, un’attesa che sola-
mente Dybala potrebbe sbloccare.
In questo caso (almeno in questo),
Zhang aveva coperto le spalle a Ma-
rotta: «Non lo daremo mai alla Ju-
ve». Per la Joya farebbe però un’ec-
cezione.
(Sui social la Juve ha fatto gli augu-
ri di compleanno a Conte postando
una sua foto con lo scudetto vinto il
famoso 5 maggio 2002: forse Marot-
ta e Paratici sono solo le vittime di
un’inimicizia atavica).

MARCO CANONIERO/SYNC/MARCO CANONIERO/SYNC

Juve-Inter, Paratici contro Marotta


I colpi e gli sgambetti nel derby


del mercato tra l’allievo e il maestro


Simeone
Con Boateng a
Firenze il
centravanti può
partire: piace
molto al Cagliari

Milik
Il Betis tenta il
Napoli: vuole il
centravanti che
non convince più
Ancelotti

Cancelo
Si riapre la
trattativa con il
City per lo
scambio con il
brasiliano Danilo

C


on Dybala se ne vanno una
maglia, un numero, forse
un’idea. Se va una suggestione di
bellezza. La Juve ha quasi sempre
avuto magnifici numeri 10, anche se
in un calcio assai ibrido (il “falso
nueve”, le punte rotanti a incastro)
quella cifra è più una suggestione
storica. Resta il marchio dei sublimi,
da Pelé a Maradona passando per
Rivera, Zico e Messi. Non sempre
ruolo e numero coincidono: Platini,
il più grande 10 della storia
bianconera, definì Roberto Baggio
(sul podio in questa speciale
classifica) un nove e mezzo. E se
Dybala fosse rimasto, con Sarri
avrebbe fatto il Mertens, insomma il
piccoletto d’area che segna, non
certo la punta del compasso. Un
tempo il 10 era il regista, poi è
diventato più rifinitore, un
attaccante aggiunto che fa sponda e
conclude. Una maglia non facile e
non sempre felice. Dopo l’addio di
Del Piero, il 10 juventino non venne
assegnato e poi lo diedero a Pogba
che con quel numero non c’entrava
niente, quindi a Tevez che è stato un
drago ma non un 10. Infine Dybala, e
qui ci siamo per classe, odore del gol
e unicità dei colpi. Un 10 friabile,
tuttavia, l’argentino. Un 10 col
cuore freddo e un destino forse più
grande di lui. Quasi intuito, quando,
per una stagione, a quel numero
ingombrante che gli fu offerto,
preferì il 21. Si spezza così una linea
lunga e sottile che andava da
Giovanni Ferrari, leggenda degli
anni Trenta, fino a John Hansen e
poi a Del Sol, senza trascurare Fabio
Capello e quel gran signore di
Brady. Ma è con Sivori che la maglia
comincia a splendere, e con Platini a
farsi scettro e manto regale. Poi, la
classe inarrivabile di Baggio, un
diamante, e lo spessore assoluto di
Alessandro Del Piero, il più classico
tra i contemporanei. Adesso la Juve
cambia tutto, è la stagione della
svolta assoluta, anche i numeri lo
capiranno. Del resto, lo ha
compreso pure quella bizzarra
divisa da fantini, senza strisce, la
meno juventina tra le tante
Juventus che la memoria custodisce.

Il commento


Addio 10


così si rinuncia


alla bellezza


Sport

Gli altri affari


Il duello


di Maurizio Crosetti

62 anni, inizia giovanissimo la
carriera da dirigente. Durante gli
anni di Marotta alla Samp, Fabio
Paratici diventa capo degli
osservatori e poi ds blucerchiato.
Nel 2010 i due passano insieme
alla Juve, fino al suo addio e
all’approdo all’Inter a fine 2018.
Tra i suoi “colpi” Barzagli e Pirlo

Giuseppe Marotta


48 anni, da direttore sportivo
della Juventus si occupa in
prima persona delle trattative
che portano in bianconero
Carlos Tevez nel 2013 e
Cristiano Ronaldo nel 2018.
Dopo l’addio di Marotta
diventa responsabile dell’area
sportiva della Juventus

NURPHOTO/NURPHOTO VIA GETTY IMAGES

Fabio Paratici


L’ultima sfida


è su Dybala


che i nerazzurri


corteggiano per


mandare a monte


l’operazione


Lukaku


pagina. 42 Venerdì, 2 agosto 2019

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