Libero - 02.08.2019

(Romina) #1

MARCO RESPINTI


■Nel mirino del governo comuni-
sta cinese c’è lo Xinjiang. La maggior
parte dei suoi quasi 22 milioni di abi-
tanti, sparsi su 1 milione e 660mila
chilometri quadrati nel nordovest
del Paese, sono uiguri, un’etnia tur-
cofona di religione islamica (ma non
mancano altri turcofoni quali kaza-
ki, tatari, kirghisi e uzbeki). Hanno
tre “colpe”: sono religiosi, non sono
di etnia han (i “classici cinesi”) e so-
no un ostacolo sulla Nuova Via della
Seta, il faraonico progetto neocolo-
niale di strutture e infrastrutture con
cui Pechino sta cercando di imporsi
al mondo. Da qui una serie di
misure orwelliane: dalle tele-
camere di sorveglianza poste
ovunque alla profilazione del
dna della popolazione (utile
anche per l’espianto forzato
di organi che Pechino opera
sui dissidenti e sui prigionieri
di coscienza).
La ciliegina sulla torta sono però i
cosiddetti «campi per la trasforma-
zione attraverso l’educazione». Pe-
chino le definisce «scuole professio-
nali» per rieducare gli «estremisti»,
ma vi rinchiude anche intellettuali,
rettori di università, artisti e profes-
sionisti talvolta già in pensione. Il
quotidiano specializzato online in ot-
to lingueBitter Winterè stato il pri-
mo (e l’unico) a pubblicare video
dall’interno di quelle strutture e non
c’è dubbio che siano prigioni, e du-
re. Quanto al “terrorismo”, è un’en-
nesima bugia che Pechino ha messo
in campo anni fa sfruttando l’“effetto
Undici Settembre”, ma ormai anche
gli Stati Uniti non ci credono più, e il
Dipartimento di Stato è il maggior
avvocato mondiale degli uiguri.


LE BUGIE DEL REGIME

Poco più di un anno fa, l’acribico
ricercatore tedesco Adrian Zenz ne


calcolò la popolazione in un milione
di persone, almeno. Oggi le fonti più
accreditate parlano di almeno tre mi-
lioni solo di uiguri, più decine di mi-
gliaia di altri e non solo musulmani
(per esempio i fedeli del più grande
nuovo movimento religioso cinese
di origine cristiana, la Chiesa di Dio
Onnipotente).
Ora però il governo cinese dice
che è tutta propaganda. Il 30 luglio,
durante una conferenza stampa, Al-
ken Tuniaz, vicepresidente dell’am-
ministrazione dello Xinjiang, ha af-
fermato che la maggior parte dei de-
tenuti nei campi «si sono reinseriti
nella società e sono tornati alle fami-
glie». E Shorat Zakir, il presidente, ha
proclamato che il 90% ha trovato la-
voro.
Siccome però le bugie hanno le
gambe corte, agenzie e resoconti
danno due versioni dell’annuncio:
per una il 90% dei detenuti sarebbe
stata rilasciata, per l’altra il 90% dei

rilasciati avrebbe trovato lavoro. Un
abisso. Ma il punto centrale non è
questo. Il punto è quello colto dagli
uiguri della diaspora con una versio-
ne del famoso paradosso di Enrico
Fermi, «se l’universo brulica di alie-
ni, dove sono tutti quanti?»: se i dete-
nuti sono stati liberati dai campi, do-
ve sono tutti questi detenuti liberati?
Se Pechino avesse davvero liberato il
«90%» di tre milioni e passa di dete-
nuti, oggi le altrimenti desolate stra-
de dello Xinjiang (come raccontano
i pochi testimoni che hanno visitato
la regione negli ultimi anni) ne tra-
boccherebbero. E, pochi o tanti che
ne abbiano liberati, come mai i loro
familiari non ne sanno nulla? Pechi-
no provi insomma quel che dice,
chiede Guly Mahsut, un uiguro 37en-
ne che risiede in Canada, che ha lan-
ciato l’hashtag #Provethe90% già po-
polarissimo.
Ma la bugia ne contiene un’altra.
Quando il regime dice che moltissi-

mi detenuti uiguri hanno trovato «la-
voro» dice il vero, ma si tratta di lavo-
ro forzato. Nei campi dello Xinjiang
gli internati vengono infatti sia indot-
trinati sia impiegati nelle fabbriche
facenti parte dei complessi carcerari.

COMPLICI INTERNAZIONALI

Abituata a mentire, Pechino ha a
lungo detto che i campi erano solo
fantasia. Poi li ha ammessi, e si è in-
ventata che servano per criminali
inesistenti. Ora dice di averli svuotati
e magari si prepara a visite di osserva-
tori terzi. Tanto ha già provveduto
per tempo. SempreBitter Winterha
documentato lo spostamento
altrove di parte dei detenuti
proprio nell’eventualità di
qualche indagine internazio-
nale. Tutto è stato fatto in fret-
ta, in segreto, di notte e impie-
gando agenti di polizia di fuo-
ri zona di modo da prevenire
il più possibile le fughe di noti-
zie. Del resto chi è riuscito a far trape-
lare queste informazioni o alla fine è
stato a propria volta catturato oppu-
re vive braccato.
Degli uiguri, insomma, Pechino
continua a fare scempio. E mentre
forse davvero solo Washington cerca
di inchiodare la Cina alle proprie re-
sponsabilità, il 12 luglio 37 Paesi han-
no inviato una lettera al Consiglio
per i diritti umani dell’ONU in appog-
gio alla repressione cinese nello Xin-
jiang, persino lodando il regime. Po-
chi giorni dopo se ne sono uniti altri


  1. Eppure si vergognano, tanto che
    molti di quei Paesi non vogliono che
    si sappia in giro. Sorpresona, oltre a
    Cuba, Venezuela e Russia, nella lista
    ci sono anche Palestina, Oman, Qa-
    tar, Uzbekistan, Gibuti, Iran, Iraq, Su-
    dan, Egitto, Pakistan, Tagikistan e
    Arabia Saudita. Gli uiguri sono cioè
    musulmani di serie B, miracoli del
    cash cinese.
    ©RIPRODUZIONE RISERVATA


ANDREA MORIGI


■Sono «soltanto» 200, al
massimo 400, le donne che cir-
colano in Olanda bardate dalla
testa ai piedi, in un paese abita-
to da 17 milioni di persone. Ec-
co scodellato il criterio quanti-
tativo, attualmente l’argomen-
to principale per sminuire l’im-
portanza del divieto di indossa-
re il burqa. Ieri, dopo un decen-
nio di dibattito politico, nei
Paesi Bassi è entrata in vigore
la legge che proibisce il velo in-
tegrale negli uffici, negli ospe-
dali e sui mezzi di trasporto
pubblici. Sarà ancora possibile
soltanto per strada, ma il volto
dovrà essere scoperto a sempli-
ce richiesta da parte della poli-
zia. In caso di rifiuto, le perso-
ne saranno allontanate
dall’edificio o dal mezzo di tra-
sporto e multate per 150 euro.


RESISTENZE

Nel caso in cui si trattasse di
un fenomeno di massa, ovvia-
mente, il pretesto si capovolge-
rebbe: è una pratica diffusa,


che non vale la pena impedire
perché ormai è entrata a pieno
titolo nella cultura nazionale.
Giuridicamente, non ha senso.
Se i reati si moltiplicano, occor-
re agire con più efficacia. La lo-
ro depenalizzazione va nella di-
rezione contraria, dell’accetta-
zione passiva del crimine.
Eppure, le stesse forze
dell’ordine sembrano essersi
intimorite. Temono che la nor-
ma impedisca alle donne di en-
trare in un commissariato a
sporgere una denuncia.
Finora non è accaduto che
un attentatore suicida nascon-
desse ordigni o armi sotto gli
indumenti femminili tradizio-
nali dell’islam. Chi ha colpito,
dall’assassinio del regista Theo
van Gogh nel 2004 agli attacchi
sventati alla fine del 2018, lo ha
fatto senza dissimulare le pro-

prie fattezze fisiche o travesten-
dosi. Questo non toglie che, ol-
tre a centinaia di fedeli anima-
te dalla devozione all’islam più
radicale, anche qualche uomo

possa travestirsi per sfuggire ai
controlli. È già capitato che lo
facessero i fuggitivi del Califfa-
to nel tentativo di sottrarsi alla
cattura. Nulla impedisce ai fo-

reign fighters tornati in Europa
di mimetizzarsi. Quindi, la pru-
denza induce ad adottare un
criterio qualitativo: è sufficien-
te che una sola persona si ren-
da irriconoscibile per condur-
re un attacco kamikaze. I con-
trolli sono dunque doverosi
per garantire la sicurezza della
popolazione. Non è odio per
l’islam. Anche dei musulmani
potrebbero cadere vittime di
un’esplosione fra la folla. E van-
no tutelati come tutti gli altri.
In realtà, regna più il timore
della consapevolezza, se an-
che i dirigenti dei trasporti loca-
li olandesi hanno espresso per-
plessità sull’applicazione del
divieto, si legge sul sito del
Guardian. «La polizia ci ha det-
to che il divieto non è una prio-
rità e quindi non potranno ga-
rantire un intervento nei soliti

30 minuti o addirittura per
niente - ha detto il portavoce di
Ret, la rete dei trasporti - que-
sto significa che se una perso-
na che indossa il burqa o il ni-
qab cerca di salire su un nostro
mezzo il nostro personale non
può contare sull’intervento del-
la polizia. Non spetta agli ad-
detti far rispettare la legge e fa-
re le multe».

SOTTOMISSIONE

Piuttosto di rispettare la leg-
ge dello Stato, la sindaca di Am-
sterdam, Femke Halshema,
eletta con il partito della Sini-
stra Verde, osserva la sharia e
ha dichiarato che le autorità
della città ignoreranno il divie-
to. Ma i più furiosi sono i diri-
genti del partito Nida, fondato
da Ahmed Aboutaleb, ex sinda-
co di Rotterdam, il quale ha già
annunciato che pagherà le
multe delle donne colpite dalla
misura e ha avviato una raccol-
ta di fondi. Confermando che
si tratta anche di uno scontro
di culture.
©RIPRODUZIONE RISERVATA

La legge è entrata in vigore ieri


L’Olanda vieta il burqa. Gli islamici si infuriano


Nelle moschee si fa la colletta per pagare le multe alle donne che indossano il velo integrale. E la polizia è intimorita


Con il velo integrale davanti al Palazzo di Giustizia dell’Aja (GettyImages)

La repressione comunista in Cina


«Tuttiliberi»,maidetenutisonospariti


Pechino afferma di aver svuotato i campi di lavoro. I dissidenti: fateci vedere i prigionieri


SUL CAMPO SVENTOLA BANDIERA ROSSALo chiamano Centro di servizi e addestramento vocazionale all’educazione e all’abilità, ma si
tratta di un campo di detenzione comunista per musulmani nella città di Artux, nella regione cinese dello Xinjiang (Getty Images)

GLI UIGURI


■ Gli uiguri sono una minoranza
turcofona di religione musulmana,
stanziati principalmente nella regio-
ne dello Xinjiang, nel nord ovest
dell Cina. Qui gli uiguri sono circa
la metà dei 24 milioni di abitanti:
nella regione vive circa l’1,5% dei
cinesi, ma Chinese Human Rights
Defenders calcola che vi si verifica
il 20% degli arresti del Paese.

LA PRIGIONIA
■ Secondo la Jamestown Founda-
tion, dal 2014 sono stati istituiti
campi di detenzione per i musulma-
ni uiguri. Ma lo Uyghur Human
Rights Project afferma che è dal
2017 che le leggi repressive si so-
no inasprite.

La scheda


11


venerdì2 agosto


venerdì2 agosto


2019


ESTERI

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