Libero - 02.08.2019

(Romina) #1
segue dalla prima
VITTORIO FELTRI

(...) Pensava di aver trovato il jolly e invece era una
scartina, un due di picche. Poi spinse la Carfagna ai
massimi livelli, e pure questa si è rotta le budella e
se ne è andata.
Povero Berlusconi, un grande come lui nel giro di
pochi anni si è purtroppo rimpicciolito al punto di
dover alzare bandiera bianca e chiudere la baracca
che in tempi lontani gli aveva garantito un enorme
successo. E ora? Ha creato Altra Italia a cui auguria-
mo senza convinzione buona fortuna. Con tali chia-
ri di Luna, un Salvini che galoppa e una Meloni che
avanza, sarà un’impresa rimettersi al passo con que-
sta gente scatenata e in fuga. Poiché tuttavia, siamo
grati a Silvio per ciò che nella sua vita ha fatto, rega-
landoci benessere e trattamenti principeschi, gli dia-
mo una spinta. Se tornerà in alto saremo i primi a
festeggiarlo.
©RIPRODUZIONE RISERVATA

A sinistra l’ex ministro delle
Pari Opportunità Mara
Carfagna. Sopra Antonio
Tajani[LaPresse]

segue dalla prima
ALESSANDRO GIULI

(...) sperabilmente l’ultima,
per metterla nelle mani di
un coordinamento collegia-
le dal vago olezzo testamen-
tario. Forse per liberarsi
dell’insorto Giovanni Toti,
forse per necessità cosmeti-
ca aggiornata ai tempi gra-
mi e ipercinetici del sovra-
nismo: fatto sta che Berlu-
sconi c’è ricascato. Si è cuci-
to addosso un completo
nuovo, ha infilato all’oc-
chiello il fiore di plastica
delle primarie condominia-
li riservate ai soliti inquilini
del privilegio cortigiano e
ora si finge soddisfatto e
battagliero. Non è dato sa-
pere chi saranno i prossimi
Gianfranco Fini, i prossimi
Angelino Alfano o i futuri
Raffaele Fitto, ma cosa vole-
te che importi? Una cosa è
già certa: non avranno il
quid, la stoffa, il carattere, i
numeri e il coraggio per ve-
nire a capo dell’eterno ritor-
no del berlusconismo sotto
(s)mentite spoglie. Un
trionfo di mesta autofecon-
dazione il cui primo vagito
risale a un quarto di secolo
fa.

UN PO’ DI STORIA

Dapprincipio fu il parti-
to-azienda, in effetti, e ave-
va un suo senso, una sua
urgente freschezza per im-
provvisare un argine al dila-
gare di Tangentopoli con
l’eco della cavalleria post
comunista in rapido avvici-
namento verso Palazzo Chi-
gi. Dopodiché fu la noia del
dover concepire predellini
e altre escogitazioni al pas-
so con gli infortuni della
storia. Il Polo delle Libertà
e quello del buon governo,
anno 1994, non erano altro
che il doppio volto del Gia-
no di Arcore che guardava
con sorriso aurorale al
nord di Umberto Bossi e al
centrosud dei democristia-
ni e della destra postfasci-
sta. Funzionò, salvo trasfor-
marsi subito nel ghigno del
Polo per le libertà sconfitto
da Romano Prodi nel 1996.
Di lì in poi, Forza Italia è
diventata la cavia di labora-
torio di una finzione sceni-
ca in base alla quale tutto
doveva apparire rinnovato
da lustrini e polvere di stel-
le, dall’oggi al domani, pur
di occultare la sopraggiun-
ta estenuazione del grande
capo. E in questo lungo pia-
no sequenza si sono alter-
nate le scappatelle berlu-
sconiane con i Claudio Sca-
jola e i Marcello Pera, le Mi-
chela Vittoria Brambilla e
gli Stefano Parisi, delfini e

acciughe, totani o tonni e
altri squamosi aspiranti
successori di un leader che
tutto aveva in mente tran-
ne di lasciare il trono a chic-
chessia. Dall’ingombrante
Giulio Tremonti magnifica-
to e poi fatto secco nel giu-
gno del 2004 fino all’ultimo
plenipotenziario, Antonio
Tajani, volto consunto del-
le ultime catastrofi elettora-
li. In mezzo, un acquario li-
maccioso in cui Berlusconi
ha via via allestito il proprio

set politico-cinematografi-
co.
Il memorabile predellino
del 2007, quello in cui il Ca-
valiere recuperava il rettila-
re Fini dalla denuncia delle
“comiche finali” in vista
d’una separazione annun-
ciata e lo accoglieva nel na-
scente Popolo della libertà,
è stato il culmine di una po-
chade che si è conclusa nel
“che fai mi cacci” (e lui lo
cacciò) e nell’eurocomplot-
to tecnocratico del 2011. E

nemmeno quello è basta-
to, perché Berlusconi
avrebbe presto ripetuto il
medesimo errore di plasti-
ca con Alfano: nominato
erede in mancanza di con-
troprove, assegnato al tur-
no di guardia sul vestibolo
del Nazareno e perduto
per sempre nei meandri
del collaborazionismo con
Matteo Renzi.

UNA MANO DI BIANCO

Un capolavoro da osteria
reso appunto possibile
dall’ennesima rifondazio-
ne di Forza Italia sulle cene-
ri del Pdl. Ogni crisi una
mano di bianco, ogni river-
niciata una scissione uma-
na e politica: divorzio sacro-
santo quello da Fini; ampu-
tazione dolorosissima e fu-
nesta quella di Denis Verdi-
ni; appena fastidiosa, come
per una cattiva manicure,
quella di Fitto nel 2015.
Non pervenuto il vai e vieni
con il forzista intermittente
Renato Schifani...
Ma siamo all’oggi. Con
Toti che scansa il frutto
amaro del nuovo parto per
congedarsi e dirigersi altro-
ve; e Mara Carfagna che ri-
mane basita sul limitare
dell’uscio di un’Altra Italia
che pare né più né meno la
didascalia del solito dagher-
rotipo berlusconiano.
E non è certo il sangue
della contesa a cielo aperto
per una leadership mai dav-
vero contendibile, a scorre-
re adesso ai piedi del Cava-
liere. Sono soltanto le lacri-
me del Caimano che si pro-
duce nell’ultima sua gem-
mazione politica ma non
trova la sprezzatura per
chiamare la tardiva creatu-
ra con il suo vero nome:
L’Altro Silvio, movimento
berlusconiano posseduto
da Berlusconi, presieduto
da Berlusconi grazie ai sol-
di di Berlusconi e per la sua
gloria mondana o postu-
ma.
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L’AMMAZZADELFINI


Voleva fondare l’Altra Italia


ha ucciso Forza Italia


Per anni l’ex premier ha rilanciato il partito affidandolo a qualcuno di cui si è


subito stufato. La verità è che per lui nessuno ha il quid o la stoffa per succedergli


■L’obiettivo dell’Altra
Italia è abbastanza sempli-
ce: creare un contenitore
politico che allarghi al cen-
tro la proposta di Forza Ita-
lia. Si parla di una federa-
zione, nella quale potreb-
bero confluire i tanti movi-
menti di centro che sono
rimasti senza un preciso
orizzonte politico.
Un modo per ridare ossi-
geno al movimento del Ca-
valiere, che nei sondaggi
viene ormai quotato al sei
per cento. Per questo Ber-
lusconi ritiene indispensa-
bile fondare qualcosa di
nuovo, anche nel logo. Al-
le prossime elezioni Forza
Italia potrebbe non esserci
più.
La mossa di Silvio ha an-
che l’obiettivo di preparar-
si al “superamento” del
centrodestra. Da tempo la
Lega ragiona sulla possibi-
lità di andare alle elezioni
in solitaria o con solo Fra-
telli d’Italia. Stando ai son-
daggi, Matteo Salvini po-
trebbe tranquillamente
vincere anche così. Ad Ar-
core servono quindi nuovi
alleati per rimanere in quo-
ta e provare a intercettare i
consensi di quanti - pur
gradendo le politiche leghi-
ste - non desiderano un
esecutivo troppo sbilancia-
to a destra. E se Salvini
non dovesse riuscire ad ot-
tenere la maggioranza as-
soluta, a quel punto il nuo-
vo partito di Berlusconi po-
trebbe risultare nuova-
mente decisivo.
Ovviamente, anche su
questo progetto ci sono sta-


te critiche. La “fronda” az-
zurra teme che la nuova
formazione guardi troppo
a sinistra e a un accordo
con il Partito Democrati-
co.
«Questa non è casa
mia», ha sentenziato ieri
Giovanni Toti prima di an-
nunciare l’addio a Forza
Italia, «Non credo in una
federazione di centro equi-
distante dai poli di destra e
di sinistra. Noi non siamo
equidistanti dal Pd, noi sia-
mo gli avversari del Pd,
convintamente avversari».
Perplessa anche Mara Car-
fagna: «Sicuramente si par-
la di una federazione di for-
ze civiche e del mondo
dell’associazionismo, na-
turalmente bisogna riem-
pire di contenuti questo di-
scorso».
Nel partito, d’altra parte,
in tanti non sembrano con-
dividere il nuovo corso av-
viato ieri dal Cavaliere:
«Quello che sta accaden-
do in queste ore», ha detto
ieri la deputata Fi Laura
Ravetto, «non è solo un'oc-
casione persa ma anche
un fatale errore perché la
risposta alla palude in cui
ci troviamo era l'avvio di
un percorso democratico
vero e partecipato basato
su un confronto tra opzio-
ni politiche e non certo
l'ennesimo tavolo di no-
menclatura che ha come
unico scopo la tutela di se
stessa e di qualche amico
da riportare in Parlamen-
to».
D.PO.
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Commento


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La strategia


Un logo più giovane


per difendersi da Salvini


3
venerdì
2 agosto
2019

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